La gente fugge dal dolore senza rendersi conto che fugge dalla felicità.
La libertà, diceva il Fromm, non è quella "da" (fuggire dalla paura, dall'oppressione della vita quotidiana) ma quella "di" (fare, amare).
Molti camminano con la spina staccata e alcuni ricordano gli amici vivi. Poi sposati, lontani dal cuore, son come foglie secche schiacciate dalle loro mogli in pantofole.
Cosa cambia rendendosi conto che la vita è "finita" (in senso di "finitezza" cioè di non eterna) e con questo soffrire?
Nulla, inutile pensarci più di tanto.
Nessuna saggezza di vivere, sarenità, intensità (di vivere, cose bellissime peraltro) impediranno al tempo di fare il suo corso.
Alla fine cosa ci aspetta, un luogo di felicità che ci ripagherà di tutti i torti subiti, dei dolori?
Chi lo sà, bha.
Siamo liberi di scegliere quello che "il sistema" ci offre: cioè non siamo liberi per niente e per di più siamo anche contenti di questa scelta "indotta".
L'uomo che sembra democratico (ma che subdolamente ci "vuole" come a lui conviene - e lo fa amabilmente con la pubblicità - per di più subliminale) non è meglio di un nemico aperto da cui ci si può difendere. Così la grande America che si fa amare (almeno un tempo) è peggio di alcune dittature che possiamo odiare.
Ogni attimo è già passato nel momento in cui lo viviamo. Sta alle spalle e non tornaerà più. Quello futuro non esiste e quando sarà, sarà già morto.
Ma chi vive l'attimo presente, chi vive l'hic et nunc, chi coglie la vita, quello cambierà la sua vita.
E con l'esempio anche il mondo.
Io dico che solo
quel giorno
comincia a vivere