Ciao MarcoMarco.
Lieti di averti interessato con la nostra piccola divagazione lessicale sui singoli, i fidanzati e i "sentimentalmente dis-impegnati".
A quel che posso ricordare, non abbiamo fatto molti progressi dal tempo dei "single" (e la parola resta un assillo per noi che proviamo a tradurre un po' tutto in Italiano, senza arrenderci acriticamente all'invasione delle parole straniere quando esse cercano di dire cose per le quali abbiamo già i termini adatti).
Ci penserò sopra di nuovo, ad ogni modo.
Il caso di "self service" è pure molto interessante; vediamo come trattarlo.
Una soluzione semplice, ai limiti dello sbrigativo, potrebbe essere quella di tradurre letteralmente la locuzione: ne risulterebbe un traslato tanto preciso quanto inconsueto per le nostre orecchie: autoservizio.
[Superfluo dirlo, ma meglio precisarlo subito: in questo caso "auto" non ha il valore esteso di "veicolo a motore" (in quel significato è solo l'abbreviazione di "automobile" o "autovettura" o "autoveicolo"), ma richiama il greco antico "autòs" con appunto valore riflessivo; dunque si otterrebbe qualcosa che significa "servizio erogato dalla medesima persona che ne fa richiesta".]
Sulle insegne delle colonnine preposte alla distribuzione dei carburanti, quindi, potremmo trovare cartelli con la scritta "autoservizio", in luogo dell'anglofilo "self service".
Una scelta del genere, però, non esaurirebbe appieno il ventaglio di sfumature semantiche di "self service".
In tale espressione infatti rientrano non solo operazioni che un utente svolge senza più bisogno della mediazione di una qualche autorità originariamente preposta (benzinaio che fa il pieno al serbatoio, ufficiale del Comune che rilascia certificato, vivandiere che serve al bancone le bevande, tanto per fare qualche esempio), ma anche più banalmente cose che il medesimo utente potrebbe fin dall'inizio fare da sé e che solo per comodità affida ad altri.
Ad esempio, in un grande mobilificio normalmente il cliente sceglie i pezzi di arredamento e compila un ordine, ritirando la merce alla fine del percorso dopo aver pagato e dietro presentazione della bolletta.
Se però il cliente può ritirare la merce da solo, allora a volte si parla di "acquisto self service", senza la presenza di un magazziniere che a dirla tutta è intrinsecamente superfluo, dal momento che chi compra può benissimo ritirare i pezzi scelti dagli scaffali e presentarsi alla cassa per saldare il conto con il carrello già pieno.
In un caso come quello citato, "autoservizio" non è la scelta migliore; sarebbe invece preferibile un'altra locuzione, ben nota agli Italiani che ne hanno fatto uso larghissimo per decenni: fai-da-te (all'infinito, far-da-sé).
I "mobili fai-da-te" sono allora tutti e soli quelli che il cliente ritira da solo e monta da solo a casa, senza bisogno di un'assistenza non necessaria da parte del rivenditore.
Il "ristoro fai-da-te" è quello in cui ciascuno sceglie cosa mangiare dagli espositori, mette su un vassoio e paga a fine percorso.
Il "prestito librario fai-da-te" in una biblioteca è quello in cui ciascun utente sceglie il titolo cercato da scaffali a vista, compila la scheda di prestito e ritira il volume dopo averne sbloccato il sistema di sicurezza, senza bisogno di ricorrere all'intermediazione di un bibliotecario specializzato - una cosa del genere accade già, di norma quasi sempre in piccole realtà bibliotecarie in cui le collezioni modeste non abbisognano di controllo costante e l'utenza è responsabilizzata attraverso gli inviti a scegliere e riporre da sé i tomi.
Spero di esserti stato utile.
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