• User Attivo

    Caro Leonov, oggi ho letto un articolo in un quotidiano online che mi ha fatto immediatamente pensare a te e a questa rubrica.

    Si intitola : Le parole dalla vita più lunga e quelle che non useremo più"

    Inizia cosi': WE, I, who, one, two, three e five. Non è una lezione base di inglese, ma una selezione delle più antiche parole del ceppo linguistico indoeuropeo, quello delle lingue parlate nel continente europeo e asiatico. Oggi queste semplici parole sono comprensibili anche a un bambino. Trentamila anni fa, probabilmente, le avrebbe capite anche un nostro antenato primitivo. I ricercatori sono stati in grado di segnalare quali fossero gia' usate milioni di anni fa.

    Chi fosse interessato puo' leggere il tutto qui.

    Spero di non essere stata inopportuna, nel caso.. "cestinami" pure;-)


  • User Attivo

    Che bella questa discussione, sopratutto per uno che tende a parlare in modo forbito (che sta a indicare un modo di parlare elegante usando parole ricercate o poco usate), quante volte mi sono ritrovato a parlare con persone che non sapevano il significato delle parole, anche semplici, come acronimo (ormai "abbreviazione" l'ha sostituito). Sopratutto perchè ormai la maggioranza delle persone non si prende più la briga di imparare le parole che indicano esattamente una cosa ma preferiscono usare i sinonimi (che non sono uguali ma solo simili).


  • Consiglio Direttivo

    Grazie a LorenaS per il contributo tra il linguistico e il filologico; davvero molto interessante, così come ogni viaggio che riesce ad arrivare alla radice ultima delle cose. Un po' come l'impresa di risalire il Nilo fino alla sua sorgente.

    Concordo con eleclipse: la tendenza moderna è ad un vocabolario estremamente striminzito, tendenzialmente sterile e poco aperto alle sfumature - e una sfumatura non è semplicemente qualcosa di "confuso" ed "evanescente"; tutto il contrario, semmai. Le sfumature e i tecnicismi sono due facce della stessa moneta: la precisione nell'esprimere un concetto.

    Sull'impoverimento del vocabolario medio sto cercando da tempo dei dati oggettivi, così da poter proporre un thread con statistiche e non solo con idee ed opinioni.

    Qui mi permetto una piccola deviazione, ma sempre in tema di parole bellissime e dimenticate; questo perché il patrimonio linguistico si annida non solo nell'italiano puro ed incorrotto, ma anche nella parte migliore dei dialetti.

    Ieri sera mi hanno insegnato una nuova parola, che però è piuttosto antica.

    Bubbola.

    Meravigliosa: riempie la bocca ed accompagna, con il suo sommesso borbottio, la sua stessa pronuncia.

    Il significato? Beh, sembra si tratti di voce da ricercarsi nell'ambito meteorologico, con il valore di "tuono" (suona più dolce, però :)).

    Altri suggerimenti per questa nostra campagna?


  • User Attivo

    Bubbola non so, ma "bubbole" dovrebbe significare :"sciocchezze, cose che non hanno un effettiva importanza o valore". Non so se sia solo il plurare della parola o un uso specifico.


  • Consiglio Direttivo

    @eleclipse said:

    Bubbola non so, ma "bubbole" dovrebbe significare :"sciocchezze, cose che non hanno un effettiva importanza o valore".

    Vero, questo il significato principale. Tra le noticine - ad esempio nel dizionario Treccani on-line, ma controllerò anche altrove - si legge però:

    bùbbola s. f. [forse da bubbolo]. ? 1. Fandonia, frottola 2. Bagattella, inezia, cosa da niente.

    bubbolare v. intr. [voce onomatopeica] (io bùbbolo, ecc.; aus. avere). ? 1. Rumoreggiare (del tuono), mugghiare (del mare). 2. Brontolare, borbottare. 3. Tremare dal freddo, facendo bu bu con le labbra.

    bubbolare v. tr. [der. di bubbola = fandonia] (io bubbolo, ecc.), pop. tosc. ? Ingannare, abbindolare.

    L'Italiano è una lingua straordinaria, nevvero?


  • Consiglio Direttivo

    Confermo anche questo significato, che non credo si limiti al plurale; al singolare si sente meno frequentemente, però.

    :ciauz:


  • Super User

    Gaudio, giubilo, letizia...sinonimi di gioia non molto usati oggi ma son parole così belle che è un peccato non ricordarle. :smile5:


  • Consiglio Direttivo

    @Pretty Heron said:

    Gaudio, giubilo, letizia...sinonimi di gioia non molto usati oggi [...]

    Vero: sarà l'impoverimento del lessico, sarà la crisi economica, sarà il fatto che la depressione è il male del secolo, però non si sentono spesso i sinonimi di "gioia" (a meno che non si parli di gioielli, monili e altri beni materiali).

    Ai citati gaudio, giubilo, letizia (grazie Pretty!) accodo qui altri termini pescati nel medesimo ventaglio semantico - alcuni di questi sembrano provenire da un altro universo e da tempi remotissimi:

    • allegria, beatitudine, conforto, estasi, delizia, diletto, dolcezza, felicità, appagamento, completezza, nirvana, paradiso, pasqua, gaiezza, piacere, tripudio, contentezza, benessere, soddisfazione, godimento, solluchero (o sollucchero), gratificazione, sollazzo...

  • Consiglio Direttivo

    Leggo e riporto da un'altra discussione in area Musica all'interno della quale si parla di testi di canzoni.

    In un brano dei Modena City Ramblers ho trovato il termine tragattino - accento sulla "i", sostantivo o aggettivo.

    Sembra che significhi qualcosa come "imbroglione", "bugiardo", "truffatore", ma non sono riuscito a trovarla né sui dizionari cartacei né sui repertori on-line.

    Forse è un'espressione dialettale della zona di Modena, ma non so se sia peggiorativa dei significati proposti o riesca a moderare l'asprezza di certi giudizi morali insiti nella lista di parole di prima.

    Qualcuno ha informazioni in merito?


  • Consiglio Direttivo

    Altre parole "dimenticate", per non dimenticare (appunto) questa discussione.

    Parole come ampolla, ormai poco usata, ma bellissima e "alchemica"; oppure come morione, l'elmo tipico dei soldati spagnoli del Seicento.

    Termini ormai svaniti come panciotto - concorrente lessicale del moderno gilet - oppure solo accantonati, come crogiuolo (anche crogiolo), che periodicamente ritorna quando si parla di temi multietnici.

    Ci sono poi le parole che la Storia ingoia, letteralmente, facendone scomparire la memoria (e tutte le straordinarie vicende associate): piroscafo, tombolo, lisciviatrice, arcolaio, tramoggia...

    Altri termini, invece, sopravvivono solo in stretti ambiti tecnici (il radimadia del fornaio, il cinerario del becchino), oppure si "riciclano" in nuovi mondi, cambiando il proprio significato: i sergenti del falegname diventano le virgolette «» del tipografo, e via dicendo.


  • Super User

    "Speglio" che vuol dire specchio. L'ho sentita per puro caso due giorni fa.
    🙂


  • Super User

    Speglio Pika? Ma che lingua è?! :mmm:


  • Consiglio Direttivo

    @pikadilly said:

    "Speglio" che vuol dire specchio. L'ho sentita per puro caso due giorni fa.
    🙂

    Ciao, Pika! Che piacere rileggerti qui!

    E con quale straordinario contributo, per di più! Sono molto piacevolmente impressionato.

    @Pretty Heron said:

    Speglio Pika? Ma che lingua è?! :mmm:

    È italiano, sebbene l'uso sia ormai piuttosto raro, forse con prevalenze dialettali.

    "Specchio" e "Speglio" (pronuncia: spèglio) derivano dalla medesima radice: il latino speculum. Il primo ha subito fenomeni fonetici di raddoppiamento e variazione (anche se in ambito medico sopravvivono lo speculo per l'esplorazione delle cavità corporee e lo specillo con la medesima funzione ma foggia ben diversa; poi in italiano corrente abbiamo l'aggettivo speculare e il sostantivo specola, 'luogo di osservazione', 'osservatorio').

    Il secondo forse deriva da un passaggio attraverso il tedesco - lì si dice Spiegel - o attraverso il portoghese - il termine è espelho -, approdato poi in Italiano con una latinizzazione della parola straniera.

    Altre varianti dal Dizionario Etimologico: in spagnolo espejo, in catalano espelh, in provenzale espelhs, in friulano spieli e in sardo ispiju, che ricorda più da vicino la matrice latina, dal verbo "specio / spicio", 'guardare'.

    🙂


  • Consiglio Direttivo

    Un breve passaggio in questo filone un po' negletto per citare qualche altro termine "dimenticato".

    Ieri ho scoperto l'esistenza dell'aggettivo equoreo, che significa "marino"; proprio la ricerca sul dizionario, in una citazione letteraria, mi ha riproposto un altro aggettivo: aprico, cioè "aperto", "esposto al sole".

    Altro aggettivo che adoro: chelante. È nato in ambito scientifico (Chimica Organica) per indicare molecole che si possono legare ad altre mediante dei gruppi che somigliano alle chele dei granchi. Non è precisamente una parola perduta: solo poco nota - ma forse è lo stesso.

    Ormai dimenticato - e per di più regionale - è invece l'aggettivo squarquoio. È toscano e vuol dire "decrepito, cascante"; usato una volta nell'espressione "gioventù squarquoia" - decisamente meglio di "gioventù bruciata" - per indicare ragazzi invecchiati prima del tempo a furia di bruciare le tappe.

    In un forum dedicato all'Italiano più puro e ricercato ho trovato infine una sezione intitolata Grafematica: un ramo della linguistica che non si occupa solo di ortografia, ma anche di trascrizioni delle parole straniere e in generale studia le unità funzionali di un sistema grafico. Si dice anche indifferentemente Grafemica.

    Di questo, però, parliamo un altro giorno: la "Settimana della Lingua Italiana" è appena cominciata... 😄


  • User Newbie

    Salve a tutti. Un piccolo contributo da parte mia:

      abbacare (calcolare, computare)               affannone (trafelato, ansioso; gerg.: schizzato)
        
        afroroso (puzzolente; volg.: puzzone)               bàbbio (sciocco, volg.: pirla)
               faloppa (bugiardo, infido
               freniatra (psichiatra; volg.: strizzacervelli)
               granciporro (errore, svista)
               missiva (e. mail, messaggio, lettera, sms)
               ribotta (baldoria, rave party, orgia)
               rumentiera (cassonetto)
               senapismo (persona noiosa; pop. volg.: rompic.)
               ricoglitore (saggista, intellettuale)
               pipita (pellicina attorno alle unghie)
    

    Ciao a tutti 🙂


  • Consiglio Direttivo

    Un contributo incantevole per la nostra collezione, Domenico_82. :sun:

    Grazie di cuore, davvero: ogni parola che ricompare dal gorgo dell'oblio e si affaccia qui per una spolverata e per lasciarsi un po' ammirare dai lettori è una piccola gemma dimenticata che ci scalda il cuore con i suoi colori sgargianti.

    Procurerò di inserire un po' di queste perle squisite nei miei futuri messaggi: magari mi prenderanno per un tipo compassato e un po' bizzarro (più del solito, almeno), ma che divertimento nel rievocare suoni tanto piacevoli e antichi... 😄


  • Super User

    No so se sia da considerare "in disuso" ma dalle mie parti il verbo "imporre" è in via d'estinzione. Al suo posto si usano frasi poco "decorose" come "Bisognerebbe che te ne facessi fare quindici di problemi di matematica." piuttosto che un semplice "Bisognerebbe importi quindici problemi." . Forse è dovuto al fatto che imporre da alla frase un tono più imperativo, come se si stesse dando un'ordine imperativo e quindi si è più cauti ad usarlo...


  • Consiglio Direttivo

    Due contributi. 🙂

    Una parola triste, ma dal suono quasi "buffo" che nessuno usa più:

    • Obito (accento sulla prima "o").

    Significa morte, decesso, trapasso.

    Un'altra che calza a pennello con questo piccolo "gioco":

    • Oblivione.

    Significa "dimenticanza assoluta", oblio completo.


  • User Attivo

    @Leonov said:

    Vi piacciono le parole?

    Che ne pensate di quelle un po' strane, poco note o che sembrano venire dritte dritte da un passato remoto?

    Personalmente, le adoro; soprattutto alcune che nessuno cerca più. Hanno un fascino tutto speciale. Dunque mi sembra naturale preoccuparmi affinché certe espressioni siano difese e diffuse.

    Mi spiego meglio.

    Tutte le parole, così come le storie, hanno bisogno di una voce che le diffonda e le raccolga, che le gridi e le sussurri, che le strapazzi e le coccoli.

    Ognuna non fa che chiedere silenziosamente cura, dedizione ed attenzione da parte delle ugole e delle corde vocali di coloro che ne fanno uso. Anche l'inchiostro con cui sono scritte è un cibo prelibato, e perfino i bit dei computer si sono rivelati, di recente, ottime culle in cui nutrire, coltivare ed allevare parole vecchie e nuove.

    Leggendo queste tue parole è d'uopo intervenire:vai: e quindi.

    All'uopo: all'occorrenza

    Una piccola ciliegina Leonov, questa tua iniziativa così poeticamente descritta assomiglia ad un bel film per ragazzi: "Neverending Story" (la storia infinita") e quindi potremmo anche chiamarla "la parola infinita".:sun:

    ciao:ciauz:
    marlomb


  • Consiglio Direttivo

    Ciao Marlomb. 🙂

    Molto bello il tuo "all'uopo": tempismo perfetto e suono melodioso.

    Grazie del contributo e del commento (😊).

    A presto con altri termini dimenticati. :sun: