@andrea-sebastiani Bellissimo articolo, che personalmente condivido.
Per la situazione in cui siamo adesso, però, secondo me manca un alemento che non si può più tralasciare: l'etica.
Tutti gli ambiti sono connessi e le scelte che facciamo hanno sempre più peso, soprattutto se le facciamo uniti nell'intento.
L'intento appunto, quale dovrebbe essere?
Perché se vogliamo un internet migliore, un pubblico più consapevole, una migliore qualità del nostro lavoro e di quello dei nostri clienti, insomma una prospettiva basata sull'idea di miglioramento, la qualità e l'angolazione dei punti di vista che condividiamo non è un fattore superfluo, anzi, diventa fondamentale.
@giorgiotave sa bene la stima che ho per lui e non mi impegnerei a fare critiche costruttive se non fosse perché ritengo che le critiche siano più utili dei complimenti per potersi migliorare.
Qundi tornando ai contenuti che vogliamo divulgare per questa prospettiva di miglioramento comune, non possiamo prescindere di avere un'ottica più ampia possibile e valutare bene se davvero l'origine dei miglioramenti sia effettivo e non sia macchiato da un benessere ottenuto a scapito di qualcun'altro, cosa che non è per nulla etica.
E senza etica non possiamo parlare di migllioramento, se non per noi stessi. Ma questa non è la prospettiva che vedo io e che penso voglia Giorgio.
Faccio un esempio semplice: se tutti i negozi della nostra città venissero messi sotto attacco da un grande marchio di distribuzione e vendita merci, tipo una Coop o Esselunga o Conad, per intenderci, che con politiche di prezzo non trasparenti nè concorrenziali strozzasse le piccole attività, ci troveremmo che molte sarebbero costrette a chiudere o a svendersi al marchio dominante.
Se noi seguissimo il marketing per questa azienda, potremmo anche essere contenti del "successo" delle nostre strategie, ma il prezzo sarebbe che molti altri ne verrebbero dannegiati.
Avere tutti i negozi della città con un solo proprietario ci farebbe dubitare sulla trasparenza e reale convenienza dei prezzi, sulle condizioni di lavoro dei dipendenti, sulla pericolosità di avere un solo interlocutore e sulla forza di pressione politico/economica che esso potrebbe produrre per difendere i suoi interessi contro quelli delle persone normali o più deboli.
Saremmo contenti di questo?
Potremmo parlare di successo della conoscenza sulle strategie che creiamo per favorire il successo?
O meglio, saremmo davvero sicuri che sono le nostre strategie ad avere successo?
E nel lungo termine che conseguenze potrebbero portare alla qualità della vita della città dove noi stessi viviamo?
Se non ci poniamo queste domande, o siamo ingenui o siamo stupidi.
Concludo con un articolo che contiene un interessantisimo report sulle VERE politiche e strategie di marketing di Amazon:
https://www.economicliberties.us/our-work/understanding-amazon-making-the-21st-century-gatekeeper-safe-for-democracy/
Con queste Amazon è riuscito a diventare quello che è, non banalmente con le strategie di marketing che ci raccontano e che possiamo conoscere, perché molte hanno prodotto anche esperimenti disastrosi e molte invece sono sommerse perché illegali.
Quindi quando "studiamo", non dimentichiamo di studiare anche quello che ci è scomodo da sapere e da dire, perché va contro i nostri interessi, o finiremo per vendere la nostra reputazione a qualche compagnia Tech o peggio favorire comportamenti devastanti per la collettività, solo perché non ne conosciamo i lati oscuri e non ci siamo preoccupati di farlo.
Di Google studiamo anche questi aspetti:
https://www.punto-informatico.it/project-bernanke-il-segreto-di-google-per-ladv/
E quando "divulghiamo", non dimentichiamoci che potremmo anche dire che, ad esempio, usiamo Twitch, ma non siamo daccordo con le politiche che Amazon adotta per tutte le categorie di lavoratori che contribuiscono alla sua ricchezza, non solo i Creator, ma anche a tutti quelli che pagano tasse che Amazon non paga.