• Consiglio Direttivo

    L'assedio delle parole straniere - Strategie di difesa dell'Italiano

    Forse è una battaglia persa, però...

    Da qualche anno, complice la diffusione del progresso scientifico e l'affermazione capillare della cultura informatica, le parole straniere hanno iniziato a dare l'assedio alla nostra e ad altre lingue nazionali.

    A guidare l'invasione è di solito l'Inglese - quello americano più di quello britannico - che ci scarica addosso ogni giorno chili e chili di termini nuovi di zecca: sostantivi mutuati dall'Informatica, verbi usciti dai dipartimenti di Fisica o Chimica, espressioni colloquiali che, dalle strade delle metropoli, hanno fatto il percorso inverso rispetto a quello dei nostri antenati emigranti.

    Qualche esempio?

    Tutti quelli che scrivono su questo forum hanno un qualche livello di dimestichezza con il *computer *e manovrano un mouse, ad esempio.

    Poi, al calar della sera, escono per cercare un pub, un *night-club *dove trascorrere l'happy-hour, o un posto vagamente *off *per godersi il week-end.

    C'è chi veste trendy, boho-chic (e sono in) oppure *cheap *(chiaramente out); chi si fa un *trip *o si dà al binge-drinking; chi in tv guarda gli spin-off, chi aspetta il *sequel *o il *prequel *del film *cult *o della hit mainstream.

    Qualcuno fa edit; i molestatori informatici producono *spam *e phishing, sono *hacker *e *cracker *che lavorano *in house *per seguire i loro business.

    Ora, mi rendo perfettamente conto che alcuni - sottolineo: *alcuni *- di questi termini siano difficilmente eliminabili dal nostro parlare e scrivere quotidiano.

    Tuttavia, prostrarsi come servi all'invasione straniera e dimenticare di colpo ottocento e più anni di storia linguistica nazionale mi sembra davvero insostenibile.

    Per quel che mi riguarda, cerco di far sempre prevalere l'Italiano sulle altre lingue (a meno che non mi tocchi scrivere esplicitamente in idioma straniero) e, pur rispettando il contesto in cui mi trovo, butto lì ogni tanto una traduzione, una proposta, qualcosa di diverso.

    Il *computer *può diventare calcolatore, simulatore, elaboratore. Il *mouse *un bel puntatore.

    Gli spin-off televisivi? Sono *costole *di altre serie, come la storia di Eva e Adamo. Un *sequel *è solo un seguito, un *prequel *un prologo: non ci vuole poi molto per capirlo.

    Le *hit *sono *successi *(commerciali), gli *hacker *dei pirati informatici, i *cracker *dei guastatori.

    E il business? Beh, lo dice anche il proverbio: gli *affari *sono affari...

    Vi propongo qualcosa tra il serio e il faceto: scovare parole straniere (non solo inglesi: anche altri ci vogliono fare la festa) e proporne traduzioni.

    Il Forum GT è scritto in Italiano normato, lo dice il Regolamento: facciamone una cassaforte di voci nostrane, un vero castello da aggiungere alle mura di difesa che proteggono la nostra lingua da invasori poco gentili, bruschi e alieni.

    Non una difesa da estremisti, per carità: solo una pacata risposta a chi crede che non sappiamo più esprimere un solo concetto.

    Si sbagliano, si sbagliano. Le parole non ci mancano davvero.


  • Consiglio Direttivo

    Su invito arrivo. 🙂

    Occorre risolvere questa questione dell'esser single prima che mi fidanzi irrimediabilmente e decida di disinteressarmi della questione.

    Ma in Italia prima come si diceva? Cerco una versione più attuale di *signorina *e signorino. E' chiaro che il quadro sociale è cambiato, dato che 50 anni fa non facevi tanto il disinvolto in giro con la tua ragazza e viceversa.

    Passavi effettivamente dall'esser signorina all'essere sposata. Se sposata non eri non andavi nemmeno tanto a proporti come papabile: non stava certo bene ed il rischio di passare per zitella era alto.

    Adesso? Come è giusto definire in modo neutrale una persona non impegnata in una relazione?


  • Consiglio Direttivo

    Per: Nimue

    In termini puramente linguistici, credo che la soluzione migliore per tradurre *single *sia ancora quella - vagamente "anni '50" - che hai proposto tu del/la signorino/a.

    Alternative possibili? Ovviamente il letterale singolo/a, poi il più audace libero/a (che però getta grigie ombre di prigionia sul matrimonio, sul fidanzamento o sulla convivenza) e il quasi-neutro slegato/a o meglio svincolato/a.

    Qui, però, la questione è di fondo e merita un piccolo:

    [Off-Topic o Fuori Tema che dir si voglia]

    Il fatto che si debba a tutti i costi trovare un termine per esprimere la condizione di qualcuno non impegnato in relazioni sentimentali sembrerebbe indicare che, almeno nella società contemporanea, l'accento è posto tutto sui legami.

    Sei al fianco di qualcuno? Tutto ok, sei facilmente classificabile in base a complessi schemi verbali.

    Puoi essere sposato, fidanzato, convivente, partner, amico speciale etc. etc.

    Chi sta da solo turba, disturba o anche soltanto (per usare il verbo coniato da Paolo Bonolis) perplime, pure a livello lessicale.

    Personalmente, però, non sono d'accordo con l'interpretazione precedente: credo, al contrario, che la solitudine sia condizione naturale - dunque non c'è motivo di trovare un nome speciale per questo stato - mentre la vita di coppia o altro regime sia un evento fuori dall'ordinario, che il dizionario deve cercare di "ingabbiare" nelle parole per sedare l'effetto dirompente dell'evento.

    La nostra condizione abituale, per fare un esempio, non è di mangiare in continuazione: quando abbiamo fame, mangiamo (a questo mondo non tutti, purtroppo, ma non è questa la sede). Non c'è una parola per esprimere il fatto che *non *mangiamo.

    Idem con la condizione di solitudine sentimentale: quella in fin dei conti è la regola, non l'eccezione. Per le eccezioni ci sono le parole: matrimonio, fidanzamento, convivenza, storia, storiella, rapporto, relazione...

    Troppo strano come punto di vista?

    [/Off-Topic o Fuori Tema che dir si voglia]

    Ad ogni modo, Nimue, pronti auguri di una rapida e felice sistemazione, così potrai magari continuare ad interrogarti sul problema dei single, ma almeno sarà solo una mera questione lessicale.


  • Moderatore

    @Leonov said:

    [Off-Topic o Fuori Tema che dir si voglia]

    Sei al fianco di qualcuno? Tutto ok, sei facilmente classificabile in base a complessi schemi verbali.

    Puoi essere sposato, fidanzato, convivente, partner, amico speciale etc. etc.
    [...] Personalmente, però, non sono d'accordo con l'interpretazione precedente: credo, al contrario, che la solitudine sia condizione naturale - dunque non c'è motivo di trovare un nome speciale per questo stato - mentre la vita di coppia o altro regime sia un evento fuori dall'ordinario, che il dizionario deve cercare di "ingabbiare" nelle parole per sedare l'effetto dirompente dell'evento.

    La nostra condizione abituale, per fare un esempio, non è di mangiare in continuazione: quando abbiamo fame, mangiamo (a questo mondo non tutti, purtroppo, ma non è questa la sede). Non c'è una parola per esprimere il fatto che *non *mangiamo.

    Esiste. Il digiuno.

    @Leonov said:

    Idem con la condizione di solitudine sentimentale: quella in fin dei conti è la regola, non l'eccezione. Per le eccezioni ci sono le parole: matrimonio, fidanzamento, convivenza, storia, storiella, rapporto, relazione...

    Troppo strano come punto di vista?

    Assolutamente no. Quasi da incorniciare.
    Ma dirlo da single incallito è troppo facile però.... che poi è peggio.
    Quando ti tocca - perchè prima o poi ti tocca - voglio vedere se non vorrai anche tu le tue definizioni.
    O perlomeno. Voglio vedere se riesci a spiegarlo al tuo grande amore, che la condizione naturale è la solitudine.

    Per carità, le tue parole sono oro colato.
    😄

    Ma l'animo umano è incredibilmente attratto dalle condizioni innaturali, difficilmente resiste da solo nel suo bozzolo, non per sempre comunque.

    E' l'uomo un "animale sociale"?
    Anche, si.

    Non digiuniamo troppo, se possibile. 😉

    @Leonov said:

    Ad ogni modo, Nimue, pronti auguri di una rapida e felice sistemazione, così potrai magari continuare ad interrogarti sul problema dei single, ma almeno sarà solo una mera questione lessicale.

    Pesco nel repertorio degli anni '50?

    Nimue è una donna in "età da marito".
    Nubile? (cioè potenzialmente "da sposare"?)
    Pronta a convolare a giuste nozze con un bel "celibe", aitante e innamorato....

    :giggle:

    Bello questo 3d, ottima idea Leonov.


  • Consiglio Direttivo

    @WWW said:

    Esiste. Il digiuno.

    Mi permetto di dissentire: digiunare significa privarsi del cibo quando si ha fame.

    Esempio: le tredici, appetito delle grandi occasioni, ma io non mangio. Quello è digiunare.

    Viceversa, quando alle sedici e ventisette inserisco voci nel WikiGT e non mi occupo di procacciarmi cibo, né penso a mangiare, né mi sento sazio, quella è una condizione che non ha nome - almeno credo.

    @WWW said:

    Quando ti tocca - perchè prima o poi ti tocca - voglio vedere se non vorrai anche tu le tue definizioni.
    O perlomeno. Voglio vedere se riesci a spiegarlo al tuo grande amore, che la condizione naturale è la solitudine.

    Separiamo le sfumature semantiche: esiste quella che potremmo chiamare "singletudine" o, in Italiano, "dis-impegno affettivo", e la "solitudine" vera e propria.

    La prima viene cancellata con l'allacciamento di un legame arbitrario: ci si sposa, ci si fidanza, ci si impegna insomma.

    La seconda è quintessenziale: niente la cancellerà mai. Non c'è in questo nulla di male, è solo un dato di fatto: ci siamo noi, singolarmente presi, e ci sono gli altri, più o meno vicini, più o meno contigui. L'incolmabile residuo tra il Sé e l'Altro ci rende irrimediabilmente soli.

    Quando - e se - avverrà che io inizi una forma di relazione quasivoglia con chicchessia, accetterò volentieri l'inserimento in una delle famiglie lessicali che ho citato e che cercherò di prendere molto sul serio: fidanzato, compagno, "più che amico, ma meno che fidanzato" etc.

    Non sono mica cose volgari o disdicevoli, anzi!

    @WWW said:

    Ma l'animo umano è incredibilmente attratto dalle condizioni innaturali, difficilmente resiste da solo nel suo bozzolo, non per sempre comunque.

    Vero, devo concordare: la Natura - meglio: la naturalezza - ci spaventa, in molti ambiti.

    Però, come dice il Bardo, "Posso vivere in un guscio di noce eppur considerarmi il Re dello Spazio Infinito".

    Mmmm... Un'altra persona che evoca bozzoli... Interessante.

    Ma questo era ancora manifestamente OT.

    Ci resta da trovare una forma italiana più moderna, diretta e smaliziata con cui battezzare i *single *e poi c'è un mare di parole inglesi, francesi, spagnole e di ogni angolo del mondo da ritradurre nella lingua degli Stilnovisti.

    Sarà un bellissimo e lungo viaggio.


  • Super User

    Io credo che per tradurre la parola single ci vorrà ancora qualche anno. In modo che le traduzioni possibili ed i vari sinonimi abbiano perso la connotazione negativa che si portano appresso per tradizione.

    Ricordo ancora -al mare- mio padre che si cimentava in partite a calcio o pallavvolo tipiche: scapoli contro ammogliati 🙂 Perchè ancora 30 anni fa era così. L'epilogo era il matrimonio e come tale chi non c'era ancora arrivato e chi non ci sarebbe arrivato (forse) mai erano additati simpaticamente o meno simpaticamente (nel caso delle zitelle).

    I tempi cambiano ma in questo siamo ancora agli albori.
    Un altro ricordo personale è la risposta che davo quando mi chiedevano il motivo per cui a 35 anni non fosi ancora sposata (come si indagasse su una malattia e infatti solitamente la domanda era accompagnata da: Non capisco, non ti manca niente :)). Avevo imparato a rispondere sorridendo (chi fa domande simili non merita tante risposte): Perchè sono cattiva!

    Anche io credo che la solitudine sia una condizione naturale, il profondo equilibrio personale va ricercato in se stessi o valutando gli appoggi di cui abbiamo necessità, per riuscire ad affrancarci anche da quelli.
    Per affrancarci però dobbiamo, secondo me, riconoscerne il valore e dare una collocazione al nostro essere in relazione.

    Noi tutti siamo infatti il risultato di un storia, una serie concatenata di eventi precisi ed ogni aspetto di noi ne è influenzato. Dal primo pensiero di noi (da parte dei nostri futuri genitori) noi esistiamo quali esseri in relazione. Diveniamo reagendo ad un esterno.

    Per concludere su single, darei per ora solo una connotazione in negativo riferita al matrimonio, non sposato/a.
    In tal modo il matrimonio assume più il senso di una scelta di condizione (dettata da motivi religioso o sociali) utile a costruire e tutelare una famiglia (per il senso di continuità che ha in sè e per l'utilità di riferirsi ad essa come un soggetto di diritti e doveri).
    Oggi ad esempio mi definsco mamma, perchè è li il cambio di stato, di condizione, che a sua volta ha comportato adattamenti anche nella figura di moglie (che per se stessa non è per forza di cose da considerare una condizione definitiva o qualificante).
    Mentre tutto il resto: solo, amico, fidanzato, amico speciale, accompagnatore, amante .... dovrebbero restare nella sfera della persona, quali condizioni naturali (o meno) e varie della sfera affettiva.

    Richiamerei allora anche la parola flirt. Oramai di uso comune per indicare un impegno non troppo profondo, magari ancora temporaneo. Come meglio tradurlo? C'è chi distingue tra innamoramento e amore ma personalmente non condivido questa distinzione netta. Non userei, infatti, parole pseudo dispregiative, sminuenti (che richiamano la divisione scapoli e ammogliati o uomo virile e donna poco seria).
    :ciauz:


  • Consiglio Direttivo

    @Leonov said:

    Per: Nimue

    In termini puramente linguistici, credo che la soluzione migliore per tradurre *single *sia ancora quella - vagamente "anni '50" - che hai proposto tu del/la signorino/a.

    Mi persuadi ma non mi convinci. :bho:

    Posso benissimo essere signorina ed avere un ragazzo. Signorina è non sposata. Temo occorra ricorrere ad una perifrasi: Non sono fidanzata, meglio anche di Non ho il ragazzo che induce ad un senso di pena il nostro interlocutore.

    Sul discorso dei legami direi che hai fatto una giusta considerazione sociale: scattano spesso le battute Single... Per scelta di altri! oppure Non ho il ragazzo... Sentito? Se c'è qualche volontario...

    Mi chiedo invece perché nel mondo anglosassone abbiano trovato il modo di risolvere la questione.

    @Leonov said:

    Mi permetto di dissentire...

    Www non ce la potrai mai fare con la reincarnazione di Dante... Il mio rispetto per aver tentato! 😄

    @Leonov said:

    Ci resta da trovare una forma italiana più moderna, diretta e smaliziata con cui battezzare i *single *e poi c'è un mare di parole inglesi, francesi, spagnole e di ogni angolo del mondo da ritradurre nella lingua degli Stilnovisti.

    Sarà un bellissimo e lungo viaggio.

    E su questo sono d'accordo! Propongo di metterne al fuoco già qualcuna perché le idee buone non sono figlie della catena di montaggio e conviene averne sottomano più di una.

    Intanto vorrei cercare di far passare questo messaggio: le seguenti parole non sono inglesi, rectius in inglese significano altro.

    • box = scatola (non garage.... e questa è francese :rollo:)
    • mister = signore (non allenatore. Che poi in Inghilterra si rivolgano con educazione all'allenatore è altra questione)
    • footing = se si fa footing stiamo camminando, non correndo: quello è jogging.
    • body = corpo, cadavere (non quell'indumento indossato dalle donne per complicare la vita agli uomini; quello si chiama bodysuite)

    Ne ho una lista ben più lunga, in buona parte appresa dal libro di Beppe Severgnini (un uomo un mito) "L'inglese". L'ultima è appunto da lì tratta; a dir suo però pare che gli italiani siano riusciti ad insegnare agli inglesi che body significa bodysuite. Notevole! :surprised:


  • Consiglio Direttivo

    @Nimue del Lago said:

    Intanto vorrei cercare di far passare questo messaggio: le seguenti parole non sono inglesi, rectius in inglese significano altro.

    Eccellente idea e segnalazione.

    Il fenomeno messo in risalto da Nimue chiama in causa i cosiddetti pseudo-anglicismi: si tratta di parole inglesi che, adottate dai parlanti di nazioni diverse, hanno iniziato ad assumere un significato non perfettamente corrispondente a quello originario.

    Si arriva al paradosso che un Inglese non capisce più di cosa stia parlando un Italiano, un Turco, un Olandese o un Giapponese, anche se quello cita parole inglesi.

    Aggiungo qualche esempio alla lista di Nimue:

    • Gli Inglesi chiamano living room (= salone, salotto) la stanza della casa che i nostri architetti hanno ribattezzato semplicemente *living *(ovvero, letteralmente, vivere).
    • Il nostro *playback *è il loro *lip-synch *(il secondo termine, molto più corretto, indica appunto il sincronizzare le labbra su una base musicale, evitando al cantante lo sforzo di sgolarsi).
    • Per spiegare il momento in cui facciamo *zapping *con il telecomando, ad un originario delle isole britanniche dovremmo dire channel surfing.
    • Beauty farm in un Inglese evocherebbe una fattoria con animali più belli del solito, non le terme/centro estetico, che loro chiamano spa.

    Poi qualche chicca da altre lingue...

    • *Desk *(= banco, scrivania) è usato in Giappone per indicare certi titoli di dirigenti d'ufficio.
    • I Portoghesi designano con *shopping *il *centro commerciale *(*shopping mall *in Inglese).
    • Nell'area germanica chimano *funeralmaster *(letteralmente, signore del funerale) il più modesto e dimesso becchino.
    • Per i Francesi il trattamento estetico, anche chirurgico (in Inglese, makeover), è chiamato relooking, ovvero riguardare.
    • Un nome comune nei servizi giornalistici dall'Olanda è il *coffeeshop *(negozio di caffè), che tuttavia è una rivendita autorizzata di cannabinoidi ed altre sostanze stupefacenti con smercio legale in quel Paese.
    • Infine, per un turco il *flirting *è *l'andare agli appuntamenti *(che in Inghilterra si dice dating), non l'essere seducenti e civettuoli.

    Di passaggio:

    @Nimue del Lago said:

    Mi chiedo invece perché nel mondo anglosassone abbiano trovato il modo di risolvere la questione [dei single, n.d.r.]

    Sono Inglesi: hanno allestito un manuale di sei pagine (sei!) con tutte le prescrizioni e le norme per preparare correttamente un the - che loro chiamano *tea *- dunque non mi sorprende che abbiano facilmente imposto un'etichetta a chi non era sentimentalmente impegnato.


  • Super User

    @Nimue del Lago said:

    A proposito... Per il termine single resta secondo me da trovare un termine che trovi un certo consenso popolare: oramai è diffusissimo. :dull:
    Si, in effetti single dà più quell'idea di una scelta...cosa che spesso non è...Il classico "sono single per scelta" con la conseguente risposta "si, degli altri!"...Davvero incommentabile...
    Sulla carta d'identità ora scrivono Libero come stato civile...ma io preferisco lasciar lo spazietto vuoto...non sia mai che uno si sposa in quei 5 anni:tongueout:...E poi quel libero è un aggettivo che si associa spesso al WC...il che non è proprio carino esser paragonati ad una latrina...:?

    @Nimue del Lago said:

    Nubile e celibe rimandano al matrimonio, mentre occorre definire che uno non ha nemmeno il ragazzo (la ragazza).
    Qualcuno direbbe Sfidanzato/a...ma non mi pare tanto carino...e poi denota anche il fatto che uno prima sia stato fidanzato...e non è sempre così...
    Ho sentito anche *spaiato...*ma mi ricorda più storie d'elettroni e radicali liberi (si anche loro sono liberi:giggle:)

    @Nimue del Lago said:

    Velo pietoso su singola.... Che sei una camera d'albergo?? Brutto... Tra l'altro è sintomo che prima una ha pensato di rispondere single e poi si è trattenuto, magari dubitando della propria pronuncia inglese.
    :eheh:

    @cherryblossom said:

    L'epilogo era il matrimonio e come tale chi non c'era ancora arrivato e chi non ci sarebbe arrivato (forse) mai erano additati simpaticamente o meno simpaticamente (nel caso delle zitelle).
    Eh già, come se uno - o una - non avesse alternative.

    @cherryblossom said:

    mi chiedevano il motivo per cui a 35 anni non fosi ancora sposata (come si indagasse su una malattia e infatti solitamente la domanda era accompagnata da: Non capisco, non ti manca niente :)).
    Figurati che a me lo dicevano già un anno fa che ne avevo 24! Cose del tipo: "Ma come, una bella ragazza come te?:?" oppure "Quand'è che gli fai un bel nipotino ai tuoi?"...:(): A Roma si dice: "Ma una padellata?"
    O ancora, "beh ma abiti da sola? Dì la verità, conviverai pur con qualcuno...(fidanzato o amiche)" come se una donna che vive sola, fosse una cosa strana :dull:

    @Nimue del Lago said:

    • body = corpo, cadavere
      :lol:

    @Nimue del Lago said:

    a dir suo però pare che gli italiani siano riusciti ad insegnare agli inglesi che body significa bodysuite. Notevole! :surprised:
    Questa è una cosa all'ordine del giorno! Un mio caro amico invece
    fa qualcosa di simile nel suo lavoro alla cassa del ristorante in cui lavoro tentando in ogni modo di "insegnare" l'italiano agli stranieri...L'ho visto una volta ripetere "Un'escinquanta" (uno e cinquanta euro) ad una tipa che gli chiedeva insistentemente how much per il pacco di patatine:eheh: e lui imperterrito Un'escinquanta!

    @Leonov said:

    • Beauty farm in un Inglese evocherebbe una fattoria con animali più belli del solito
      :quote:

  • Super User

    Caro Leo', sommo difensore delle parole italiane, e voi tutti colleghi di GT, avrei un dilemma.

    Non so se sia da considerare una parola straniera però sul dizionario ho visto la parola totem tradotta con: palo totemico...un po' brutto...specie quando ho bisogno di un sinonimo italiano che sia di spiegazione per un particolare totem...il totem multimediale!


  • Consiglio Direttivo

    Cara Pretty, proviamo a ragionare sul tuo problema lessicale.

    Innanzitutto, vediamo che cosa vuol dire "totem"; dal Dizionario della Lingua Italiana di A. Gabrielli leggo:

    totem [tò-tem] (s.m. invar.) 1. In ambito etnologico, presso alcuni popoli primitivi, denota un animale, una pianta o un fenomeno naturale dal quale la tribù, il clan o il gruppo sociale si considera discendente, e con il quale determina un rapporto di parentela e di tutela. 2. In senso figurato, oggetto di superstizione al quale si attribuisce un culto reverenziale. Dal francese totem, a sua volta dall'algonchino (o)toten(am), 'segno della stirpe', 'segno del clan'.

    Ora, sarebbe da capire meglio a cosa si riferisca l'espressione "totem multimediale", perché essa potrebbe essere tradotta con sinonimi letterali quali feticcio, simulacro, icona, simbolo, archetipo, oppure con sinonimi più traslati quali autorità, idolo, segno etc.

    Puoi darci qualche indizio in più?


  • Super User

    Non si tratta propriamente di un totem, col suo sognificato intrinseco, ma probabilmente gli è stato dato questo nome per la forma che ha. E' un oggetto simile a questo
    image
    e serve per dare alle persone delle informazioni. A volte è dotato di tecnologia touch screen (scusa l'inglese e non saprei come dirlo:D) o di "coso" per la lettura dei codici a barre...

    E' più chiaro Leo'?😊


  • Consiglio Direttivo

    Sì, Pretty, grazie.

    Allora: credo che la locuzione "totem multimediale" sia esattamente la definizione tecnica dell'oggetto, ma l'Italiano è grande e le espressioni per designarlo non mancano.

    Nella mia Università, ad esempio, abbiamo questo tipo di colonne e le chiamiamo genericamente "chiosco informatico" o "colonna informatica" o "terminale informatico".

    La prima espressione credo sia la migliore (la terza può apparire troppo generica, la seconda poco precisa).

    Che ne dici? Nel frattempo, ci penso sù un altro po'.


  • Super User

    Grazie mille Leo'! Chiosco informatico però ricorda un'altra cosa...ho paura che la prof non capisca...:bho: Proverò a inserirla...se ti viene in mente altro fai un fischio :smile5:

    Grazie ancora!


  • Consiglio Direttivo

    Prego, Pretty, è un piacere.

    Per precauzione ho fatto un giro sui motori di ricerca: le aziende produttrici di totem multimediali usano indifferentemente l'espressione "chiosco", con riferimento alle medesime funzioni e al tipo di oggetto commercializzato.

    In ogni caso, basta aggiungere un aggettivo in più o qualche circonlocuzione: ad esempio, il "totem multimediale" può agevolmente diventare un "chiosco automatizzato per erogazione di servizi informatici".

    Una buona idea, onde evitare fraintendimenti, potrebbe essere quella di aggiungere una nota a margine la prima volta che si introduce il termine "chiosco"; qualcosa come "indicheremo nel seguito con l'espressione 'chiosco informatico' una colonna fissa con scocca metallica o plastica dotata di schermo tattile o tastiera, facente funzione di totem automatizzato per l'erogazione di servizi e informazioni".

    Abbiamo davvero un grande idioma... 😉


  • Super User

    Un abbraccio vero ti meriteresti Leo', altro che! Per ora te ne offro uno virtuale :bacio: (non c'è l'emoticon dell'abbraccio).

    Grazie ancora mi sei stato proprio di grandissimo aiuto!


  • User Newbie

    Bellissima questa discussione:)
    E quanto concordo con te Leonov per questa invasione di parole straniere nel nostro lessico.

    Una che mi ha fatto infuriare non poco la si utilizzava quasi giornalmente nell'ambito del mio lavoro; sino a qualche tempo fa lavoravo nel settore del recupero crediti telefonico e quando ci si doveva riunire per aggiornamenti e varie amenità la responsabile del gruppo, quasi si gongolasse nel dirla esordiva con "ragazzi tutti nella sala per il briefing".

    Ma una volta non si diceva "riunione"? Oppure "assemblea" ma fa tanto condominiale:?

    :ciauz:


  • Consiglio Direttivo

    @Kyra_00 said:

    ...Quando ci si doveva riunire per aggiornamenti e varie amenità la responsabile del gruppo, quasi si gongolasse nel dirla esordiva con "ragazzi tutti nella sala per il briefing".

    Ma una volta non si diceva "riunione"? Oppure "assemblea"?

    Sì, Kyra_00, si diceva così e si diceva bene, anzi molto meglio dell'Inglese; il fatto merita una piccola spiegazione.

    Nella lingua che ha coniato il termine, "briefing" è un sostantivo che significa informativa o che denota l'impartire istruzioni. A stretto rigore, dunque, un "briefing" è un momento in cui il capo chiama a raccolta attorno a sé alcuni collaboratori per assegnare compiti, dare spiegazioni o informare.

    La comunicazione è unidirezionale, nel senso che i sottoposti non hanno facoltà di rispondere, opporsi o discutere (quello lo si fa in un meeting, al massimo); essi devono solo recepire gli ordini ed eseguirli.

    La parola ha dunque una sfumatura tipicamente militare - credo sia nata proprio in questo settore come voce gergale, quando gli ufficiali riunivano la truppa (o i generali chiamavano gli ufficiali) per brevi comunicazioni concernenti ordini e dispacci arrivati dai piani alti poco prima di un'operazione sul campo.

    Diverso è il caso della riunione (o assemblea, dibattito, incontro, convegno etc.), quando cioè le persone discutono e, fermo restando il rispetto dei ruoli e l'osservanza della catena gerarchica, possono interagire opponendosi ai dirigenti, controbattendo e protestando o anche semplicemente manifestando apertamente la propria opinione senza paura di essere puniti.

    Non conosco le tue precedenti condizioni di lavoro: mi auguro per te che tu fossi chiamato a dei meeting, non a dei briefing in stile "Full Metal Jacket"... :wink3:

    Alla prossima.


  • Super User

    Anche Vittorio Zucconi è dalla nostra parte...difendiamo l'italiano!!! Ecco il collegamento . Visto che la nostra è una lingua ricchissima sappiamo bene che esistono molti termini per esprimere i concetti stranieri...ma se, nonostante ciò, vogliamo proprio scrivere qualcosa di non italiano, almeno facciamolo correttamente!


  • Super User

    Proprio ora sto masticando un bel chewing-gum (gomma da masticare) mentre rifletto se bermi una coke (dalle mia parti per indicare una coca-cola si usa il corrispondente americano).