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- Ulteriori considerazioni per Adsense e impresa
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@lodiablo said:
Il fatto che i guadagni devono essere in qualche modo tassati è evidente, e non ho mai sostenuto il contrario.
Quello che non esiste nè in cielo nè in terra è che un webmaster con la semplice e sola inserzione di un codice diventa impresa di qualcosa.
Non diventi impresa di niente fino a quando non compi quotidianamente le stesse azioni che fa l'imprenditore tipico del settore.
Definisci la tipologia d'impresa, e poi vediamo se il suddetto webmaster fa le tipiche cose che fa un imprenditore dello stesso settore.
I click poi non sono una certezza, il fatto di aggiungere i contenuti o di migliorare il posizionamento non ha nulla a che vedere con la questione (condizioni non sufficienti).
E non finisce qui, il problema si complica. Infatti, invece di mettere gli annunci di Google mettiamo gli annunci di tipo link, per i quali non si viene pagati per il click, ma per così dire per il secondo click. Mi spiego: se un utente sul mio sito clicca su un link si apre una pagina di Google (e non si ottiene nessun pagamento), in questa seconda pagina (non del mio sito) ma di Google vi sono degli annunci e si ottiene un guadagno solo e soltanto se si clicca su qualche annuncio. Insomma la transazione non avviene sul mio sito e non avviene nemmeno grazie ai miei contenuti o posizionamento (cosa senza significato e attinenza alla questione).
In pratica non si espone nessun messaggio pubblicitario. In più mettiamo solo banner pay per sale e pay per action (che danno il guadagno solo se si acquista o si compie un'azione), con transazione che si concretizza su siti esterni al nostro. Magari ci ritroviamo ad essere titolari di centri commerciali, agenzie matrimoniali... ecc. Mentre abbiamo semplicemente prestato un servizio di procacciatore.
E' un desiderio di molti che il piccolo webmaster diventi impresa, un'altra realtà su cui guadagnare, ma non è la realtà.
Adsense se procura un guadagno deve essere tassato, ma non nella forma d'impresa fino a quando non si è effettivamente impresa, ossia fino a quando non si faranno con continuità e professionalità le stesse azioni di un'impresa.
Gli esempi che ti ho riportato sono presi alcuni dal Manuale Frizzera ed in particolare sulla legge relativa all'Iva. Nel suddetto manuale, o se vuoi nel Codice Civile, alla voce Impresa e imprenditore... non sta scritto, nè si evince, nè si interpreta a piacere che un webmaster diventa impresa con la semplice esposizione di un codice-generatore di pubblicità.
Bisogna fare un bel volo pindarico per "regalare" ad un webmaster lo status di impresa.
Quando una commissione ad hoc dirà, senza forzature, e dimostrerà che con Adsense si è impresa ne prenderemo atto. Al momento se non fanno controlli ci sarà un motivo e non detto che sia per la questione dei piccoli guadagni.Per quanto poi riguarda l'esempio dell'Editore, so bene quello che dico, e fu a suo tempo un altro motivo di scontro con i commercialisti. Tutti sostevano che con la pubblicazione e vendita di un mio libro dovevo diventare Editore (nel tuo senso: partita iva, camera di commercio,...ecc.). Io sostenevo che venderlo non implica essere impresa, perchè, appunto, per essere impresa dovevo fare le stesse cose che fa un impresa/editore. Il Direttore dell'Ufficio Iva, che ora sicuramente non ricorda, disse che dovevo diventare Editore. Bene, non ascoltai, e oggi so perfettamente che non ero editore nel senso d'impresa, ma continuavo a potermi chiamare editore perchè avevo sostenuto le spese di stampa. Tutto qua. Potevo, e posso, vendere il libro in poche copie magari 200 in un anno e non devo per questo iscrivermi, versare contributi ecc. Oggi, io mi riferisco ad almeno 15 anni or sono, tutti si vendono il proprio libro in poche copie e non devono essere editori=impresa.
All'epoca molti commercialisti fecero finta di confondersi.
Dal punto di vista di un commercialista, di un ragioniere, o di un tributarista è meglio fa "comparire" imprese che farle "scomparire".Non condivido nulla neppure l'ultima questione sull'edizione. Ho infatti ben scritto che addirittura il ministero ha ben spiegato che che vende il proprio i propri libri E' editore. Quindi è imprenditore. Punto. Non esiste altro.
Vedere:Risoluzione del 15/11/2004 n. 132
**Oggetto:**Istanza di interpello - Articolo 53 e seguenti del DPR n. 917 del1986 e articolo 74, comma 1, lettera c), del DPR n. 633 del 1972 -Attivita' di vendita diretta di libri ai rivenditori da partedell'autore
**Sintesi:**La risoluzione, rispondendo ad un'istanza d'interpello, precisa che lavendita diretta, da parte dello stesso autore, di opere letterarie al rivenditore e' produttiva di reddito d'impresa e, come tale, soggetta alle disposizioni previste dagli articoli 55 e seguenti del TU 917/1986 e il regime speciale IVA monofase di cui all'art. 74, comma I, lett. c) del DPR633/1972.Non serve compiere le tipiche attività di un imprenditore di altro campo per essere impresa. Ciò che conta è l'output dato dall'organizzazione e ciò già c'è con quanto ho già spiegato. Quello è quanto serve, per definizione internet può non richiedere un impegno assiduo, ma non per questo viene a cadere l'impresa.
I click non son certi esattamente come non è certo il commerciante di vendere, eppure è e resta impresa. L'incertezza è proprio connaturata all'impresa. Ne è addirittura carattere tipico, l'incertezza del guadagno dunque porta acqua al mulino di essere impresa.
Nella mia esemplificazione ho comunque ben detto che trattasi di semplificazione per ripartizione lineare.
Adsense abitualmente ospitato porta all'impresa, senza via di scampo, se non in inqudramenti raffazzonati e non corretti (occasionali).
Per quanto riguarda la seconda tipologia si è procacciatori d'affari e poichè si tenta di procacciare con continuità (in quanto si ospitano i link con continuità) non si può essere definiti occasionali, neppure se gli incassi sono sporadici..... procacciamento d'affari non occasionale = impresa.
Paolo
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@i2m4y said:
... la vendita diretta, da parte dello stesso autore, di opere letterarie al rivenditore e' produttiva di reddito d'impresa
Scusa Paolo, ma lodiablo è d'accordo con te, infatti scrive:
*
"un autore/editore può vendere di persona le sue opere. Se poi le vuole mettere in vendita presso una libreria deve avere una partita Iva... e naturalmente si avvia ad essere un Editore nel senso di impresa. Proprio perché incomincia a compiere le azioni tipiche dell'attività editoriale. Non di certo perché vende un libro."*Quindi se vi ho capiti, se vendo alcuni miei libri ad un privato non sono impresa, ma se li vendo ad una libreria per rivenderle (ovvero ad un rivenditore), faccio invece impresa.
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@lodiablo said:
Ma continuare a dire che un sito sia un prodotto editoriale, quando è sancito e chiaro, che non si tratta di un prodotto editoriale se non vi sono aggiornamenti continui...ecc, e continuare a dire che i nostri controesempi sono solo delle metafore che non hanno nulla in comune con il problema in esame mi sembra veramente ridicolo.
Confondi il concetto di prodotto editoriale con quello di testata giornalistica.
Tutti i siti o blog sono PRODOTTI EDITORIALI, e solo allorquando vengano aggiornati con periodicità sono equiparati a TESTATE GIORNALISTICHE e necessitano quindi di registrazione in Tribunale e Direttore Responsabile iscritto all'albo. Ma questo prescinde dal concetto di reddittività.
Se un prodotto editoriale (non necessariamente testata giornalistica) produce reddito, fosse anche solo un euro, questo deve essere tassato nella dovuta forma.
Ed è altrettanto chiaro che il reddito prodotto da un sito/blog che ospita adsense non è di affitto di spazi o programmazione ma è legato al successo, in termini di click, degli stessi annunci pubblicitari visualizzati nel proprio prodotto editoriale.
Si è parte attiva della campagna pubblicitaria, inserendo i codici e lavorando sul loro posizionamento affinchè gli annunci abbiano il massimo rendimento, non determinabile come in ogni attività imprenditoriale.
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La risoluzione tratta il caso di vendita ad un rivenditore, ma nulla cambia se vendo a privati le mie copie del mio libro.... ciò che conta è che vendo e, se non lo faccio davvero occasionalmente, sono impresa sia che il mio cliente sia un rivenditore sia che lo siano una serie di privati.
Paolo
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@i2m4y said:
La risoluzione tratta il caso di vendita ad un rivenditore, ma nulla cambia se vendo a privati le mie copie del mio libro.... ciò che conta è che vendo e, se non lo faccio davvero occasionalmente, sono impresa sia che il mio cliente sia un rivenditore sia che lo siano una serie di privati.
Paolo
Credo che sei in errore. Il fatto è che tu compi con facilità dei passaggi che invece devono essere ponderati e verificati, cioè dai status d'impresa a gente che non compie minimamente le azioni di un'impresa.
Forse il tuo modo di pensare è indotto da una prassi consolidata, e non vedi le eccezioni e le particolarità.
Di sicuro un autore che vende il suo libro "imitando" le azioni di un editore è un editore nel vero senso della parola, cioè impresa.
Ma nel momento in cui affermi, se lo affermi, che un autore, ad esempio, stampa 100 copie e le vende e per questo assume lo status d'impresa sei in errore.
Tu a questo punto fai una passo di troppo. Ma è un tuo passo, che non coincide con la realtà. Tu non devi "desiderare" lo status d'impresa, tu devi dimostrare lo status d'impresa. Cioè tu derivi lo status d'impresa dall'aver fatto una vendita. E questo è assurdo. ASSURDO.
Lo stato d'impresa è dato, e te lo ripeto, dal compiere azioni analoghe ad un editore. Nessuno è editore = impresa, con 100 copie vendute, proprio perchè non è possibile esserlo nella realtà.
Nella pubblicazione di un libro vi sono tre attori: l'autore, l'editore (in genere diverso dall'autore) e lo stampatore.
Quando un autore si fa stampare un'opera dallo stampatore, non detrae nemmeno l'va, perchè è il consumatore finale. Addirittura è in perdita rispetto ad un vero editore (iva 4 %), mentre lui paga allo stampatore l'iva al (20%)
E questo lo può fare. Non è vietato da nessuna legge.
Naturalmente deve rimanere nei limiti di una non continuità e abitualità. Questo implica essere o non essere impresa e non la singola vendita. Non basta aver stampato il proprio libro e "sperare" di venderlo per vedersi attribuito d'un colpo lo status d'impresa editoriale.
Per essere impresa editoriale ce ne vuole.... e tu attribuisci queste azioni che nella realtà non avvengono.
Naturalmente se ripete azioni analoghe ad un editore con continuità, cioè comincia ad "imitare" editori nel vero senso della parola, si trasforma in impresa. E gli conviene.
Ma è questa attività a fare l'editore, non l'ordinare ad uno stampatore e il vendere poche copie della propria opera; azioni di tipo editoriale continuate e con professionalità danno lo status d' impresa.
Naturalmente un autore che vende 100 copie, si può chiamare Editore, senza essere impresa, perchè l'editore è colui che assume le spese di stampa. Ma la cosa finisce qui, perchè potrebbe addirittura pensare di non vendere le copie e regalarle. L'impresa è nella tua mente, si fa per dire, non nella realtà.
(il tu, ...ecc., ... è retorico)
Ti ripeto che tu corri troppo e salti dei passaggi di sicuro per il fatto che lavori nel settore e quindi ti lascia "trascinare" per così dire dall'abitualità delle cose. Io ti parlo di eccezioni. Eccezioni, con somiglianze con attività professionali e continuative, che però non sono continuative.
Invece di citare leggi, occore citare un passaggio del tipo: se vendi 10 copie o 100 copie del tuo libro ti devi iscrivere alla camera del Commercio. Tutto il resto sono attribuzioni improprie.
E' chiaro che se do a qualcuno lo status d'imprenditore poi ne segue tutte le regole. Ma è proprio il primo passo che non si verifica.
Lo stesso discorso vale per Adsense (mutans mutandis).
Tu fai discendere lo status d'impresa da una esposizione continuata di messaggi, ma non dall'azione (o azioni ) che dovrebbe compiere l'imprenditore. A mio avviso, l'impresa è dell'imprenditore (e mi sembra ridicolo dirlo) e quindi sono le azioni che compie la persona - imprenditore a fargli dare lo status d'impresa. Sono queste sue azioni a dover essere valutate in senso continuativo. E non una sua azione occasionale che poi dà un risultato continuativo.
Oggi e solo oggi inserisco il codice (azione occasionale dell'ipotetico imprenditore (vedi un blog)), ma il codice continua ad esistere in modo continuativo.Il fatto poi che il codice adsense è per sua natura "perenne" e che dopo il primo inserimento non induce azioni quotidiane dell'ipotetico imprenditore, non può attribuire all'ipotetico imprenditore lo status d'imprenditore, senza che compia le tipiche azioni dell'imprenditore.
In pratica, posso inserire adsense in un sito e vado a fare il missionario in Africa, ma sono imprenditore perchè il codice è "perenne" e continua a "lavorare" anche dopo la mia morte. Magari il codice continua il suo lavoro ed io dopo morto sono sempre imprenditore di un'impresa che non ha il titolare.
La scadenza del sito non è in questione (ho rinnovato per 100 anni).
La domanda fondamentale è: dove stanno le azioni quotidiane che fa un altro vero imprenditore dello stesso settore? Non compio nessuna azione continuativa e professionale di un imprenditore dello stesso settore. Se seguiamo il tuo ragionamento abbiamo creato almeno un caso d'imprenditore esistente anche dopo la morte. Abbiamo un' impresa senza titolare.
Questo esempio vuol far capire che la natura del codice adsense non può essere invocata per dettare lo status d'imprenditore. Devo, io essere umano, il titolare, fare le azioni quotidiane, continuate di un imprenditore analogo.
In tutte i libri (codici...) si parla di azioni dell'essere umano che compie con continuità azioni tali da fargli assumere lo status d'impresa.
Si possono fare milioni di esempi che vanno contro la tua logica o meglio contro la logica di chi intende le cose come tu le hai esposte (magari con ragione).
Come già ti ho detto, dimmi che tipo d'impresa è, a tuo modo di vedere, un webmaster che usa adsense e poi discutiamo delle azioni che compie il webmaster (e non il codice) onde stabilire se compie o non compie le stesse o analoghe azioni dell'imprenditore di riferimento.
E sono queste azioni che fanno l'imprenditore.
Concludo dicendo che i guadagni vanno tassatti, ma essere impresa di fatto è un'altra cosa. Poi se vogliamo adattare le nostre leggi, adattiamole... ma la realtà è un'altra.
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Mi spiace ma logicamente io resto della mia opinione.
Non serve compiere le tipeche azioni di altra impresa ogni giorno per essere impresa.
Serve esclusivamente fare quelle azioni od ottenere quei risultati non occasionalmente essendosi organizzati per farlo.Come ti ho dimostrato la frequenza dei click adsense è ben lungi dall'essere occasionale. Per ospitare quei codici ti sei organizzato (computer, linea, dominio, conoscenza ecc.).
Ciò basta.
E' infatti insito proprio in internet non dover "smanettare tutti i giorni" anzi è qualità dell'internet consentire guadagni regolari lavorando "una tantum" e non per questo si acquisisce l'occasionalità di produzione di quel reddito che invece si produce, appunto, in vari giorni, in vari click... lungo tutta la durata dell'inserimento del codice, trasformandoti in un "produttore di reddito d'impresa" non certo occasionalke, seppur a limitato impegno temporale.Ipotizziamo ad esempio di una persona che ospiti adsense tutto d'un tratto, in un sito vecchissimo, ultra interessante e completo. Si metta a generare 1000 dollari ogni giorno di ritorno. Ma dal momento che si è messo ad ospitare adsense non compia più alcuna azione di aggiornamento se non rinnovare il dominio. 365000 dollari prodotti in 365 giorni per servizi pubblicitari li dichiararesti come redditi occasionali ??? Come cosa se non come redditi di impresa (vista la natura del servizio e la sentenza della corte di giustizia UE) ???
Ed il discorso non cambia se anche il ritorno non è così elevato. Reputo.
Io penso che vi sia poca via di scampo. Purtroppo o per fortuna.
Paolo
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@i2m4y said:
Mi spiace ma logicamente io resto della mia opinione.
Non serve compiere le tipeche azioni di altra impresa ogni giorno per essere impresa.
Serve esclusivamente fare quelle azioni od ottenere quei risultati non occasionalmente essendosi organizzati per farlo.Come ti ho dimostrato la frequenza dei click adsense è ben lungi dall'essere occasionale. Per ospitare quei codici ti sei organizzato (computer, linea, dominio, conoscenza ecc.).
Ciò basta.
E' infatti insito proprio in internet non dover "smanettare tutti i giorni" anzi è qualità dell'internet consentire guadagni regolari lavorando "una tantum" e non per questo si acquisisce l'occasionalità di produzione di quel reddito che invece si produce, appunto, in vari giorni, in vari click... lungo tutta la durata dell'inserimento del codice, trasformandoti in un "produttore di reddito d'impresa" non certo occasionalke, seppur a limitato impegno temporale.Ipotizziamo ad esempio di una persona che ospiti adsense tutto d'un tratto, in un sito vecchissimo, ultra interessante e completo. Si metta a generare 1000 dollari ogni giorno di ritorno. Ma dal momento che si è messo ad ospitare adsense non compia più alcuna azione di aggiornamento se non rinnovare il dominio. 365000 dollari prodotti in 365 giorni per servizi pubblicitari li dichiararesti come redditi occasionali ??? Come cosa se non come redditi di impresa (vista la natura del servizio e la sentenza della corte di giustizia UE) ???
Ed il discorso non cambia se anche il ritorno non è così elevato. Reputo.
Io penso che vi sia poca via di scampo. Purtroppo o per fortuna.
Paolo
Proprio perchè la stabilità è intrinseca nella natura di internet e di Adsense non può essere presa come riferimento della continuità e dell'organizzazione. E' l'uomo che fa l'impresa e non il codice. L'azione umana è fondamentale. In un blog ad esempio, l'azione umana è occasionale, anzi addirittura può essere fatta una sola volta nella vita (inserimento adsense in due secondi). Poi agisce il robot, e non l'Uomo. L'Uomo se ne va in vacanza, a fare il missinario ma di sicuro non a fare l'imprenditore. Il codice agisce e lavora e produce un reddito eventualmente (non è garantito).
I redditi quando ci sono vanno tassatti: io li vedo come quelli di una locazione, anche se rimane la possibilità di un procacciatore d'affari.
Quello che non vedo è il lavoro d'imprenditore da parte del titolare, almeno fino a quando non si mette a fare veramente l'imprenditore.
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Allo stesso modo di una azienda manufatturiera totalmente robotizzata dove l'imprenditore non fa nulla (non compie dunque le azioni che cerchi) se non nel comporre l'organizzazione iniziale, producendo comunque reddito d'impresa.
Ma poi parlaimoci chiaro senza ulteriori discussioni sul sesso degli angeli: quanti sono quelli che mettono su un sito, lo farciscono con adsense e poi lo abbandonano confidando in un'assegno ogni tanto ???? Penso proprio casi eccezionali. La regola sono siti aggiornati senza periodicità predefinita, con un aggiornamento che influisce sulla contestualizzazione degli annunci e con magari l'occhiolino vigile a come meglio sia ospitare gli annunci ed a come posizionare il sito... forse anche per portare il solito assegno da 100 a 120 dollari.... o forse ad usare quelle paroline utili a far arrivare i più redditizi annunci del mutui.
Non mi nasconderei dunque dietro un dito.... e allora: non sono forse queste la azioni che trascendono nelle azioni d'impresa che cerchi, non foss'altro perchè mutano la fruttuosità o tipologia degli annunci anche indirettamente ?!?!?
Ed allora potremo dire che per la maggior parte dei publisher anche le azioni che cerchi vengono compiute... finalmente integrando la rassicurazione che cerchi in merito alle azioni imprenditoriali.Paolo
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@lodiablo said:
Poi agisce il robot, e non l'Uomo. L'Uomo se ne va in vacanza, a fare il missinario ma di sicuro non a fare l'imprenditore. Scusa, ma dove hai letto che un imprenditore per essere tale deve lavorare continuativamente? Il bello di fare l'impenditore è che - in certi casi - si fanno lavorare gli altri, le macchine ecc.
Tu sarai pure ai Caraibi, ma la tua impresa continua a lavorare e a fare soldi per te!Per il resto mi tornano i ragionamenti di Paolo.
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@i2m4y said:
Allo stesso modo di una azienda manufatturiera totalmente robotizzata dove l'imprenditore non fa nulla (non compie dunque le azioni che cerchi) se non nel comporre l'organizzazione iniziale, producendo comunque reddito d'impresa.
Ma poi parlaimoci chiaro senza ulteriori discussioni sul sesso degli angeli: quanti sono quelli che mettono su un sito, lo farciscono con adsense e poi lo abbandonano confidando in un'assegno ogni tanto ???? Penso proprio casi eccezionali. La regola sono siti aggiornati senza periodicità predefinita, con un aggiornamento che influisce sulla contestualizzazione degli annunci e con magari l'occhiolino vigile a come meglio sia ospitare gli annunci ed a come posizionare il sito... forse anche per portare il solito assegno da 100 a 120 dollari.... o forse ad usare quelle paroline utili a far arrivare i più redditizi annunci del mutui.
Non mi nasconderei dunque dietro un dito.... e allora: non sono forse queste la azioni che trascendono nelle azioni d'impresa che cerchi, non foss'altro perchè mutano la fruttuosità o tipologia degli annunci anche indirettamente ?!?!?
Ed allora potremo dire che per la maggior parte dei publisher anche le azioni che cerchi vengono compiute... finalmente integrando la rassicurazione che cerchi in merito alle azioni imprenditoriali.Paolo
Non stai cogliendo la differenza sottile tra le cose. Ti fai trasportare dal tuo lavoro quotidiano.
Un webmaster che inserisce ogni giorno vari tipi di codice, cambia banner, cerca pubblicità... è un imprenditore. Non perchè il codice è "perenne" ma perchè lui compie azioni da imprenditore con continuità e non occasonali.
Mentre l'apertura di un blog comporta l'inserimendo di adsense una sola volta e quindi occasionale. Quindi li manca la continuità e abitualità dell'azione dell'imprenditore.
Infatti, ti ho detto: proprio perchè il codice è intrinsecamente perenne non può essere l'indicatore di continuità.
La differenza è sottile ma esiste ed è determinante. Ancora una volta è l'imprenditore che è il titolare e non il codice=robot.
Infine, se muore il titolare muore l'impresa mentre il codice=robot continua ad esistere. Affermate forse che l'impresa può esistere di fatto (non sulla carta) anche se il titolare è morto?
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@i2m4y said:
Ipotizziamo ad esempio di una persona che ospiti adsense tutto d'un tratto, in un sito vecchissimo, ultra interessante e completo. Si metta a generare 1000 dollari ogni giorno di ritorno. Ma dal momento che si è messo ad ospitare adsense non compia più alcuna azione di aggiornamento se non rinnovare il dominio. 365000 dollari prodotti in 365 giorni per servizi pubblicitari li dichiararesti come redditi occasionali ???
Possiedo una villa al lago, e tutto d'un tratto decido di spostarmi in città ed affittare la villa. Sono fortunato, perché trovo un'attore americano di successo che mi paga 100.000 Euro al mese d'affitto... La villa mi genera 1.200.000 Euro all'anno! Ovviamente li dichiaro (come redditi occasionali?), e pago le tasse.
Ma sono per quello diventato anche impresa immobiliare?!?
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Gli immobili sono cosa diversa che qui non centra con regolazioni particolari e proprie.
Se l'imprendtore muore passa all'erede l'attività che continua ad essere attività d'impresa.... egli regolerà la posizione da pars suo, ma sulla base dell'azienda ereditata.
PS Per favore non continuare a dire che non colgo questo o quello perchè diventa urtante la sensibilità culturare altrui, ben mi son guardato da par mia dal farti notare infatti che forse sei tu a non aver inteso concetti ripetuti dieci volte e sorretti da norme e prassi.
Mi arrendo al fatto che il blogger dopo aver postato la prima volta non posti più, abbandonando il blog al suo destino lucrativo con adsense e restando occasionale.... perchè altri post configurerebbero azioni d'impresa, ricontestualizzando inderettamente gli annunci adsense, e dunque diverrebbe impresa.... abbiamo ben definito lo 0,000000001 % dei blog italiani.
Paolo
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@i2m4y said:
Gli immobili sono cosa diversa che qui non centra con regolazioni particolari e proprie.
Se l'imprendtore muore passa all'erede l'attività che continua ad essere attività d'impresa.... egli regolerà la posizione da pars suo, ma sulla base dell'azienda ereditata.
PS Per favore non continuare a dire che non colgo questo o quello perchè diventa urtante la sensibilità culturare altrui, ben mi son guardato da par mia dal farti notare infatti che forse sei tu a non aver inteso concetti ripetuti dieci volte e sorretti da norme e prassi.
Mi arrendo al fatto che il blogger dopo aver postato la prima volta non posti più, abbandonando il blog al suo destino lucrativo con adsense e restando occasionale.... perchè altri post configurerebbero azioni d'impresa, ricontestualizzando inderettamente gli annunci adsense, e dunque diverrebbe impresa.... abbiamo ben definito lo 0,000000001 % dei blog italiani.
Paolo
Basterebbe dire che l'imprenditore non ha eredi... Ma la questione ancora una volta sfugge di mano. Perchè non è una questione di eredità, così come non era una questione di robot/codice. La questione è stabilire se si è o non si è impresa in base all'azione/i svolta/e.
Un imprenditore con una fabbrica completamente robotizzata è un imprenditore perchè per farli agire deve fare delle cose quotidianamente (cercare i clienti, costruire e gestire la fabbrica, verificare il lavoro dei robot, investire...insomma gestisce lui)... cioè deve avere una stabile organizzazione.
E' imprenditore perchè gestisce lui (uomo) e non perchè i robot messi in funzione lavorano in automatico. Ancora una volta è evidente che è l'azione dell'uomo a farlo diventare imprenditore, stante la continuità, l'organizzazione e la professionalità.
E qui torna la questione della stabile organizzazione da qualcuno rigettata come non aderente al nostro discorso.
Il blog, tra le altre cose, non è una stabile organizzazione e tantomeno lo è un sito. In sostanza, anche chi non ha un blog ma un sito... è, o potrebbe essere, configurato come non imprenditore.
Ma la differenza è sottile. Però esiste ancora un però.
Ad esempio un blog o un sito lo potrei aprire da un internet point e quindi verrebbero meno anche le questioni da te citate sull'organizzazione (avere un computer, una connessione, ecc). Si dirà è assurdo aprire un sito o un blog da un internet point. Non tanto, ci sono numerosi esempi; e tanto per citarne uno, a Cuba gestiscono interi giornali-blog contro il regime dagli internet point degli alberghi. Lo fanno per fare uscire notizie non filtrate.
Inoltre, aprire un sito o un blog non è oggi poi una cosa tanto difficile e si riesce a gestire in pochi minuti.
Infine, i blog che soddisfanno alle dichiarate condizioni d'occasinalità non sono 0,0000000001 ( +/- il numero che hai indicato) ma andrebbero conteggiati. A mio avviso su 100 blog 80 soddisfano alle dichiarate condizioni d'occasionalità.Ma poi voglio fare un'osservazione sulla stranezza dell'Italia. Ipotizziamo che con un blog o con un sito guadagno 4000 euro l'anno. Questi soldi sono per me un reddito e posso magari pagarmi gli studi o aiutare la mia famiglia o semplicemente accumularli per aprire poi un negozio o una qualsiasi attività che mi renda indipendente (e mi permetta di vivere e pagare le tasse allo Stato, tanto assetato). Sono anche un deterrente contro la deliquenza; non devo andare a rubare per mangiare!
Se invece devo diventare impresa, in pratica questi soldi "volano" via tra il commercialista, le varie tasse d'impresa e i contributi. Cosa mangio?
Sono costretto, in pratica, a rinunciare a questi soldi.
Conseguenza: perdo una possibilità d'indipendenza, e lo Stato perde un futuro contribuente.
In sostanza lo Stato danneggia se stesso.
Ne dovrebbe conseguire a rigor di logica che mai e poi mai un funzionario del fisco dovrebbe intraprendere azioni contro un webmaster gestore di un piccolo sito. Ma è ben noto che la logica non è il forte degli italiani.Ps. Hai ragione sul fatto che ripetere più volte frasi del tipo " non hai colto " è fastidioso. Di questo fastidio procurato chiedo scusa e queste scuse volevo velatamente intendere quando più volte ho scritto " il tu è retorico". Insomma sto parlando con te ma mi riferisco semplicemente a chi ha le tue posizioni dal punto di vista fiscale.
Però devi convenire con me che mentre io ho sempre ammesso che un imprenditore è un imprenditore (scusa la tautologia, ma non tanto tautologica) ma io non mi sono mai riferito a chi già è un imprenditore ma a tutte quelle attività marginali che è difficile definirle impresa.
Di certo se prendiamo un imprenditore vero per lui valgono tutte le Leggi e le risoluzioni che hai citate, ma la questione da me posta non era questa. La mia questione è far vedere che si compie un vero e proprio volo pindarico per affermare che l'apertura di un blog con adsense comporta automaticmaente la classificazione come imprenditore. Contro questa automatizzazione che mi batto, perchè non corrisponde alla realtà nella maggior parte dei casi.
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Paolo, potresti darmi una tua opinione su questo articolo scritto da un commercialista?
tax-appeal.blogspot.com/2008/01/adsense-per-i-privati-che-non.html
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Ciao Fabio,
se guardi tra i commenti a quel topic di quel blog c'è già un mio commento di qualche tempo fa.... siamo commercialisti della stessa città.
Io non condivido la posizione... purtroppo non voglio essere restrittivo, ma le norme attualmente esistenti in Italia non lasciano scampo se l'attività (ospitalità-guadagno) è continuativa.... anche se i ricavi sono miseri.... il parametro importo infatti non è contemplato dalla norma.... paradossale, ma è così.
Quindi si possono inventare altri inquadramenti, tentare applicazioni di altri regimi fiscali, ma saranno tutti zoppi e criticabili dai verificatori..... purtroppo per i micro-micro-publisher.
Ribadisco che l'ipotesi di verifica fiscale su micro importi resta comunque remota, a mio giudizio.
Paolo
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Grazie per la risposta Paolo.
Il tuo commento mi era sfuggito, in effetti.Da quello che ho capito, tu ritieni che gli annunci di adsense pubblicati sul sito sono ospitati in modo continuativo e per questo bisogna parlare di impresa.
Ma l'articolo 2082 cc. non fa forse riferimento all'attività svolta? E' questa che deve risultare professionale, quindi continuativa/non occasionale.
E uno studente che aggiorna una volta ogni tanto il suo blog o il suo sito personale messo online solo per condividere con altri le proprie passioni e i propri interessi e che niente ha a che fare con attività commerciale (e-commerce...) può essere considerata come un'attività professionale?
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Seppur condivida il fatto che l'attività del micro-publisher sia difficilissimamente inquadrabile come impresa a livello di quantità di reddito prodotto, non mi sono mai del tutto convinto che possa non esservi la professionalità.
Come detto anche il micro publisher normalmente:
- si dota di un computer, una linea adsl, un dominio, un hosting ecc. e dunque di una organizzazione;
- compie azioni tese allo scopo di lucro: sottoscrive un contratto con Google, cerca il piazzamento degli annunci più remunerativo, li sistema graficamente, modifica il layout, posiziona il suo sito, lo riempie di contenuti magari che gli consentano di far apparire (contestualizzazione automatica di adsense) gli annunci più remunerativi (es. quelli dei mutui), magari con i filtri esclude i concorrenti, compra più banda, rinnova il dominio, rinnova l'hosting, rinnova l'abbonamento adsl, tiene in manutenzione il computer, participa a forum come questo per capire le migliori strategie adsense (magari addirittura arriva ad avvalersi di adwords).... e così via.
- le azioni di questa natura, magari non tutte e magari non ogni giorno, sono poi compiute con una buona continuità nell'arco dell'anno;
- come continui sono i click nell'arco dell'anno che gli consentono di guadagnare anche quei soli 100 o 200 euro... magari 4-5 click al giorno... dunque certamente 4-5 servizi pubblicitari al giorno.
- come, forse ininflente, esiste uno scopo di lucro che lo differenzia da altri webmaster che hanno coscentemente deciso di non mettere annunci sui loro siti.
Uscendo da considerazione soggettive ed addentrandosi in considerazioni oggettive reputo di poter condividere la sentenza della Corte di Giustizia UE che ha definito anche l'ultimo anello di una campagna pubblicitaria quale servizio pubblicitario. Servizi pubblicitari dunque tipicamente inquadrati come attività d'impresa dall'art. 2195 CC.
Guardando poi alla più ampia fattispecie vedo la campagna pubblicitaria nella sua interezza: google raccoglie con adwords e diffonde con adsense.... allora mi chiedo perchè adwords dovrebbe dunque essere un servizio pubblicitario e adsense no ??
Il regolamento Ue 1777 del 2005 ha messo i banner pubblicitari tra i servizi pubblicitari del commercio elettronico.... adsense quando è grafico è molto simile e quando è testuale se ne discosta neppure troppo.Normativamente esistono limiti di reddito per attività commerciale al di sotto dei quali si potrebbe non essere definiti imprese ??? Non ne conosco, neppure in ambito fiscale, neppure in ambito previdenziale..... addirittura esistevano sino al 31.12.2007 appositi regimi fiscali utili ad inquadrare micro-micro-attività pur sempre di impresa.
Esistono poi sicuramente dei casi in cui quanto ho scritto può non trovare applicazione.
Magari il caso dello studente che apre un blog e poi lo abbandona senza aggiornarlo.
Oppure il caso del publisher che lo fa per soli due mesi.
Va bene, ci sto, non c'è professionalità.... ma non vedo neppure scopo in quello che lo studente ha fatto, e lo vedo caso particolare rispetto ad una seppur diffusa mirco-normalità.Seppur senza pretesa di certezza da parte mia e comunque riservandomi di approfondire ulteriori strade, al momento, non posso che sostenere l'impostazione che si dia vita ad una impresa nella stragrande maggioranza dei casi.
Sarebbe bello affermare il contrario..... si diverrebbe "gli eroi" dei micropublisher, linkati e pubblicati ovunque.... io non me la sento, perchè seppur remoto esiste un rischio da correre, a mio giudizio, nel dare altri inquadramenti.Paolo
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Mi riesce difficile pensare che le micro-attività svolte dallo studente che possiede un suo blog personale possano essere considerate attività d'impresa.
Cerco di essere più chiaro.
Lo studente non si dota di un computer e di una linea ADSL esclusivamente per iniziare la sua attività di webmaster. Il 99,9% delle volte lo studente possiede già un computer ed una linea ADSL per scopo personale.
E che razza di organizzazione è un PC ed un modem?Per quanto riguarda l'hosting, potrei essere d'accordo con te se questo studente usufruisse di un server dedicato relativamente costoso e appunto dedicato al singolo sito/attività, ma non uno shared hosting condiviso con altri 1000 siti web.
(è organizzazione 1/1000 di CPU, 1/1000 di HDD, 1/1000 di RAM ?)Certo, conclude un contratto con Google per l'inserimento di annunci pubblicitari.
Ma questo lo fa per poter sostenere le piccole spese dell'hosting e per far quindi "sopravvivere" il suo sito personale, non certo per fini di lucro.
(se l'hosting costa 100euro e ne guadagna 1000 allora si può cominciare a parlare di lucro, ovviamente.)Tutte le azioni tese allo scopo di lucro che hai elencato (cerca il piazzamento degli annunci più remunerativo, li sistema graficamente, modifica il layout, posiziona il suo sito,...) sempre che vengano effettivamente eseguite dallo studente di turno, non possono certo essere considerate attività professionali.
Per far si che queste attività abbiano un riscontro positivo (+click) infatti, è necessaria la presenza di un soggetto che fa di professione questo mestiere.Se poi si aggiunge che il sito/blog lo studente lo aggiorna una volta ogni tanto sembra chiaro che non esista alcuna professionalità in quello che fa.
Ovviamente queste sono solo delle mie considerazioni personali volte ad approfondire l'argomento e possibilmente a cercare di chiarirlo una volta per tutte.
Saluti.
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Io credo che se un blogger o un webmaster vuole gestire un sito in modo amatoriale come passatempo, lo possa fare ad una cifra annuale nell'ordine di una o due pizze, non di più. Direi abbordabile.
Partecipare a un programma come AdSense comporta un fine di lucro direi innegabile, non vedo come si possa contraddire questo fatto. Il fatto di recuperare i costi, oltre a essere a mio parere un "scusa", non credo abbia nessun fondamento normativo.
Lascio la parola agli esperti.
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Il fatto di "recuperare i costi" purtroppo non porta acqua al mulino del micro-publisher. Lo fa esattamente negli stessi termini un negoziante: copre i costi con i ricavi e poi magari ci scappa l'utile oppure la perdita.
Molti di noi quando iniziano lo fanno con quanto già a loro disposizione: raccolgono ed organizzano quanto hanno, vi aggiungono magari altri mezzi e predispongono l'organizzazione pronta ad agire (anche per fine di lucro)..... nel caso concordo una micro organizzazione, come è micro il giro d'affari, come è micro l'impegno, come micro è anche la professionalità.
Io la mia professione l'iniziai con un solo computer, già di proprietà.E chi l'ha detto che per fare posizionamento del proprio sito, strategia di layout su adsense, migliore contestualizzazione, convogliamento dei click, si debba essere "un soggetto che fa di professione questo mestiere" ????..... lo studente già se fa tutte queste azioni (o parte di esse), con l'organizzazione descritta e con tensione ad un fine di lucro è già un mestierante del settore... lo diviene anzi proprio per quello, come ho spiegato dal mio punto di vista.
Non esistono (PURTROPPO) limiti di legge per cui sotto 1000 euro non si è impresa. In casi del genere (che ripeto reputo la maggioranza) ci sono tutti i requisiti, in quantità micro, ma tutti quelli che integrano una micro-impresa.... ma che resta impresa.
Al publisher non è inoltre garantito alcun reddito.... esattamente come ad una impresa.... egli esattamente come una impresa dunque rischia di nemmeno coprirli i suoi costi. E questa condizione titpica d'impresa permane anche se a fare il publisher è uno studente.
PS grazie anzi, felice di sviscerarlo questo tema, magari colgo aspetti che non conosco.
Paolo