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Grazie/non mi merito, sei sempre il 'letterato introspettivo/generoso' che mi ricordo; ma per me che vivo costantemente il mio 'alter/ego', questa trascrizione vale soltanto sdrammatizzazione: come andare al passo con altri facendone un po' la caricatura (sorta dunque di scimmiottatura al negativo). D'altra parte sempre più credo che ciò che è vero pathos non può essere narrato. Ciao. P.S. Ti ricordi la 'santa' nella Grande Bellezza? "Signora... la povertà si vive, non si racconta."
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@euroroscini said:
P.S. Ti ricordi la 'santa' nella Grande Bellezza? "Signora... la povertà si vive, non si racconta."
Sì, la ricordo. Un elemento solo parzialmente contestualizzato di una composizione strana, imperfetta, forse lievemente incongrua, ma ciò non di meno potente.
Forse non il miglior Sorrentino che abbia visto fino a qui (dovrei aver collezionato tutti i suoi lavori, la maggior parte consumati tramite il rito della visione canonica al cinema), ma di certo una pellicola che ha lasciato le sue tracce dentro di me.
Concordo sull'idea che tutte le condizioni si vivano e non si raccontino, se non in modo fallimentare; a meno di non adottare un linguaggio puramente formale fatto di dati sperimentali e concatenazioni logiche, il residuo tra esperienza personale del mondo e comunicazione di quella è comunque non compensabile. Eppure proprio la nostra specie, unica in natura, ha trovato nel racconto — che un tempo era tutt'uno con la poesia; oggi forse un po' meno, ma su questo non saprei esprimermi compiutamente — la forma più efficace di condivisione delle esperienze, di veicolo di catarsi, di meccanismo di evocazione e di prototipo per scambio di briciole d'essenza. In tal senso, i linguaggi puramente formali, che pure sono avanti anni luce rispetto alle parole quando si tratta di fornire una rappresentazione di ciò che è, ancora annaspano e gattonano in una fase semi-pupale.
Mi interrogo sul carattere inevitabile/paradossale di questo aspetto della cultura, e mi chiedo se non si possa sperare in una riconciliazione o in una risoluzione del conflitto, presto o tardi.
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Non mi riesce di collocare la mia risposta intera... Non capisco il motivo... Euro
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Se la risposta era più lunga di 10,000 caratteri, il sistema potrebbe averla bloccata per limiti di estensione dei post.
qualora tu abbia ancora il testo della replica, prova a segmentarlo in più parti.
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Non entro, Leonov, nel tuo labirinto concettuale/linguistico (come in quello di qualsiasi altro) perché ho perso l'abitudine – in altri tempi era passione o accanimento – di comunicare per 'convincere' un po' o 'essere convinto' di più: quella/la mia era smania intrusiva, falsa dialettica, finiva solitamente in un bisticciato arrovellamento. Ora ascolto/vedo/sento, capitando per caso dove mi portano la testa e i piedi; e prendo/catturo piccoli segmenti, spunti di immagini e di parole, angoli minimi, finendo col divenire ombra, spettro istantaneo, onda volubile. Poi me ne vado. Senza drammi se non quello della 'solitudine' che mi resta, per altro accettabile.
Ad esempio... Un *“elemento” *che suppongo fra altri “contestualizza**to” in certa “composizione” (penso alla sequenza del convivio che quasi chiude il film) è già di per sé parziale, implicitamente. In quel *“solo parzialmente contestualizzato” *ci colgo dunque un che di tautologico: mi si confondono le idee da subito e ti seguo con fatica (ovviamente per mia deficienza). L'intera sequenza del convivio poi (se è giusto che interpreti così la tua “composizione”) è per me sì “strana”, ma nel senso di stupefacente/affascinante; “imperfetta” tutt'altro ma perfettamente circolare – cioè compiuta e organica – come quadro o dipinto (“La grande bellezza” – film niente affatto narrativo – è una magistrale sequenza di pitture il cui ordine si può anche invertire come ad una mostra). E *“incongrua” *per niente, significando nell'insieme SIMBOLO – come marchio o stigma – di certa complessa/complessiva decadenza che s'è voluta rappresentare, tutto includendovi, particolarmente l''intellettualità di sinistra' del tempo che ora fermenta maleodorante nel gozzo dell'autore Sorrentino. E ancora: la “idea che tutte le condizioni si vivano e non si raccontino” non è mia... Perché in 'condizione' ci comprendo anche quella d'un personaggio di fiaba che, in quanto proprio 'condizione seppure virtuale', a sua volta 'mi condiziona'. La quale però per definizione non vivo. Infine: in “... ha trovato nel racconto... la f orma più efficace di condivisione delle esperienze... per scambio di briciole d'essenza.” vi trovo interessante – particolarmente – soltanto il ternario (ti ricordi della mia tridimensione?) racconto/esperienze/essenza. Per quanto... Io preferirei quest'ordine: 'essenza' come LOGOS | esperienza come ETHOS | racconto come PATHOS. Ciao.|
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Trovo sempre sorprendente quanto inefficacemente riusciamo a comunicare noi due.
E sono ben lieto che dai nostri scambi non dipendano, per dirne una, le sorti di qualche grave diatriba tra nazioni; altrimenti il confine tra la pace e la guerra totale sarebbe così labile da lacerarsi ad ogni minima sollecitazione, degenerando in conflitto termonucleare.
Dovremmo avvalerci dei servigi di ottime diplomazie.
Non parlavo però del ruolo della Santa nella sequenza della cena, bensì di quella sequenza tutta nel bilancio dell'intero lungometraggio; imprecisione mia: ho sottostimato il livello di generalizzazione del mio enunciato rispetto al dettaglio che tu avevi evocato. E all'intero film mi riferivo definendolo "incongruo": accenni, sprazzi, parentesi, parvenze, quadri — sebbene carichi di guizzi folgoranti — con queste sequenze giustapposte che solo la grandezza visiva e (probabilmente, chissà) la concessione al regista di una sospensione del giudizio critico da parte mia mi hanno consentito di apprezzare, e molto.
Recentemente ho ritrovato una tecnica analoga nel "Grand Budapest Hotel" di Wes Anderson, ma con efficacia e potenza cronicamente inferiori. C'erano mille dettagli squisiti, e scenette cucite tra loro con grazia sopra una trama tutto sommato lineare, ma niente di viscerale (al contrario del Sorrentino de "La Grande Bellezza").
Non vorrei però passasse il messaggio che "La Grande Bellezza" mi abbia deluso o lasciato indifferente, quindi lo ribadisco: mi ha emozionato, stupito e sorpreso in quella maniera profonda e stimolante che è propria di tutti i film di Sorrentino; credo di preferire a questo lavoro altre opere precedenti, ma lì credo siamo sul mero gusto personale. Resta il fatto che per me il percorso artistico di Sorrentino è ancora tra i più interessanti in Italia, e ho intenzione di seguirne i passi ovunque mi porteranno, finché non mi stancherò di far parte del suo pubblico.
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Appunto, Leonov!... oltre ad “accenni, sprazzi, parentesi, parvenze” dici anche “quadri”: ciò che pensavo e t'ho detto anch'io del film complessivo. Eppure avevo capito... (meglio in un secondo momento – è vero – ripensandoci, ma il post di risposta te l'avevo già scritto): capito che il tuo “contestualizzato” oltrepassasse, come dire?... andasse oltre il “ruolo della Santa nella sequenza della cena”.
Qui sta comunque la differenza fra la mia e la tua interpretazione: la sequela di quadri di cui è composto “l'intero lungometraggio” (il film non lo sottovaluterei a lungometraggio) è scomponibile in ciò che nelle illustrazioni della pittura, sfogliando libri d'arte, leggiamo spesso 'particolare del...'.
Ad esempio la pantofola/ciabatta della Santa – le gambe stecchite di calza povera che le altalenano come ai bambini costretti a sedie troppo alte – finisce fatalmente di cadere e tonfa: m'è parso che aprisse in quell'attimo una voragine esistenziale. O quando stramazza il giapponese per un colpo di sole: il modo di camminare del funzionario che si dirige nero e obliquo verso il capannello di gente radunata, con passo largo/rassegnato/pacato, annoiato/deciso/sdrammatizzante... – in una espressione 'ufficialmente risolutivo'.
Insomma, il film m'è parso una sapiente costruzione – una miriade – di piccoli quadri organici di sostanze/forme le più diverse, tutti dentro un film che ha un suo preciso filo narrativo. Dunque film perfettamente 'congruo' per me. Il filo, chiedi ironico? Il filo è reso stabile ed assonante dalla mia stessa predisposizione ad entrarvi nel modo che voglio: come ficcarmi dentro un museo, una biblioteca, un archivio... O sfogliare un dizionario per cercarvi parole. Ciao.
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@euroroscini said:
Il filo è reso stabile ed assonante dalla mia stessa predisposizione ad entrarvi nel modo che voglio: come ficcarmi dentro un museo, una biblioteca, un archivio... O sfogliare un dizionario per cercarvi parole.
E su questo, per una volta, concordo perfettamente e di tutto cuore con te.
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Un consiglio... Fai in modo - come Sommo Bibliotecario d'un Forum (che un tempo mi bannò per incompatibilità ideologico/politico/giurisprudenziale) che nella sua smisuratezza di sezioni/branche/titolature ne contempla anche una poetica - di racimolare qua e là un numero, non dico consistente ma almeno percettibile di amanti della poesia/non dico poeti essi stessi. Un fraterno abbraccio ad un amico 'storico'. Euro
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[] sono entrata in questo sito per offrirvi questa potentissima preghiera!! []
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Succederà una magia! [...]
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Ciao prova con questa [...]
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Sti matti
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Siamo circondat...
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San Cipriano ,hai sempre aiutato la gente e me nelle difficoltà ,immensamente grazie .
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Preghiera potente...
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**angelo della luce
preghiera per ricevere una chiamata dall'amato in 48 h**[...]
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Dovete avere fede!
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Questo filone sembra essere uno dei più gettonati della sezione.
Gettonato male, purtroppo.
Allora mi sono detto: perché non ingentilirlo con una vera poesia d'amore? Qualcosa di onesto, di buono, di bello. Qualcosa di degno.
Questo è Guido Catalano; la poesia si chiama L'ultima poesia d'amore prima della fine del mondo. Buona lettura
L'ultima poesia d'amore prima della fine del mondo
È da un po’ che non le scrivo una poesia d’amore
e siccome so
che lei non ama particolarmente le poesie di guerra
quelle western
di fantascienza
le poesie dell’orrore
– i sottogeneri, insomma –
ho deciso
di scriverle una poesia d’amore
adesso.Sì, le sto dando del lei
mi sembra una cosa carina
da farsi
soprattutto d’estate
e con questo caldo atroce.In questa poesia d’amore
faremo finta
io e lei
fingeremo
che manchino pochissime ore
alla fine di questo nostro mondo.Potremmo passarle baciandoci
scopando
disperandoci
mangiando
ubriacandoci
danzando
dicendoci
ti amo
sì ti amo anch’io
dio che peccato
che spreco
che ne sarà di noi?
tremando
ridendo.Ambisco ad esser io
colui che scriverà
l’ultima poesia d’amore
prima della fine del mondo.
Gli altri poeti
troppo presi
persi nello scavar buchi rifugio
inutili, scomodi, umidi
e comunque privi di frigo bar e aria condizionata.La scriverò per lei
parlerà di lei
dei molteplici tipi di sorrisi
di cui è capace
della sua difficoltà ad amarmi da lontano
della sua portentosa facilità a volermi bene da vicino.Non sarò ricordato per questo
beh, cazzo, non ci sarà più nessuno
a ricordare.Sarà l’ultima poesia d’amore prima della fine del mondo
servirà a farle dimenticare le spiacevolezze della vita
tipo quando le rubano il sellino della bici in cortile
tipo la scortesia della gente
tipo la stanchezza
tipo quando ti senti sola
– posso darti del tu? –
tipo la fine del mondo
tipo che poi
il mondo
non lo facciamo mica finire davvero
sai?