Esattamente, è proprio questo il punto ed è proprio di questo che cercavo eventualmente conferma...
pierelfo
@pierelfo
Post creati da pierelfo
-
RE: Somministrazione di bevande e alimenti o vendita al dettaglio?
-
Rivendita di vini online: adempimenti specifici
Buonasera,
starei pensando di aprire, in un prossimo futuro, un'attività di rivendita di vini online. Tali vini sarebbero acquistati direttamente dalle aziende agricole produttrici e, in linea di massima, solo una volta che il vino sia stato effettivamente venduto: io mi limiterei quindi a comprarlo, impacchettare le bottiglie e spedirle all'acquirente. Nel caso di vino venisse acquistato precedentemente (comunque sempre già imbottigliato e sigillato) sarebbe conservato in una cantina di mia proprietà fino al momento dell'acquisto da parte di un acquirente.
Detto che conosco gli oneri generici derivanti da questa intenzione (apertura partita IVA, iscrizione camera di commercio, licenza comunale) e che per la natura dell'attività rientrerei nel regime fiscale cosiddetto dei minimi, volevo sapere se, in un'attività come sopra descritta, io sia tenuto a rispettare norme specifiche che riguardino la vendita di generi alimentari, così come i bar e i ristoranti. La legge 283/62 e seguenti mi pare faccia riferimento solo a chi produca e confezioni tali alimenti, e non a chi si limiti a fare per così dire "da tramite" di un prodotto che è già finito e sigillato e non subisce altre trasformazioni o alterazioni.
Tuttavia, vista la mia candida ignoranza in materia, volevo chiedervi se esistano oneri specifici in questo senso oltre a quelli che ho già indicato, o altri di cui non sono a conoscenza, e nel caso cosa comportino e dove trovare magari ulteriori informazioni: vi ringrazio, spero vorrete aiutarmi.Piero
-
RE: Somministrazione di bevande e alimenti o vendita al dettaglio?
Mi sono andato un po' a informare, ancorché rapidamente:
**"AUTORIZZAZIONE SANITARIA VENDITA ALIMENTI (Legge 283/62; D.P.R. 327/80; D.Lgs. 123/93) **(alimen02)
Soggetti interessati:
Chiunque intende produrre, preparare, confezionare alimenti o bevande destinate a vendita, esportazione, somministrazione a propri dipendenti, consumo in loco. "A leggere questo brevissimo estratto, pare riguardi solo chi intenda produrre o confezionare qualcosa, non solo chi si limiti alla vendita, chi può darmi conferma o smentita?
-
RE: Somministrazione di bevande e alimenti o vendita al dettaglio?
Quello che dici è giustissimo e risulta anche dalle mie informazioni
Però (almeno per me) il problema forse era un po' più ristretto e riguardava appunto eventuali oneri addizionali dovuti al fatto di vendere prodotti alimentari(nel mio caso bottiglie di vino): sono sicuramente previsti per bar e ristoranti, ad esempio, non so se anche per chi commerci online prodotti che non sono di sua produzione ma che semplicemente si limita ad acquistare dal produttore e rivendere al dettaglio, il tutto in confezioni sigillate dal produttore stesso e che tali rimangono...E qui scatta il dubbio che ci aiuterete a risolvere, vero? -
RE: Somministrazione di bevande e alimenti o vendita al dettaglio?
Mi unisco alla tua domanda, anziché aprire un nuovo post, sperando in questo modo di ottenere più visibilità ed ottenere una risposta più rapidamente, spero non ti dispiaccia
Infatti, ho lo stesso identico problema, con la differenza che nel mio caso si tratterebbe di vini (se questo può fare qualche differenza), acquistati direttamente dalle aziende produttrici quindi già "sigillati", per così dire, e non di mia produzione: io mi limiterei ad acquistarli e rivenderli senza alterare in alcun modo il prodotto.
Volevo sapere, come te credo, quali sono gli adempimenti da seguire non per tutta la procedura di apertura dell'attività, ma specificamnte per il fatto di essere prodotto "alimentare", e se nel mio caso il vino debba essere considerato prodotto alimentare, perché per quanto sia "ovvio" che lo sia, io lo prenderei così com'è dalle aziende e lo rivenderi allo stesso modo, facendo solo un passaggio: non spetta in questo senso all'azienda produttrice garantire ad esempio che il contenuto risponda a certi criteri sanitari o simili?
Ho notato che alcuni negozi online, citando un obbligo di legge non meglio pecisato, riportano una dicitura del tipo "le bottiglie qi vendute sono da considerarsi solo per collezione" (anche per vini chiaramente non da collezione), salvo poi dire che sono bevibili e che in realtà lo scrivono solo perché devono: è un modo tutto italiano per aggirare qualche norma?
Grazie, e scusa ancora l'intrusione, spero di non aver con questo violato qualche norma
Aiutateci!Piero
-
RE: P.I., camera di commercio, INPS
Sì, e anzi ti ringrazio per la risposta
Naturalmente, se ci fosse qualcun alro che potesse rispondermi anche ai quesiti rimasti insoluti,o che volesse fare ulteriori precisazioni, sono qui che non aspetto altro. -
P.I., camera di commercio, INPS
Buongiorno,
starei pensando di aprire una attività online per la vendita di vini su una nota piattaforma: siccome sono uno studente universitari, e si tratterebbe di qualcosa che farei nel tempo libero, vorrei avere ben chiari i costi per capire se ne possa valere la pena, visto anche che non posso sapere in anticipo se l'attività riuscirebbe acoprire i costi, né quanto tempo sarebbe necessario perché ciò avvenisse.
Premesso questo, volevo chiedervi:- Quanto costa l'iscrizione alla camera di commercio?
- Una volta aperta la P.I., devo necessariamente iscrivermi alla camera di commercio entro trenta giorni, o come ho letto in alcune parti del forum è più un termine consigliato? Ci sono sanzioni, nel caso in cui non lo si faccia entro un mese?
- Nessuna possibilità in questo caso di essere inquadrato come gestione fiscale separata, quindi pagare un 25% circa sull'imponibile reale piuttosto che un fisso su un minimale?
- Quanto tempo decorre, mediamente, dalla registrazione alla camera di commercio all'arrivo dei primi pagamenti previdenziali? Mi confermate che nel regime dei minimi si tratta di 2400? l'anno? Avevo fatto il calcolo e mi veniva 2700...
- Quali sono le sanzioni che rischiano coloro che, a quanto ho potuto vedere, non si fanno tutti i miei scrupoli, e quindi in situazione analoga alla descritta vendono allegramente da anni probabilmente evadendo altrettanto allegramente?
Grazie mille, spero di essere stato chiaro
-
RE: E-commerce e attività commerciale non continuativa: quali requisiti?
Grazie mille per le risposte, sempre molto preziose.
Quindi, se ho ben capito, non esistono criteri similari a quello del regime del principio dei minimi, è qualcosa di più "discrezionale"...Ma se io quello che andrei ad usare (computer, connessione, cancelleria, luce ecc) facesse parte della mia abitazione, non è più qualcosa che io vado a costituire specificamente e unicamente per un'attività, è qualcosa che io posseggo e utilizzo indipendentemente da ciò, quindi come si può dire che sia un'organizzazione esistente per quel motivo? In fondo, in base a questo ragionamento, se io faccio anche una sola vendita, ho comunque bisogno di una "organizzazione", stando alla definizione di cui sopra,per concluderla (mi servirà sempre un computer, un contratto con l'enel per la fornitura elettrica che manda avanti il computer, delle immobilizzazioni materiali quali una sedia e una scrivania per il computer, ecc),ma è qualcosa che io ho e uso indipendentemente dal fatto che in un caso particolare lo utilizzi per questa transazione...Non so se sono stato chiaro...Voglio dire, non essendoci criteri definiti, è forse difficile dimostrare di fare attività commerciale non continuativa, ma per la stessa ragione dovrebbe anche essere difficile dimostrare il contrario, specie nel momento in cui il volume di vendite è basso, no? Come si può dire in mancanza di criteri oggettivi, cosa sia una organizzazione, specie in casi simili dove tutto appare (almeno a me) sfumato?
Cambiando argomento, quali sono gli adempimenti particolari dell'UE cui faceva riferimento? Dove potrei cercare informazioni al riguardo?
Informandomi ho notato che in molti svolgono questo tipo di attività, probabilmente senza essere propriamente in regola: a quali sanzioni possono andare incontro? Dal momento che molti di loro avevano discreti volumi di vendita e esercitavano questa attività da alcuni anni, devo dedurne che controlli a questo tipo di attività, specie se di entità modesta, siano abbastanza limitati, statisticamente?
Ricapitolando i costi per mettere tutto in regola qualcosa come sopra descritto, grossomodo, stiamo parlando di 2400€ l'anno per i contributi INPS e di circa 300€ una tantum per l'iscrizione alla camera di commercio, o mi sbaglio?
Le fatture come dovrei rilasciarle? E dove prendere materialmente il materiale per compilarle? E infine, una volta nel regime fiscale "agevolato" derivante dal principio dei minimi, davvero dovrei soltanto conservare le fatture per eventuli controlli, o dovrei anche affidare un qualche tipo di contabilità ad un commercialista per fare una dichiarazione dei redditi?
Grazie, e scusate alcune domande banali, ma le mie conoscenze in questo campo sono davvero prossime allo zero. -
E-commerce e attività commerciale non continuativa: quali requisiti?
Buongiorno,
sono un nuovo utente che, imbattutosi in questo sito, ha trovato l'acqua nel deserto: di questo vi ringrazio anticipatamente.
Il quesito che vorrei porvi è il seguente.
Con un amico sarei intenzionato ad aprire un negozio online per la vendita di vini in Italia e all'interno della CE, su una nota piattaforma.
Premetto che siamo entrambi studenti quasi 25enni, che l'università è la nostra attività principale e tale resterebbe, visto che quello del negozio si tratterebbe di un tentativo per verificare se da qualcosa del genere sia effettivamente possibile trarre un reddito, e di che tipo: resteremmo quindi essenzialmente studenti anche dopo l'apertura di questa attività, dedicandoci a quest'ultima solo nel tempo libero.
In pratica, pensavamo di acquistare del vino presso alcune cantine e di rivenderlo poi online.
Mi sono informato in vario modo circa i relativi oneri fiscali e burocratici in questo senso (telefonando anche all'Agenzia delle Entrate), e ho scoperto che pur rientrando nei parametri del cosiddetto "principio dei minimi", che dà luogo a una serie di semplificazioni e sgravi, dovrei comunque:- aprire una p.i.
- registrarmi presso la camera di commercio (come ditta individuale, anche se siamo in due, si risparmia rispetto a una s.n.c.? Quale è migliore?)
- pagare dei contributi all'INPS, quantificabili in circa 2000? l'anno per i primi tre anni, e che raddoppierebbero a partire dal quarto
- emettere e conservare fatture delle vendite, da conservare per dieci anni
Ora, il problema per chi cerca di portare avanti questo tipo di inziative immagino sia sempre lo stesso, e cioè: riuscirò con la mia attività, visto che si tratta di qualcosa di ex novo e a cui comunque mi dedicherò in modo saltuario o comunque non a tempo pieno, a coprire tutti i costi necessari e a ricavarne anche un profitto che per quanto basso sia ragionevole in reazione al tempo e alle energie, nonché ai danari, investiti?
Nel nostro caso, per quanto detto sopra, prevediamo di avere dei volumi di vendita abbastanza contenuti, specie inizialmente, e in futuro chissà...
Premesso che vorremmo essere in regola, è possibile per quanto detto far figurare un'attività analoga come attività commerciale non continuativa? Questo ci permetterebbe di capire se il gioco valga la candela e di evitare di sostenere inizialmente costi che potrebbero rivelarsi insostenibili e burocratia forse inutile, nel nostro caso. In seguito, se la cosa prendesse il piede giusto, potremmo effettivamente adempire a tutti gli oneri detti sopra e ai relativi costi, ma con la ragionevole certezza di poterli coprire in quanto già "avviati".
Quali sono, quindi, i vantaggi che un'attività commerciale non continuativa comporterebbe da un punto di vista fiscale e burocratico, e soprattutto quali sono i parametri (di fatturato, di reddito e anche di altra natura) nei quali si dovrebbe rientrare per poter essere classificati a quel modo?
Vi ringrazio fin d'ora per la vostra disponibilità e cortesia: scusate se mi sono dilungato, ma era solo per chiarezza.
Piero
-
Attività commerciale non continuativa: quali requisiti?
Buonasera,
sono un nuovo utente che, imbattutosi nel vostro forum, ha trovato l'acqua nel deserto: di questo vi ringrazio anticipatamente.
Il quesito che vorrei porvi è il seguente.
Con un amico sarei intenzionato ad aprire un negozio online per la vendita di vini in Italia e all'interno della CE, su una nota piattaforma.
Premetto che siamo entrambi studenti quasi 25enni, che l'università è la nostra attività principale e tale resterebbe, visto che quello del negozio si tratterebbe di un tentativo per verificare se da qualcosa del genere sia effettivamente possibile trarre un reddito, e di che tipo: resteremmo quindi essenzialmente studenti anche dopo l'apertura di questa attività, dedicandoci a quest'ultima solo nel tempo libero.
In pratica, pensavamo di acquistare del vino presso alcune cantine e di rivenderlo poi online.
Mi sono informato in vario modo circa i relativi oneri fiscali e burocratici in questo senso (telefonando anche all'Agenzia delle Entrate), e ho scoperto che pur rientrando nei parametri del cosiddetto "principio dei minimi", che dà luogo a una serie di semplificazioni e sgravi, dovrei comunque:- aprire una partita IVA
- registrarmi presso la camera di commercio (come ditta individuale, anche se siamo in due, si risparmia rispetto a una s.n.c.? Quale è migliore?)
- pagare dei contributi all'INPS, quantificabili in circa 2000? l'anno per i primi tre anni, e che raddoppierebbero a partire dal quarto
- emettere e conservare fatture delle vendite, da conservare per dieci anni
Ora, il problema per chi cerca di portare avanti questo tipo di inziative immagino sia sempre lo stesso, e cioè: riuscirò con la mia attività, visto che si tratta di qualcosa di ex novo e a cui comunque mi dedicherò in modo saltuario o comunque non a tempo pieno, a coprire tutti i costi necessari e a ricavarne anche un profitto che per quanto basso sia ragionevole in reazione al tempo e alle energie, nonché ai danari, investiti?
Nel nostro caso, per quanto detto sopra, prevediamo di avere dei volumi di vendita abbastanza contenuti, specie inizialmente, e in futuro chissà...
Premesso che vorremmo essere in regola, è possibile per quanto detto far figurare un'attività analoga come attività commerciale non continuativa? Questo ci permetterebbe di capire se il gioco valga la candela e di evitare di sostenere inizialmente costi che potrebbero rivelarsi insostenibili e burocratia forse inutile, nel nostro caso. In seguito, se la cosa prendesse il piede giusto, potremmo effettivamente adempire a tutti gli oneri detti sopra e ai relativi costi, ma con la ragionevole certezza di poterli coprire in quanto già "avviati".
Quali sono, quindi, i vantaggi che un'attività commerciale non continuativa comporterebbe da un punto di vista fiscale e burocratico, e soprattutto quali sono i parametri (di fatturato, di reddito e anche di altra natura) nei quali si dovrebbe rientrare per poter essere classificati a quel modo?
Vi ringrazio fin d'ora per la vostra disponibilità e cortesia: scusate se mi sono dilungato, ma era solo per chiarezza.
Piero