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- E perché no?! - Considerazioni eterodosse sulla Teologia
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Ciao Leonov,
@Leonov said:
II. Dio, però, non si esaurisce nella collezione delle cose, ma è a queste superiore in virtù di una sua Onniscienza a carattere deterministico e probabilistico (da esplicitare). Esso ha una propria volontà, che però resta inconoscibile, essendo estesa anche ad una parte dello Insieme Universo che non è accessibile all'indagine materiale o all'intuizione.
LeonovCome gia accennavo altrove ad Andrez in generale, sulle varie connessioni delle discussioni, quello che immediatamene collego a questa parte in cui mi ritrovo è il discorso fatto da www a proposito del web semantico che riporto:
*".... e sappiamo come Google](http://www.giorgiotave.it/wikigt/os/Google) abbia incorporato nei suoi algoritmi dei fattori in grado di digerire il vocabolario di un determinato documento e di vagliarne l'attinenza semantica; attribuendogli perfino un determinato peso all'interno del sapere complessivo (=leggi "insieme dei documenti") disponibile sul quel circoscritto argomento di discussione.
Quindi "ottimizzare i contenuti" è un'operazione che guarda esattamente ad un *algoritmo](http://www.giorgiotave.it/wikigt/os/Algoritmo), che rimane tutto sommato ignoto (cioè viene elaborato "privatamente" dai *Search Engine](http://www.giorgiotave.it/wikigt/os/Search_Engine), al di sopra e al di là dei webmaster e dei programmatori)*.
E' un accostamento azzardato ma da intendere solo in termini di riferimento ed in scala di dimensioni. Però credo dia un senso alla ricerca continua di una direzione di fondo, al di la della sperimentazione nel particolare che di volta in volta si incontra.
In attesa del tuo prosieguo
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UNA PRECISAZIONE NOIOSA
?A voi la palla.?
Io, la palla, cercherò di prenderla/agguantarla, ma le ossa mi scricchiolano!... E subito dico una cosa *pro domo mea: *ragionando ternariamente (Leonov ha imparato a conoscermi dall?altro lato del Forum) il linguaggio con cui generalmente ci si esprime e si comunica è riducibile per me a questa equazione: LINGUAGGIO = prosastico/**tecnico **| prosastico/**giornalistico **| prosastico/poetico. Ovviamente uno vale l?altro, e in un discorso si possono mescolare con certa tranquillità (non bene ? dico ? per una ragione di omogeneità estetica); e però io, per la mia limitatezza oggettivo/strutturale, riesco ad usarne soltanto due: quello giornalistico e quello poetico. Questa precisazione (che qui ritengo quasi d?obbligo) potrei allungarla di parecchio, ma la termino qui.
Ora ad esempio? Questo mio topic ha un incipit, per così dire: ?Perché no?!!?. Con cui ho subito risposto ad Andrev che, in Poesia e Versi/sezione e Su consiglio di qualcuno? TRIDIMENSIONE/topic (ancora mio), invitava me e Leonov in quest?altra sezione ? la Fede e le Religioni ? a ragionare di Dio e di Dei meglio collocati (dall?altra parte invece, la questione, l?ho sfiorata appena e neppure tanto e Leonov s'è limitato a farmi solo alcune domande). Ebbene?
?Perché no?!!? è linguaggio giornalistico, dal mio punto di vista; ma il resto che vi si è aggiunto ? cioè ?Considerazioni eterodosse di Teologia cosmogonia sovracompensazione? ? è linguaggio tecnico che non m?appartiene in nessun modo ? sempre dal mio punto di vista. Insomma che voglio intendere, da subito, per non tediare nessuno che getti lo sguardo in questo topic dall?incipit ormai ibrido ed implicante, ma che decolla diversamente con il mio post che ho intitolato OH SANTO! ? cioè Dio ? che è poetico ed ameno?... (Adesso mi viene in mente Berlusconi e dico invece che il mio endecasillabo di cui sopra è una carineria.)
Che ci sarà baruffa, probabilmente (nel senso più civile e dialettico del termine)? Tra due modi di raccontare il proprio sentimento religioso. Tra due visioni di ciò che enucleo (da tempo immemorabile nelle mie pubblicazioni) in ternari del tipo Dio|Universo|Terra o Mondo|Vita|Uomo o Uomo|Uomini|Ego dove, in quest?ultimo, per ?Uomo intendo l?umanità, per Uomini Leonov e quant?altri tecnici di questo pianeta che abitiamo e per Ego me stesso. Ma soprattutto baruffa (anzi ?sovracompensazione?!) di linguaggi, sic et simpliciter: giocando io tra il giornalistico e il poetico e Leonov (è un timore del tutto irrazionale che mi abituerò con calma a scacciare dalla testa) forse ancora tra il tecnico, il suo ?tecnico? (pardon tecnico) e ancora il TECNICO in assoluto.
Saluti e figli maschi, eu.ro
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Chiedo scusa, è colpa mia.
Ditemi se preferite splittare i due argomenti o se ritenete si possa procedere così.
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Io, personalmente, preferirei che non non splittassi niente... (Ma che razza di parolaccia mi dici?) Piuttosto consiglierei a Leonov, se ha veramente intenzione di dissertare su argomenti teleologici con tutta la sua serietà estrema, di defilarsi da qua, se ci si sente sminuito o contaminato in qualche misura, e aprire lui un topic... (Che lo enuclei, che lo impacchettisca, che lo rilucentesca... detto alla maniera di Abatantuono). Comunque tu, grande Andrez, fai quello che più ritieni corretto alla maniera del bilancino perfezionista ed esplodente alla maniera dell'arietano casinista! Ciao. eu.ro
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Riavvio un po' il discorso...
Dal ?dizionario filosofico? d?un famoso portale (a cui partecipai tempo addietro, da cui non ho dovuto aspettare molto per essere bannato, con tanti saluti di ?a non rivederci?) traggo questa definizione di deismo. Perché? Perché io, per alcuni tratti, mi considero un deista. Vediamo la definizione mezza dotta: ?Deismo, dal francese deisme, proveniente dal latino deus ("dio"). Il Deismo è una dottrina filosofica sviluppata dall'illuminismo francese che sostiene che la ragione è bastevole a giustificare la presenza di Dio nell'universo, considerando di fatto ogni forma di religione e di fede un'inutilità pratica. Per i deisti Dio non interviene nelle faccende umane (non interviene nelle questioni morali) ma si limita solo a garantire il corretto funzionamento del mondo naturale.?
Ho detto che per alcuni tratti mi sento deista? Infatti considero la mia ?religiosità? ? che è un modo di credere nel trascendente ? pensiero/soltanto pensiero: questa la sua natura!.... Ed assegnando al pensiero (in genere dell?Uomo e il mio in particolare) una cifra|un morfema|una voce ? LOGOS ? dico d?essere un ?logico? (o come anche potrei scrivere un logico) pensando al trascendente. Da qui la definizione, fra tante, che ho scelto: mi calza, perché dice testualmente ?dottrina filosofica? e non ?dottrina religiosa?. Ed è già molto.
Ma subito dico anche che questa definizione non mi calza? Perché sono convinto che il pensiero trascendente di ciascuno sia invece utile/utilissimo, di una grandissima utilità pratica: di sollievo, di cura, stimolante, di speranza, di prosieguo, innervante? Tutti si proiettano verso la trascendenza: più o meno consapevolmente, a tratti, fissatamene, nel loro silenzio o urlando ai quattro venti, perché sanno di morire prima o poi/presto o tardi ? per questa unica ragione.
Ed è anche per questo motivo ? di implicanza del pensiero e della logica ? che vorrei che in questo topic non comparissero tanti post a pera, a cavolo, a strufolo, o stufatelli maleodoranti di vecchi e nuovi luoghi comuni. Grazie per l?intanto.
eu.ro o:o
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Molto bene!
Prevedevo che la discussione potesse raggiungere un siffatto "giro di boa": sono molto lieto che sia accaduto subito, sul nascere, così possiamo chiarire fin d'ora eventuali equivoci.
Mi rivolgo ovviamente ad Euro (ad oggi, qui, il mio interlocutore principale), ma anche a tutti gli eventuali visitatori o altri individui interessati ad intervenire nel seguito.
- Il titolo della discussione è errato, concordo con Euro: spiace dirlo, ma chi lo ha editato è andato troppo oltre la mia richiesta (pur se magari in buona fede e per amore di chiarezza).
Doveva essere solo questo: "E perché no?! - Considerazioni eterodosse sulla Teologia". Punto e basta.
La sovracompensazione non c'entra, è una mia idea e vale meno di metà del discorso che facciamo qui: dov'è altrimenti il contributo di Euro alla discussione? Per favore, mi rivolgo ai "piani alti", cambiate secondo le specifiche richieste appena effettuate.
- La notazione con gli asterischi: forse in essa c'è qualcosa di goffo e risibile - credo ce ne sia in tutte le notazioni convenzionali - ma ha un suo perché, che adesso riporto.
La presente sezione si chiama "La Fede e le Religioni": mi è sembrato logico supporre che fosse frequentata da credenti, al più da atei, molto meno da agnostici. Ho un rispetto profondo, come ho già scritto, per le convinzioni personali di ciascuno e poiché le mie opinioni, per quanto irrilevanti, potrebbero turbare chicchessia - e non è mia intenzione - ho deciso di segnalare chiaramente quando uso parole che hanno per alcuni un senso magari sacro e per me ne hanno un altro.
Gli asterischi non scimmiottano, non dileggiano e non sviliscono (almeno così credevo), ma semplicemente segnalano che certi termini non vanno intesi in modo letterale - dunque sacro per qualcuno - ma nel solo contesto della mia finzione.
Ad ogni modo, lo ripeto: se anche solo una virgola di quanto ho fino ad ora prodotto qui dovesse urtare la sensibilità di qualcuno, per un motivo qualsiasi, chiedo formalmente che i miei post siano cancellati, la discussione preclusami ed il mio nome giustamente obliato.
Di passaggio: credo di aver trattato con il massimo rispetto la notazione "a|b|c" di Euro relativa ai ternari e spero che egli non abbia pensato che la mia adozione di tale formalismo fosse un tocco ironico (non lo era affatto); speravo, almeno al principio, di vedere pari rispetto per le mie scelte grafiche, certamente meno significative o innovative ma non poi così ridicole.
- Quando ho parlato di "esercizi teologici" ho evidentemente posto poca enfasi sui termini scelti: quanto ho in animo di scrivere è davvero un esercizio, lo svolgimento di un tema dato, che in questo caso ha per titolo "Ferme restando la coerenza interna e la non contraddizione, impostare una cosmogonia teorica con elemento divino".
Punto e basta.
Da agnostico, non *credo *affatto a quanto ho elencato in dieci punti - non come un fedele potrebbe credere in Dio, almeno - ma penso solo che la mia proposta sia verosimile, plausibile, compatibile con le premesse del tema.
Credevo di averlo scritto chiaramente, ma forse mi sbagliavo.
Di nuovo: se questo approccio alla cosmogonia o alla Teologia irrita, disturba o innervosisce qualcuno, la chiudiamo qui immediatamente, senza che sentiate profferire una sola parola in più da parte mia.
- Non penso che il mio sia un linguaggio tecnico, né tecnico, ma solo divulgativo. Ecco la differenza, secondo me.
In ogni forma di comunicazione ci sono, per quel che posso vedere, tre istanze: una dimostrativa, una informativa, una evocativa, miscelate variamente.
Il massimo contenuto di istanza dimostrativa produce il linguaggio *tecnico *(Matematica), il massimo di istanza informativa quello *divulgativo *(manualistica, saggistica, giornalismo), il massimo di istanza evocativa il linguaggio poetico-letterario (poesia, romanzo, racconto).
Dal momento che qui io non sto dimostrando proprio un bel nulla, né sto scrivendo un racconto, mi limito ad *informare *circa le mie opinioni, dunque faccio divulgazione.
Se volessi dimostrare qualcosa, mirerei a fare proselitismo, il che non ha senso visto che non voglio mica fondare una nuova religione né tanto meno credo, religiosamente parlando, a ciò che scrivo (mi sono già espresso poco fa su questo tema). Non ho nessuno da convincere di alcunché.
- Mi è stato chiesto in cosa consistessero i miei "esercizi teologici": l'ho appena detto nella precedente panoramica.
Sono interessatissimo alla Teologia di Euro - o a quella di chiunque altro voglia parlare qui dell'argomento - ma credo che, almeno fino al momento in cui ciascuno non avrà compiutamente terminato la propria esposizione, ci dovremmo limitare a proporre ciascuno la nostra visione, astenendoci dal commentare quella altrui, come due binari che scorrono in parallelo.
A spiegazione ultimata - sempre che prima non sorgano manifeste contraddizioni da segnalare prontamente - potremo iniziare il dibattito vero e proprio.
- Euro mi consiglia di defilarmi. Per parte mia, non ho alcun problema a farlo, specie se, lo ripeto ancora, i miei esercizi lo offendono, lo disturbano o sminuiscono il suo sentimento religioso - qualunque esso sia e verso qualsiasi divinità esso sia rivolto.
Non voglio guai, non ne cerco, me ne tiro fuori senza fiatare al minimo cenno di fastidio altrui e sono sempre ben lieto di abbandonare il campo.
Ora aspetto repliche: secondo quanto mi sarà concesso, posso esporre la mia innocua teoria-giocattolo, posso limitarmi ad ascoltare chi ne sa più di me, posso uscire da questo che non è il mio campo.
A voi la palla, di nuovo.
Leonov
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Eccomi!... Permesso?
Leonov, ma che dici?... mi dispiace!... (Mi sembra d?essere tornato ragazzino fra ragazzini, che conducono i loro giuochi tra esaltazioni e graffi.) Pensavo che almeno tu, dopo tanta curiosità, eccessiva/sperticata, ed io docile e oracolato (leggi auto/ironia) che ti rispondo punto per punto (quasi), mi concedessi quel po? di leggerezza amicale (non confidenziale) che pure si esprime di tanto in tanto (guai se insistente) con qualche battutella tra l?ironico e il goliardico ? perché no?... È un po? il mio stile di scrittura.
Drammatizzi/ne hai fatto una questione di stato!... Quando invece, muovendoci come facciano (e si fa in internet) nel filosofico/filosofeggiante, per giunta spandendo d?un tratto nel cosmogonico e teogonico, ci sarebbe soltanto da ridere, da ridere ancora, anzi sbellicarsi dalle risate? Questo la scuola non ce lo ha insegnato; se mai il contrario: piegarsi/inchinarsi, adorare/venerare ? sempre ? personaggi, opere, eventi e quant?altro.
Senti, non ho voglia di dilungarmi/tediarti con nessun amletico ripensamento: ti dico soltanto, diretto come sono sempre, franco perché è una mia esigenza etica, definitivo perché mi sto ormai stancando, che mi dispiace sul serio che tu l?abbia presa a male e ti sia sentito in qualche modo sfiduciato o tradito. Oltre tutto ? mi pare ? anche fraintendendomi (figurarsi se posso mai dire ad uno che mi gira intorno apparentemente incuriosito, convergente e lodativo di andarsene via/altrove).
Da quella specie di ?manifesto del pensier sottile? (leggi trascendentale) con cui sei subito uscito nel nuovo topic, aperto fra l?altro da me, che avremmo dovuto gestire a mezzadria, sia pure, ho pensato semplicemente che fossi molto preso dalla tua materia e dai tuoi argomenti. E che, come è successo a me con la ?tridimensione?, desiderassi uno spazio esclusivo (non un campo aperto/imprevedibile), uno spazio ?padrone? (in quanto tu lo padroneggiassi), aspettando a tua volta che altri vi convergessero con domande, chiarimenti, con le loro perplessità (un po? quello che tu hai fatto con me).
D?altra parte ? pensandoci bene ? il titolo che proponi tu ("E perché no?! - Considerazioni eterodosse sulla Teologia")* è*** maledettamente sperequato ? riesci a capirlo? Il mio ? la parte che mi compete ? è innocente, interlocutoria, conversativa (vuoi che nel mio topic mi metta a fare la parte del Simplicius del famoso Dialogo?); mentre il tuo/la tua parte trasuda serietà, autorevolezza, il mestiere del professore/è professorale insomma (vuoi/vorresti essere in questa circostanza un nuovo Galileo?).
Vorrei infine spezzare una lancia a favore di Andrez? Io penso questo (forse mi sbaglio): da buon osservatore, moderatore in primis ed amministratore del Forum ci ha messo insieme con tutti i nostri bitorzoli, birichinate e dilatazioni linguistiche in un mix che dovrebbe risultare vivace e provocatorio, ironico, battagliero, possibilmente divertente per molti/chi volesse e mediamente divertito per noi stessi. Non altisonante, barboso e mezzo incomprensibile come quell?altro mio ?Su consiglio ecc.? (ché poi era il tuo consiglio che mi davi.).
Alla prossima! So di giocare male a palla; non so gli altri che intendi?
Soprattutto non te la prendere di più/ancora.
eu.ro yuppi::bho:
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[Sospiro di sollievo per l'avvenuto chiarimento]
Agili e tranquilli tutti, non me la sono presa affatto. Il tono è forse potuto sembrare vagamente - più che vagamente - risentito o astioso, ma nelle mie parole c'era l'unica, precisa volontà di chiarire ed evitare fraintendimenti.
Il post precedente era più che altro a beneficio di me stesso: volevo ribadire i paletti di rispetto della fede altrui che mi sono imposto ed essere certo di non urtare la sensibilità di alcuno; religione, politica, sesso e morte sono i quattro temi di conversazione in assoluto più delicati che io conosca ed il sottoscritto, non avendo il coraggio/sfacciataggine di un Daniele Luttazzi, tende a trattarli con i doppi guanti.
La patina "professorale" della mia esposizione deriva probabilmente dal fatto che prendo molto sul serio i giochi - qui si fa il succitato "divertissement" pascaliano - e la mia formazione pluriennale tende in certi casi a comprimere la parte più libera e scanzonata a beneficio di una più pedante e severa.
Propongo una soluzione: dal momento che sono roso dalla curiosità di conoscere l'applicazione della tridimensione alla struttura teologica, sarò più che felice di ascoltare - e conversare su - quella parte specifica del tuo sistema.
Successivamente, con calma o magari perfino altrove, in uno spazio in cui sentirmi più "a casa" ("padrone" no, per carità), esporrò anche le mie idee.
Torno dunque tosto a toni più civili, lievi e cordiali.
Euro, mi parlavi di un deismo che ti si confà solo in parte: come dunque definire - se un termine è possibile trovare - il tuo approccio alla religione e come inquadrarlo nel più ampio recinto della tridimensione di cui stiamo parlando con profitto altrove?
Basta palleggi - nemmeno io ne sono un esperto - solo scambi di parole.
Leonov
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Sai una cosa, Leonov?... In questo preciso istante, anziché riprendere il solito discorso (tu mi chiedi/io ti rispondo) me ne vado in giro per questo lago/anzi fiume di sezione a leggere cosa s'è scritto veramente su 'fede' come virtù e su 'religione' come senso; e alla maniera d'un pescatore/cartoon disegnato goffo e sbilenco, soprattutto patetico ma simpatico, mettere in rete/se ci riesco qualche pesciolino o pesciolone magari, a costo di risalire di molto la corrente (andare indietro di mesi). Ché diamine!... - è pur vero che abbiamo realizzato, io e te, a tutt'oggi/a tutt'ora, la cifra inaudita di cento visitatori! (Ma chi sono?... ma dove siete?... ma fatevi riconoscere eh!) A presto, chissa... eu.ro
P.S. I tre neretti prendili intanto come un ternario d'Iddio, anzi della Madonna!
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@euroroscini said:
P.S. I tre neretti prendili intanto come un ternario d'Iddio, anzi della Madonna!
Li ho appena messi qui in saccoccia: Leonov|veramente|chissà. Mi piace, suona bene, ha il giusto equilibrio di certezza e dubbio.
Attenderò con ansia altri interlocutori: le cose interessanti da dire non mancano, mi sembra, e poi in GT ho trovato pensatori saggi, colti, garbatissimi e dalla penna leggiadra.
Sarò anzi più che lieto di leggere nuove firme e proverò io stesso, per quel che posso, a coinvolgere qualcun altro: lo spazio c'è e la disponibilità da parte mia pure, tutta intera.
Mi unisco già qui al tuo appello ai silenti lettori: voi che passate e vi soffermate su queste nostre opinioni, fatevi avanti senza paura e mettete per iscritto le vostre parole, considerazioni, critiche.
Non chiedo di meglio.
Prenditi pure tutto il tempo che ti occorre: io non ho alcuna fretta e il forum non scappa mica.
Leonov
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SEMPRE VERSO L'INCORAGGIAMENTO EH?
Frabibbo, nomignolo un po? boccaccesco, rispondeva nel lontano 2005 a Mamilu (dico Mamilù perché mi sa più di favoletta araba) che ce l?aveva col cardinale Bernard Law di Boston: uno coinvolto in una copertura di sacerdoti/pipodritto e loro fanciulli curiosini/parrocchiani ? ma questa è altra storia. Dicevo: Frabibbo, coriaceo e possente nel suo credo romano/ortodosso, scriveva testualmente ?? alla base della fede cristiana c?è il perdono??.
A noi due, Leonov! Scrivi subito ché ti detto il ternario? PERDONO = delitto|colpa|cancellazione. Tu ci aggiungi una citazione giusprudenziale lasciandomi intendere che si potrebbe anche dire in altri termini: **CIVILTÀ **(naturalmente la nostra giuridica) = diritto|delitto|pena. Anzi al riguardo non trascuri di farmi un rimando colto a Hegel ricordato universalmente per il suo ternario da vertigine (per me privo del minimo senso logico): cioè METODO = tesi|antitesi|sintesi? (di questa scemenza, se ne può parlare fra noi due, Leonov, ma in seguito). Difatti ? aggiungi a chiosa ? succede che nella nostra grande/ordinata/bella società un diritto qualsiasi ? come affermazione o tesi ? è offuscato da un delitto qualsiasi ? come negazione o antitesi ? ma ripristinato nella sua lucentezza da una pena qualsiasi ? come negazione della negazione come sintesi ? punto e basta. I conti mi tornano ? insisti ? perché il diritto di partenza è riaffermato e io son d?accordo con Hegel e Frabibbo.
A questo punto sono costretto a farti notare che Frabibbo, nel suo ternario, ha scambiato pena con cancellazione, e la cosa non sta tanto bene tridimensionalmente, anzi male? O meglio, sta anche bene al limite; ma allora vuol dire che un qualsiasi cavolo di perdono consisterebbe/implicherebbe questo: io, ad esempio? anzi tu (mi va meglio) ammazzi uno, te ne assumi la responsabilità piena/netta/inequivocabile e magari ti marchi a fuoco per sola vanità il sedere con un cubitale ?IO HO COLPA?; ma poi, liscio liscio/chiotto chiotto, cancelli tutto come se niente fosse successo (non so come tu faccia, almeno per quella specie di tatuaggio nel cu.) e magari ti assegni da te/per te stesso un perdono che sa di scespiriano (Shakespeare), di cafchiano (Kafka), di paundiano (Pound) ecc.
Ma che dici?!! ? m?interrompi brusco: lascia da parte una buona volta questo ternario del ca. e guarda in faccia la realtà: le cose stanno diversamente!? Come? ? dico io. Cioè stanno in quest?altro modo: poniamo pure (l?esempio paradossale che sia io e non tu che ammazzi non mi piace tanto, detto inter nos) che faccia fuori uno, che mi senta di seguito convintamente responsabile (non in colpa) e per questo mi ci bruci perfino il sedere per mania di grandezza con una affermazione marchiata di cui vantarmi ? ammettiamolo pure. Ma anche se non ci fosse/non c?è senso di colpa in me né sorta di pena (come sofferenza interiore) che vi scorra parallela, anche se nessuno mi punisse/mi punisce perché non mi scoprono e riuscissi/riesco a farla franca, ci sarebbe pur sempre la famiglia di quello che pena di brutto, i suoi concittadini che manifestano la loro contrarietà (pure questa è sofferenza, quindi una forma di pena) e la nazione intera cui si ascrive come cittadino l?ammazzato che, attraverso le sue acrobatiche istituzioni, mi condanna esecrabile e mi punisce in contumacia con pene virtuali quanto durissime? (E poi ? chissà ? vai a sapere che ?la società/tutta? non finisca col soprassedere alla faccenda e anchiviarmi oppure, in ultimo, non mi perdoni anche!) Alt ? dico io: questi sono sofismi!... Ed è a questo punto che riscappa fuori Frabibbo alla grande...
Ehi/ehi!!?... Che ca. state dicendo voi due??!... Io ho parlato sì di perdono e di cancellazione dei misfatti, ma ho anche detto che soltanto Dio nella sua immensità misteriosa e irraggiungibile può farlo. Per cui, proprio a voler usare quel ca. di ternario di eu.ro che non mi piace neppure un ca., i termini equazionali stanno semmai così: PERDONO (di Dio) = delitto (del prete pedofilo) | colpa (di Santa Madre Chiesa di Law) | cancellazione (come se una efficacissima/magica gomma divina faccia sparire tutto/ogni cosa succitata: gli atti pedofili dei preti, le responsabilità vaticane a tutto campo, ogni strascico di sofferenza sparsa/minuta a trecentosessanta gradi ? beh tutto quanto cancellato come d?incanto)?
No, ragazzi, attenzione ? faccio io perentorio: non scherzate col ternario!... Dite pure le frottole che volete/che pensate/che sperate/?, anzi/no, tutte le stron. che vi saltano in mente. Ma la logica del ternario è semplice e banale, geometrica, leonardesca; e taglia come una ghigliottina da anno di grazia 1791! Cioè, tanto per dire? PERDONO = delitto|colpa|cancellazione?... bene, vuol dire: perdono di Dio = delitto di Dio|colpa di Dio|cancellazione di Dio. Oppure: perdono degli uomini in generale = delitto degli uomini in generale|colpa degli uomini in generale|cancellazione degli uomini in generale. Oppure: perdono di un uomo in particolare = delitto di un uomo in particolare|colpa di un uomo in particolare|cancellazione di un uomo in particolare. Eccetera/eccetera per ogni altro ternario che usiate, che esiste ed è o non è nella mente del Padreterno. Ché diversamente ? come fate a naso e a cu. ? sarebbe come dire che un falegname alle prese col suo tavolo, usasse l?altezza d?un grattacielo, la lunghezza del suo ca. e la larghezza d?un deserto geografico preso a caso. No/no/no!!!...
Vedi, Leonov, quanto è difficile convivere ? come mi sforzo di fare ? con il ternario?
eu.ro etc.
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Il ruolo di assassino, sicario, omicida o massacratore - in ambito esclusivamente letterario, ça va sans dire - ha sempre esercitato su di me un sinistro richiamo suadente, ma per pudore non me l'ero mai attribuito.
Ad oggi, mi ero limitato a proiettarlo su personaggi di mia invenzione (a me pericolosamente somiglianti, lo ammetto) collocati in una serie di racconti dalle tinte fosche e torbide; a beneficio della didattica, però, accetto ben volentieri di impersonare perfino il Ministro della Morte nell'esempio appena proposto.
Scelgo tuttavia di incarnarmi, borgesianamente, in un "Assassino disinteressato" - come nella Storia naturale dell'infamia - sperando che l'intervento della sublime prosa dello scrittore argentino mi sollevi almeno un poco dall'abiezione del ruolo stesso.
Per quel che concerne il marchio/tatuaggio, però, non se ne parla proprio: i miei glutei sono e resteranno intonsi; al più, sempre per amor della divulgazione, mi imporrò un piccolo segno sulla spalla, come si faceva per i ladri e gli adulteri della Francia pre-illuminista: riconoscibile, discreto e molto meno "cheap" della "targa posteriore".
Alla scena del marchiato in stile La lettera scarlatta mi ha fatto pensare l'immagine del meccanismo a lama cadente inventato da Ignace Guillotin e proposto da Euro in una folgorante parentesi verso il suo finale.
Per quel che mi riguarda, al concetto di perdono - unitario, binario o ternario che sia - resta legato a doppio filo quello di memoria, secondo appunto l'adagio "perdonare, non dimenticare".
Si può passare sopra una colpa, un delitto, un reato, ma almeno a mio parere non lo si può ignorare o rimuovere, perché proprio nell'oblio dell'atto sta il difetto eventuale della macchina della giustizia.
Non conosco con sufficiente precisione la posizione della Chiesa sul tema, né quella del Diritto (altra strada, la mia): ripescando tra le nebbie dell'infanzia e del catechismo scolastico, ricordo che ci veniva insegnato che Dio, al momento del trapasso o del Giudizio Finale, è pronto ad accogliere tutti, ma proprio tutti, anche i peggiori e i pessimi, poiché il suo amore è infinito.
Sono però i rei, gli improbi e i malvagi a non riuscire a sostenere quell'amore e ad auto-esiliarsi all'Inferno, decisi a scontare la condanna che sentono di meritare.
Il che presuppone un'altissima considerazione del senso di giustizia del singolo, contro l'evidenza di colpevoli del tutto insensibili al loro stesso reato, che senza tribunali e prigioni si sentirebbero pronti a continuare la loro vita o peggio a reiterare il crimine.
Il Dio impietoso di matrice veterotestamentaria, invece, mi sembra molto più salomonico nei giudizi e draconiano nelle misure restrittive: forse sceglierei lui, ma solo per un intrinseco bisogno di vendetta, più che di giustizia.
Ciò che mi è sfuggito (scarsa attenzione, temo) nell'ultimo intervento è appunto il rapporto tra il perdono e la memoria, tanto quella del singolo (parte lesa & parte che offende), quanto quella collettiva (prossimi della vittima, società, prossimi del carnefice).
Che metro di giudizio dovremmo insomma adottare di fronte ad un reato? Perdonare e dimenticare? Perdonare e non dimenticare? Punire e dimenticare? Punire e non dimenticare? Una quinta strada ancora?
A me che sono - solo qui, solo adesso, solo per finta - assassino certificato con tanto di "codice a barre" sulla spalla, che destino deve essere riservato da parte degli uomini?
Perdonate se trascino il discorso sul piano strettamente legale e storico, ma poiché non so se ci sia un secondo tribunale "dopo", il mio orizzonte un po' meschino è fermo ai cancellieri, ai magistrati ed alle guardie carcerarie in carne ed ossa.
Con Dio, se c'è, ce la vedremo privatamente in altra sede al momento opportuno. Non lo conosco e non parlo volentieri di chi proprio non conosco.
Poscritto per Euro: immagino che la tua scelta di filosofia ternaria sia faticosa - non conosco i dettagli di entità, ma penso che da ogni profonda convinzione personale nascano conflitti con l'ambiente circostante ed ostacoli lungo la via.
Se ti può consolare, io sono un (aspirante) scienziato in un mondo che ancora crede all'astrologia, ai miracoli, ai maghi ed alla cartomanzia: tempi duri anche per il sottoscritto.
Leonov
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Bravo!!!... Complimenti!!... Sei quasi meglio di me! (Ah il maledetto Cancro mentr'io sono un Pesciolino...) A domani. A posdomani. A mai più (forse).
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Davvero interessante la proiezione dialettica **= diritto|delitto|pena **e la successiva considerazione.
Dal citato Hegel, è proprio trattando di dialettica che è possibile reperire interessanti teoremi scritti su libri destinati a non essere letti e che invece a quanto pare lo sono eccome.
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Te ne racconto una, Andrez... Quando un lontano giorno discussi la mia tesi di laurea, di fronte a un collegio d'una ventina di professori disposti/seduti ad 'U', io ritto nel mio banchino infondo, dissi: Invece dico altro... Anziché mettere lo Stato al centro dei tre assi, per cui il diritto afferma lo Stato, il delitto lo nega e la pena lo riafferma, io metto l'individuo/me stesso; per cui... Io mi affermo nel mio diritto, la Stato mi nega e mi delinque, io mi riaffermo con la mia azione anarchica e punitrice. Beh, non ci crederai: il collegio dei professori si spaccò, per un'ora e un quarto a litigare, uno contro l'altro. Io restai quasi tutto il tempo zitto. Poi mi liquidarono con un novantacinque centesimi. (Il mio centodieci con lode, me lo porterò nel mio paradiso!) eu.ro
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a Leonov
al concetto di perdono resta legato a doppio filo quello di memoria? ?perdonare/non dimenticare"
Le parole valgono generalmente il loro significato comune/usuale. Però quando chi parla/scrive sta in recinti di cognizione/trattazione specifici (che quasi sempre in cuor mio detesto) bisogna pur adeguarsi ? penso ? a ciò che chiamo ?livello medio di codice?. Ad esempio, la parola ?perdono?, in questa sezione di FEDE e di RELIGIONE: beh, la uso con certa/ammissibile disinvoltura nella mia quotidianità, riuscendo ad essere perfino sfumato; ma qui la carico di significato e mi diventa categoriale.
Al riguardo, se metto in rapporto la mia capacità di memoria col mio senso del perdono, scopro che esso/rapporto è inversamente proporzionale? Ipotizzo difatti tre casi, restando tridimensionale: o ho memoria piena/totale, quindi non perdono niente a nessuno; o ho memoria parziale o limitata, quindi perdono/non perdono in modo corrispondente o relativo? O non ho memoria di niente e di nessuno, quindi perdono al massimo? (ma chi?? perché?): il perdono ? come atto del perdonare ? mi diventa/diventerebbe un non/senso, seppur da vivere nella sua smisurata ampiezza.
Che poi mi succeda ? il tutto ? in questa dimensione/vita o in altra che proietto chi sa dove, fa lo stesso/non cambio il discorso.
Corre l?adagio popolano (banale forse? ? ma quanto mi piace la banalità certe volte!) del ?non poter avere la botte piena e la moglie ubriaca?. Io, questo adagio, me lo calzo come faccio all?occorrenza coi miei pedalini bucati... Perché, se non lo facessi, mi sentirei ? per l?appunto ? ?cattolico?, ?italiota?, l?ipocrita di sempre delle nostre parti.
Se infine penso/pensassi che è un ipotetico dio a perdonarmi ? o costringermi a perdonare io lui ? gli chiederei (ritornando un po? al mio endecasillabo di partenza): ?Ma chi sei/che vuoi?... se non ti conosco/ti chiedo neppure!?
eu.ro :()::?
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Parto da una tua frase, l'ultima della risposta scorsa:
@euroroscini said:
Se infine penso/pensassi che è un ipotetico dio a perdonarmi ? o costringermi a perdonare io lui ? gli chiederei (ritornando un po? al mio endecasillabo di partenza): ?Ma chi sei/che vuoi?... se non ti conosco/ti chiedo neppure!?
La trovo essenziale per arrivare al noccciolo profondo della questione ed ora cerco di mettere in luce le cose che vi ho trovato:
- La proposizione principale è un periodo ipotetico ed appunto "ipotetico" è l'aggettivo che anteponi a "dio". Euro, so che è un domandone, ma a questo punto devo fartelo: tu, in Dio, ci credi?
Discuteremo poi sulla natura, le caratteristiche e la tridimensionalità del tuo Nume, ma ciò che domando qui è solo se tu ti rapporti ad esso come un uomo spirituale che crede nella sua esistenza, come un agnostico che ammette la possibilità tanto dell'esistenza quanto della non-esistenza di dio o come un ateo che liquida la faccenda con una scrollata di spalle e una levata di sopracciglia.
- Immagini un dialogo gustoso, quasi alla pari - o forse del tutto alla pari - con "dio" (che potrebbe o meno coincidere con il Nume di cui hai parlato ad inizio dialogo).
Mi ricorda una vecchia battuta di Churchill, che alla domanda di un giornalista sul fatto se si sentisse pronto ad incontrare Dio ribatté: "Io sono pronto ad incontrare il Signore. Se lui sia pronto ad incontrare me, è un altro paio di maniche".
Quali sono dunque i rapporti tra le parti in causa? Il Nume è superiore, paritario, altro dall'uomo? Oppure uomo e Dio sono assi di uno dei ternari - e quale il terzo, allora?
Se poi umano e divino sono parti di un ternario, che rapporto c'è tra loro? (lo chiedo perché fino ad ora hai molto insistito sul fatto che le dimensioni diverse non si mescolano)
Forse c'è altro da dire - sicuramente restano da indagare le questioni bene/male, finora solo marginalmente sfiorate - ma mi fermo qui: con l'Ontologia avremo da discutere a lungo, credo. Poi passeremo con tranquillità ad Etica, Logica e perfino Estetica di questo tuo sistema teologico.
È sempre un gran piacere.
Leonov
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a Leonov
tu, in Dio, ci credi? Certo che ci credo!... Ci credo tanto che penso che sia l?ultima grande fede che mi rimane. E qui, per conto mio, ti ci aggiungo una cosa che potrebbe farti rabbrividire: io sono un fondamentalista del mio ?Divino?! Esso è un tutt?uno con la mia pelle, e se mai succedesse che qualche ?Potere/altro? la martoriasse (ma non può/non potrà succedere più, perché quel Medioevo nero e bruciante, assassino, demente, l?abbiamo dietro le spalle tutti/ognuno, superato/vinto/schiacciato definitivamente) questa mia pelle rimarrà intonsa? Come mi dici sono i tuoi glutei esenti da qualsiasi marchio!
Il problema che ti poni all?istante, dunque, è/può essere quest?altro forse: e chi/cosa è il ?tuo dio? in cui credi con tale forza? Ti rispondo brevemente/seccamente ? come al solito: non è/non può essere ? per mia logica|etica|estetica ? il ?dio? di tutta la Storia dell?Uomo. Chiese militanti, trionfanti, imperialistiche; le nuove Fedi nascenti come le vecchie Fedi sepolte, con tutte le seminagioni di visioni/sogni/allucinazioni ? del ?divino? ? che l?Umanità ha cosparso per millenni su questo nostro cesso di pianeta (come diceva Voltaire). Eppure ogni credenza o brano (a volte brandello) di quelle credenze ? che sia riuscito ad agguantare o, a dir meglio, intuire/conoscere/interiorizzare ? contenevano linee|segmenti|punti che mi hanno illuminato ? mi è parso ? e sono divenute le tessere del puzzle del mio Dio.
Allora potresti seguitare a chiedermi: quando|come|dove è ?questo tuo dio?? E io ti rispondo allo stesso modo di prima: cioè telegrafico? Il mio Nume (perché così lo chiamo, dialogandoci nel mio poema) era come me; ma come dirti, dilatando la mia supposizione?... ?IO? all?ennesima potenza ? ecco! Egli apparteneva con tale fisionomia (a me somigliante) ad un Panthen di altri dèi: belli/potenti come lui, ognuno col proprio scettro, ognuno eretto sul proprio piedistallo; tutti assoluti, immobili, perfetti. Finché a un punto del suo tempo inimmaginabile (non m?interessa conoscerlo) il mio Nume decise di scendere da là? Di non più ESSERE ma DIVENIRE! Divenne nel suo|nostro|mio universo ? tutto qui (la storia la conosci).
Mi chiederai a questo punto: allora sei di fede panteistica? Esatto (più o meno).
E perfino diventando puntiglioso: il tuo ?nume? è come morto, non c?è più, ha smesso d?esistere? Un ?dio?, in qualunque modo si concepisca, è/deve essere logicamente immortale. No/no... C?è sempre, ma trasformato! Esiste sempre; ma in ogni suo frammento, secondo la capacità che ha esso/frammento di appartenergli. Ora, ad esempio, la capacità che ha una montagna di sapersi frammento del mio Nume non m?interessa; così di un fiume, di un formicaio o dell?Uomo di Neanderthal. Allo stesso modo può ormai appena incuriosirmi la capacità che avevano Platone e Kant, o fregarmene del tutto di quella di Napoleone e di Roosvelt, giù giù fino a Ratzinger e a Berlusconi. Io conosco la mia capacità? Unica|individualistica|coscienziale.
E della capacità dei tuoi figli, se ne hai, di sapersi frammenti del tuo Nume? Affari loro: ho voluto|dovuto|potuto dargli soltanto qualche consiglio in merito. E loro hanno capito ? mi sembra ? che capacità|conoscenza|fede che ho nel mio Nume sono incondivisibili (ma dico meglio uguali|simili|diverse).
natura? caratteristiche? tridimensionalità del tuo Nume Ne stiamo parlando da diversi giorni ormai, più o meno indirettamente/più o meno specificamente?
Vuoi dire ? mi pare quasi che mi richiedi come hai fatto altrove (allora non rispondendoti, ma lo faccio adesso con la solita secchezza/asciuttezza) ? ? sulla terna "per eccellenza" del Cristianesimo: quel Dio Padre|Figlio|Spirito di cui parla la Chiesa? Uno può concepirsi il suo ?dio? come più gli aggrada: non sarò io ha dire a un ?don Abbondio? qualsiasi in carne ed ossa, o monsignore o vescovo o cardinale, neppure all?anima beata ? che so/pare ? di Papa Roncalli che gli epiteti che gli dànno loro al mio Nume, tutti quanti ? di ?padre?, di ?figlio? e di ?spirito santo? ? sono stravaganze (per non dire altro) di pensiero o filosofiche. O meglio mitologia pura, favolistica tenebrosa, storia ridicolmente falsata o quello d?altro che vuoi. La cosiddetta ?Trinità? io la postulo ? semplicemente ? in ALTEZZA|LUNGHEZZA|LARGHEZZA e la leggo|decifro|interpreto ? ovviamente ? a modo mio.
se tu ti rapporti ad esso come? Mi rapporto/mi rapporto? ? altro che! Ma di questo ne parleremo se vuoi in seguito.
battuta di Churchill Potrei dire allo stesso modo? In realtà dico/dirò molto di più/molto di meno: ?Io sono pronto per desiderio e per scelta? Tu, per necessità e dovere??
eu.ro ecc. ecc. ecc..
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Per: Euro
Una replica breve, stavolta, ma solo perché hai anticipato molte delle domande sul tuo Nume che sarebbero naturalmente scaturite dalla tua risposta sulla fede.
Innanzitutto, il tuo approccio alla spiritualità conferma una volta di più una considerazione che in tante occasioni mi è capitato di fare: la fede - qualunque essa sia - resta un aspetto assolutamente, esclusivamente, totalmente personale e incomunicabile.
Ciascuno la vive, vi si immerge, ne esce fuori secondo un percorso unico, in cui il termine di confronto è appunto solo Dio (o gli dei, per un politeista): il resto dell'umanità, intermediari titolati e semplici sconosciuti, restano largamente sullo sfondo del paesaggio, elementi sfocati e ininfluenti, ciascuno con la propria ricerca da portare a termine.
Si può certamente vivere una fede comunitaria, nel senso che ci si rivolge a Dio con le medesime parole, codificando gli stessi riti, usando le stesse invocazioni, ma ciò che accade in ogni cuore lì resta e non può uscirne.
Questo è un argomento potente contro la struttura cultuale (= del culto) di ogni credo e la progressiva trasformazione dell'atto di fede in un modello gerarchico squisitamente temporale.
Credo che su questo punto ci troviamo d'accordo, fermo restando il rispetto per le opinioni altrui e l'adesione di chicchessia a qualsiasi tipo di comunità religiosa organizzata.
La tua immagine degli dei come statue eccelse di ambito classico mi ha fatto pensare appunto al pantheon greco o a quello scandinavo, ma credo che la mia sia un'approssimazione piuttosto grossolana a scopo "didattico", per me stesso; l'idea di fondo che ne hai tu, invece, mi sembra molto più forte, ad un tempo astratta e concreta, secondo un'esperienza che ha trasceso da molto una certa iconografia e si è attestata su un altro livello.
Mi piacerebbe in ogni caso, se ne hai voglia, che tu regalassi qualche altra parola a proposito della tua visione del Nume - o dei Numi - magari citando quei "pezzi del puzzle" che in epoche diverse e presso culture lontane hai riconosciuto come tracce più o meno sbiadite della tua idea di divino.
L'eclettismo filosofico-culturale-religioso mi affascina sempre, a volte più delle idee di cui si nutre o che rielabora.
A questo punto restano due questioni da esplicitare: una, quella del tuo rapporto con il predetto Nume, l'hai già citata tu. Per la seconda non so se una risposta ci sia, ma io provo lo stesso a formulare la domanda.
Hai detto che ad un certo punto il tuo dio smette di esistere e sceglie di divenire, ma hai aggiunto che quell'istante è ininfluente per la tua trattazione.
Di passaggio: "essere" e "divenire" del dio sono un binario o parte di un ulteriore ternario?
Ad ogni modo, mi chiedo allora: nel tuo sistema teologico c'è spazio per una cosmogonia? Parlo in senso "classico", di creazione cioè. Nel caso ci fosse, qual è la sua dinamica?
Può darsi che io stia ponendo un falso problema o una domanda che ai tuoi occhi non conta, non ha senso, non cambia di nulla la sostanza del tuo legame con il Nume; nel caso, perdona la mia curiosità, che cerca sempre uno spiraglio in cui far gocciolare i miei interessi per la Fisica, la grezza materia e le sue leggi.
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questo è un argomento potente contro?È vero!
ci troviamo d'accordo? restando il rispetto?Che vuol dire esattamente ?rispetto?? Non liquiderei sbrigativamente la cosa.
eclettismo Un uomo ?cosciente? non può che essere eclettico?
filosofico-culturale-religiosoMi pare un ottimo ternario: ne potremmo parlare.
il tuo rapporto con Posso dirti intanto che è privilegiato? (Come potrebbe non esserlo?!!)
istante ininfluenteNon ho detto questo? Da quell?istante (però ho detto ?punto del suo tempo inimmaginabile?) nasce l?universo, tutto/ogni cosa, tu ed io: può mai essermi ininfluente?... Invece non m?interessa conoscere la dimensione/tempo del mio Nume (come potrei se non sono Lui?): cioè a che punto del suo tempo si colloca la sua decisione. D?altra parte, se lo definisco inimmaginabile, nessun punto di esso m?interessa ? è ovvio. (Ma potresti perfino insistere con questo tasto? ?Se il tuo Nume ?è? soltanto (non ?diviene?) vive necessariamente fuori del tempo!? Ed io: non necessariamente; perché, forse, anche l?ESSERE ha un suo tempo di coscienza (che comunque ? ripeto ? non m?interessa).
essere e divenireTi cito qualche riga del mio Teorema: ?Essere o divenire?? Chi orienta la propria visione del mondo verso l?immutabilità, la permanenza, il perfetto equilibrio; chi verso la contingenza, l?incertezza, l?inevitabile deterioramento. | Le cose trasmutano e persistono al tempo stesso. In più ? terzo elemento integrante ? esistono. | Esistere come nascere, respirare, morire. Esistere come vivere trasformandosi, trasformarsi sentendo, sentire rinascendo. Soprattutto esistere come prendere coscienza di sé ? più/meno coscienza ? o perdere coscienza di sé ? più/meno coscienza.?
sistema teologico? cosmogonia?in senso classico?creazione? dinamicaArriva tuttavia un momento in cui le parole che uso mi uggiano. Mi sembra di non avere in testa nessun ?sistema teologico? ad esempio, ma in modo estremo e complesso (non complicato e astruso) un sistema teo/cosmo/egologico semmai. In questa parola ficco tutto il quadro, anzi v?entro a farne parte: figurazione/campi cromatici, cornice e passe/partout; anche il chiodo sul muro, a cui appenderlo. E soprattutto io che ? minuscolo eppure titanico ? vi sto dentro a raccogliere con mano, qua e là, grumi di tinta come pietruzze, e a guardarli soltanto/non ad adorarli. (Mentre tu mi parli adiacente di ?senso classico?, di ?creazione?, di ?dinamica?...) Mi vedo vagolare? Non ho addosso niente di classico, niente di moderno, niente di attuale. E creazione acquista per me significato soltanto se contemporaneamente/fulmineamente penso a conservazione e distruzione. La dinamica poi... ? di chi/di cosa? mia/del Nume? O tua perché pensi che il pensiero dell?uomo sia pensato nel tempo a scorrere? Dirai: sono parole, e in ipotesi benevola piccola letteratura che annacqua/non argomenta. Hai/avresti ragione? Allora ti rispondo breve: 1) In questo istante (dentro a nessun sistema di idee prefigurato) penso che l?unico cosmogonia ammissibile per me sia quella cosmologia di cui tu e mille/milioni come te sono campioni specializzati: cioè astrologia/geologia/biologia/? giù fino all?antropologia/sociologia/psicologia/? per finire agli scacchi e al ricamo. In una parola la scienza! A cui m?inchino con più fervore che dinnanzi agli dèi ? greci o scandinavi che dici ? impliciti nel Pantheon che t?ho accennato. (Eccetto naturalmente il mio Nume!) 2) Né in questo tenderei mai a parlare in senso classico, perché per me il classico sta a significare ? adesso/precisamente ? ?intuizione della fotografia? ? non ridere? (No, ridi pure; ma non fare come quell?altro che s?è subito risentito!) Penso che ogni classicità ? credimi ? sta nell?intuire meraviglioso/stupefacente, con parole/segni, linee/colori, volumi/materia, ecc. la fotografia del reale ? tutto qui. Per cui? Creazione, d?altro canto, come inizio/come origine ? quell?atto scatenante di tutto o d?una cosa che tanto affascina lo storico e lo scienziato ? e peggio che mai ?la creazione ab ovo?, beh non mi basta più. La scienza ad esempio, nel suo complesso/perpetuo, voglio vederla/la giudicherò soltanto nel suo atto finale. (Che ovviamente m?è precluso, per definizione stessa del suo procedere perpetuo e della mia vita che finisce.) Per cui? Ed infine dinamica: anche qui divento tridimensionale e non capisco bene. So che il mio ternario di riferimento, qui, è: MOVIMENTO = staticità|dinamicità|equilibrio. Per cui?
Alla prossima (Cerchiamo di allargare il cerchio!?)