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    Google e il Semantic Web, una relazione che cambia nel tempo

    Il primo brevetto so search "semantica" di Google risale al 1999, così intitola un suo articolo Bill Slawsky, massimo esperto in materia (https://www.seobythesea.com/2014/09/google-first-semantic-search-invention-patented-1999/).
    Eppure, se si pensa a quel che Barners-Lee ha definito Semantic Web, nel suo articolo uscito nel 2011 su Scientific American, che incarnava al contempo una visione, anche socio-culturale, prima ancora di essere uno stack tecnologico, ci rendiamo conto che Google non è stato fra i primi a scommettere sul Semantic Web, fidandosi più dei modelli linguistici probabilistici (costruiti contando il numero di occorrenze di brevi sequenze di parole consecutive, gli n-grammi). Modelli linguistici di questo tipo sono alla base dei più noti modelli di generazione linguistica come GPT-3.

    2009: Halvey, Norvig [oggi direttore della Search] e Pereira pubblicano The unreasonable Effectiveness of data (https://static.googleusercontent.com/media/research.google.com/it//pubs/archive/35179.pdf), una serie di osservazioni sulle tecnologie alla base del Semantic Web VS Semantic Interpretation (basata sul Natural Language Processing).
    Gli autori esortano esplicitamente a "scegliere una rappresentazione che possa usare l'apprendimento non supervisionato su dati non etichettati, che sono molto più abbondanti dei dati etichettati [usati nel Web Semantico]".
    L'aggiunta di uno strato Semantico sembrava allora uno spreco di tempo e denaro, e gli adopters erano in numero trascurabile.

    2010: Google acquisisce MetaWeb e il suo Freebase, su cui costruirà il suo Knowledge Graph.

    2012: Amit Singhal pubblica sul blog ufficiale di Google l'articolo "spartiacque": Introducing the Knowledge Graph: things, not strings (https://blog.google/products/search/introducing-knowledge-graph-things-not/).
    Da allora, più del 40% dei siti web implementa dati strutturati (in parte grazie a Google e all'incentivo Rich results).

    Per ora, il Semantic Web ha vinto una battaglia, molto resta da fare per avvicinarlo alla visione di Sir Tim Berners-Lee, che continua ad essere fondata sull'idea di empowerment del genere umano.
    Dal canto nostro, come SEO, possiamo impegnarci nel labeling semantico, non inseguendo le ricompense immediate dei Rich result, ma pensando a come questo layer aspiri, fra l’altro, a una leggibilità da parte delle macchine (ben oltre i motori di ricerca). Solo relazionando le informazioni fra loro, disambiguandole, si può aspirare a un incremento di conoscenza prodotta, perché no?, da agenti intelligenti in grado di interfacciarsi con gli umani.


    giorgiotave 1 Risposta
  • Community Manager

    @maxxg in che modo le nostre informazioni entrano in relazione con il Semantic Web?

    Forse è questa la domanda?