- Home
- Categorie
- Società, Web e Cultura
- Società e Impegno Civile
- I sentimenti (amore, religione e passioni) sono chimica
-
I sentimenti (amore, religione e passioni) sono chimica
Ho bisogno di scrivere cose a ruota libera, altrimenti non riesco a spiegarle, che son povero di mezzi.
Perdonatemi quindi l'assenza di riferimenti e le idee apparentemente balzane che ora vado a scrivere; su quelle però commentate pure senza pietà alcuna.I sentimenti religiosi; l'amore nelle sue differenti espressioni per i genitori e figli, per l'amico fidato e per la compagna; le passioni ed emozioni per le cose e le vicende della vita, dall'arte ai delitti; avvertire od esprimere il bene ed il male o reagire ad essi; provare insomma gioia o dolore, non sono forse altro che reazioni chimiche?
Se in un sereno pomeriggio siamo nella nostra casetta leggendo tranquillamente il nostro libro ed improvvisamente suona alla porta ed entra la nostra amata del cuore che attendiamo invano da anni e ci dice "ora voglio te"; oppure se entra dalla porta qualcuno che ci comunica un luttuoso evento successo ad un nostro familiare.
La nostra vita, il nostro equilibrio interiore sono sconvolti. Dalla gioia o dal dolore.
Però esistono farmaci, composti chimici che assunti in dosi adeguate possono neutralizzare queste emozioni. Che in fin dei conti queste emozioni sono prodotte da altrettante sostanze chimiche prodotte dal nostro stesso corpo in reazione agli eventi.Il soldato impavido che non fugge di fronte al pericolo e quello invece terrorizzato che scappa immediatamente, o almeno vorrebbe farlo, non sono forse il risultato di due differenti produzioni chimiche di fronte allo stesso evento?
E il genitore che è distrutto dalla scomparsa del figlio e quello che invece non provando proprio nulla arriva ad ucciderlo in quanto infastidito dalla sua presenza, non sono anche questi due differenti produzioni di composti chimici del corpo dei soggetti di fronte ad identiche situazioni?
Dolore e gioia, bene e male quindi non esistono ma sono un differente e soggettivo risultato di differenti produzioni e quindi dosaggi chimici di fronte allo stesso evento.
Ma allora non siamo coraggiosi o pavidi, corretti o gaglioffi, sensibili o duri, affettuosi o spietati, fedeli e credenti o atei e miscredenti, ma solo conseguenti a differenti autoiniezioni di composti chimici autogenerati.
Amore e fede, il senso di Dio, gloria e peccato e tutto il resto; la nostra personalità ed il nostro io stesso sono solo chimica.
Ora procedete pure con la doverosa lapidazione please.
-
Ciao fabysnet,
Per quanto bizzarro il tuo modo di volerlo dire, come se mosso da un conato trattenuto e celato troppo a lungo chissà di fronte a quali tipi di interlocutori, trovo la provocazione interessante ... lungi da me il bisogno di lapidarti fisicamente o verbalmente.
Per quanto mi riguarda e anche non, noto però che è un tema che di religioso ha moltissimo. In quanto tratta della posizione che riconosci all'uomo di fronte alle forze interiori ed esteriori, tra cui , non ultima quella che decide della vita e della morte di ciascuno.
Gia perchè, seppur più o meno liberamente mossi o del tutto preda di reazioni chimiche, una Ragione circa l'origine, la direzione e il fine va indagata.
Per religione intendo infatti la constatazione intuitiva dell'esistenza del Tutto e con filosofia: la ricerca della conoscenza di cose conoscibili.
Campi che, personalmente, trovo approcciabili in quanto designano cose aventi radici nella realtà e quindi modificabili sotto un certo punto di vista.Nel tuo approccio non c'è in fatti traccia di "libero arbitrio"; descrivi un campo triste e caotico (il mondo) dove l'uomo non è altro che spettatore impotente di se stesso (o meglio delle proprie interazioni necessarie).
Una parte la condivido :). La materia, il corpo e tra questi anche i pensieri chiamiamoli comuni hanno una radice, uno svolgimento ed un'evoluzione gia segnata. Il movimento è insito nella vita, quindi anche nella morte e così anche la direzione dello stesso.
Si nasce gia con una storia, che si esprime in un carattere, in un contorno e nella nostra capacità di reazione e interazione con lo stesso.
Noi diveniamo reagendo a qualche cosa. Fin dalla nascita: Siamo, non appena qualcuno ci evoca (volutamente o non) in qualche modo. Poi ci accoglie (più o meno), poi ci da modo di essere in autonomia (sempre in teoria). Da li in poi comincia la strada del ritorno...In tutto questo procedere, gia scritto, che tu chiami reazioni chimiche, ci trovo la radice della mia personale tolleranza. Come quando altrove parlavo di bene e male, entrambi per forza coesistenti nella medesima cosa o qualità.
In questa prospettiva infatti: Chi giudica? Chi si può porre al di fuori, estraneo, quale essere totalmente libero/autodeterminato? E se anche fosse ed esistesse uno o più esseri simili come potrebbero appunto giudicare qualcosa che pare immerso o annaspante sempre nella necessità e non nella scelta?Non voglio andare oltre il tema da te proposto ne aggiungere riferimenti che tu stesso non hai voluto chiamare a prova. Cerco solo di seguirti nel ragionamento (molto emotivo) che vuoi portare avanti. Solo per intenderci aggiungo che non credo affatto nel libero arbitrio per quanto riguarda la nostra parte di materia e nemmeno per una parte di pensieri che di materia sono sempre fatti.
Ma il fatto stesso di poterlo indagare (non giudicare) presuppone un qualche "testimone" che svolge questa operazione, che si accorge delle forze da cui è attraversato, che si cala nella realtà necessaria della relazione e che in questa trova una personale, particolare, tipica partecipazione.Tu dai solo due scelte: il genitore che assiste impotente o il genitore che agisce uccidendo e sono due posizioni che non si trovano sulla stessa linea di comparazione. Hanno delle cose in comune certo: la posizione di genitore rispetto al soggetto che muore e la fine (morte) di qualcosa, di una relazione (per parlare solo di cose evidenti). Ma mentre nella prima metti in luce la reazione emotiva a qualcosa che accade (prima di tutto altrove); nel secondo caso tratti, invece, di qualcosa che accade "dentro" al genitore stesso che poi lo manifesta in un'azione distruttiva.
Il paragone indagativo, può essere fatto invece sulla differenza di reazione di due persone diverse o della stessa persona in momenti diversi, di fronte alle medesime circostanze(dato di partenza per me gia impossibile). Soprattutto potremmo dire di fronte al dolore inteso nel senso più ampio.
Trovo che sia li la possibilità di scelta: nell'attraversamento del dolore. Il momento in cui vengono al pettine tutti gli automatismi di cui siamo preda, il momento in cui possiamo scegliere se continuare a servire una "personalità automatica" (le foglie di un ipotetico albero) o dare la priorità alla ricerca attiva di una via d'uscita (indagine nelle radici).
I sentimenti emotivi sono sicuramente automatici. L'amore non trovo sia la stessa cosa in quanto presuppone una presa di responsabilità importante; uno spostamento (scelto, voluto e proposto all'altro) di basi.
Promettere l'amore è come dire: per me da oggi tu sei una partenza, la partenza, una delle mie partenze. Tu sei il mio limite, il confine, lo spazio in cui sperimentare.
Per fare questo occorre prima conoscere il campo (se stessi) in cui accettare la forza che incontriamo e in cui riconoscere (accogliere) una parte di se stesso.Spero di non aver divagato troppo. Volevo solo farti capire, come dal mio punto di vista almeno, il problema sta nelle tue premesse che, accostando cose tanto eterogenee: sentimenti/passioni/amore/religione/fede (i campi di azione appartengono infatti a dimensioni completamente diverse) non ti permettono di comprendere la logica delle leggi che sono ed operano in sottofondo e attraverso la cui conoscenza si può -sempre dal mio punto di vista- scorgere una parvenza di libertà.
Un saluto intanto
-
Salve Fabysnet.
Per la lapidazione ti toccherà aspettare, almeno per quel che mi riguarda: l'interesse per la tua posizione mi ha fatto dimenticare a casa il sacco con le pietre aguzze.
Scherzi a parte: ciò che hai appena descritto è quella che potremmo definire una visione materialista dell'uomo, nella quale cioè ogni cosa, anche idee e sentimenti, ha la sua origine nella materia (atomi, molecole, composti e loro interazioni) e può essere spiegata in termini di leggi della Natura.
Non è affatto una visione strampalata, ma una serissima posizione filosofica con radici antiche - ne parlava Democrito circa 2600 anni fa - che dall'Illuminismo in poi ha avuto una sua scuola di tutto rispetto, capitanata da tale La Mettrie che in proposito scrisse un celebre trattato, L'uomo-macchina, nel 1748.
Altri la pensano ovviamente in modo diverso, a cominciare dai credenti di ogni fede.
Premetto che non sono un esperto del ramo - mi occupo abitualmente di corpi inerti, non di cervelli pulsanti - ma seguo la ricerca e le scoperte recenti e vorrei provare ad aggiungere qualche dato.
Allo stato attuale delle cose, non possiamo ancora affermare con certezza che *tutto *quanto pensiamo, sentiamo o proviamo abbia *esclusiva *origine chimica (c'è chi lo crede, ma si tratta di scienziati molto radicali ed ottimisti, ed io per natura non sono un radicale).
Ciò che però possiamo dire è che, grazie ai sempre più moderni metodi di indagine medica, stiamo scoprendo ogni giorno nuove e più precise *correlazioni *tra i meccanismi fisici, chimici, elettrici, biologici del sistema nervoso centrale (cervello, cervelletto e midollo allungato) e i processi che chiamiamo genericamente "pensieri", "emozioni", "sentimenti".
Il tuo cenno agli psicofarmaci - credo tu ti riferissi per lo più ai regolatori del tono dell'umore, ma il discorso vale per sedativi, stimolanti, analgesici e tutta la classe degli psicotropi - è corretto, ma l'indagine si è spinta molto oltre.
Le TAC di più recente fabbricazione (ed altri macchinari elettro-sensibili) hanno consentito negli ultimi anni di localizzare con precisione millimetrica le aree dell'encefalo in cui hanno sede la memoria sensoriale, il linguaggio, le emozioni profonde ed altre funzioni cognitive.
In parallelo, gli studi clinici su pazienti traumatizzati o con gravi lesioni cerebrali hanno prodotto stupefacenti risultati nella ricerca delle cause e delle conseguenze di danni alla struttura: il cervello, quasi fosse un computer, può essere gravemente compromesso da certi eventi (incidenti, malattie, tumori), ma a volte è parimenti in grado di riorganizzarsi come una macchina che ricanalizza il flusso dati per tornare a girare.
A questo punto faccio due precisazioni, però.
La prima: sapere "dove", nelle circonvoluzioni dell'encefalo, si trovino le zone maggiormente preposte ad una funzione cognitiva *non *implica la possibilità di affermare con certezza che lì ci sia *tutto *il linguaggio, o *tutti *i traumi infantili archiviati, o altro a nostro piacimento, ma tutto compreso.
Il cervello è un sistema complesso che, oltre alle interazioni semplici tra parti vicine (i famosi collegamenti tra neuroni, simili ad un articolato impianto elettrico), ha anche dei complicatissimi contributi collettivi - a carattere *statistico *- che lo rendono un "tutto unico" difficilmente riducibile alle sue parti.
In tal senso ha ancora ragione chi dice che il nostro pensiero vale più della somma degli impulsi elettrici e chimici che lo compongono.
Ciò però non impedisce agli ottimisti di pensare che un giorno, quando avremo abbastanza dati e simulatori abbastanza potenti, saremo anche in grado di stimare quantitativamente quei contributi collettivi che sfuggono oggi al nostro controllo ed ottenere una perfetta replica informatica del pensiero umano.
La seconda precisazione: potremmo chiederci a questo punto come facciamo a provare tutti più o meno le stesse sensazioni, però ciascuno con lievi sfumature diverse.
Tutti infatti soffriamo, ridiamo e ci innamoriamo o siamo infelici, ma ciascuno lo fa a modo suo.
Una possibile risposta - anche questa a carattere materialista - è che le emozioni sono le stesse per tutti in ragione del fatto che, avendo il cervello all'incirca la stessa forma e struttura per ogni persona ed essendo costituito da oggetti uguali (neuroni, recettori chimici, ponti elettrici), produce in media gli stessi "output" (pensieri, emozioni).
Il fatto che siano "in media" gli stessi pensieri apre alla possibilità delle sfumature, che potrebbero derivare sia da effetti collettivi come quelli già indicati sopra, sia da casi di "effetto farfalla" in cui piccole, impercettibili differenze tra due soggetti conducono a macroscopiche differenze nel comportamento dei cervelli - e dunque a diversi modi di sentire, pensare, parlare, sognare.
Gli studi sui gemelli monozigoti e sui cloni di animali sono illuminanti in tal senso.
La neuro-fisiologia, la biochimica del cervello e le ricerche per simulare le reti neurali sono tra gli studi più complessi che l'umanità stia intraprendendo al momento: si tratta di gestire, coordinare ed interpretare una mole spaventosa di dati ancora senza un vero perché e cercare i segreti più intimi del nostro stesso essere uomini.
Forse un giorno avremo le risposte che aspettiamo e conosceremo ogni segreto dell'amore, del lutto, della sofferenza e della gioia.
Vorrei però lasciarti, Fabysnet, con una considerazione forse puerile e superflua, ma credo necessaria alla fine della "doccia scientifica" alla quale ti ho sottoposto (forse era meglio la lapidazione, chissà).
Di passaggio: se qualcosa non ti è chiaro - forse ho ecceduto con i paroloni da professorino - sentiti libero di chiedere o di proporre: sono a disposizione.
Dicevo: sapere tutto di un oggetto, specie se questo è molto complesso e affascinante, non ne esaurisce la bellezza e forse non riesce nemmeno a scalfirne l'essenza misteriosa.
Una Ferrari è un insieme di plastica, fibra di carbonio, vetro e metallo, ma poter visualizzare ogni dettaglio della sua costruzione non ce la fa apparire meno magnetica.
Hanno scritto che "conoscere il meccanismo con cui si forma l'arcobaleno non rende meno bella la sua curva nel cielo"; per quel che mi riguarda, credo che abbiano ragione.
Quando ci avranno spiegato che il lutto è di origine chimica, non smetteremo di piangere sulle tombe dei nostri cari; il dettaglio formale delle interazioni che producono la paura non ci salverà dai tremori e dai sudori freddi che accompagnano la tensione; sapere infine che l'amore si riduce ad un fragile equilibrio ormonale non farà cessare il nostro batticuore quando aspettiamo la persona amata.
Alla prossima.
Leonov
-
In questo splendido Forum ... non hai i mezzi? Arrivano
Grazie Leonov, riesci sempre a dare ordine e attraverso questo, creatività, agli argomenti.Mi piace accogliere quello che dicono gli altri e dargli il tempo di maturare in me senza tante interferenze e controlli. Quindi senza fermarmi e continuare a girare intorno al tutto, continuo nel percorso in cui mi guidano le tue parole.. senza seguire un ordine di cui, inoltre, non son capace.
@Leonov said:
Salve Fabysnet.
Dicevo: sapere tutto di un oggetto, specie se questo è molto complesso e affascinante, non ne esaurisce la bellezza e forse non riesce nemmeno a scalfirne l'essenza misteriosa.
Una Ferrari è un insieme di plastica, fibra di carbonio, vetro e metallo, ma poter visualizzare ogni dettaglio della sua costruzione non ce la fa apparire meno magnetica.
Hanno scritto che "conoscere il meccanismo con cui si forma l'arcobaleno non rende meno bella la sua curva nel cielo"; per quel che mi riguarda, credo che abbiano ragione.
Quando ci avranno spiegato che il lutto è di origine chimica, non smetteremo di piangere sulle tombe dei nostri cari; il dettaglio formale delle interazioni che producono la paura non ci salverà dai tremori e dai sudori freddi che accompagnano la tensione; sapere infine che l'amore si riduce ad un fragile equilibrio ormonale non farà cessare il nostro batticuore quando aspettiamo la persona amata.
Alla prossima.
Leonov
Il richiamo al lutto, su cui avevo pudore a insistere, e questa meravigliosa spiegazione di Leonov, mi riporta ad una pagina di un libro meraviglioso seppur dal titolo funesto (Chi muore? Quando si muore. Stephen Levine) di cui mi permetto di riportare un paio di capoversi (invece che tentare di riassumerli a parole mie):
*"... nel lutto, è insito un pericolo per molti che si riengono persone di grande spiritualità: la tendenza ad allontanare i sentimenti profondi, giudicandoli 'non spirituali': Se fossi una persona di autentica spiritualità non sarei così spaventato, arrabbiato, angosciato. *
E d'altro canto, ci sono quelli che considerano reali soltanto le emozioni. Dicono: Tutta questa roba trascendentale è un modo per cercare di reprimere i sentimenti.
*Ma nel lutto, non è possibile allontanare l'inferno per guadagnarsi il paradiso, non più di quanto sia possibile guadaganarsi il paradiso frequentando l'inferno. Non si tratta di scegliere l'uno o l'altro, ma di sceglierli entrambi. *
E questo mi fa tornare in mente la fotografia di un maestro indiano del silenzio, Hari Dass, in piedi presso una lavagna con su scritto: Noi dobbiamo fare tutto.
C'è la storia di un monaco Zen che piange sulla tomba del maestro, morto da poco. Un altro monaco gli si avvicina e gli chiede: Non sei forse un monaco? E allora, perchè piangi?. Il monaco, nella sua afflizione, si volta e gli risponde severamente: Piango perchè sono triste.
Quando arriva la comprensione, quando vediamo la radice da cui scaturisce l'esperienza, c'è posto per tutto ...."E nel frattempo ... La pancia mi chiama buon pranzo a tutti
-
ha ancora ragione chi dice che il nostro pensiero vale più della somma degli impulsi elettrici e chimici che lo compongono. Illuminante questo concetto. E mi sembra un'ottima risposta ai miei dubbi. Qualsiasi scarica elettrica o chimica il mio io possa ricevere di fronte ad un avvenimento, potrà "pensare" e quindi decidere un comportamento, limitatamente a quanto l'emotività compromessa dalla chimica gli consentirà in quel momento.
Il soggetto così è spostato dall'aspetto catalizzante della chimica a come la personalità dell'individuo interagisce ad esso.
La nostra personalità quindi non è "solo chimica" ma è ciò che con quella chimica volta per volta fa i conti.
-
Ciao fabysnet!
Stai tranquillo, non ti voglio lapidare
Anche io qualche tempo ci avevo pensato ed ero giunto ad una conclusione simile (tranquillo, non ti voglio rubare la gloria ). Quello a cui ero giunto è che le "emozioni" sono, se così vogliamo chiamarle, le "figlie" degli istinti animali. In fondo la gioia nel re-incontrare l'amata del cuore (per usare il tuo esempio) non è un risultato dell'istinto di riproduzione animale? Del bisogno di far continuare la specie a qualsiasi costo? E il dolore nella perdita di un familiare credo sia una reazione che ci vuole dire qualcosa tipo "lui è morto ed era nella mia stessa zona geografica! C'è qualcosa che non va! Forse è meglio spostarmi... potrebbero esserci pericoli in agguato!". L'unica cosa che ha diversificato queste "reazioni" trasformandole in "emozioni" è il fatto che noi siamo coscienti di noi stessi e del mondo che ci circonda a un livello diverso da quello degli animali.
-
Premesso che credo che la psicologia insieme alla genetica stiano scoprendo che le emozioni e non i sentimenti producono reazioni chimiche tipo l'arrossamento di un volto, ti rispondo citando il rapporto negli ultimi tempi tra scienza e religione.
Negli ultimi anni la religione, ma soprattutto la nostra idea sull'identità dell'uomo ha subito parecchi colpi dalla scienza:
- Darwin ci ha mostrato le affinità con la scimmia e la selezione naturale della riproduzione che ha generato l'animale uomo
- Freud è riuscito a penetrare nella psiche individuando i processi mentali che causano taluni atteggiamenti, destabilizzando il concetto di morale (superIo): non sarebbe universale ma solo il frutto dell'influenza degli altri (genitori, ...) e dell'ambiente
- la genetica sta individuando i processi chimici attivati dai nostri processi mentali e dalle nostre emozioni relative a quei processi mentali
- la biotecnologia sta cambiando i caratteri fisici dell'uomo, è uomo una persona con gli occhiali, la dentiera, organi sessuali cambiati, una memoria estesa tramite microchip, ...?
Mi pare chiaro che il concetto d'uomo è in divenire come l'uomo stesso, se oggi un uomo primitivo od anche nato fin nel 1500 c'incontrasse penserebbe che siamo alieni.
A questo punto vediamo il concetto di Dio [da Wikipedia]:
"*Dio proviene dal latino deus, derivato da divus, splendente). Il termine è connesso con la radice *div/*dev, che ha il valore di "splendente, brillante" La radice indoeuropea da cui viene divus e successivamente "dio" significa "luce"; Tale appellativo si spiega con il fatto che, sin dall'antichità, chi ha sostenuto di aver avuto esperienze che riguardavano Dio le ha sempre caratterizzate come esperienze di "luce", oltreché di beatitudine, gioia e pace. *Per risponderti io dico accettiamo pure che il concetto di uomo muti man mano che la scienza svela altre conoscenze, ma finchè l'uomo cercherà la "luce" che dià un senso alla sua vita Dio ci sarà sempre.
-
@fabysnet said:
Amore e fede, il senso di Dio, gloria e peccato e tutto il resto; la nostra personalità ed il nostro io stesso sono solo chimica.
Ora procedete pure con la doverosa lapidazione please.Carissimo Fabysnet, non c'è nulla da lapidare, mi pare che tu abbia solo illustrato e spiegato con i tuoi pensieri e turbamenti che questa è semplicemente, la vita.
Non ci dobbiamo, a mio avviso, preoccupare o turbare se scopriamo che l'universo, le stelle, il sole, la terra, l'acqua, la luce, l'aria, l'uomo, l'amore, il bene, i pensieri, le emozioni e i sentimenti sono semplicemente miscele chimiche.
Sono queste miscele che ci danno la possibilità di vivere questa vita meravigliosa e solo noi potremo viverla più o meno felicemente e intensamente.
Che son sempre belle cose.
-
Tutto è chimica !
Si può stabilire anche che tutto sia figlio del caso, ma così facendo si posticipano delle domande.
Ovvero se si assume che un sentimento è un condizionamento di una macchina chimica (l'uomo) a determinate condizioni e che queste condizioni siano legate al caso e non a nulla di più (testi perfettamente sostenibile), rimane da domandarsi perchè la chimica funziona così.
Perchè l'atomo è fatto così, perchè gli elettroni si "legano" così, eccetera.
Se la risposta sia Dio o meno, rimane comunque una domanda interessante.Per quel che vale, visto che è tornata di moda, ascoltiamoci "meraviglioso" di modugno e chiediamoci perchè qualcosa come il mare ci pare bello quando è agosto e ci pare triste quando è dicembre, perchè il sole ci piace ai primi calori di primavera, ci è quasi indifferente d'inverno e ci fa penare d'estate.
Sarà anche solo chimica e caso, ma non è detto che sia l'unica cosa possibile. Il caso avrebbe potuto anche portarci ad andare pazzi per la vista e l'odore di una discarica o chissà quale altra schifezza.
Diciamolo, il caso vi vede quantomeno fortunati!
-
Alcune considerazioni in ordine sparso:
@ Max: La visione che offri è molto stimolante, materialista ma aperta - tramite l'introduzione dell'autocoscienza - ad un'interpretazione più "alta". Forse è proprio la complessità del nostro cervello (e la mole di dati ad alta specializzazione che esso è in grado di processare) a trasformare le emozioni di base rielaborandole, ma soprattutto colorandole di infinite sfumature.
C'è poi, legato a questo, un aspetto importante: l'uomo è ad oggi l'unica creatura, a quanto sappiamo, che ha piena coscienza non solo di sé, ma del tempo, del significato del suo scorrere; questo forse lo differenzia da tutti i viventi e gli procura tutte le sue gioie e i suoi dolori.
@ Marlomb: Distinguerei nella tua analisi due aspetti salienti. La "religione" intesa come pratica cultuale ed insieme di informazioni sul mondo e sull'uomo (la storia di Adamo ed Eva, la creazione in sette giorni) è stata messa a durissima prova dalla Scienza, e credo che tale andamento si manterrà inalterato nei prossimi anni.
Come però dici tu, questo avanzare della ricerca tecnologica non preclude la possibilità di credere anche molto fortemente: non certo affidandosi ai miracoli, ai santi o all'idea del Paradiso con le nuvolette e i parenti morti che ci sorridono, ma facendo riferimento ad un "ordine" in senso più ampio (e allo stesso tempo più preciso).
Vale insomma l'adagio di Spinoza: "Dio si identifica con la Natura", intesa come assetto cosmico e biologico (in cui è incluso l'essere umano); non una "volontà superiore" che "comanda" su tutto, ma al contrario uno stato delle cose che "è", semplicemente e senza tante spiegazioni.
Pitagora chiamava "Cosmo" il cerchio che chiude tutte le cose, e nella Bibbia il Dio che si presenta a Mosè dice soltanto: "Io sono colui che è", senza bisogno di nient'altro, chiese o altari o preghiere.
@ Vocal Coach: La domanda sul perché il mondo sia come nei fatti è si pone come quesito essenziale e fondamentale della Scienza, ma non so se ad esso potrà mai essere data risposta (almeno in ambito scientifico).
Mi spiego: oggi sappiamo che l'esistenza dell'Universo (dunque anche di noi che siamo fatti della stessa materia di cui sono composti stelle, alberi e animali) è subordinata a precise combinazioni di alcuni fattori essenziali.
Un solo errore nel dosaggio degli ingredienti di questa "ricetta" e niente sarebbe potuto esistere. Perché allora c'è qualcosa (il Mondo, noi) invece del Nulla?
Vai a saperlo. È una domanda cui la Scienza non può proprio dare risposta, poiché chi fa ricerca si interroga sul "come" accada qualcosa, mai sul "perché". Il secondo interrogativo è materia per i filosofi.
Un giorno i cosmologi sapranno spiegare con assoluto dettaglio come è avvenuto il Big Bang, e i biologi avranno ricostruito tutti i passi che hanno portato molecole isolate a diventare erba e cavalli e uomini, ma nessuno di loro potrà esprimersi sul perché alla materia sia stata data questa straordinaria possibilità.
Nel frattempo, comunque, è bellissimo conoscere, esplorare e scoprire ogni giorno cose nuove, facendone tesoro per rendere la nostra breve esperienza sulla Terra un tempo piacevole, interessante e pieno di momenti preziosi.
-
Finora, almeno fra molte persone che conosco è convinzione comune che una cosa escluda l'altra, ovvero o sei dalla "parte della religione" credi che le cose siano così perchè Dio lo ha voluto e basta oppure sei dalla "parte della Scienza" ovvero tutti è così per una serie di processi ben definiti che si possono rintracciare. Ma perchè non possono essere tutte e due le cose? Perchè dio non può aver creato l'universo e lasciato che si evolvesse da solo come un programmatore quando crea un set di mappe da gioco da una serie di istruzioni e poi lascia che le mappe siano randomly generated? Comunque io rimango del mio parere... le emozioni sono una reazione a ciò che ci sta intorno basate sulla nostra esperienza, quello che resta degli istinti animali. Il nostro "essere coscienti di noi stessi" a un livello (che sembrebbe essere) più alto di quello degli altri animali ci ha permesso di controllarle e identificarle.
-
Sono daccordo con max0005 quando si chiede perchè una cosa deve escludere l'altra.
Si è talmente sempre indaffarati a mettere e mettersi in competizione che ci si dimentica della vastità degli spazi di cui si parla ...Fatico invece a pensare alle emozioni come a qualcosa da controllare in quanto questo presuppone una visione del corpo come qualcosa di basso o comunque più basso o di materia più vile dei nostri pensieri.
Il corpo e le sue reazioni sono per me un libro da leggere, da ascoltare, da cui farci portare. Spesso uno specchio di ciò che siamo o del modo deformato in cui ci pensiamo. Separarlo dalla mente ma anche solo subordinarlo è a mio parere un'operazione dannosa (dalla separazione nasce il giudizio e spesso il conflitto).
-
Max0005:
Ma perchè non possono essere tutte e due le cose? Perchè dio non può aver creato l'universo e lasciato che si evolvesse da solo come un programmatore quando crea un set di mappe da gioco da una serie di istruzioni e poi lascia che le mappe siano randomly generated? Interessante considerazione.
Mi fanno ricordare alcuni brani di preghiere che mi sono state insegnate durante il catechismo:
-"Dio padre onnipotente, creatore e signore del cielo e della terra di tutte le cose visibili ed invisibili ...Egli è tutto ed è in ogni luogo ... Egli è sempre stato e sempre sarà."-La preghiera diceva ovviamente anche altro, ma mi restarono fin da allora impresse queste parole perchè in esse vi era un'ampia concezione del Creatore identificabile con il creato stesso; l'insieme delle cose, della materia e delle energie era dunque esso stesso Dio.
La personificazione che le varie religioni hanno fatto di Dio, immaginandolo e descrivendolo a nostra immagine e somiglianza, capace di provare amore e odio, ira e pietà, castigo e vendetta, non è altro che il modo più efficace per farle recepire dalle popolazioni.
Ciò che oggi chiamiamo viral marketing insomma.Il concetto che sole e terra, erba e mucche, latte ed uomini fossero parte del "creato" e quindi creatori essi stessi in quanto parte del Dio che "è tutto ed è in ogni luogo" è poi quello sostenuto da Filippo Giordano Bruno, frate domenicano.
E' una visione che mette ovviamente in discussione la Chiesa ed i suoi dogmi e per questo Giordano Bruno stesso fu condannato al rogo per eresia e bruciato vivo nel febbraio del 1600.« È dunque l'universo uno, infinito, immobile; una è la possibilità assoluta, uno l'atto, una la forma o anima, una la materia o corpo, una la cosa, uno lo ente, uno il massimo et ottimo; il quale non deve poter essere compreso; e perciò infinibile e interminabile, e per tanto infinito e interminato e per conseguenza immobile; questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto; non si genera perché non è altro essere che lui possa derivare o aspettare, atteso che abbia tutto l'essere; non si corrompe perché non è altra cosa in cui si cange, atteso che lui sia ogni cosa; non può sminuire o crescere, atteso che è infinito, a cui non si può aggiungere, così è da cui non si può sottrarre, per ciò che lo infinito non ha parti proporzionabili »
-
Insisto sulla mia analisi.
La religione, (ed anche la filosofia in parte), ha sempre avuto come oggetto di studio la risposta a due domande:
- quale è l'origine dell'uomo?
- quale è il fine ultimo dell'uomo?
(a tutte e due la religione cattolica che io pratico risponde Dio: Egli crea l'uomo; il ricongiungimento a Dio, [la beatitudine massima D. Alighieri], è il fine ultimo dell'uomo).
La scienza, come dice anche Leonov, cerca di dare una risposta alla prima domanda avanzando sempre più rapidamente sulla conoscenza, prima di Bacone l'atomo, le idee, il pensiero, successivamente la scimmia, la materia, la forza (gravità, elettromagentismo, debole, forte), è possibile che arriveremo ad un solo principio unificatore di tutta le energie (materia e forze che la regolano), ma questo sposterà semplicemente la domanda dall'origine dell'uomo all'origine di quel principio, (come ha per esempio intuito S. Hawking avanzando nella conoscenza del Big Bang e dei Buchi Neri).
Sulla seconda domanda, che io intendo il senso della vita, mi sembra di capire che la scienza può solo dirci "come" avvenga un determinato processo naturale, artificiale, economico, politico, sociale ecc.; quindi per esempio può dirci come poche persone siano riuscite ad arricchirsi a spese di tante persone, ma non si occupa nè del perchè lo facciano nè se è negativo o positivo per l'umanità.
A questo punto vi chiedo: ci sono risposte alla seconda domanda diverse da Dio? O come si sente spesso oggi siamo in un epoca che non sa che farsene del passato e del futuro "una cultura del consumo immediato, una cultura dove la gente vuole essere gratificata all'istante, senza pensare a lungo termine?[M.Castells, Z.Bauman] e quindi non ha interesse a queste domande?
Marcello (marlomb)
-
Ho letto con interesse quanto scritto da tutti voi, ma il mio pensiero rimane sempre quello e vorrei ricordarvi che siamo qui per puro caso, caduti come una goccia d'acqua nel mare del tempo e che poi ce ne andremo in silenzio come siamo venuti.
Di noi rimarrà solo il ricordo, per chi ci ha conosciuto, di quello che abbiamo fatto e siamo stati in vita, e nulla più.
Dobbiamo inoltre ritenerci **fortunati **di essere nati in questo contesto mondiale e in questa epoca felice.
Sì, felice per noi, ma se fossimo nati in una misera capanna del Burundi con la domanda giornaliera non di:"che cosa mangio oggi?" Ma:"oggi ho da mangiare?"
A questo punto chi dobbiamo ringraziare per la nostra fortuna e chi devono maledire gli abitanti del Burundi per la loro sfortuna?
Io penso che sia meglio pensare alla casualità che altro e credo che sia più dignitoso per tutti.
Ci tengo comunque a ribadire che questo è solo il mio convincimento e che non voglio assolutamente convincere nessuno.
Ho rispetto per le credenze dei **Veri **Cattolici Cristiani con i quali mi confronto costantemente.
L'unica cosa che mi irrita fortemente è quando essi vogliono entrare nel mio concetto di vita e di morte cercando di ostacolare le mie legittime libertà di Ateo.
-
@cherryblossom: Non ho detto che emozioni vadano eliminate, ho detto che vanno, almeno entro un certo limite, controllate. Tutta la nostra società si basa sul concetto: "non ci sono solo io, esistono anche gli altri e hanno i miei stessi diritti e i miei stessi doveri". Se noi ci affidassimi ciecamente all'istinto e alle emozioni prenderebbe il sopravvento l'egosimo dettato dall'istinto di sopravvivenza e faremmo qualsiasi cosa per sopravviere al meglio noi stessi, o al limite per aiutare qualche caro. L'unico modo per evitarlo, è riuscire a controllarci. Del resto, la nostra differenza principale dalla maggior parte degli animali è la consapevolezza di noi stessi e la capacità di ragionare oltre le proprie necessità.
-"Dio padre onnipotente, creatore e signore del cielo e della terra di tutte le cose visibili ed invisibili ...Egli è tutto ed è in ogni luogo ... Egli è sempre stato e sempre sarà."-
Non posso che ssere d'accordo con te. E' difficcile immaginarci Dio così come ce lo descrive la Chiesa Cristiana Cattolica (ma anche in generale la Chiesa Cristiana) per molti motivi che non starò a elencare. Quando il cristianesimo cominciò a propagarsi, ma anche nei tempi successivi, la maggioranza della popolazione era "semplice", ovvero non aveva ne le conoscenze, ne il tempo per stare a ragionare sull'esistenza e sul concetto di Dio. Il metodo migliore per spiegare la religione alle persone era portarla su un piano che loro riuscissero a capire, che sicuramente non era una tesi filosofica, ma piuttosto paragonarlo alla realtà di tutti i giorni. "Dio come uomo" - "l'uomo creato dall'argilla e Dio gli diede il soffio vitale" - "Il paradiso terrestre come giardino della gioia" etc etc. Credo che alla fine il "succo" di tutto il discorso fosse di evitare le guerre, le sofferenze (a se stessi e non causarle agli altri), volerci bene, co-operare (concetti con i quali io concordo pienamente!). Credo (e questa è una mia interpretazione personale) che nei secoli successivi la chiesa si sia affezzionata al potere e non abbia più voluto lasciare andare ciò che aveva guadagnato, ovvero devozione assoluta da una grande parte della popolazione. Non c'è altra spiegazione altrimenti perchè abbiano accuato una marea di scienzati di eresia, bruciato motlissimi libri e messo a tacere molti liberi pensatori. Credo che i testi sacri non vadano presi alla lettera, ma piuttosto interpretati. Alla fine, la parola di Dio è stata sulle righe di "Vogliatevi bene." Alla fine credo che non cambi se uno creda in un Dio "cattolico", "Buddista", "Ebreo" o qualsiasi altra religione, ma cosa dimostra con gli atti. "Meglio un'ateo che aiuta i bambini malati in Africa che uno suicida che uccide 20 persone nel nome del suo dio."
La religione, (ed anche la filosofia in parte), ha sempre avuto come oggetto di studio la risposta a due domande:
- quale è l'origine dell'uomo?
- quale è il fine ultimo dell'uomo?
Non sono pienamente d'accordo con te. Mentre la religione ha dato molto velocemente una risposta (seppure non molto esauriente) alla prima domanda, non ha mai risposto alla seconda, ne si è mai impegnata molto per farlo evadendo sempre con risposte tipo "La volontà di Dio non è per noi da comprendere." Ultimamente mi sembra che la questione "scienza vs religione" si possa descrivere come "La scienza si sforza di accendere la luce laddove la religione esita a mantenerla spenta."
@Zeitgeist_gt:
Di noi rimarrà solo il ricordo, per chi ci ha conosciuto, di quello che abbiamo fatto e siamo stati in vita, e nulla più.
Un detto dice "L'unico modo per vivere in eterno è scrivere, e sperare che i propri scritti vengano letti il più a lungo possibile." Alla fine è vero, noi veniamo ricordati solo per quello che abbiamo fatto nella vita... ma solo perchè nessuno sa quello che succede dopo! Quindi bisogna dare il meglio di se mentre siamo ancora in vita
A questo punto chi dobbiamo ringraziare per la nostra fortuna e chi devono maledire gli abitanti del Burundi per la loro sfortuna?
Seconda la scienza... la sorte in entrambi i casi. La sorte per averci fatto nascere qui e la sorte per aver fatto nascere gli abitanti del Burundi nel Burundi. Ma visto che la sorte è solo un concetto matematico astratto, nessuno. Le cose sono adnate così ma non è colpa di nessuno.
Seconda la religione... è colpa/merito di Dio. Ma visto che (sempre secondo la religione) dio è infinitamente buono sicurametne avrà avuto le sue ragioni per farci nascere e vivere dove siamo nati e vissuti. Quindi neanche lui è da incolpare.
Alla fine, non abbiamo nessuno da incolpare. Se adesso ti senti un "vuoto" nello stomaco e una profonda sensazione di "incompiuto" è perfettametne naturale. Quando l'essere umano è in difficoltà e non sa come uscirne cerca qualcuno a cui dare la colpa. Qui la colpa non possiamo darla a nessuno.
-
Max0005 tu e gli altri mi date parecchi spunti interessanti.
@max0005 said:
Alla fine credo che non cambi se uno creda in un Dio "cattolico", "Buddista", "Ebreo" o qualsiasi altra religione, ma cosa dimostra con gli atti. "Meglio un'ateo che aiuta i bambini malati in Africa che uno suicida che uccide 20 persone nel nome del suo dio."
Per molte religioni attuali, ma non tutte la guerra santa è deprecabile, ma non c'è dubbio che è meglio un ateo che fa del bene, (questo dovrebbe essere il concetto di volontà di Dio), che un credente (fariseo) che fa del male!
@max0005 said:
Non sono pienamente d'accordo con te. Mentre la religione ha dato molto velocemente una risposta (seppure non molto esauriente) alla prima domanda, non ha mai risposto alla seconda, ne si è mai impegnata molto per farlo evadendo sempre con risposte tipo "La volontà di Dio non è per noi da comprendere." Ultimamente mi sembra che la questione "scienza vs religione" si possa descrivere come "La scienza si sforza di accendere la luce laddove la religione esita a mantenerla spenta."
Per quello che ho letto nel Vangelo, (il Nuovo Testamento è certamente più attualizzato del Vecchio Testamento), la volontà di Dio è spiegata in due comandamenti: amerai il tuo Dio al di sopra di ogni cosa, ama il tuo prossimo come te stesso, un progetto comprensibile ed attuabile volendo, il fine ultimo come ti dicevo è indicato nella ricongiunzione a Dio per l'eternità come figli di Dio (dimenticavo secondo me cattolico).
La scienza per me non si interessa della religione , ma progredisce nella conoscenza guidata dai bisogni umani.;)
La religione invece ha un altro passo, cammina ad una velocità molto inferiore alla scienza, per esempio solo 50 anni fa abortire non era materia d'interesse della chiesa cattolica, 30 anni fa la medesima ha detto che se lo si faceva entro 3 mesi in taluni casi era ammissibile, adesso già dal concepimento si parla di essere umano e come tale insopprimibile.
@max0005 said:
@Zeitgeist_gt:
Un detto dice "L'unico modo per vivere in eterno è scrivere, e sperare che i propri scritti vengano letti il più a lungo possibile." Alla fine è vero, noi veniamo ricordati solo per quello che abbiamo fatto nella vita... ma solo perchè nessuno sa quello che succede dopo! Quindi bisogna dare il meglio di se mentre siamo ancora in vita
Il problema dell'eternità assilla credenti e non credenti, la maggior parte di noi lo risolve tramite i figli, altri dotati di più ingegno riescono a realizzare opere più o meno durature.
Fin dall'antichità, basta citare i vari eroi dell'Iliade che preferivano la morte in battaglia ad una morte naturale od in tempi più recenti dall'Illuminismo in poi è sempre stata preferibile una morte per giusta causa, che si ricordi, rispetto alla tediosa normalità.Ma oggi qualcuno ci pensa ancora, è vero esiste molta gente che anela al successo nel Grande Fratello o nel Capitalismo Economico, ecc., ma queste non sono opere durature sono fenomeni al più generazionali ad uso e consumo nell'arco della vita di una persona.
Mi chiedo ci sono persone che pensano a qualcosa oltre la propria vita e quindi riescono a concepire il fine della sofferenza e della morte? Ad immaginare la propria presenza nel futuro?@max0005 said:
Seconda la scienza... la sorte in entrambi i casi. La sorte per averci fatto nascere qui e la sorte per aver fatto nascere gli abitanti del Burundi nel Burundi. Ma visto che la sorte è solo un concetto matematico astratto, nessuno. Le cose sono adnate così ma non è colpa di nessuno.
Sicuramente un qualsiasi uomo che non abbia modo di soddisfare i bisogni primari (mangiare, bere, ...) sarà preoccupato, ma dire che non c'è nessuna colpa di altri uomini e scaricarlo sulla sorte, scusatemi ma mi sembra qualunquismo:
- gli studi di molti antropologi hanno dimostrato che culture differenti in luoghi e tempi diversi hanno creato sistemi ecologici in cui i bisogni primari erano sempre contemplati (un boscimano aveva tutte le capacità per sopravvivere e godersi la sua vita tecnologicamente arretrata, non c'è dubbio che il progresso guidato dagl'interessi degli australiani colonizzatori gli ha creato nuovi bisogni e nuova povertà)
- quando i bisogni primari non vengono soddisfatti dipende da due motivi:
-
- l'uomo potente che si appropria delle risorse altrui (pensate che per molte culture precedenti i greci antichi non esisteva il concetto di proprietà privata)
-
- un disastro naturale (che oggi stiamo sperimentando è spesso causato dall'uomo).
Naturalmente intanto godiamoci la vita, oggi c'è il Sole.