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- Autoproduzione e print-on-demand contro editoria classica: cosa ne pensate?
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@Leonov said:
Di certo siamo di fronte ad una grandissima possibilità di sviluppo, molto democratica e promettente, che quasi non sembra presentare difetti.
Tuttavia, esistono dei contro: manca ad esempio la figura dell'editor, l'esperto che revisiona le bozze e - a volte - salva letteralmente un buon libro penalizzato da un incipit mediocre o da una conclusione scontata (cui però magari l'autore è troppo affezionato per cambiare).
Da che parte stare, insomma? Voi cosa ne pensate?
Personalmente sono sempre favorevole alle possibilità di sviluppo anche quando queste, come ogni cosa, recano con se uguali potenzialità in senso opposto.
Non conosco l'iter di cui parli perfettamente ne i costi o la possibilità di collaborazione con un editor al di fuori dei canali dell'editoria classica; credo che se intendessi pubblicare qualcosa con forte impatto comunicativo e rivolta ad un vasto pubblico, cercherei prima e comunque l'aiuto di esperti e informazioni approfondite.
Non mi preoccupa, poi, la possibilità di spazio che possono acquisire mentitori e ciarlatani, sono convinta che ogni cosa, ogni parola abbia il suo pubblico; a volte essere abbindolati -come in generale errare- è la strada maestra per capire e cambiare direzione :).
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Ciao Leonov,
purtroppo penso che questi sistemi - che non a caso sono definiti "vanity press" - alla fine servano più a soddisfare un bisogno psicologico degli autori che una reale necessità. Il libro alla fine è uno status symbol, quello che conta è avere qualcuno che legge e magari apprezza quello che fai.Sarò antiquato ma preferisco il blog a queste pubblicazioni. Almeno il blog è più interattivo.
Il print on demand poi si inserisce in una crisi globale dell'editoria. Ma diciamoci la verità: quale editore oggi è interessato alla "cultura"? La casa editrice è un ente che opera sul mercato e come tale è soggetta alle leggi di mercato.
Si stampa per vendere e il print on demand è l'ultima frontiera dello "stampare per vendere", tutto qui.Concordo poi sulla mancanza di filtri: voi vi fidereste mai di una pubblicazione scientifica edita da lulu.com?
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Ciao, Fortunecat & Cherry.
Proponete degli spunti di estremo interesse, sui quali vorrei per un attimo soffermarmi.
Innanzitutto concordo sul concetto di "vanity press", a patto però di analizzare il fenomeno su vastissima scala e su grandi numeri.
Il "print on demand", visto dalla prospettiva dei produttori, è manifestamente un tentativo di spremere l'editoria fino all'ultima goccia solleticando le ambizioni di una quota di pubblico-autore che normalmente sarebbe tagliata fuori dal circuito editoriale (giustamente, vista la qualità di certi prodotti).
Allo stesso tempo, esaminando il medesimo fenomeno su scale più piccole e dal punto di vista dell'autore emergente, non possiamo ignorare la riflessione di Cherryblossom: è pur sempre una grande possibilità in più per qualcuno veramente bravo di esprimersi e farsi vedere - la concorrenza diventa molto più agguerrita, certo - ma anche un mezzo di comunicazione per coloro che trovano troppo limitante o inadeguata alle proprie esigenze la "forma-blog".
Per non parlare dell'opportunità di raggiungere un pubblico di nicchia davvero interessato ed assetato di pubblicazioni nei loro rami, esattamente come si fa con le campagne di costruzione delle keywords per migliorare il posizionamento di un sito.
Torniamo però indietro un momento. Di certo un post ben costruito può dire molte cose (più di quante ne dica un "cinguettio" su Twitter o uno status su Facebook), e un ciclo di post tematici può arrivare a raccontare un'intera storia, ma il metodo e il principio di funzionamento di un blog è radicalmente diverso dal concetto di libro (ovvero un prodotto finito unitario, non commentato se non "all'esterno di sé" dai lettori che lo comprano e non modificabile se non nella successiva edizione).
L'interazione cui fa riferimento Fortunecat è oggi vitale, ma trasforma radicalmente la nozione di "atto creativo": i commenti su un blog letterario, ad esempio, possono indurre l'autore a stravolgere il finale di una storia per inseguire i gusti del pubblico, così come i "gruppi d'ascolto di prova" influenzano profondamente le sceneggiature dei serial televisivi.
Esistono però scrittori che trovano inaccettabile una simile ingerenza dei lettori e preferiscono lavorare in solitudine o dialogando solo con l'editor di fiducia, affidando il risultato ad un mezzo compatto e "fisico" come il caro vecchio libro.
@fortunecat said:
Concordo poi sulla mancanza di filtri: voi vi fidereste mai di una pubblicazione scientifica edita da lulu.com?
Riflessione fondamentale. La risposta sembra retorica, un secco "no". Però...
Però, cosa accadrebbe in termini di fiducia e credibilità se a scrivere con il sistema "print on demand" fosse un autore affermato e importante? Se un Premio Nobel o una Medaglia Fields presentasse un proprio manuale da scaricare, come ci porremmo nei suoi confronti?
E se l'editore "on demand" fondasse un piccolo ramo editoriale ben controllato, dal quale fare uscire una fetta selezionata di opere meglio curate, gestite e valorizzate? Se cioè egli mettesse a disposizione di chi vuole e può permetterselo (a prezzi competitivi) un servizio di editing professionale come suggerito da Cherry?
Il discorso cambia e, suppongo, si può accettare la prospettiva di parlare di affidabilità e solidità dei contenuti anche nel caso di editori come Lulu, Boopen o Blurp: ovviamente, l'alta qualità di un manuale o di un testo scientifico dovrà essere confermata in un caso del genere non solo dalle vendite, ma anche e soprattutto dai positivi riscontri della comunità di specialisti cui quel libro si rivolgerà.
Grazie per le vostre riflessioni.
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Mi sento chiamato in causa perché qualcuno ha parlato di “vanity press” e di “autori che normalmente sarebbero tagliati fuori dal circuito editoriale”.
Io ho scelto il print on demand per diversi vantaggi, specialmente contrattuali.
Non capisco lo scetticismo verso questa nuova frontiera dell’editoria visto che in giro ci sono ottimi scrittori che non trovano vantaggiosa l’editoria classica. Io ho scritto un libro anche perché ero stufo delle case editrici tradizionali che sfornano troppi libri di personaggi televisivi. Come mai per certi volti il cosiddetto filtro non funziona? Possibile che ogni ballerina scosciata della tv è anche scrittrice? E io che sono scrittore e editor sarei uno sprovveduto perché ho scelto il print on demand per il mio romanzo?
Come al solito in Italia le innovazioni sono viste con diffidenza. Non posso che difendere la mia scelta editoriale, seppur rischiosa. Questo è il mio modesto punto di vista.
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@Leonov said:
Il "print on demand", visto dalla prospettiva dei produttori, è manifestamente un tentativo di spremere l'editoria fino all'ultima goccia solleticando le ambizioni di una quota di pubblico-autore che normalmente sarebbe tagliata fuori dal circuito editoriale (giustamente, vista la qualità di certi prodotti).
Allo stesso tempo, esaminando il medesimo fenomeno su scale più piccole e dal punto di vista dell'autore emergente, non possiamo ignorare la riflessione di Cherryblossom: è pur sempre una grande possibilità in più per qualcuno veramente bravo di esprimersi e farsi vedere - la concorrenza diventa molto più agguerrita, certo - ma anche un mezzo di comunicazione per coloro che trovano troppo limitante o inadeguata alle proprie esigenze la "forma-blog".
Una tecnologia che permette la produzione di un libro ad un numero potenzialmente elevato di scrittori, apre la società ad una diffusione culturale assolutamente straordinaria con la possibilità che il lago delle conoscenze aumenti con rapidità impressionante.
L'utilizzo dell'uomo di questa tecnologia è sempre l'ago della bilancia:
- se per l'editoria è solo un modo di vendere più libri è chiaro che la qualità culturale ne soffre
- se per gli scrittori è solo un modo di soddisfare un desiderio personale anche qui la qualità culturale ne soffre
ma soprattutto se in questo mondo globalizzato si continua a considerare migliore quello che va per la maggiore, (spesso quello che viene più spinto mediaticamente), senza utilizzare criteri rigorosi di qualità la tendenza sembra variare tra il caos informativo e l'omologazione culturale.:o
Quello che voglio dire è largo sempre a tecnologie che amplino le possibilità umane, ma controlliamo sempre quello che è cultura attraverso una comunità che filtri i libri con la razionalità e l'emotività.
"se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione" [G.Gaber]
ciao
marlomb
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Un saluto a tutti quanti.
francescoAV, capisco la tua frustrazione, tuttavia "all'epoca" del thread uno dei modi per distinguere tra un prodotto della "vanity press" e un'opera letteraria era, nella stragrande maggioranza dei casi, proprio la provenienza tra blog/print-on-demand/web e casi editrici convenzionali.
Oggi, purtroppo, sugli scaffali delle librerie, trionfano sempre più volumi e volumetti inutili e inconcludenti o con fastidiosi errori ortografici o sintattici ma che ostentano la bella copertina con il logo della casa editrice, il cui marchio è solo uno strumento di marketing per invogliare l'acquisto e non più sinonimo appunto di qualità.
Insomma la sciocchezza dilagante nel web sta invadendo anche il territorio del libro tradizionale.
Non di meno è l'editoria elettronica, e mi riferisco ai big internazionali che permettono agli editori la pubblicazione e la vendita degli e-book. Un rapido giro nel catalogo degli ebook italiani del più grosso e famoso di questi mostra molti titoli messi li solo per fare numero, senza un controllo ortografico, senza un minimo di attenzione all'impaginazione (d'accordo che non ci sono le pagine ma un minimo ci vuole), senza illustrazioni.
Quando sarà giunto il livellamento qualitativo tra tv/web/ebook/libri, e manca poco a quel punto un buon autore potrà scegliere liberamente il mezzo da usare per divulgare le proprie idee, essendo il pubblico libero da preconcetti.
Valerio Notarfrancesco
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Il print on demand ha aizzato gli scrittori a scrivere, non certo i lettori a leggere. I maceri in Italia lavorano alla grande!
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@TuttosulGSM said:
Il print on demand ha aizzato gli scrittori a scrivere, non certo i lettori a leggere. I maceri in Italia lavorano alla grande!
Parole sante!
Però può succedre che:
- uno scrittore non letto supera il vanity press e inizia a imparare come si scrive!
- uno scrittore troppo letto aumenta il vanity press e scrive libri da non leggere
ciao
marlomb
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Avete mai provato a pubblicare un libro con gli editori "tradizionali"?
Se non hai già un nome affermato o hai "amici" nei posti giusti è quasi impossibile.Personalmente sto valutando l'ipotesi dell'editoria on line perchè non la considero editoria di serie B,ma un'opportunità di farmi conoscere e questo potrebbe facilitarmi nella pubblicazione di altri libri.
Il grosso problema dell'editoria on line è che una volta pubblicato il libro deve anche vendere e senza un marketing adeguato è quasi impossibile vendere.
Chi di voi ha mai comprato un libro di un autore sconosciuto?[...]
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Si può affermare che il modo più semplice per entrare nel mondo dell'editoria è sicuramente Internet, ma chi scrive un libro non è chi scrive un blog.
Il blog è un giornale, un libro è un libro.
Non sottovalutate il mondo dell'autoproduzione ora che l'ipad rivoluzionerà il mercato digitale (anche se personalmente preferisco lancora a carta), ma allo stesso modo non sottovalutate l'autopromozione.
La pubblicità è l'anima del commercio.
La domanda "Chi di voi ha mai comprato un libro di un autore sconosciuto?" presuppone che chi acquista un libro lo fa solo perchè è spinto da una "conoscenza" che gli è stata instillata in qualche modo. E qui mi fermo .
Personalmente acquisto libri di sconosciuti, anche su internet.
L'ultimo è intitolato Comunicazione di smarrimento, ed è in genere fantasy. Secondo me potrebbe tranquillamente anche essere portato avanti dalla Silani.
Però anche quando sono in libreria compro libri di sconosciuti, in quanto non leggo mai recensioni e non acquisto mai libri consigliati (me li faccio prestare ). Guardo la copertina, la quarta di copertina e nel caso, leggo gratis il primo capitolo.
Attualmente ho in coda una lettura di 5 libri, 2 in inglese e 3 in italiano, di questi 3 sono autoprodotti, 1 è una ristampa di libri di inizio secolo e l'altro l'ho preso nel mio ultimo viaggio a NY. Tutti autori sconosciuti :o, almeno da me.
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L'amico redsector ha già detto tutto.
Come incoraggiamento, ti posso dire che non è vero che bisogna essere un nome già noto e affermato per vedersi pubblicata la propria opera: un esempio su tutti il bravissimo Camilleri, che prima di essere scrittore era già un personaggio famoso e noto nel mondo dello spettacolo e nonostante questo ha impiegato anni e anni prima di avere la possibilità di pubblicare il suo primo romanzo di successo.Ti consiglio di guardare nelle sezioni marketing discussioni che possano darti suggerimenti su come promuovere il tuo lavoro e, nel caso non ne trovassi, puoi sempre aprirne una tu in cerca di consigli ed aiuti.
Valerio Notarfrancesco
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Entro nella discussione per raccontare un'esperienza personale. Sei anni fa feci una raccolta di poesie e la mandai a tutti gli editori che si occupavano di poesia. Tutti mi prospettavano offerte strabilianti, con il libro venduto anche a 10 ?, purché dessi (avevo 16 anni) un contributo variabile dalle 850 alle 5000 ?. Non ho trovato nessuno disposto a pubblicarmi, anche se il pubblico (blog, completi estranei, concorsi, insegnanti, amici del forum, esperti nel settore, ecc.) ha sempre apprezzato il mio modo di scrivere. Avevo deciso di non pubblicare più, ma mi dispiaceva non per me, ma perché pensavo che quelle poesie, solo perché le avevo scritte io che non potevo pagare, non sarebbero mai state lette in un libro anche se lo meritavano. Anch'io pensavo che il print on demand fosse un modo narcisistico per mostrare di aver pubblicato. Così ho contattato l'ultima casa editrice free ed ho scoperto che, a 3 mesi dall'invio, ancora stanno scegliendo i libri da pubblicare se va bene nel 2013, perché sono pieni fino ad allora. Ho cambiato idea quando ho visto che con il print on demand pagavo meno di quanto richiesto dalle case editrici. Non dico che tutti quelli che pubblicano on demand da soli scrivono opere eccelse, né che io sono il prossimo Nobel : l'assenza della cultura nei libri è purtroppo molto diffusa e non me ne sento al sicuro. Purtroppo, devo constatare che ora comandano i soldi (non è detto che l'agenzia letteraria alla quale ti rivolgi sia professionale, ma è sicuro che ti chiedano dalle 350 euro in su). Possiamo contare solo sul senso critico dei lettori e sul loro giudizio non mi tirerò mai indietro.
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Guys, where are you??????:?
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Dopo un anno o poco più la mia impressione sul livellamento verso il basso dei libri in vendita nelle librerie tradizionali è sempre più forte.
Per quello che sono i miei interessi cioè, vedo esposti a scaffale e pubblicizzati sempre più titoli di basso profilo, ovvero mediocri.Pertanto l'editoria tradizionale non mi dà più quella garanzia di qualità.
Dall'altro lato l'editoria elettronica in Italia è ancora osteggiata e rallentata perché le proposte in tal senso sono "molto complicate" da usare (tecnicamente) e quindi ne viene scoraggiata l'adozione.
Discorso completamente diverso se invece allarghiamo il discorso anche alle proposte provenienti dagli USA.
Chiedere ad autore 100, 500 o 5000 Euro non è mai la soluzione perché si propone un investimento il cui tasso di rischio è molto elevato.
Questo non ha nulla a che fare con la bravura dell'autore bensì con logiche commerciali e pubblicitarie.Chi garantisce all'autore che a fronte di un certo investimento verrà fatta la giusta promozione?
La distribuzione nelle librerie sarà costante nel tempo?
Dove verrà esposto il libro?
ecc.
ecc.Penso ancora che l''ancora di salvezza del settore sia nei grossi vendor internazionali e nelle loro piattaforme di distribuzione.
Del resto preparare un ebook per Amazon, Apple Ibooks, Barnes & Noble ecc. ecc non è più complicato che imparare a pubblicare un blog e districarsi nel codice html delle pagine web.Valerio Notarfrancesco
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Per la mia esperienza di blogger (nel senso che sono gli autori che vengono da me) a fronte di un pagamento non esiste nessuna promozione, ma solo la stampa. Anche i blog sono curati dai singoli autori in maniera del tutto autonoma. Per quanto riguarda Lulu (posso parlare solo di quello perché l'ho usato) ci sono 100000 guide su come realizzare un cartaceo/e-book sia in blog esterni al sito sia nel sito stesso. Una persona impreparata può benissimo fare tutti i passaggi con le istruzioni in un'altra scheda. A chi si rivolge al print on demand ho solo un consiglio: state attenti che non ci sia nel contratto di stampa la dicitura** "Il sito X può usare il vostro testo come meglio ritiene, inserendo o creando delle ristampe"**. Alcuni print on demand italiani hanno questa dicitura dannosissima per gli autori (naturalmente in piccolo e poco evidenziata) perché hanno collaborazioni con scuole di scrittura ed utilizzano i nomi pervenuti con il print on demand per dare a queste scuole un target mirato (che poi sarà pubblicato dalle grandi case editrici che non pubblicano senza che ti raccomandi il Papa).:o