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- Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google
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Una cosa strana che sto notando quest'anno: di solito quando Amazon fa delle offerte particolari come quelle di ieri e oggi o il classico Prime day, la mia directory con contenuti affiliati ha un netto aumento di visite, come se Google privilegiasse in questi giorni questo tipo di contenuti. Ieri e oggi invece il traffico da Google è come al solito e cosa che non ho mai notato prima (o forse non ricordo bene), da Amazon mi arrivano delle email con le offerte del giorno. Ieri me ne sono arrivate 3, oggi 1. Che si siano parlati e stiano già iniziando a disfare le cose? Dubito che Amazon possa fare finta di nulla
1 Risposta -
@cutoff non ci leggerei troppo dietro... però è sicuro che se Amazon invia delle email con le offerte, vengono innescate valanghe di ricerche da parte degli utenti sui prodotti pubblicizzati.
Quindi mi pare normale che se hai una directory di prodotti che copre bene un catalogo ampio, vedrai chiaramente i picchi di visite SEO.
Che in Amazon mandino meno email per non generare ricerche su Google mi sembra però francamente un po' difficile da sostenere... quelle email portano transazioni in prima battuta.
Le ricerche su Google sono una roba collaterale.
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Le email sono del programma di affiliazione, non quelle del negozio che manda ai clienti. Comunque ho notato questa cosa diversa dal solito, poi molto probabilmente non c'entra niente alla fine. Tolto il cappello di carta stagnola che mi sono messo, sicuramente se Amazon o Booking hanno qualcosa da dirsi con Google ne sentiremo parlare presto
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@kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Oggettivamente un articolo in alcuni punti tecnicamente sbagliato (al punto che anche l'autrice stessa lo ha ammesso), che di fatto appannava le altre pur sensate considerazioni. Per questo sopra scrivevo che han fatto bene a ritirarlo.
Un po' prepotente come reazione, o no? Solitamente si chiedono le rettifiche ;D
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Però sembra molto difficile anche avere notizie fresche e aggiornate dagli USA.
Megan Gray è l'editorialista di Wired, una legale e consulente che lavora su temi che intersecano legge, governo e affari, e sta praticamente facendo il live twitting del trial, spiegando anche come e perché Google ne stia ostacolando la copertura mediatica.
L'ultimo thread a riguardo è qui https://twitter.com/megangrA/status/1711942477513466166
in pratica non si hanno gli elenchi dei testimoni, i documenti vengono archiviati sigillati e non vengono mostrati durante il processo ma solo citati, le testimonianze vengono riferite molti giorni dopo, le trascrizioni sono costose e non possono essere ripubblicate...ecc.
È chiaro che c'è un interesse a tutelarsi rispetto all'opinione pubblica, motivo per cui i dibattiti sono difficili.
Se le persone non vedono le prove di ciò di cui ti accusano, tu puoi raccontare la tua versione della storia e dire "è sbagliato, ma purtroppo non avete il permesso di vedere il motivo per cui diciamo che è sbagliato".
Un po' grottesco se non inquietante per l'azienda Google che ha come mission "organizzare le informazioni del mondo e renderle universalmente accessibili e utili"
2 Risposte -
@valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Però sembra molto difficile anche avere notizie fresche e aggiornate dagli USA.
Megan Gray è l'editorialista di Wired, una legale e consulente che lavora su temi che intersecano legge, governo e affari, e sta praticamente facendo il live twitting del trial, spiegando anche come e perché Google ne stia ostacolando la copertura mediatica.
L'ultimo thread a riguardo è qui https://twitter.com/megangrA/status/1711942477513466166
in pratica non si hanno gli elenchi dei testimoni, i documenti vengono archiviati sigillati e non vengono mostrati durante il processo ma solo citati, le testimonianze vengono riferite molti giorni dopo, le trascrizioni sono costose e non possono essere ripubblicate...ecc.
È chiaro che c'è un interesse a tutelarsi rispetto all'opinione pubblica, motivo per cui i dibattiti sono difficili.
Se le persone non vedono le prove di ciò di cui ti accusano, tu puoi raccontare la tua versione della storia e dire "è sbagliato, ma purtroppo non avete il permesso di vedere il motivo per cui diciamo che è sbagliato".
Un po' grottesco se non inquietante per l'azienda Google che ha come mission "organizzare le informazioni del mondo e renderle universalmente accessibili e utili"
Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:
"Megan Gray è la fondatrice di GrayMatters Law & Policy a Washington, DC, e pubblica su X come @megangrA.
L'Opinione di WIRED pubblica articoli scritti da contributori esterni che rappresentano una vasta gamma di punti di vista. (...) Invia un articolo a [email protected]."Inoltre, nel testo scritto da Gray, c'è questo passaggio:
" *Ora, lo schermo del proiettore mostrava una diapositiva interna di Google riguardo alle modifiche apportate al suo algoritmo di ricerca.
Stavo assistendo al processo per un interesse professionale di lunga data. In passato avevo combattuto contro il team legale di Google mentre ero alla Federal Trade Commission, e avevo fatto il tifo in tutto il mondo per la concorrenza tra i motori di ricerca in qualità di dirigente di DuckDuckGo. Conosco fin troppo bene i giochi segreti e il gioco delle parole di Google. Con il processo praticamente nel mio cortile, non potevo rimanere lontano dal dramma."
Faccio quindi fatica a ritenere attendibile una fonte "giornalistica" così chiaramente schierata e contraria a Google, così come non mi fido ciecamente di ciò che afferma Google, schierato a difendere se stesso.
Avevo anche preso in considerazione, quando lessi l'articolo, il fatto del processo che si sta svolgendo prevalentemente a porte chiuse, etc etc...
Però, per quanto siano poco aperte le porte, noto che, a parte ciò che pubblica Megan Gray (su X), e qualcosa su Search Engine Land, non ci sono contributi da importanti firme o testate USA, al momento (proverò a fare ulteriori ricerche).
Il che mi sembra strano (in Italia, invece... no, non mi sembra strano ).
E nessuno - al momento - ha scritto quello che ha scritto Megan Gray (e non perché l'ha letto da Megan Gray, ma perché era presente al processo ).
Il che - pure questo - mi sembra strano...
Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano. (Il che non renderebbe onore a un giornalismo d'inchiesta serio ).
1 Risposta -
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:
Perdonami, avrei dovuto scrivere che è l'autrice dell'articolo su Wired per non risultare ambigua, ma editorialista in italiano vuol dire giornalista che scrive editoriali o che ha scritto un dato editoriale.
Qui c'è il suo profilo linkedin https://www.linkedin.com/in/megangra/
Non è una giornalista in effetti, ma il suo curriculum come consulente legale su temi sensibili mi sembra concreto e anche se è una ex di DuckDuckGo...non vedo errori nel fare il tifo per la libera concorrenza tra motori di ricerca.
Mi è sembrato comunque molto professionale ammettere di aver scritto cose sbagliate nel suo articolo https://twitter.com/megangrA/status/1711035363756486664Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:
https://twitter.com/leah_nylen
è una giornalista di Bloomberg che copre le notizie su Antitrust, anche lei fa report quotidiani.https://twitter.com/doctorow
report anche da lui che è giornalista e autore di romanzi, attivista per i diritti digitali
2 Risposte -
@valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Un po' prepotente come reazione, o no? Solitamente si chiedono le rettifiche ;D
Fossi stato io il chief editor di Wired l'avrei segato uguale.
Se scrivi una roba del genere devi essere certo al 100% che quello che riporti sia tecnicamente corretto.
Altrimenti ti spari nei piedi.
Andava revisionato 8 volte prima di pubblicarlo e chiaramente non è stato fatto.
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano.
Secondo me semplicemente ha fatto un errore grossolano. Ha preso il concetto di query expansion che si usa in Information Retrieval da decine d'anni... e l'ha interpretato al contrario.
Sarà che sono un po' un nerd dei motori di ricerca, ma non ritengo che errori del genere siano ammissibili... se vuoi essere presa sul serio.
Il che è un peccato perché c'è un gran bisogno di prendere sta storia sul serio...
1 Risposta -
@valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Forse, proprio "editorialista di Wired" no... In calce all'articolo rimosso c'erano le seguenti informazioni:
Perdonami, avrei dovuto scrivere che è l'autrice dell'articolo su Wired per non risultare ambigua, ma editorialista in italiano vuol dire giornalista che scrive editoriali o che ha scritto un dato editoriale.
Qui c'è il suo profilo linkedin https://www.linkedin.com/in/megangra/
Non è una giornalista in effetti, ma il suo curriculum come consulente legale su temi sensibili mi sembra concreto e anche se è una ex di DuckDuckGo...non vedo errori nel fare il tifo per la libera concorrenza tra motori di ricerca.
Mi è sembrato comunque molto professionale ammettere di aver scritto cose sbagliate nel suo articolo https://twitter.com/megangrA/status/1711035363756486664Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:
https://twitter.com/leah_nylen
è una giornalista di Bloomberg che copre le notizie su Antitrust, anche lei fa report quotidiani.https://twitter.com/doctorow
report anche da lui che è giornalista e autore di romanzi, attivista per i diritti digitaliMi scuso anche io: non ritengo sbagliato fare il tifo "per la libera concorrenza tra motori di ricerca" (e la libera concorrenza in generale).
Credo però sia giusto, quando si scrive di qualcosa - soprattutto su un media importante, ma non solo - , verificare bene se non si sia equivocato o frainteso, approfondire accuratamente, non farsi prendere dall'urgenza dello scoop e della denuncia.
Altrimenti si rischia di fare cattiva informazione (e anche di danneggiare la propria causa).Lo dico in questo caso, ma solo perché adesso stiamo parlando di questo.
All'Università, avevo docenti sociologi che insegnavano e raccomandavano di condurre indagini, inchieste o eventuali "battaglie" con estrema attenzione, ricerca, rigore etico ed equilibrio, per evitare la trappola della parzialità, che tutto vanifica.
(Oltretutto, se non ricordo male, nell'articolo c'erano un tono e anche delle espressioni abbastanza pesanti, al limite dell'insulto: può darsi che ai lettori di Megan Gray questo vada bene... Ma se vuoi coinvolgere e convincere o almeno far pensare chi non sta dalla tua parte, non ci riuscirai mai.)In non difesa di Wired , aggiungo che, nel corso dei miei studi, imparai anche come dovrebbe essere fatta una rettifica: non solo in primo piano, ma anche correttamente e chiaramente motivata e spiegata (altrimenti a molti resterà il ricordo della notizia sbagliata, e altri penseranno - come in questo caso - che sia stata operata una censura a favore di Google).
Quindi pure Wired, nel caso specifico, non ha reso onore alla buona informazione.
Riguardo Bloomberg, ieri sera avevo scovato un articolo in rete, ma devo ancora leggerlo bene.
Grazie per le altre fonti, farò un giro (forse ne sto trovando altre, ma prima di lanciarmi a segnalarle qui preferisco approfondire ).Comunque mi fa sorridere il fatto che dobbiamo andare su X per scovare qualcosa in più e di più aggiornato.
E mi fa morire dal ridere che X sia diventato X ma twitter.com è sempre twitter.com
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@kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
@lumar ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Ma strano perché mi fa pensare che - forse - Megan Gray abbia davvero volutamente travisato e calcato la mano.
Secondo me semplicemente ha fatto un errore grossolano. Ha preso il concetto di query expansion che si usa in Information Retrieval da decine d'anni... e l'ha interpretato al contrario.
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@kal Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.
Ma se non si azzarderanno a fare nulla o avessero chiuso un occhio, non ti viene il sospetto che abbiano paura che gli si ritorca contro perché anche loro hanno molti scheletri nell'armadio?
1 Risposta -
@andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.
Alcuni? È altamente probabile, ad esempio tra i top del top e tra i concorrenti diretti (Amazon sopra a tutti, dato che è SIA un inserzionista CHE un concorrente diretto di Google).
Ma ci sono sicuramente un gran numero di inserzionisti global di grosso calibro (sopra citavo Booking) che mi aspetto siano sufficientemente grossi per avere una reazione... ma non abbastanza grossi da riuscire ad intrallazzare tète a tète, per così dire.
A 1 Risposta -
@kal ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
@andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Ho come l'impressione che in fondo loro sapessero qualcosa.
Alcuni? È altamente probabile, ad esempio tra i top del top e tra i concorrenti diretti (Amazon sopra a tutti, dato che è SIA un inserzionista CHE un concorrente diretto di Google).
Ma ci sono sicuramente un gran numero di inserzionisti global di grosso calibro (sopra citavo Booking) che mi aspetto siano sufficientemente grossi per avere una reazione... ma non abbastanza grossi da riuscire ad intrallazzare tète a tète, per così dire.
Alcuni come Booking potrebbero considerarlo un danno collaterale necessario o inevitabile in una situazione di monopolio.
Sempre che non abbiano accordi sottobanco. L'omertà secondo me è molto diffusa.
1 Risposta -
@andreabo ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Sempre che non abbiano accordi sottobanco.
Gli accordi sottobanco se li fai, li fai con pochi, POCHISSIMI. Altrimenti non sono più sottobanco e diventano prassi.
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@valijolie ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Per quanto riguarda la copertura, con una ricerca su X-Twitter si trova altro:
Grazie per l'hashtag https://twitter.com/search?q=usvsgoogle
Ma hai visto (lo chiedo anche a @kal) articoli specifici o tweet specifici sulla brand protection? Cioè che spiegano che quel rollback intacca le chiavi brand e quindi sono soldi delle aziende?
C 2 Risposte -
@giorgiotave ha detto in Shaking the cushions, ovvero: decenni di reputazione buttati nel cesso per Google:
Ma hai visto (lo chiedo anche a @kal) articoli specifici o tweet specifici sulla brand protection? Cioè che spiegano che quel rollback intacca le chiavi brand e quindi sono soldi delle aziende?
No, nulla di specifico. Sono legittime conclusioni, ma non ho visto articoli che trattassero la questione nel dettaglio.
Ma ad essere onesto, anche su RGSP non ho visto approfondimenti... quando poi il meccanismo di aumento surrettizio della revenue per Google è plateale (se declassi artificialmente il vincitore dell'asta in seconda posizione, il sistema di smart bidding automaticamente alzerà le offerte... l'unica cosa che vedrà l'inserzionista è un aumento del CPC medio).
Nel frattempo comunque c'è stata la testimonianza di Arjan Dijk, un dirigente di Booking:
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@giorgiotave ho visto il tuo video su YouTube, ma dopo me lo guardo meglio. Incredibile che ci sia gente che difende l'indifendibile per sta storia del +5% e +10% o per il cambio dei posizionamenti nonostante il costo pagato per essere in prima posizione, ma da ciò che ho notato questi difensori sono seo da cui è meglio stare alla larga in cerca di soldi da spennare ai polli e presunti scagnozzi / fan di Google che usano sempre quella psicologia spiccia e risposte buttate li (è un'azienda, deve guadagnare, per accontentare l'utente SEEEEEEE). Sinceramente mi sentirei "fregato" se chiedessi a qualcuno di cui mi fido di comprarmi qualcosa dicendogli che voglio spendere al massimo 1000 euro e poi lui la trova a 900, ma mi dice che l'ha pagata 990 e i 90 euro se li intasca lui senza dirmi nulla.
A 1 Risposta -
@cutoff ma alla fine anche @giorgiotave difende sempre Google! Non fa che continuare a parlarne come se fosse l'unico e non ci fossero alternative, anche solo parziali.
Cito un articolo: "Alphabet è crollata del 10% dopo che i ricavi di Google Cloud hanno mancato (di poco, per la verità) le stime. Tuttavia, Alphabet ha dichiarato che le entrate pubblicitarie sono state migliori del previsto nel terzo trimestre, ma questo al mercato non è bastato."
Chissà da dove sono venute le entrate pubblicitarie che hanno quasi salvato il bilancio
Cito:
"Il modello imprenditoriale di Google è spionistico". Il motore di ricerca? Un colossale strumento di sorveglianza di massa, l'incarnazione dei più foschi incubi totalitaristici. Sono le tesi al centro del libro di Julien Assange che parte dal racconto dell'incontro tra il creatore di Wikileaks e l'amministratore delegato di Google Eric Schmidt avvenuto nel 2011 in Inghilterra.
Temi ripresi da Assange in una recente intervista alla BBC, nella quale ha paragonato il motore di ricerca Google all'NSA, l'Agenzia americana per la sicurezza. Google, ha dichiarato Assange, "fa più dell'80% del fatturato raccogliendo informazioni sulle persone, aggregandole, archiviandole e classificandole. Costruisce profili della gente per poterne prevedere gli interessi e il comportamento e vende questi profili principalmente alle agenzie di pubblicità".
Google "È parte costituente dell'industria (americana, n.d.t.) della difesa con un ruolo ufficiale dal 2009", secondo Assange che ha aggiunto che "a livello istituzionale Google è profondamente implicato nella politica estera degli Stati Uniti".
(.....)
"Per assicurarsi il dominio del mercato globale, un monopolio di servizi internet americano non può limitarsi a fare il proprio lavoro, disinteressandosi della politica. L'egemonia economica e strategica degli Stati Uniti diventa un pilastro essenziale della sua capacità di dominare il mercato. Cosa deve fare una megacorporation per conquistare il mondo? Deve diventare una parte dell'"impero del bene" originario.
"Ma la forza della sua immagine positiva («qualcosa di più di una semplice impresa») si deve in parte proprio alla sensazione che Google non si comporti come una qualsiasi multinazionale grande, grossa e cattiva. La sua politica di adescare gli utenti con la promessa di gigabyte di "archiviazione gratuità" serve a dare l'impressione che sia disposta a regalarci qualcosa, in contrasto col principio imprenditoriale della ricerca del profitto. Tutto ciò favorisce la visione di Google come impresa essenzialmente filantropica - una macchina magica presieduta da esseri visionari ultraterreni - intenzionata a creare un futuro utopistico. L'azienda appare molto interessata a diffondere quest'immagine di sé, finanziando iniziative volte a sviluppare la "responsabilità d'impresa" per produrre "cambiamento sociale", sul modello di Google Ideas. Ma come dimostra quest'ultima, i suoi sforzi "filantropici" aumentano in modo imbarazzante la sua vicinanza al lato imperialista del soft power americano. Si pensi a cosa accadrebbe se fossero i mercenari della sicurezza come la Blackwater/Xe Services/Academi a condurre un progetto del genere di Google Ideas. Google invece, in qualche modo, ha ottenuto carta bianca."@giorgiotave sei ovviamente un divulgatore di internet e web marketing, ma non sarebbe il caso di iniziare a guardare in modo un po' più ampio e complesso quello che succede a Google, anziché vedere solo il lato tecnologico e poi cadere dal pero quando si scopre che Google ruba?
Perché sono convinto che verranno fuori cose ben peggiori prima o poi che porteranno problemi per tante persone e chi ha diffuso il verbo di Google senza troppi scrupoli, per quanto piccolo, sarà ritenuto complice, giustamente, perché chi fa informazione ha una responsabilità verso il suo pubblico e non può permettersi di dire: "non lo sapevo".
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@andreabo quando ho parlato di seo che difendono Google non mi riferivo a nessuno che sta in questo forum, inoltre Giorgio nel suo video non è stato molto delicato con Google nelle sue affermazioni. Mi riferivo invece ai seo venditori di fuffa che si trovano su Twitter e che ogni giorno vanno a dire quando sia schifoso ogni sito penalizzato da Google, ma non sono in grado di vedere cosa propone la serp. Se non sai analizzare la serp e vedere come è diventata come pretendi di far risalire un sito? Se sei un benzinaio e nella strada dove lavori ti metto altri 5 benzinai davanti a te, pensi che gli affari saranno come prima? Stessa cosa vale per le "Persone hanno chiesto anche" nelle prime posizioni, gli annunci shopping + altri 4 annunci, adesso arriveranno anche gli annunci in mezzo ai risultati organici (quelli shopping ci sono già). Incasinando la Serp Google ha avuto entrate maggiori del +11%, inoltre tutto è finalizzato all'addestramento della sua intelligenza artificiale secondo me. Guarda Reddit che nonostante il lecchinaggio di Google che gli ha dato più visibilità (e ora è chiaro il perché), adesso stanno pensando di bloccare del tutto i bot di Google https://www.theverge.com/2023/10/20/23925504/reddit-deny-force-log-in-see-posts-ai-companies-deals.
Bello anche questo articolo https://www.euronews.com/2023/10/26/huge-sell-off-at-google-as-tech-giant-loses-value-of-disney-overnight Come possiamo aspettarci che questi di google lavorino per gli utenti quando è chiaro che invece il fine sono solo e sempre, soltanto i soldi? Niente di sbagliato nel voler fare profitti, se non danneggi gli altri però. Chiaramente tutto questo porterà alla loro distruzione perché quando tiri troppo la corda alla fine si spezza.
A 1 Risposta -
Il processo continua. Google inoltre continua con i suoi aggiornamenti quest'anno https://thecapitolforum.com/google_antitrust_trial_2023/
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E intanto notizia leggera... Abbiamo la colonna sonora ufficiale