Buongiorno Barubba,
anche se da poco, sono dottore commercialista abilitato all'esercizio della professione.
La questione del calcolo della ritenuta d'acconto è concettualmente semplice se si considera che, differentemente dall'IVA, la ritenuta si calcola sul LORDO e non sul NETTO: nonostante ciò, spesso si fa confusione nella sua determinazione. Il sottoscritto, per "tagliare la testa al toro", chiede sempre quanto il professionista vuole mettersi in tasca: se, per esempio, Lei vuole guadagnare €300,00 dovrà emettere ricevuta/fattura per €375,00 di cui €300,00 per Lei rappresenteranno un guadagno (e per il committente un costo) ed i restanti €75,00 un acconto dell'IRPEF che si troverà eventualmente a pagare in sede di dichiarazione dei redditi. Quei €75,00 rappresentano un costo (o meglio, un'imposta) solo ed esclusivamente per Lei, a nulla rilevando che sia il sostituto di imposta a versarli per Suo conto: per rispondere alla sua domanda se la ritenuta d'acconto debba considerarsi un costo aggiuntivo rispetto alla prestazione per il committente (e quindi sia da considerarsi in più rispetto al prezzo vivo della prestazione) basta rifarsi alla definizione di sostituto di imposta che è colui che "in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto". (Art.64, comma 1, Dpr 600/1973). Il sostituo di imposta TRATTIENE una somma a titolo di acconto dall'importo della ricevuta/fattura: da ciò discerne, e questa è una mia opinione, che il fatto di chiedere X e vedersi corrisposto X - 20% sia del tutto logico.
Spero di esserLe stato utile.