Temo che in questo caso si tratti semplicemente di un piccolo refuso sfuggito alla vista dell'autore del testo.
(Concediamo almeno questo al "vero o presunto docente universitario", ché altrimenti dovremmo usare altri termini per definire la sua arditissima – e, a parer mio, errata - locuzione. Io almeno non l'avevo mai letta scritta nel modo univerbato, anche se da una ricerca in Rete qualche occorrenza di questa forma si trova.)
"Messa a punto", questo lo possiamo dire per certo, è espressione che significa "calibrazione", "regolazione", "registrazione" ed è di vasto impiego nell'ambito tecnico per indicare la fase di un qualsiasi processo durante la quale i vari elementi vengono composti con precisione, allo scopo di trasformare parti separate in un assieme organico, coerente e collettivamente asservito a un singolo scopo.
"Mettere a punto un motore", per esempio, denota il lungo e delicato stadio durante il quale si ricerca la configurazione ottimale delle sue varie parti, allo scopo di portare il rendimento al suo massimo possibile compatibilmente con le condizioni sperimentali.
Ciò perché la parola "punto" ammette varie locuzioni avverbiali (tra le altre: appunto, per l'appunto, in punto, di tutto punto, punto per punto) in cui l'esito finale è il significato di "esattamente", "compiutamente", "senza che nulla manchi", "in buon ordine".
Se poi si possa scrivere anche "messa appunto" non saprei dire: istintivamente sarei per il no secco e definitivo, anche pensando ad esempi di frasi nelle quali "messa appunto" perde completamente il valore intrinsecamente attivo dell'espressione originaria (qualcuno mette a punto qualcosa) per trasformarsi in una forma esclusivamente passiva accompagnata da un avverbio di modo (messa appunto = sistemata lì dov'è in modo esatto).
Attendiamo fiduciosi altri contributi sul tema.