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Gli ex YouTubers si stanno cullando sugli allori di Twitch?
Segnalo questa chiacchierata tra Tommaso Di Stefano e Dellimellow riguardante la situazione degli streamer di Twitch.
Tanti spunti interessanti e soprattutto tante dinamiche su cui bisognerebbe interrogarsi per dare un senso e uno scopo a quello che si porta nelle live.
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Ciao Andrea,
curioso, ma quasi prevedibile che nessuno che si occupa di marketing sia intervenuto per commentare.
Ai markettari interessa la grana, non l'etica.
Ai nerd interesssano gli algoritmi, non le conseguenze che portano.
Ai Creator, di nuovo, interessa la grana, non il valore di quello che fanno o avere un atteggiamento critico nella prospettiva.Triste, ma ho l'impressione che sia quasi un aassioma.
Andrea
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Dalla Live:
Il business è basato su Twitch Prime, molti non stanno costruendo un business che si sgancia da questo.
I grandi possono perdere intorno all'80%.
Che succede se salta?
Domande a cui pensare
- come portare il mio pubblico su Twitch
- come portare i tuoi contenuti su YouTube
- le persone sono parte del contenuto
A 1 Risposta -
@giorgiotave Mi permetto di aggiungere due punti:
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come favorire l'interazione fuori dalla diretta (cosa che su Youtube funzionava molto meglio e, con i suggerimenti di Youtube, dava anche la possibilità di confrontare i contenuti di altri Creator).
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Come difendersi dalla censura o dal blocco, spesso immotivato delle piattaforme.
Sarebbe, secondo me, anche utile capire se è necessario per forza che tutto si monetizzabile.
Non si può parlare di vera condivisione se il contenuto è sempre un guadagno, perché il motore diventa quello economico.
Se non ci fosse monetizzazione, si riuscirebbe a portare avanti, per chi ovviamente è interessato, una politica di distribuzione libera e gratuita di contenuti di qualità??Chiediamocelo...
1 Risposta -
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@andreabo non sono sicuro di aver centrato al 100% la questione che poni, ma provo comunque a dare un seguito al tuo commento dando il mio punto di vista su questa domanda: come è possibile lavorare (per me la questione è in senso lato) senza che il motore economico sia quello centrale? Perché farsi questa domanda? Perché questa nostra struttura economica non facilita di certo la qualità, la cura dell'ambiente, la dignità del lavoro ed altre cosette come queste che sicuramente non sono secondarie per me.
Io sono un convinto sostenitore dello libero scambio della conoscenza, allo stesso tempo l'intera società occidentale si fonda su un tipo di economia che andrebbe studiata (per capirla e per difendersi). Ognuno di noi deve portare la pagnotta a casa a fine mese, ma nessuno ci obbliga di anteporre il guadagno a qualsiasi altro aspetto del nostro lavoro, cioè non è detto che bisogna sempre e solo guadagnare il più possibile col minimo sforzo. Io, ad esempio, non ho nei miei obiettivi quello di diventare il più ricco possibile ma di guadagnare il giusto per condurre una vita dignitosa e seguire le mie idee riguardo la comunicazione, il web, ecc. - @giorgiotave parla di un internet migliore, ecco un valore che io cerco di seguire (con mille difficoltà naturalmente, ma per me questo da maggiori motivazioni dei soldi). Questo approccio, naturalmente, non è quello delle multinazionali proprietarie degli strumenti di cui stiamo parlando. Quello che dobbiamo fare noi è di non dimenticarci mai questo.
Per cui: se una multinazionale che ci mette a disposizione una piattaforma "gratuitamente" decide che il gioco non vale la candela e chiude, o cambia i parametri di accesso, o decide di guadagnare sfruttando il lavoro degli altri... in questi casi noi delle volte non possiamo nulla (sulla chiusura ad esempio) su altre cose possiamo unirci per difendere i propri diritti (lo sfruttamento da parte del lavoro dei content creator). Ma tutto questo non è sufficiente.
Noi dobbiamo sapere quelli che sono i nostri obiettivi, sia economici sia (soprattutto) riguardo al tipo di proposta culturale (se c'è) intendiamo portare avanti. Se questa proposta effettivamente esiste (cioè non siamo solo dei costruttori di contenuto che cercano di monetizzare il più possibile questa attività), allora dobbiamo agire con strategie diverse e maggiormente legate alla nostra proposta culturale. In questo caso ecco alcuni punti secondo me irrinunciabili:-
Ogni nostro contenuto, se di qualità, non ha valore solo perché inserito all'interno di una piattaforma, quindi va assolutamente curato (bisogna avere una copia di tutti i contenuti, e una strategia capace di riutilizzare quei contenuti in altre piattaforme o in altri format);
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Se il nostro pubblico è una community affezionata al valore che noi proponiamo dobbiamo essere pronti (e capaci) di individuare dei modi per portarceli dietro quando cambiamo piattaforma.
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quando decidiamo delle collaborazioni (o delle alleanze), esse sono sviluppate per appoggiare il percorso culturale e non solo per aumentare le opportunità di monetizzare.
Che cos'è un percorso culturale? L'idea di costruire un internet migliore è, per esempio, un progetto culturale, se lo si vuole seguire (senza ridurlo a mero slogan comunicativo) si dovrebbe anteporre obiettivi culturali a quelli economici.
A 1 Risposta -
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@anedo Ciao, grazie.
Condivido in toto.
Aggiungo una cosa. Per poter difendere i Creator, bisogna, secondo me che ci muoviamo non solo quando Google o Amazon ci colpiscono, ma agiamo preventivamente, proprio per tutelare il valore dei nostri contenuti.
Se aspettiamo che lo faccia la legge, essa arriverà sempre molto in ritardo.
Come è successo nella Silicon Valley, per fare un esempio, tanti lavoratori delle compagnie tech si sono uniti coinvolgendo anche persone molto influenti (e danarose) per portare avanti una campagna affiché venisse accettata una proposta (fatta da loro) di regolamentazione più stringente, rispetto a quella nazionale, riguardante la gestione della Privacy rispetto alle Big Company.
Il risultato è che ora tutta la California ha una legge molto più stringente e simile a quella europea:
https://www.wired.com/story/california-prop-24-fight-over-privacy-future/
Questo è un esempio che uniti si può vincere, ma se ognuno difende solo i suoi (rispettabilissimi) interessi economici, senza però considerare il quadro globale, a lungo andare ci rimettono tutti.
Un altro esempio è quello di Giorgio Tave, che, con tutto il rispetto per la lotta che messo in atto, ha deciso alla fine di "vendicarsi" per i blocchi inspiegabili imposti da Youtube andando su Twitch.
Dal video sopra risulta però chiaro che anche Amazon blocca indiscriminatamente e senza spegazione dei Creator (si parla di Fedez per esempio).
Ma oltre a questo, per quanto Twitch sarebbe comunque stato scelto a prescindere, trovo la decisione di Giorgio una sconfitta, come gli ho detto in una live.
Giorgio ha pensato di fargliela pagare andando via o quasi, ma in realtà loro hanno vinto, nel senso che chi voleva disturbarlo/limitarlo è riuscito nel suo intento e, dato che il canale non monetizza, il problema è stato considerato poco grave da Youtube.
Inoltre Giorgio non parla di censura, ma di un dispetto di qualche agenzia, affiliata di Youtube, che gestisce le moderazioni che non avrebbe gradito le sue interviste ai moderatori.
Per me chiunque sfrutti una posizione di potere in forma anonima per impedire o rendere difficoltosa la libertà di parola, in effetti sta applicando una censura.
Il danno per concludere non è stato solo per Giorgio, ma anche, a mio parere, per tutta la community che lui ha costruito con tanta pazienza e cura, perché Twitch non offre certo le stesse possiblità di interazione che offre Youtube.
Su Twitch devi per forza essere live e fuori da quello spazio non si possono fare commenti, mentra su Youbue i commenti rimangono sempre visibili sotto i video e chiunque li può usare come spunto di riflessione senza doversi rivedere tutto il video.
Inoltre possono essere un perenne spunto pubblico di riflessione anche per chi capita per caso su quel video, cosa che su Twitch non potrà mai accadere.Inoltre l'interazione LIVE forzata, secondo me, è un po' troppo impegnativa per chi lavora o non ha libertà sul luogo di lavoro e quindi perde di valore se fatta troppo frequente.
Con tutti i social che controlliamo al giorno, tutti i video che seguiamo per informarci ed aggiornarci, si rischia veramente di andare in overload.@giorgiotave ti faccio una proposta: perché non limitare le LIVE agli interventi dove richiedi l'interazione con i partecipanti per la produzione del contenuto o per il dibattito e tutto il resto invece non farlo di nuovo su Youtube o non in diretta?
Perché inoltre non denunciare Youtube chiedendo a tutto il tuo pubblico, ad esempio, di inondare di richieste di protesta i mezzi di comunicaazione social e tradizionali e anche le mail di assistenza di Youtube.
Sono convinto che sollevando un bel polverone Youtube sarebbe costretta ad ascoltare e magari al WMF si potrebbe anche fare una proposta al Governo per tutelare la libertà di parola, oltre che la privacy.Un approccio un po' meno tecnico, ma forse più etico.
Del resto la libertà e i diritti valgono più dei Core Web Vitals, no?