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La continuità dell'attività di prestazione di servizi pubblicitari verrebbe naturalmente interrotta.
Una impresa determina il proprio risultato economico ed il proprio reddito per "competenza" quindi contabilizzarebbe tra i ricavi di periodo in conto economico i profitti da click con contropartita uncredito verso Google. Il credito si chiuderebbe con il suo incasso anche magari dopo anni.
Capisco e condivido pienamente l'assurdità se si osserva la sostanza di moltissime realtà. Come detto spero in norme più adatte a microbusiness web da pochissime migliaia di euro.
E' anche da dire che controlli fiscali potrebbero essere davvero remoti e dunque la strada di dichiararli come da te indicato non portare a problemi particolari.Paolo
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Appunto...va bene tutto (le leggi, le regole, ecc...io sono il primo a rispettarle e voglio che tutti le rispettino) però se uno blocca i pagamenti di AdSense per un anno (o 2...o anche 3 ) e apre partita IVA solo nel momento in cui decide di ricevere i soldi....beh, direi che è decisamente "scusabile".
Anche perchè chiedo ai commercialisti iscritti al forum di dirmi se nella loro carriera (e in quella dei loro colleghi) hanno mai sentito di qualcuno che sia stato multato per evasione fiscale PRIMA di aver incassato il suo primo ?!!!!!
Sarebbe il primo caso (credo) al mondo....
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@i2m4y said:
Una impresa determina il proprio risultato economico ed il proprio reddito per "competenza" quindi contabilizzarebbe tra i ricavi di periodo in conto economico i profitti da click con contropartita uncredito verso Google. Il credito si chiuderebbe con il suo incasso anche magari dopo anni.
SNI.
Un reddito può esser contabilizzato per competenza o per cassa.
Il fatto che venga contabilizzato per competenza dipende da determinate opzioni di tenuta contabilità che NON sono la norma, soprattutto nel caso di singoli imprenditori/professionisti.
Anzi, direi che nel caso di singoli imprenditori/professionisti la norma prevalente è proprio quella della competenza per cassa.
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@Archimede2007 said:
SNI.
Un reddito può esser contabilizzato per competenza o per cassa.
Il fatto che venga contabilizzato per competenza dipende da determinate opzioni di tenuta contabilità che NON sono la norma, soprattutto nel caso di singoli imprenditori/professionisti.
Anzi, direi che nel caso di singoli imprenditori/professionisti la norma prevalente è proprio quella della competenza per cassa.Mi spiace ma Ti sbagli.
Gli imprenditori hanno l'obbligo generale di utilizzare il principio di competenza, salvo alcune componenti di reddito specificatamente individuate dal TUIR.
I lavoratori autonomi (intellettuali e professionisti) hanno invece l'obbligo di utilizzare il principio generale di cassa, salvo alcune componenti di reddito specificatamente individuate dal TUIR.
NON vi è scelta e neppure commistione tra i due casi che restano distinti e separati. Ti invito a leggere con cura gli artt. 54, 56 e 109 del DPR 917/86.
L'unico caso che scombussola questi criteri generali è il regime fiscale dei "contribuenti" minimi, che applica generalmente il principio di cassa.
Paolo
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Poichè, come si evince da questa interessante discussione, ci si sta soffermando esclusivamente sulle interpretazioni, io vi chiedo è possibile ragionare su quello che dovrebbe essere, piuttosto che su quello che "forse" è?
In altre parole, come andrebbe struttuturato effettivamente il sistema?
Regole flessibili o rigide? Mercato chiuso o aperto?
E' utile imporre regole dure anche a chi utilizza sistemi (p.e. adsense) anche in maniera amatoriale?
Insomma, più che servire o non servire la p.iva, la domanda è: per il sistema/paese, e al web in particolare, è conveniente aprire il mercato?
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Che regole nuove ci vogliano è indubbio.
Che interpretazioni qui ci siano... un po' meno... le norme sono norme e qui, per quanto mi riguarda, di interpretazioni ne ho date davvero poche. Personalmente ho parlato di principi sanciti in sentenze UE che non sono interpretabili, quelli sono, e quelli sono immediatamente applicabili in Italia. Ho parlato di norme di base del TUIR e di articoli di base del codice civile che dispongono paletti fondamentali, ma che lasciano poco spazio all'interpretazione.
Si può discutere (e dunque interpretare) se si ha il comando o meno di adsense, ma non sul suo contenuto di servizio pubblicitario. Si può discutere su cosa si intenda per microorganizzazione, ma non sul fatto che se essa è presente si è di fronte ad uno dei requisiti per avere impresa. Si può discutere sul fatto che due click al mese configurino un ricavo continuativo, ma non sul fatto che click quotidiani lo siano. Ci si prenderebbe in giro.
Il tutto però su di uno scheletro normativo per ora indiscutibile... quello è ed a quello ci si deve adattare, anche se non piace.
A mio giudizio l'amatoriale non esiste quando ciò che si persegue aderendo ad adsense è il lucro... il vero aspetto amatoriale è il gestire il proprio sito od aggiornare il proprio blog.... quello è amatoriale... quando però se ne trae profitto... allora ci si discosta dall'amatoriale... si cerca il lucro.... e se esistono anche abitualità ecc. beh allora....
Il sistema andrebbe a mio giudizio strutturato con l'istituzione di un regime fiscale specifico per i micro-web-imprenditori. Escluso dall'ambito Iva se i capitali/beni strumentali impiegati stanno sotto 5000 euro, non vi sono collaboratori ed i ricavi annui incassati sotto i 3000-5000 euro (da decidere).
Soggetto ad una imposta sostitutiva di tutte le altre imposte diciamo del 15-20% e dichiarabile anche in 730 e senza la possibilità di dedurre costi. Con obbligo di sola conservazione di tutti i documenti emessi/ricevuti e nessuna altro obbligo contabile. Senza alcun obbligo previdenziale, ma comunicazione iniziale esclusivamente all'Agenzia delle Entrate di inizio attività.
Logicamente riservato ai servizi web e non all'e-commerce. Per quest'ultimo si potrebbe studiare un sistema simile, ma sarebbe certo più complesso e da meditare.Ne guadagnerebbero tutti.
Paolo
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Non volevo e non voglio provocarti, e mettendomi nei tuoi panni di commercialista, capisco il tuo ragionamento (d'altra parte è il tuo lavoro e se tu non avessi ragione ne risentirebbe...).
Innanzitutto continuo a parlare di interpretazioni perchè basta parlare con 2 o 3 uffici dell'AdE e ci si rende conto che danno tutti risposte diverse: mancanza di uniformità di giudizio di solito vuol dire interpretare, che poi non è una brutta parola (anche i giudici interpretano la legge).
In secondo luogo continuo a ritenere che bisogna cominciare a capire come dovrebbero essere le cose, per esempio posto che ciò che dice i2m4y e altri sia vero (purtroppo smentito da qualche funzionario dell'AdE e da qualche collega) è questo il miglior modo di affrontare la situazione?
Oppure il sistema andrebbe reso più flessibile in base alle fasce di guadagno, aprendo il mercato?
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@i2m4y said:
Il sistema andrebbe a mio giudizio strutturato con l'istituzione di un regime fiscale specifico per i micro-web-imprenditori. Escluso dall'ambito Iva se i capitali/beni strumentali impiegati stanno sotto 5000 euro, non vi sono collaboratori ed i ricavi annui incassati sotto i 3000-5000 euro (da decidere).
Soggetto ad una imposta sostitutiva di tutte le altre imposte diciamo del 15-20% e dichiarabile anche in 730 e senza la possibilità di dedurre costi. Con obbligo di sola conservazione di tutti i documenti emessi/ricevuti e nessuna altro obbligo contabile. Senza alcun obbligo previdenziale, ma comunicazione iniziale esclusivamente all'Agenzia delle Entrate di inizio attività.Scusa, mi è sfuggita l'indicazione della lista con cui ti candiderai alle prossime elezioni... non per altro, ma per ricordarmi di garantirti il mio voto...
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@i2m4y said:
Mi spiace ma Ti sbagli.
Gli imprenditori hanno l'obbligo generale di utilizzare il principio di competenza, salvo alcune componenti di reddito specificatamente individuate dal TUIR.
I lavoratori autonomi (intellettuali e professionisti) hanno invece l'obbligo di utilizzare il principio generale di cassa, salvo alcune componenti di reddito specificatamente individuate dal TUIR.
Vero, ma io sono più propenso a considerare un adsenser (o anche un publisher, non legato solo ad adsense) un lavoratore autonomo che non un imprenditore...
Ed anche volendolo considerare un imprenditore, sarebbe necessariamente nel 99% dei casi un imprenditore minimo... e quindi anche qui principio di cassa e non di competenza.
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Un aspetto che, sinceramente, non ho approfondito è quello del tipo/entità di sanzioni che verrebbero irrogate, e del meccanismo con cui verrebbero identificate (e quindi della probabilità che vengano contestate).
Nel senso, poniamo:
- un adsenser incassa tot in un anno
- lo dichiara nel 730 come "altri redditi", non detraendo nessun costo
L'unica possibilità di contestazione la vedo nei seguenti casi:
- tracciamento delle operazioni internazionali di valuta (improbabile, se non ci si trova di fronte a cifre molto importanti o comunque ad altri indizi che portino a sospettare attività ilelcite o comunque irregolari)
- normale controllo sul 730 (che avviene però a campione, e che solitamente richiede di produrre solo determinate documentazioni non allegate alla dichiarazione... tipo il classico "ci manda per fax le pezze d'appoggio delle spese sanitarie?")
Inoltre, in questi casi si dovrebbe avere proprio la sfiga di trovarsi di fronte il funzionario che è convinto che adsense configuri attività d'impresa...
Quindi, le possibilità di contestazione mi sembrano molto remote...
Non saprei invece quantificare le eventuali (ed io direi anche ipotetiche) sanzioni a cui si andrebbe incontro, in quanto comunque non ci sarebbe alcuna evasione di imposta (i proventi sono stati dichiarati in 730, e tassati in maniera probabilmente superiore a come lo sarebbero stati come reddito d'impresa o professionale... nè c'è alcuna evasione di IVA, visto che si tratta di prestazione intra-UE)
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Interessante post questo di Archimede2007..
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@Archimede2007 said:
Vero, ma io sono più propenso a considerare un adsenser (o anche un publisher, non legato solo ad adsense) un lavoratore autonomo che non un imprenditore...
Purtroppo non è questione di essere più o meno propensi a qualcosa.
Sul punto non ci possono essere interpretazioni.
I servizi pubblicitari rientrano nelle attività d'impresa di cui all'art. 2195 CC e non possono essere resi da lavoratori autonomi art. 2222 CC. Qui proprio di interpretazioni non ce ne possono essere.... la legge sul punto è di chiarezza cristallina.
Paolo
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@i2m4y said:
Il sistema andrebbe a mio giudizio strutturato con l'istituzione di un regime fiscale specifico per i micro-web-imprenditori. Escluso dall'ambito Iva se i capitali/beni strumentali impiegati stanno sotto 5000 euro, non vi sono collaboratori ed i ricavi annui incassati sotto i 3000-5000 euro (da decidere).
Soggetto ad una imposta sostitutiva di tutte le altre imposte diciamo del 15-20% e dichiarabile anche in 730 e senza la possibilità di dedurre costi. Con obbligo di sola conservazione di tutti i documenti emessi/ricevuti e nessuna altro obbligo contabile. Senza alcun obbligo previdenziale, ma comunicazione iniziale esclusivamente all'Agenzia delle Entrate di inizio attività.
Logicamente riservato ai servizi web e non all'e-commerce. Per quest'ultimo si potrebbe studiare un sistema simile, ma sarebbe certo più complesso e da meditare.Ciao Paolo
Concordo su tutto quello che hai detto: ospitare adsense = attività d'impresa = partita iva.Per quanto riguarda lo scenario da te proposto però c'è qualcosa che non mi torna: posso immaginare che tutti i frequentatori di questo forum apprezzino la tua idea (e nel contempo ciò che dirò potrebbe risultare "sgradevole" ai più); mi chiedo però: perchè l'Agenzia delle Entrate dovrebbe creare un regime fiscale "di favore" solo per i micro-web imprenditori? Perchè non applicarlo anche a chi inizia l'attività di professionista (avvocato, ingegnere, commercialista, ecc)? Perchè non applicarlo a chi apre un piccolo negozietto (virtuale o reale)?
Il problema per tutti, e quindi anche per i webmaster, è quello di valutare preventivamente all'inizio dell'attività se il gioco vale la candela. Se tasse e contributi da versare portano a redditi infinitesimali o addirittura a perdite vuol dire che c'è qualcosa che non va nel business intrapreso.I servizi pubblicitari rientrano nelle attività d'impresa di cui all'art. 2195 CC e non possono essere resi da lavoratori autonomi art. 2222 CC. Qui proprio di interpretazioni non ce ne possono essere.... la legge sul punto è di chiarezza cristallina.Esatto; è per questo motivo che tutti i professionisti (seri e in regola) non ospitano gli adsense nei propri siti web.
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Lorenzo concordo pienamente con te, su ogni punto, salvo però che nella mia proposta ho considerato la specificità della questione qui portata avanti. Il micro-web business
Chi inizia come lavoratore autonomo, negoziante, avvocato, commercialista ecc. ha già a disposizione alcuni regimi agevolati molto ben predisposti e che soprattutto considerano ricavi, ma anche costi delle attività.... difficilmente rinunciabili dunque.
Quello che ho io qui ipotizzato è una cosa diversa. Semplificata al massimo.... utile proprio solo a chi ha microbusiness e non "piegabile" artificiosamente per comodi utilizzi diversi. Un regime senza deducibilità dei costi. Solo per ricavi (non redditi) esigui... e quelli tassati per cassa ed integralmente ad aliquota agevolata. Ciò che incassi tassi.
Facili da controllare (i pagamenti di servizi web sono al 99% canalizzati su banche o poste).... e comunque con obbligo di pagamento tracciabile.
Un regime davvero poco utilizzabile fuori da un microbusiness ed allo stesso tempo non formattato per un business preciso... in modo tale da adattarsi a quello che esprime ora internet ed a quello che esprimerà in futuro.Insomma un piccolo passo del legislatore per dare un minimo di flessibilità nell'approccio alle nuove tecnologie.... ricordiamoci infatti che è dai garage che è nata l'informatica... sarebbe un aiuto ai garage italiani.
Io la vedo così.
Paolo
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Ciao Paolo.
Ben vengano tutti gli interventi legislativi finalizzati alla semplificazione e alla riduzione delle imposte da pagare.
Il problema per i publisher adsense - ma anche in generale per altre categorie - è purtroppo lo scoglio del minimale inps che impone a fasce di contribuenti che non hanno redditi adeguati il pagamento di sostanziosi contributi .
Forse il semplice assoggettamento alla gestione separata potrebbe risolvere molti problemi. Infatti, fiscalmente parlando, il regime dei minimi potrebbe essere paragonato ad una prestazione occasional/continuativa legalizzata, vista anche l'assenza degli studi di settore.Comunque in assenza di interventi legislativi in materia, se mai verranno, i publisher adsense che non possono vantare altri redditi avranno non pochi problemi a intraprendere un'attività in regola e redditizia.
Ciao
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Hai ragione, infatti ho ben scritto nella mia proposta "senza alcun obbligo previdenziale". Una specie di tributo "flat" omnicomprensivo e logicamente limitato ai microvolumi d'affari.
Paolo
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Giusto; mi era sfuggito quel passaggio!
Comunque* "**parlando *inter nos" la vedo dura!
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Dura, ma non impossibile: regimi agevolati del genere ne esistono già diversi. Ad esempio quelli per la micro-vendita di beni agricoli autoprodotti, o per la vendita dell'usato ai mercatini dell'antiquariato...
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"Sul punto non ci possono essere interpretazioni.
I servizi pubblicitari rientrano nelle attività d'impresa di cui all'art. 2195 CC e non possono essere resi da lavoratori autonomi art. 2222 CC. Qui proprio di interpretazioni non ce ne possono essere.... la legge sul punto è di chiarezza cristallina."
I servizi pubblicitari rientrano... ma non è questo che bisogna stabilire nel caso di Adsense e di alttri programmi.
Bisogna stabilire invece:- il proprietario di un sito, con l'inserimento di Adsense, effettua servizi pubblicitari reali o concede spazio del suo sito a Google? (e qui la risposta potrebbe essere data in relazione al motivo per il quale si vien pagati)
- il propietario di un sito con l'inserimento di Adsense effettua in automatico attività continuativa e abituale al pari di una impresa? (E qui bisogna considerare che le strutture web (siti, blog, ecc. hanno una esistenza continuativa di per sè, cosa che influisce sull'effetto finale. )
- Un sito senza Adsense, ma con programmi diversi (Zanox, Tradedouble, e ove si venga pagati per acquisto fatto, rientra nel caso del procacciatore occasionale o non? (e questo va stabilito).
- L'idea che un pc, e una connessione diano l'organizzazione è una idea senza senso. Infatti, basta che non mi collego mai da casa mia, ma aggiorno un mio blog (concesso gratis da Google) da un punto internet o da casa di un amico, 4 o cinque volte l'anno senza regolarità e viene meno il tuo discorso, sebbene possa inserire all'atto della creazione del blog i con tenuti Adsense e quindi guadagnare.
Il problema non può essere affrontato solo dall'analisi di un commercialista sebbene sia da ringraziare. Il problema non è affrontabile nemmeno da un qualunque direttore dell'Agenzia delle Entrate, che magari per imposizione darà, e darà corso..., una sua interpretazione.
Occorre un team di commercialisti, giudici e informatici. Per chiarire la questione di fondo.Al solito dichiaro che i redditi percepiti devono essere dichiarati. Ma su tutto il resto è opportuno attendere una commissione di esperti.
Ps. L'ultima questione. Spesso si sente dire che bisogna valutare prima la possibilità del business. Questo è vero in certi casi, ma in tanti altri non è vero. Un avvocato, un dentista, un commercialista, un libero professionista in generale dovrebbe ( e forse ha) avere un periodo di tre anni di "prova", ossia di poter accedere ad un regime agevolato nei suoi primi tre anni di attività. Non so se una simil cosa è prevista dallo Stato Italiano, ma io la trovo utile per evitare sperperi di soldi da parte di professionisti non fortunati (Nel mio paese ci sono centinaia di ragionieri, ma solo tre studi...come mai? E' ovvio e tutti sappiamo il perchè: come investire senza la sicurezza di riprendere quanto investito e guadagnarci?)
Come può un giovane commercialista, ad esempio, aprire uno studio se nei primi anni deve pagare contributi, affitto, ecc., per un importo superiore a 10000 euro, senza la certezza di avere un ritorno economico, con l'arrivo di un certo numero di clienti? Questo stato di cose agevola le caste già esistenti e non mi sembra degno di un paese civile.
Chi ha soldi lavora e apre lo studio, chi non ha soldi deve fare la fame? Ma la fame è cattiva consigliera, non dimentichiamolo. Mai!
Lo stesso dicasi per internet: abbiamo la possibilità di creare piccoli imprenditori a costo zero (solo la manodopera del webmaster e il suo talento) e cosa succede in Italia? Devi chiudere perchè le Leggi non riconoscono un aiuto a queste persone.
Di questi tempi, mi sembra un vero e proprio delitto. Si perdono posti di lavoro a iosa e qualcuno che guadagna pochi euro al mese, deve o dovrebbe rinunciare perchè si verrebbe a configurare un'impresa. Impresa che esiste nella fantasia delle persone, ma non nella realtà.
La soluzione è rapida e indolore. Basta aggiungere il limite di guadagno: 5000 euro all'anno.Saluti a tutti.
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@Arturobamo said:
"
Lo stesso dicasi per internet: abbiamo la possibilità di creare piccoli imprenditori a costo zero (solo la manodopera del webmaster e il suo talento) e cosa succede in Italia? Devi chiudere perchè le Leggi non riconoscono un aiuto a queste persone.
Di questi tempi, mi sembra un vero e proprio delitto. Si perdono posti di lavoro a iosa e qualcuno che guadagna pochi euro al mese, deve o dovrebbe rinunciare perchè si verrebbe a configurare un'impresa. Impresa che esiste nella fantasia delle persone, ma non nella realtà.
La soluzione è rapida e indolore. Basta aggiungere il limite di guadagno: 5000 euro all'anno.Il problema è che per anni e anni si sono promulgate leggi, regolamenti , che anzichè favorire la lotta all'evasione fiscale e la nascita di imprese individuali e quindi lavoro, hanno peggiorato sensibilmente la situazione.
Pare che qualcosa si stia muovendo in tal senso.
Non ha senso infatti che allo start up di un progetto un giovane debba mettere in conto contributi ecc. che non sa se nei primi 3 anni riuscirà a recuperare.
Credo che una legge che stabilisca un periodo "allegerito" di contribuzione per i progetti allo start up di almeno 3 anni, con semplificazione totale degli obblighi , favorirebbe la creazione di valore e contribuirebbe ad avere chiaro il quadro degli obblighi.
Non sono un esperto ma mi riferisco all'esperienza di qualche amico : basti pensare agli odioso e famigerati "studi di settore" una vera pietra al collo di chiunque voglia tentare la strada dell'imprenditoria.
Un giovane che debba mettere in conto contributi di 10.000 euro in un anno per un attività che nel primo anno probabilmente a stento recupererà (forse!) è un giovane che ...sarà tentato di evadere.
Speriamo che gli annunci di programma di questo governo portino, oltre che a una semplificazione delle leggi, a favorire lo startup di imprese giovanili (e non) .
E il limite dei 5.000 euro , a mio avviso, è bassissimo.
Sarebbe ragionevole , nei primi tre anni, fissare il tetto di 18.000 euro con una tassazione globale del 10/12 % (compreso contributi ecc. ) .
Poi dal quarto anno farlo rientrare nell'ordinario.
In questo modo , a mio avviso, lo Stato avrebbe anche più facoltà di controllo e visibilità.