• Consiglio Direttivo

    Qualche altro termine da aggiungere al nostro piccolo "gioco / iniziativa umanitaria".

    In questi giorni uno status su Facebook mi ha rimesso di colpo in contatto con la parola "guazzabuglio", davvero bellissima.

    Per motivi che ignoro mi sono invece venuti in mente proprio poco fa "damerino" e "cicisbeo" - forse strascichi degli interventi sul tema della galanteria.

    Tuttavia, di recente mi è stato fatto osservare come non ci siano soltanto singole parole attualmente in fase di "pensionamento anticipato", ma anche interi ventagli semantici che risultano un po' troppo trascurati.

    Mi spiego con un esempio: in quanti, tra voi, usano frequentemente le parole seguenti?

    << Grazioso, leggiadro, garbato, aggraziato, cortese, amabile, soave, decoroso, dignitoso, distinto, affabile, castigato, composto, pudico, continente, morigerato... >>

    Cos'hanno in comune gli elementi della lista? Descrivono alcuni pregi di persone. Si tratta, a ben vedere, di doti molto lievi, cariche di sfumature, leggere, il cui carattere non aggressivo contagia inevitabilmente i termini stessi; sono insomma parole che non "colpiscono" chi ascolta, ma al contrario lo avvolgono, comunicano il loro messaggio con delicatezza, con rispetto, con elegante discrezione.

    Sarebbe interessante scoprire, in termini di uno studio socio-psico-linguistico, quali fattori hanno condotto al tramonto di parole del genere, che a differenza di altri termini non avrebbero dovuto sparire.

    Se infatti possiamo pensare che alcuni fenomeni storici - in primo luogo il progresso tecnologico - portino inevitabilmente ad un ricambio lessicale (la "carrozza" che cede il posto alla "automobile", tanto per fare un esempio; la "motocicletta" che rimpiazza il "velocipede"), esistono invece parole esprimenti doti, pregi, virtù o il loro contrario che non dovrebbero sparire, almeno in linea teorica.

    Perché allora si abbandonano anche termini che dovrebbero avere garantita una vita molto più lunga?

    Quali fattori nuovi entrano in gioco in casi del genere?

    Voi che ne pensate?


  • Super User

    Non è propriamente una parola dimenticata, ma non si usa quasì più, almeno non nel linguaggio di tutti i giorni...ovvero: Acume.

    Acume che vuol dire esseri acuti, almeno io l'ho sempre associato a questa spiegazione. 😉


  • Consiglio Direttivo

    @pikadilly said:

    Acume.

    Acume che vuol dire esseri acuti, almeno io l'ho sempre associato a questa spiegazione. 😉

    Interpretazione corretta, Pika: acume vuol proprio dire acutezza d'ingegno, perspicacia, vivacità di idee e di sentimenti.

    Una parola bella perché fa pensare alle punte affilate delle lance o delle frecce, ma in un modo non violento e molto intelligente.

    Ottima scelta.


  • Super User

    Eh sì, io la uso spesso soprattutto nelle frasi ironiche in risposta ad un osservazione ovvia. 😉


  • Super User

    @Leonov said:

    Tuttavia, di recente mi è stato fatto osservare come non ci siano soltanto singole parole attualmente in fase di "pensionamento anticipato", ma anche interi ventagli semantici che risultano un po' troppo trascurati.

    << Grazioso, leggiadro, garbato, aggraziato, cortese, amabile, soave, decoroso, dignitoso, distinto, affabile, castigato, composto, pudico, continente, morigerato... >>

    Cos'hanno in comune gli elementi della lista? Descrivono alcuni pregi di persone. Si tratta, a ben vedere, di doti molto lievi, cariche di sfumature, leggere, il cui carattere non aggressivo contagia inevitabilmente i termini stessi; sono insomma parole che non "colpiscono" chi ascolta, ma al contrario lo avvolgono, comunicano il loro messaggio con delicatezza, con rispetto, con elegante discrezione.

    Voi che ne pensate?

    Buongiorno Leonov,
    amo molto alcune delle parole (soprattutto) che hai indicato: garbo, garbato, amabile, soave, elegante ...
    Non credo però siano concetti spariti anche se sicuramente trasformati insieme al resto.
    Oggi forse non si sa più comprendere o discernere da dove esattamente deriva il fascino di alcune persone, l'origine di un certo tipo di magnetismo personale, quel non so che che fa si che si noti la presenza di una persona anche in mezzo ad altre cento ed anche se non dotata di particolari doti estetiche, ma il riconoscimento continua ad esserci. Si riconosce l'effetto e si comprende meno la causa :).

    Come hai evidenziato si tratta, infatti, di pregi, di doti, di sfumature lievi della personalità che però celano una grande forza ed un grande equilibrio forse innate forse raggiunte dopo vari squilibri ed eccessi.

    Molto spesso le persone credono che dietro a tali atteggiamenti ci possa essere paura o mediocrità ed invece le persone garbate hanno semplicemente gia risolto la rabbia contro il tempo e contro il bisogno di potere a tutti i costi e semplicemente sono (e si sentono). :ciauz:


  • Consiglio Direttivo

    Rieccoci.

    Altre parole da lustrare e rimettere in pista per un giro di ballo o una sfilata sul palcoscenico offerto da questa discussione.

    Oggi, per nessun motivo in particolare, mi è tornato in mente il termine smilzo, che descrive una persona di corporatura magra, snella e asciutta.

    È bastata quella sola parolina svelta per farmi immergere nell'atmosfera dei romanzi noir ambientati negli anni Trenta, quando la refurtiva si chiamava grisbì, i banditi più pericolosi erano i Marsigliesi, le donne del boss - anzi, meglio: del capo - venivano apostrofate come "pupe" e in una banda di ladri non mancava mai il bellimbusto, un po' guascone, con la sua faccia da schiaffi.

    Il periodo in cui per aprire le porte bastava un grimaldello e le donne fatali consumavano sigarette usando il bocchino scuro, mentre i banchieri da spennare erano appunto i polli della situazione, fregati dall'ammaliatrice di turno.

    Quando la batteria era suonata rigorosamente con le spazzole e la voce era fornita in parti uguali dagli uomini e dai tromboni (rigorosamente con sordina). Quando un vestito elegante non poteva mai escludere le ghette, il gilet e l'orologio da tasca - chiamato in gergo "cipolla".

    Il palo della banda era di solito un ragazzino con i calzoni alla zuava e le bretelle, di mestiere lustrascarpe, sveglio e curioso, che si accontentava di un decino ma era soddisfatto quando qualcuno gli sganciava un quarto di dollaro. Tempo di baffi impomatati, monocolo e basettoni.

    Un periodo a ritmo di jazz, blues e charleston.

    Magia di una sola parola e delle porte che è in grado di spalancare... :sun:


  • User Attivo

    Caro Leonov, oggi ho letto un articolo in un quotidiano online che mi ha fatto immediatamente pensare a te e a questa rubrica.

    Si intitola : Le parole dalla vita più lunga e quelle che non useremo più"

    Inizia cosi': WE, I, who, one, two, three e five. Non è una lezione base di inglese, ma una selezione delle più antiche parole del ceppo linguistico indoeuropeo, quello delle lingue parlate nel continente europeo e asiatico. Oggi queste semplici parole sono comprensibili anche a un bambino. Trentamila anni fa, probabilmente, le avrebbe capite anche un nostro antenato primitivo. I ricercatori sono stati in grado di segnalare quali fossero gia' usate milioni di anni fa.

    Chi fosse interessato puo' leggere il tutto qui.

    Spero di non essere stata inopportuna, nel caso.. "cestinami" pure;-)


  • User Attivo

    Che bella questa discussione, sopratutto per uno che tende a parlare in modo forbito (che sta a indicare un modo di parlare elegante usando parole ricercate o poco usate), quante volte mi sono ritrovato a parlare con persone che non sapevano il significato delle parole, anche semplici, come acronimo (ormai "abbreviazione" l'ha sostituito). Sopratutto perchè ormai la maggioranza delle persone non si prende più la briga di imparare le parole che indicano esattamente una cosa ma preferiscono usare i sinonimi (che non sono uguali ma solo simili).


  • Consiglio Direttivo

    Grazie a LorenaS per il contributo tra il linguistico e il filologico; davvero molto interessante, così come ogni viaggio che riesce ad arrivare alla radice ultima delle cose. Un po' come l'impresa di risalire il Nilo fino alla sua sorgente.

    Concordo con eleclipse: la tendenza moderna è ad un vocabolario estremamente striminzito, tendenzialmente sterile e poco aperto alle sfumature - e una sfumatura non è semplicemente qualcosa di "confuso" ed "evanescente"; tutto il contrario, semmai. Le sfumature e i tecnicismi sono due facce della stessa moneta: la precisione nell'esprimere un concetto.

    Sull'impoverimento del vocabolario medio sto cercando da tempo dei dati oggettivi, così da poter proporre un thread con statistiche e non solo con idee ed opinioni.

    Qui mi permetto una piccola deviazione, ma sempre in tema di parole bellissime e dimenticate; questo perché il patrimonio linguistico si annida non solo nell'italiano puro ed incorrotto, ma anche nella parte migliore dei dialetti.

    Ieri sera mi hanno insegnato una nuova parola, che però è piuttosto antica.

    Bubbola.

    Meravigliosa: riempie la bocca ed accompagna, con il suo sommesso borbottio, la sua stessa pronuncia.

    Il significato? Beh, sembra si tratti di voce da ricercarsi nell'ambito meteorologico, con il valore di "tuono" (suona più dolce, però :)).

    Altri suggerimenti per questa nostra campagna?


  • User Attivo

    Bubbola non so, ma "bubbole" dovrebbe significare :"sciocchezze, cose che non hanno un effettiva importanza o valore". Non so se sia solo il plurare della parola o un uso specifico.


  • Consiglio Direttivo

    @eleclipse said:

    Bubbola non so, ma "bubbole" dovrebbe significare :"sciocchezze, cose che non hanno un effettiva importanza o valore".

    Vero, questo il significato principale. Tra le noticine - ad esempio nel dizionario Treccani on-line, ma controllerò anche altrove - si legge però:

    bùbbola s. f. [forse da bubbolo]. ? 1. Fandonia, frottola 2. Bagattella, inezia, cosa da niente.

    bubbolare v. intr. [voce onomatopeica] (io bùbbolo, ecc.; aus. avere). ? 1. Rumoreggiare (del tuono), mugghiare (del mare). 2. Brontolare, borbottare. 3. Tremare dal freddo, facendo bu bu con le labbra.

    bubbolare v. tr. [der. di bubbola = fandonia] (io bubbolo, ecc.), pop. tosc. ? Ingannare, abbindolare.

    L'Italiano è una lingua straordinaria, nevvero?


  • Consiglio Direttivo

    Confermo anche questo significato, che non credo si limiti al plurale; al singolare si sente meno frequentemente, però.

    :ciauz:


  • Super User

    Gaudio, giubilo, letizia...sinonimi di gioia non molto usati oggi ma son parole così belle che è un peccato non ricordarle. :smile5:


  • Consiglio Direttivo

    @Pretty Heron said:

    Gaudio, giubilo, letizia...sinonimi di gioia non molto usati oggi [...]

    Vero: sarà l'impoverimento del lessico, sarà la crisi economica, sarà il fatto che la depressione è il male del secolo, però non si sentono spesso i sinonimi di "gioia" (a meno che non si parli di gioielli, monili e altri beni materiali).

    Ai citati gaudio, giubilo, letizia (grazie Pretty!) accodo qui altri termini pescati nel medesimo ventaglio semantico - alcuni di questi sembrano provenire da un altro universo e da tempi remotissimi:

    • allegria, beatitudine, conforto, estasi, delizia, diletto, dolcezza, felicità, appagamento, completezza, nirvana, paradiso, pasqua, gaiezza, piacere, tripudio, contentezza, benessere, soddisfazione, godimento, solluchero (o sollucchero), gratificazione, sollazzo...

  • Consiglio Direttivo

    Leggo e riporto da un'altra discussione in area Musica all'interno della quale si parla di testi di canzoni.

    In un brano dei Modena City Ramblers ho trovato il termine tragattino - accento sulla "i", sostantivo o aggettivo.

    Sembra che significhi qualcosa come "imbroglione", "bugiardo", "truffatore", ma non sono riuscito a trovarla né sui dizionari cartacei né sui repertori on-line.

    Forse è un'espressione dialettale della zona di Modena, ma non so se sia peggiorativa dei significati proposti o riesca a moderare l'asprezza di certi giudizi morali insiti nella lista di parole di prima.

    Qualcuno ha informazioni in merito?


  • Consiglio Direttivo

    Altre parole "dimenticate", per non dimenticare (appunto) questa discussione.

    Parole come ampolla, ormai poco usata, ma bellissima e "alchemica"; oppure come morione, l'elmo tipico dei soldati spagnoli del Seicento.

    Termini ormai svaniti come panciotto - concorrente lessicale del moderno gilet - oppure solo accantonati, come crogiuolo (anche crogiolo), che periodicamente ritorna quando si parla di temi multietnici.

    Ci sono poi le parole che la Storia ingoia, letteralmente, facendone scomparire la memoria (e tutte le straordinarie vicende associate): piroscafo, tombolo, lisciviatrice, arcolaio, tramoggia...

    Altri termini, invece, sopravvivono solo in stretti ambiti tecnici (il radimadia del fornaio, il cinerario del becchino), oppure si "riciclano" in nuovi mondi, cambiando il proprio significato: i sergenti del falegname diventano le virgolette «» del tipografo, e via dicendo.


  • Super User

    "Speglio" che vuol dire specchio. L'ho sentita per puro caso due giorni fa.
    🙂


  • Super User

    Speglio Pika? Ma che lingua è?! :mmm:


  • Consiglio Direttivo

    @pikadilly said:

    "Speglio" che vuol dire specchio. L'ho sentita per puro caso due giorni fa.
    🙂

    Ciao, Pika! Che piacere rileggerti qui!

    E con quale straordinario contributo, per di più! Sono molto piacevolmente impressionato.

    @Pretty Heron said:

    Speglio Pika? Ma che lingua è?! :mmm:

    È italiano, sebbene l'uso sia ormai piuttosto raro, forse con prevalenze dialettali.

    "Specchio" e "Speglio" (pronuncia: spèglio) derivano dalla medesima radice: il latino speculum. Il primo ha subito fenomeni fonetici di raddoppiamento e variazione (anche se in ambito medico sopravvivono lo speculo per l'esplorazione delle cavità corporee e lo specillo con la medesima funzione ma foggia ben diversa; poi in italiano corrente abbiamo l'aggettivo speculare e il sostantivo specola, 'luogo di osservazione', 'osservatorio').

    Il secondo forse deriva da un passaggio attraverso il tedesco - lì si dice Spiegel - o attraverso il portoghese - il termine è espelho -, approdato poi in Italiano con una latinizzazione della parola straniera.

    Altre varianti dal Dizionario Etimologico: in spagnolo espejo, in catalano espelh, in provenzale espelhs, in friulano spieli e in sardo ispiju, che ricorda più da vicino la matrice latina, dal verbo "specio / spicio", 'guardare'.

    🙂


  • Consiglio Direttivo

    Un breve passaggio in questo filone un po' negletto per citare qualche altro termine "dimenticato".

    Ieri ho scoperto l'esistenza dell'aggettivo equoreo, che significa "marino"; proprio la ricerca sul dizionario, in una citazione letteraria, mi ha riproposto un altro aggettivo: aprico, cioè "aperto", "esposto al sole".

    Altro aggettivo che adoro: chelante. È nato in ambito scientifico (Chimica Organica) per indicare molecole che si possono legare ad altre mediante dei gruppi che somigliano alle chele dei granchi. Non è precisamente una parola perduta: solo poco nota - ma forse è lo stesso.

    Ormai dimenticato - e per di più regionale - è invece l'aggettivo squarquoio. È toscano e vuol dire "decrepito, cascante"; usato una volta nell'espressione "gioventù squarquoia" - decisamente meglio di "gioventù bruciata" - per indicare ragazzi invecchiati prima del tempo a furia di bruciare le tappe.

    In un forum dedicato all'Italiano più puro e ricercato ho trovato infine una sezione intitolata Grafematica: un ramo della linguistica che non si occupa solo di ortografia, ma anche di trascrizioni delle parole straniere e in generale studia le unità funzionali di un sistema grafico. Si dice anche indifferentemente Grafemica.

    Di questo, però, parliamo un altro giorno: la "Settimana della Lingua Italiana" è appena cominciata... 😄