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- Io ò, tu ài, egli à ed essi ànno...
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Nessun altro che voglia dire la sua?
Coraggio, coraggio! Non siate timidi, ragassuoli e ragassuole!
Cosa è accaduto secondo voi pochi post fa? Vi lascio qualche opzione:
A) Il Bibliotecario si è bevuto il cervello: ormai assediato da formule e nozioni di Fisica, sragiona del tutto e scrive orrori in Italiano.
B) Io ò etc. si può scrivere tranquillamente; provateci a casa.
C) La tastiera del computer di Leonov ha dentro un micidiale "vàirus" che potrebbe rendere presto incomprensibile ogni suo scritto.
D) L'Italiano ha dentro il suo corpo segreti che nemmeno osereste immaginare (:o).
E) L'Italiano à dentro il suo corpo segreti che nemmeno osereste immaginare (:o).
F) Opzione un po' così, alla boia d'un Giuda.
G) Questo thread è tutto uno scherzo per attirare gonzi in area "Semantica" e tra poco tiriamo fuori il cartello "Scherzi ad Arte"...
H) In base all'algoritmo ipotizzato da Marco, questa opzione sarà ora rinominata "opzione Í)".E allora, che ne dite?
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Io non ho resistito e sono andato a cercare la soluzione; non l'avrei mai detto e avrei votato ( G )
Vedo ogni cosa viral.
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In prima battuta mi è venuta da pensare la lettera A
Poi, pensando al soggetto che ho di fronte, probabilmente l'avrà scovati da qualche pubblicazione di una determinata sottosezione di un Dipartimento dell'Accademia della Crusca, che descrive un presunto rinvenimento di un plico polveroso in una dependance di un Sottosegretario del Sommo Dante Alighieri!
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@lorenzo-74 said:
In prima battuta mi è venuta da pensare la lettera A
È un'ipotesi che à pieno diritto di cittadinanza.
Prometto in ogni caso che tutto sarà chiarito e, nel caso si sia trattato di un vile scherzo ai vostri danni da parte mia, che mi sottometterò docilmente a ogni punizione [] che vorrete infliggermi.
[Sempre che il plico polveroso evocato da Lorenzo non esista davvero... ]
Altre opinioni da appuntare? Altri utenti che vogliono fornire una loro idea sul tema?
A quest'ora potreste aver fatto ricerche su Internet e scoperto tutto, ma se avete resistito alla tentazione e volete intervenire con un piccolo, estemporaneo post di commento sarete i benvenuti.
Ò tanta voglia di sapere che ne dite della mia proposta ? anche perché potrei aver deciso di lanciare proprio io, oggi, dalle colonne di gt, una campagna per cancellare l'acca dalla coniugazione del verbo "avere". Ci avete pensato?
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Dissidente
Comunque non ài tutti i torti e penso che molti scolari sosterrebbero la tua candidatura a premier del movimento per l'abolizione della H.
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ò che si scherza?
Ho guardato sul dizionario e non v'è traccia di spiegazioni.
Immagino sia una grafia accettata, ma ignoro
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Ma ài trovato i documenti originali del '700 dell'Accademia della Crusca in qualche avventuroso viaggio tra gli scaffali di una biblioteca là dove nessun uomo è mai giunto prima oppure ài la grammatica del Petrocchi datata 1900 in versione originale?
"Agli studiosi, a quelli che in ogni manièra consulterànno il dizionario, dirò qui alcune ragioni sostanziali e i mièi intendimenti ..."
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Orbene, signori e signore, credo sia giunto il momento di svelare il mistero. Vi ho (vi ò) lasciati anche troppo sulla graticola ad attendere.
Cominciamo dalla premessa: l'indicativo presente del verbo avere, come tutti sappiamo, si scrive così:
Io ho
Tu hai
Egli / Ella ha
Noi abbiamo
Voi avete
Essi hannoChiediamoci però: che ruolo ha quell'acca nelle prime tre persone singolari (ho, hai, ha) e nella terza plurale (hanno)?
L'acca in quella posizione ha valore puramente diacritico ? serve cioè a differenziare la scrittura del verbo avere dalle parole o congiunzione, ai preposizione articolata, a preposizione semplice e anno sostantivo ? e non si pronuncia mai nel parlato, a meno che non si stia usando un tono scherzoso, caricaturale o volutamente errato.
Insomma, si scrive "io ho" e si pronuncia /'io o/; idem per "tu hai" grafico contro /tu 'ai/ fonetico, "egli ha" vs. /'egli a/ e infine "essi hanno" che si dice /'essi 'anno/ (nel precedente, le sbarrette delimitano la pronuncia e l'apostrofo precede la sillaba o la vocale su cui cade l'accento nella pronuncia: è una convenzione dei linguisti).
Perché allora la scrittura non si conforma alla pronuncia, nella quale dell'acca diacritica non c'è traccia?
Qui entra in gioco l'etimologia: il verbo "avere" e tutte le voci della sua coniugazione derivano dal verbo latino habere (ind. pres. habeo, habes, habit, habemus, habetis, habent), con l'acca ben visibile come si può leggere chiaramente.
Ciò non di meno, se in latino l'acca in avere ha un senso pieno e comprensibile, non lo ha in Italiano se non in forma di relitto grafico ? tanto è vero che essa è semplicemente scomparsa in tutto il resto della coniugazione verbale (ad es. ci sono: abbiamo, avete, avevo, aveva, ebbi, ebbero, avessero, avremmo, etc.) per restare invece solo nelle quattro voci del presente indicativo.
Volete la riprova di ciò? Cercate sul vocabolario il verbo riavere, che di avere è un composto evidente con il prefisso "ri-"; scoprirete che la coniugazione in questo caso recita:
Io riò
Tu riai
Egli / ella rià
Noi riabbiamo
Voi riavete
Essi riannoe dell'acca diacritica non v'è traccia.
Nel corso della storia evolutiva della nostra lingua nazionale ciclicamente i linguisti e gli esperti di grafematica si sono interrogati sull'opportunità di mantenere il relitto grafico o di trovare una soluzione alternativa per eliminarlo del tutto anche da ho, hai, ha e hanno; la proposta meglio strutturata di siffatto rinnovamento risale al 1911, quando nel II Congresso della Società Ortografica Italiana il grammatico Petrocchi propose di effettuare la seguente sostituzione formale:
Io ho --> Io ò
Tu hai --> Tu ài
Egli ha --> Egli à
Essi hanno --> Essi ànnola quale, per il tramite del segnaccento, differenzia gli omografi e impedisce le confusioni ad esempio tra o congiunzione e ò voce verbale.
Delle avventure della forma accentata parla il celebre linguista Bruno Migliorini nella sua Storia della Lingua Italiana (Sansoni, 1963), citato a più riprese nella fondamentale Grammatica Italiana di Luca Serianni (per i tipi della Garzanti e della UTET).
A questo punto val la pena di porsi la domanda: che ne è stato di quella proposta? L'hanno respinta o l'hanno accolta?
Si potrebbe pensare, dal momento che tutti qui continuiamo a scrivere ho, hai, ha e hanno, che il buon Petrocchi si sia visto accolto da un livoroso lancio di ortaggi al momento della sua prolusione nel 1911, e che la Società Ortografica Italiana abbia rinviato al mittente l'idea bollandola come irricevibile.
Invece non è andata così: la proposta è stata accolta, però poi non ha mai attecchito davvero (non l'hanno recepita in modo uniforme nel corpo docente delle scuole, non l'hanno adottata le case editrici se non con rarissime eccezioni, non se ne sono preoccupati gli intellettuali).
Qual è allora lo status attuale delle forme "io ò" etc.?
Esse sono grafie ortograficamente corrette o comunque non erronee, che però sono considerate poco comuni, di tono basso e popolare, rarissimamente rinvenibili nel corpus scrittorio.
Fa ad esempio eccezione, come si può leggere in questo articolo dell'Accademia della Crusca, il Dizionario Bompiani delle Opere e dei Personaggi, che ha adottato le grafie alternative accentate «con un risparmio ? scrive l'editore ? di un centinaio di pagine».
Riassumendo: le forme "io ò" per "io ho" etc. si possono usare in ogni contesto (anche la scrittura sorvegliata), ma è raccomandabile farlo con prudenza e se si è certi di rivolgersi a qualcuno che sia in grado di cogliere il sottile "gioco ortografico" ? apprezzandolo o meno, non importa ? e prepararsi a strabuzzamenti d'occhi dell'interlocutore.
Provateci a casa, insomma.
E al professore di scuola che corregge il vostro bambino segnando "egli à" come errore raccontate pure del 1911, di Petrocchi (e di Ferdinando Martini, che insegnava alla Normale di Pisa e combatté per la soluzione accentata) e di un tempo in cui prosperava la Società Ortografica Italiana e si discuteva seriamente di revisioni formali della nostra bellissima lingua nazionale.
Alla prossima.
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Beh dai pero ci ero andato vicino indirettamente...
Non ho vinto niente?
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Interessante Leonov... ma le trovi tutte!
Solo che neanche puntandomi una pistola alla tempia mi convincerai a scrivere in questo modo...
(Beh con la pistola o per un milione di euro forse sì ma non per altro!).Confesso che se dovessi scrivere "riavere" mi rifiuterei di usare la forma corretta e metterei l'h pure lì!
Comunque è una curiosità soddisfatta, ma pensa te quante se ne imparano..
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Che bella lezione!!!!
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Wow!
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Allora quella volta non meritavo l'insufficienza!!!
Lo dicevo io che la professoressa stava sbagliando...
Chissà quanti bei voti mi sono perso!?!
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Devo seguire più spesso questa sezione, si imparano cose interessanti sulla lingua Italiana, per esempio oggi ò imparato un niuovo/vecchio uso del verbo avere :D.
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Bello, non ne avevo mai sentito parlare.
Sicuramente sarebbe più comodo e più utile, anche perchè, a quando si legge in giro, l'h è sempre un optional
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Interessantissimo!!
Adoro la lingua italiana!
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C'era un tempo in cui si scriveva come si parlava, ovvero la grafia tentava di essere più fedele possibile ai suoni.
Ora si parla in un modo e si scrive nelle stesso modo (o quasi) di cent'anni fa.
Forse nell'italiano è poco evidente ma in inglese lo è di più.
Cinquantanni fa la regina pronunciava land /lɛnd/ ora lo pronuncia come /lænd/.
Ho la certezza che una ventina di anni fa pronunciavate delle parole in modo diverso da quello che fate ora. Specialmente per le doppie che i bambini difficilmente pronunciano ma si imparano tardi.
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La lingua è in costante evoluzione, è normale, guarda tutti quei ragazzini che scrivono la K al posto della C o della Q, fra due generazioni dovremo comprare un nuovo vocabolario
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Caro Leonov,niente traveggole,sbronze,sniffate e via sbarellando! E' sufficiente avere qualche annetto di più di quelli che ànno postato diverse ipotesi,dubbi etc. Il fatto è che questo modo di scrivere il presente indicativo del verbo avere è caduto in disuso,perche',a mio parere, la grammatica italiana è piuttosto ostica alla maggioranza,docenti,giornalisti,gente comune ( basta scorrere i giornali, i post dei vari forum...per rendersi conto) per cui nella lodevole intenzione di non creare ulteriore confusione tra l'uso dell'accento e la acca, si è preferito l'uso di quest'ultima,sperando in un uso più italianamente corretto, ma paradossalmente, per la maggioranza,non si usa nè l'una nè l'altra
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Considerazioni condivisibili, Apamul.
Condivisibili e amare, purtroppo: abbiamo una lingua i cui primi alfieri non sono più in grado di curare e portare ai suoi livelli più alti.
Un gran peccato, perché il nostro è un idioma che è stato in grado di dare contributi significativi all'Arte e alla Scienza durante un lungo arco temporale. Eredità meravigliosa che, di questo passo, rischia di andare perduta per sempre.