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    Post creati da osid

    • RE: DI con provvisoria esecutività ed implicazioni nella procedura fallimentare

      @criceto said:

      Forse non hai percepito il sottile (troppo sottile) intento polemico nei confronti dei legulei sindacali ...

      No, non l'avevo percepito.
      Polemico perché si ritiene che i legali sindacali siano "inutili" oppure per come si sta comportando "quel" legale?
      C'è da dire anche che un avvocato non sindacale ha costi ben più alti e da pagare anche se non si recupera il credito. Questi chiedono il 4% se e solo se il lavoratore incassa.

      Comunque per chi interessa, la notizia è di dominio pubblico ormai lecconotizie.com/economia/garlate-dopo-60-anni-chiude-la-f-lli-greppi-lavoratori-in-protesta-170795/

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      osid
    • RE: DI con provvisoria esecutività ed implicazioni nella procedura fallimentare

      Aggiornamento odierno, da prendere con le pinze per chi legge

      • Alfa non si è ancora attivata per richiedere il fallimento. Aspetta che i dipendenti decidano se essere licenziati o dimettersi. I sindacati sono a conoscenza di ciò e domani valuteranno cosa comunicare ad Alfa;
      • Alfa stamattina ha proposto ai dipendenti di sottoscrivere un documento che dice "...da oggi cessa l'attività dell'azienda per cui procederemo al licenziamento...". La maggioranza si è rifiutata di firmare per ricevuta e stanno picchettando Alfa, pretendendo il pagamento degli arretrati
      postato in Consulenza Legale e Professioni Web
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      osid
    • RE: DI con provvisoria esecutività ed implicazioni nella procedura fallimentare

      @criceto said:

      A me il comportamento del legale del sindacato pare assolutamente normale ...

      Sulla base di quale principio? A me sembra controintuitivo: così facendo si allungano i tempi e il rischio che il creditore non abbia nulla perché "tra Stato e chi è arrivato prima, non c'è più nulla da liquidare".

      Trovo poi discutibile che il legale non abbia esposto alla persona la "strategia" che intende seguire.
      Al primo incontro si è limitato a dire di tornare quando l'(ex) datore faceva pervenire al lavoratore il cedolino relativo all'ultima mensilità e al TFR (perché non avere subito i cedolini delle mensilità non corrisposte?) rimandando a giugno ulteriore incontro.
      Oggi, il legale rettifica e dice che agirà solo quando riceverà comunicazione dal curatore fallimentare. Mi viene riferito che il sindacato ha contattato il legale dell'azienda il quale ha confermato che hanno depositato i "libri" (e si fidano di una dichiarazione a voce? Fare una "visura" in cancelleria del tribunale?), da qui questa decisione.

      Altri ex colleghi riferiscono che il datore ha redatto delle lettere di dimissioni che vuol far sottoscrivere. Dimissioni incentivate, con un'offerta economica nettamente inferiore alle mensilità non corrisposte e con la rinuncia a qualsiasi rivalsa e azione legale (ammesso che la Legge lo consenta)?

      Nella mia profanità, mi lascia perplesso il modo di agire e, quindi, chiedo qualche indicazione di massima razionale per avere quel minimo di strumenti per capire se suggerire di rivolgersi a un altro legale o meno.

      La perplessità nasce anche dal fatto che altri ex colleghi, iscritti ad altre sigle sindacali, hanno già presentato materiale ai legali e questi, a detta loro, stanno preparando quantomeno intimazioni ad adempiere.

      Purtroppo non ho nemmeno la possibilità di presentarmi io agli appuntamenti con la persona per porre tutti i quesiti e avere risposte esaustive.

      postato in Consulenza Legale e Professioni Web
      O
      osid
    • DI con provvisoria esecutività ed implicazioni nella procedura fallimentare

      Tizio dipendente di Alfa srl si è dimesso per giusta causa (8 mensilità non corrisposte). L'ammontare del credito è di ca. 10000 ?. Tizio possiede tutte le buste paga delle mensilità non corrisposte.
      Viene seguito dal legale della sigla sindacale al quale è tesserato. Ad oggi, 15 giorni dalle dimissioni, il legale non ha ancora agito nei confronti di Alfa.
      Tizio scopre che Alfa da oggi ha chiuso (al pubblico) e si è attivata con l'intenzione di richiedere che sia dichiarato il fallimento.
      La formula utilizzata dai colleghi è "da oggi hanno chiuso il negozio" e "vanno a depositare i libri". Il primo punto è confermato.

      Non sono un legale ed ho una conoscenza limitata del diritto.

      Quali strade percorribili? Il legale del sindacato dice di voler aspettare la lettera del curatore fallimentare. Deduco che voglia insinuarsi nel passivo durante la procedura di fallimento.
      A mio avviso, così facendo, le probabilità di recuperare il 100% sono nulle e basse di recuperare il resto, avendo l'azienda 6 mln di ? di debiti col personale e un patrimonio con pressoché nessun immobile, Inoltre non escludo che l'azienda abbia debiti con lo Stato e le banche (dall'analisi dei bilanci in mio possesso).

      Non si potrebbe tentare la strada del decreto ingiuntivo con provvisoria esecutività PRIMA che venga dichiarato il fallimento (e magari prima che il tribunale nomini il curatore fallimentare)?
      Inoltre, è possibile ottenere l'esecuzione forzata attraverso il pignoramento per "anticipare" gli altri creditori e la procedura di fallimento?
      Oggi il patrimonio rimasto in azienda è più che sufficiente per sanare il credito di Tizio ma, ovviamente, Alfa a meno di un pignoramento, si guarda bene dal pagare.

      Come valutare poi l'operato del legale del sindacato? Ad oggi sembra abbastanza disinteressato e "statico".

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      osid
    • Fondo garanzia INPS per crediti diversi dal TFR: criterio determinazione 3 mensilità

      Premessa: non si tratta di me medesimo ma di una terza persona.

      Tizio dipendente vanta un credito con l'azienda di circa 8 mensilità non corrisposte (ca. 10000 ? netti).
      Di concerto con i colleghi e i rappresentanti sindacali sta valutando la strada del concordato o della richiesta di fallimento per il recupero di tale credito.
      Al tempo stesso vorrebbe dimettersi per giusta causa (la giusta causa sono le numerose mensilità non corrisposte), con decorrenza aprile 2014, in modo da avere accesso all'ASPI ed evitare di perdere tempo lavorando con la certezza di non vedersi pagato il lavoro che svolge.

      La mensilità di gennaio 2014 è stata pagata. Febbraio e marzo no e non verranno pagate (oltre a quelle arretrate ancora mancanti) per esplicita dichiarazione della proprietà.
      Per dirla tutta, la proprietà ha invitato i dipendenti a lavorare per tutto il 2014 gratis al solo scopo, col lavoro, di generare ricavi per pagare le retribuzioni arretrate (perché si confida d'incassare adeguatamente).

      Attualmente il debito verso il personale ammonta a 6 mln di ?.

      Al termine del concordato e/o fallimento, qualora non si riesca a estinguere il credito vantato, il dipendente confida di recuperare TFR e le ultime 3 mensilità non corrisposte attraverso il fondo garanzia INPS.

      La domanda è questa: dimettendosi ad aprile 2014, l'INPS liquiderebbe febbraio, gennaio 2014 E dicembre 2013, poiché gennaio risulta pagato, oppure si considerano solo gli ultimi 3 mesi contigui di calendario?
      In quest'ultima ipotesi, avrebbe senso procrastinare le dimissioni a maggio 2014 per vedersi liquidati febbraio, marzo ed aprile dall'INPS?

      Grazie.

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      osid
    • RE: "Dubbio" verbale di conciliazione

      @avv.saro said:

      Gentile utente,
      prima di sottoscrivere sottoponi il documento integrale all'attenzione di un legale, potrà consigliarti meglio.
      A presto
      Se la s.r.l. naviga in buone acque (non rischi quindi di vedertela fallire) non firmare di certo: puoi ottenere quanto ti spetta anche con una semplice comunicazione da parte di un avvocato.

      Non sono il diretto interessato da quanto descritto ma una persona che conosco.
      Questa persona attualmente sta seguendo la questione con la propria rappresentanza sindacale, come il resto dei dipendenti.

      Escludo che ricorra ad un avvocato per il recupero del credito per una questione di onorario da pagare e di non garanzia del recupero della somma intera.
      Diciamo che la filosofia dei dipendenti è quella che l'iscrizione al sindacato fornisca consulenza legale e supporto in vertenze tale da non metterli nella condizione di pagare di più della quota associativa annuale.

      Si è giunti a fissare un incontro tra la proprietà, il legale della stessa e le rappresentanze sindacali per fissare un piano di rientro.
      Il documento citato non verrà più sottoscritto dalle parti.

      Le notizie che si hanno sono vaghe. La proprietà ha lasciato intendere che sta valutando o la liquidazione o una riduzione dell'organico.
      La srl naviga in cattive acque a livello di liquidità, sta negoziando con le banche con le quali è esposta e sta cercando di liquidare alcuni asset immobiliari che ha per reperire denaro.
      La mia impressione è che stiano eludendo i creditori per liquidare senza vertenze o altro e metterli di fronte al fatto compiuto.

      Personalmente io agirei in direzione provinciale del lavoro con una denuncia e richiesta di conciliazione monocratica oppure con un legale per depositare in cancelleria una richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo (pur consapevole della facoltà d'opposizione) senza alcuno spiraglio di soluzioni stragiudiziali (visti i comportamenti dell'azienda pregressi).

      Personalmente, se fossi la proprietà liquiderei e lascerei i crediti a "scannarsi" preoccupandomi solo di saldare i debiti con lo Stato e le banche consapevole che non viene intaccato il mio patrimonio personale per sanare i debiti e che, al massimo, verrebbe presentata istanza di fallimento (la proprietà è over 70 per capirci).

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      osid
    • "Dubbio" verbale di conciliazione

      Un dipendente di una srl attiva, tutt'ora impiegato presso la stessa, riceve dal datore un documento intestato come "Verbale di conciliazione" dove gli si propone un piano di rientro (deve vedersi pagate ancora 6 mensilità).

      Il documento verrebbe compilato con il credito esigibile e con l'indicazione delle "tranche" da pagare e delle scadenze in cui pagarle.

      Il tutto come documento prodotto da una sola parte (il datore) e da sottoscrivere in presenza solo di datore-lavotatore, senza coinvolgimento di terze parti.
      E' configurabile come conciliazione ex. art. 410-411 c.p.c.? Io non credo.

      Nei termini del verbale viene richiesta anche la rinuncia ai trattamenti d'anzianità (non ricordo le parole testuali, se necessario le riporto).
      In caso di sottoscrizione questo implica la rinuncia alla corresponsione del TFR, 13ma/14ma mensilità, ferie non fruite e tutti i trattamenti previsti dal CCNL applicato (Commercio)?

      Inoltre viene richiesta la riservatezza riguardante i contenuti del documento? Cosa s'intende? Ha un valore legare apporre tale condizione?

      Qualora venisse sottoscritto il "verbale" è impugnabile?

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      osid
    • RE: Chiusura, riapertura di una srl. Razionale e possibilità di visura

      @ascariello said:

      La liquidazione non ha una durata minima né una massima solitamente dura il tempo necessario a reperire la maggiore liquidità possibile

      Ho capito.

      Se la società non ha attività, o non ha attività capienti a soddisfare tutte le passività, può comunque chiudere la fase di liquidazione anche senza saldare tutti i debitori (ma in linea di massima dovrà trovare un accordo con tutti).

      Spiego leggermente meglio la situazione...
      La società attualmente è in attività: si tratta di un negozio che vende al dettaglio, con un'officina e che vende anche all'ingrosso.
      Ha 15 dipendenti, in CIG straordinaria.
      L'azienda nei 6 giorni lavorativi settimanali, fa fare ai dipendenti uno o più giorni a casa in CIG e, talvolta, li obbliga a stare a casa facendogli consumare i ROL e le ferie residue.
      Molti di loro hanno ca. 6 mensilità arretrate, altri di meno. Diciamo che il numero di mensilità arretrate dipende dalla simpatia che si nutre per il dipendente e da quanto questo è servile e "lecchino" o insistente e deciso nel sollecitare i pagamenti.

      Detto ciò, non mi torna una cosa... Una srl può evitare di pagare i debiti (in particolare quelli nei confronti dei dipendenti) o, se non reperisce capitale dopo la liquidazione, può chiudere senza che venga dichiarato il fallimento e che l'amministratore ed i soci abbiano responsabilità penali o che sia loro interdetta la costituzione o partecipazione in nuove società per un periodo di tempo?

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      osid
    • RE: Chiusura, riapertura di una srl. Razionale e possibilità di visura

      @Studio_Emmi said:

      Salve Osid, non è possibile, a mia conoscenza, comunicare intenzioni di chiusura: al massimo la società può risultare in liquidazione dai dati del Registro Imprese.

      Inanzitutto grazie per la risposta.

      La messa in liquidazione può avvenire contestualmente alla cessazione (ovvero, nel caso in esame, il 31/12/2013) oppure è una fase preventiva ed è verosimile che se intende cessare al 31/12 sia già in liquidazione?
      Ad oggi la società (negozio che commercia sia al minuto che all'ingrosso) è aperta ed operativa.
      Altro dettaglio: è in CIG straordinaria di regione Lombardia da circa 2 anni.
      Consultando i bilanci nel 2012...
      Ha 117000 Euro di capitale sociale.
      Nel 2011 ha chiuso l'esercizio con 1 mln di Euro di perdita (ripianati con la riserva straordinaria).
      Nel 2012 è in utile di 20000 Euro.
      Nel passivo ha ca. 6 mln di debiti (stabili da 2 esercizi) e nell'attivo ca. 1 mln di crediti.

      Riguardo la chiusura e riapertura mi sembra verosimile pensare ad una semplice cessazione della società (e dei debiti ad essa legati) e riapertura con altra ragione sociale, operazioni largamente diffuse soprattutto in ambito commerciale (leggi:supermercati).

      Domanda forse banale: trattandosi di società di capitali (srl) può cessare l'attività anche senza saldare i debiti in essere e riaprire senza che questo comporti la dichiarazione di fallimento?
      In particolare, può sottrarsi al pagamento degli stipendi dei dipendenti (alcuni hanno arretrati di 6 mensilità) e riaprire?

      postato in Consulenza Fiscale
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      osid
    • Chiusura, riapertura di una srl. Razionale e possibilità di visura

      Una curiosità da non addetto ai lavori e dal lato del dipendente di una srl che teme per il suo futuro lavorativo (non mi riguarda personalmente)...

      E' possibile (tramite visura camerale ad es.) sapere se una srl ha intenzione di cessare l'attività in una data futura (es. 31/12/2013)?
      Vi è obbligo di comunicazione preventiva? Se sì, qual'è il minimo per capire quando fare la visura?
      Esistono altri modi per conoscere tale informazione preventivamente (escludendo di chiedere ad amministratore e/o soci)?

      Infine, scusandomi per la terminologia non proprio da codice civile e diritto societario, m'interesserebbe capire com'è possibile che una srl possa "chiudere" e "riaprire" contestualmente.
      Chiedo ciò perché i gossip dicono che l'intenzione dei soci è quella appunto di far ciò.
      Mi sarebbe utile anche un'indicazione di partenza per poi ricercare autonomamente informazioni su Internet o su testi di diritto.

      Dalle informazioni in mio possesso, inoltre, lo scopo della chiusura e riapertura (non cambierebbe l'attività di fatto, forse l'oggetto sociale) è quello di poter proseguire come sempre ma con un organico ridotto (attualmente ha >15 dip).
      Detto più volgarmente, assumerebbero nella nuova società aperta, solo parte dei dipendenti di quella attuale sulla base di criteri di merito.

      Se ci fossero altre discussioni sul tema, ben vengano i riferimenti.

      Grazie

      postato in Consulenza Fiscale
      O
      osid
    • PIVA "inattiva" e corretta compilazione Unico e studi di settore

      Salve a tutti,
      ho due rapidi quesiti su Unico .

      Fino ad agosto 2013 sono stato titolare di partita IVA (codice attività 62220, consulente informatico) ma, da settembre 2010, non ho emesso né fatture di vendita, né ho fatto acquisti, insomma... Ho lasciato la partita IVA inattiva perché ho iniziato ad avere un reddito di lavoro da dipendente, mia unica e sola attività fino ad oggi (e per il futuro).

      L'ho chiusa ad agosto di quest'anno perché mi sono reso conto che lasciarla inattiva mi esponeva a problemi in sede di SdS e dichiarazione.

      Per Unico 2012, avevo aderito al regime dei minimi e non avendo obbligo di dichiarazione IVA e di SdS, mi ero limitato a riportare come compensi 0.

      Con Unico 2013, mi sono trovato nella situazione in cui il regime dei minimi era stato abolito e, avendo più di 35 anni, non potevo aderire al nuovo regime equivalente.

      Per comportamento concludente, ho aderito al regime semplificato (a meno che qualcuno non conosca un regime fiscale per over 35, con PIVA "inattiva" che esenti dall'obbligo di presentazione della dich IVA e SdS nonché dalla conservazione delle scritture contabili...) trovandomi però con l'obbligo di presentare dichiarazione IVA e SdS.

      La dichiarazione l'ho presentata indicando un volume d'affari pari a 0.
      Stesso discorso per il quadro RE di unico dove ho dichiarato compensi pari a 0.

      Il problema l'ho avuto negli SdS dove non ho potuto (pena dichiarazione scartata) indicare 0 settimane e 0 ore settimanali lavorate.
      Ho dovuto "forzare" la dichiarazione indicando 1 settimana lavorata, 1 ora settimanale lavorata e mettendo a 0 i compensi e clienti.
      Nelle note ho indicato che non ho lavorato in quell'anno e che ho inserito i valori per evitare lo scarto.
      Ovviamente sono risultato non congruo.

      C'era un'altra soluzione per compilare uno SdS valido?

      Infine mi sono accorto di avere un credito INPS (acconto gestione separata) del 2011. Posso con Unico 2013 (magari indicandolo nel quadro RR) richiederne il rimborso (non avendo nulla con cui compensare)?

      Grazie

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      osid
    • RE: La ritenuta di acconto viene restituita?

      @i2m4y said:

      Poi sui 100 pagherà in dichiarazione dei redditi il 10% di imposta sostitutiva e magari il 4,25% di Irap (a seconda del reddito imponibile).
      Paolo

      4,25% se è in Lombardia ;).
      Non trascurando, a livello di flussi di cassa del professionista, che nell'arco del medesimo anno dovrà corrispondere l'acconto INPS e IRAP.

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      osid
    • RE: La ritenuta di acconto viene restituita?

      @prtiller said:

      Volevo, se posso, fare un caso diverso:
      Immaginiamo che il soggetto possegga la partiva iva, e che questa sia del tipo 'agevolata' (quella per attivita' marginali), che paga l'iva una volta all'anno, le tasse al 10 % secco ed ESENTE dalla ritenuta d'acconto.

      Il soggetto propone alla societa' di farle fattura. Domande:

      1. La societa' ci perde?
      2. Per intascare le stesse 100 Euro, tenendo conto del 10 % di tasse e dell'iva di QUANTO deve fare la fattura?

      Grazie.

      1. La società non ci perde: l'IVA che ti pagherà sarà a credito per lei e l'imponibile che ti paga sarà una spesa per lei che andrà a ridurre il suo imponibile a fini IRPEF, IRAP, ecc.
      2. dipende da tanti fattori: considera che devi recuperare il 10% d'imposta sostitutiva IRPEF, l'IVA tanto (a meno di spese da te sostenute) è tutta a debito e quindi è irrilevante, considera inoltre che se sei in Gestione Separata INPS hai un'aliquota (dal 2007) del 23% sull'imponibile e quindi io maggiorerei l'importo per recuperare dal cliente il contributo così come considera che il contributo INPS è al 100% deducibile.
        Inoltre dipende dal volume d'affari che avrai nel corso dell'anno: ad esempio sotto i 7500 Euro non si è soggetti al pagamento dell'IRAP, sopra sì per cui dovrai maggiorare i tuoi compensi per scaricare sul cliente questi costi.
        Infine considera anche le tue spese potenziali, in RFA essendo analitica la determinazione del reddito avere molte spese può significare poter chiedere compensi leggermente più bassi poichè l'imponibile su cui si determinano le imposte è inferiore.
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      osid
    • RE: Studi di settore mai presentati

      Up

      Non vorrei apparire fastidioso ma non c'è nessuno in grado nemmeno di fornirmi un parere al riguardo?

      postato in Consulenza Fiscale
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      osid
    • RE: Studi di settore mai presentati

      @osid said:

      Un libero professionista, in partita IVA, inizia l'attività nel 2002 in regime fiscale agevolato nuove imprese.
      Dall'inizio dell'attività non ha mai presentato i questionari relativi ai suoi studi di settore approvati sperimentalmente (SK27U).

      Mi correggo (non avendo trovato la funzione di modifica del post): dall'inizio dell'attività non sono mai stati presentati gli allegati relativi agli SDS nel modello Unico PF.
      Per quanto riguarda Unico 2006 il problema sarebbe sanabile con una dichiarazione integrativa entro fine gennaio 2007 ma per gli anni passati (Unico 2005 e Unico 2004)?
      Mi preoccupa il fatto che la sanzione può arrivare fino a 2000 Euro in caso di omessa presentazione.
      Qual'è la prassi in questi casi?

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      osid
    • Studi di settore mai presentati

      Un libero professionista, in partita IVA, inizia l'attività nel 2002 in regime fiscale agevolato nuove imprese.
      Dall'inizio dell'attività non ha mai presentato i questionari relativi ai suoi studi di settore approvati sperimentalmente (SK27U).

      Dal periodo d'imposta 2005 (e seguenti) è in regime forfetario (causa ricavi esigui).

      In linea teorica dovrebbe essere sanzionabile per l'omessa presentazione negli anni 2003, 2004, 2005 e 2006. Giusto?

      C'è qualche modo per ridurre al minimo la sanzione od evitarla? Ricordo che si era fatto riferimento ad un circolare dell'AdE che "esentava" i professionisti, con determinati requisiti, dalla presentazione degli studi.

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      osid