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- Lockdown, virgola. Questa discussione vuole sapere cosa ne pensate del linguaggio SEO!
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@giorgiotave sì, temo tu abbia ragione...
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Credo che uno dei motivi per cui un certo giornalismo (se cosi si può chiamare) sia caduto cosi in basso sia anche un pochino colpa di tanti professionisti SEO che vogliono trovare un legame tra "giornalismo " e "SEO", o un legame tra giornalismo e i titoli acchiappa link sui Social.
La "scusa" che utilizzano è "se scrivi un articolo di valore ma poi nessuno ti legge è inutile"
Il risultato è che abbiamo una serie di giornali online tutti uguali, con titoli acchiappa link sui social e articoli SEO oriented.... per me è una strategia perdente a lungo medio termine.
Credo che dovrebbero essere ben separate le funzioni.
Il sito del giornale X deve avere un SEO che gestisca il progetto curando tutti i vari aspetti prima tra tutti le categorie i tag e i vari collegamenti.
Poi ci sono i giornalisti che devono scrivere gli articoli.
Ovvio che io parlo di Giornalisti non di Copy o articolisti, che sono due professioni importanti e di tutto rispetto ma non hanno nulla a che vedere con il giornalismo.Serieamente voi potete immaginare un Indro Montanelli o un Enzo Biagi che prima di scrivere un reportage o un articolo deve stare li a pensare alle parole chiave o h1 o h2??
2 Risposte -
@giorgiotave comunque posso confermare che lo staff redazionale di Libero e Virgilio (IOL in genere) sanno in fatto loro. Poi possiamo discutere sul tipo di contenuto...però sanno come muoversi come dice anche @kal
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@raffaele-conte in realtà l'arte del titolo è qualcosa che è sempre esistito nel giornalismo. Fare un buon titolo non è necessariamente click bait.
Come in ogni cosa ci sono mille sfumature. Se uno fa il giornalista il titolo è sicuramente un aspetto importante del suo lavoro e non è affatto stupido titolare in base al contesto di lettura.
1 Risposta -
@juanin Assolutamente si, ma questa è una regola del giornalismo che è sempre stata valida, che va oltre le considerazioni SEO.
Se posso, in basso riporta la parte iniziale di un post di Davide Pozzi pubblicata poco fa dove si evidenzia la deriva in ribasso delle news
LA GENTE NON CERCA LE NEWS (SU GOOGLE)
Grazie a Barry Schwartz, scopro oggi un articolo del 31 maggio pubblicato sul blog ufficiale di Google Australia che fa il punto del rapporto che c'è fra il motore di ricerca e le news online.
Prendo uno spezzone su tutti:
"Users come to Google for many things, whether it's 'how to' videos, recipes, sport, weather, outfit ideas, or home insurance. News is a very small part of this content, and represents only a tiny number of queries — in the last year, news-related queries accounted for just over 1 percent of total queries on Google Search in Australia".Riassumo per i giornalisti in ascolto: gli utenti vanno su Google per cercare un sacco di cose, ma NON le news (che rappresentano infatti solo l'1% delle query complessive su Google in Australia, e immagino un numero simile anche in altri Paesi).
Infatti Google ti "butta le news addosso" tramite Discover (=push), non sei tu che le vai a cercare sul motore (=pull).
https://www.facebook.com/tagliaerbefanpage/photos/rpp.41147297275/10158508117652276/?type=3&theater
1 Risposta -
A me francamente continua a far effetto quanto la semplificazione dei concerti caschi troppo spesso nella banalizzazione più spinta, generando dei malintesi come quelli espressi nell'articolo.
Una cosa fuori detta fuori dai denti. Spesso ci scagliamo contro fantomatici formatori-SEO che danno regolette. Lo faccio io per primo quando mi capita di parlare con le redazioni. Ma ho scoperto che anche dopo ore di discussione a esasperare concetti come "pensa alla SEO come un modo per studiare l'utente, è fregatene delle regolette" in alcuni casi le uniche cose rimaste sono state le regolette.Penso che in questi casi il problema sia duplice:
- il primo, importante motivo, è il fatto che probabilmente sbagliamo linguaggio, modalità di racconto
- il secondo è che purtroppo in alcuni casi, sempre più ridotti, si parla a un'audience di persone che si aspettano solo regolette e solo quelle recepiscono.
Questo per dire che purtroppo inizio a pensare che la soluzione non sia fare divulgazione ai SEO sul contenuto ma sulla modalità di comunicare alcuni concetti. Per anni sono stato convinto fosse un problema di contenuti. Ora inizio a credere che sia un problema di comunicazione.
Che porta alla creazione di antagonismi insensati come questi.Ah, tipicamente i problemi più grossi, nella mia limitata esperienza, li ho avuti con "le penne", che guardando dall'alto verso il basso la materia, spingono a banalizzare (e non bisogna cascarci) e poi appena possono ne parlano male.
1 Risposta -
@raffaele-conte dici tante verità, però attenzione a dire solo 1% delle ricerche complessive
È comunque tanta roba e quando ci sono eventi di spicco la gente usa il motore per cercare news.
La storia ci insegna che post 11 settembre c'è stata una rivoluzione per quanto riguarda Information Retrieval in ambito News.Poi io dico da anni che la deriva News di Google post guerra fredda con Facebook ha trasformato le SERP in sterco per esigenza di gonfiare i numeri news. E allora caroselli a pioggia anche dove non servono a niente.
Poi forse se ne sono accorti e hanno pensato a Discover, che comunque sembra azzeccato.
Detto questo chi sa scrivere alla sua audience può anche non avere idea di cosa sia un motore di ricerca. Poi che il marketing crei esigenze inesistenti o termini per vendere qualcosa è un'altra storia.
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@pdellov I giornalisti sono persone che hanno vissuto una rivoluzione totale del loro modo di lavorare. Sono passati da elite a massa in pochi anni. Una disruption a cui non si sopravvive se non hai un forte spirito di adattamento. Molti fanno scudo, altri si nascondono dietro un voler mantenere logiche impossibili da mantenere soprattutto da un punto di vista di business, altri come in ogni ambito combattono il cambiamento (soccombendo). Poi ci sono quelli che sapranno trarre insegnamento da tutto; che avranno l'umiltà di mettersi in gioco. Da lì nascerà una generazione di giornalisti di livello superiore.
È l'evoluzione.
Noi non dobbiamo insegnare a scrivere o fare i giornalisti perché non siamo titolati per farlo (tu ti faresti spiegare come fare SEO da un web designer?), noi dobbiamo dare gli strumenti e visione per consentirgli quella EVOLUZIONE.
1 Risposta -
MES, virgola.
Si potrebbero aprire molte discussioni, anche profonde, sull'articolo. Di quanto è cambiato il lavoro dei giornalisti, della mercificazione dei contenuti, dei luoghi comuni e delle banalizzazioni.
È una provocazione, probabilmente uno sfogo nato dalla frustrazione di dover produrre contenuti per la SEO (quella degli stereotipi), anziché potersi esprimere liberamente. Ne è nato un buon esercizio di ironia! Lo avrei trovato più divertente se non mi fossi sorbito numerosi refresh per la proposizione a nastro di banner sponsorizzati.
Anche volendo prendere le distanze dal sistema, si finisce con l'asservirsi ad esso
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@juanin esattamente. Tutto sta a come ci si pone. Non penso si possa insegnare a scrivere a persone che hanno MOLTA più esperienza nel farlo. E francamente non penso esista una "scrittura SEO". Esistono strumenti di analisi che permettono, a chi sa scrivere, di reperire informazioni più velocemente. E la formazione a mio parere va fatta su quello, ovvero sul saper utilizzare strumenti di analisi a supporto del lavoro.
La cosa che ho notato è che in alcuni casi, per fortuna limitati, si parte dal presupposto che chi fa formazione SEO voglia insegnare regolette per scrivere.
Inizialmente ogni volta che andavo in una redazione e rimarcato questi concetti, avevo la presunzione di pensare che " I SEO" prima di me avessero avuto a loro volta la presunzione di insegnare a scrivere ai giornalisti, cosa che ritengo folle.
Oggi penso che esistano tre casistiche:- quelle in cui effettivamente c'è qualche sedicente SEO che vuole insegnare a scrivere a chi lo fa per mestiere da anni (e ritengo sia una minoranza) ;
- quelle in cui c'è un problema di comunicazione fra le parti, e in cui chi tiene la formazione non riesce a farsi capire adeguatamente da tutti per un errore nel linguaggio e rischia di esser frainteso portando a un effetto simile alla prima casistica (e credo sia la maggior parte dei casi problematici, in cui metto le e mie esperienze fallimentari, su cui vale la pena fare un po' di auto-analisi sul modo di comunicare);
- quelle in cui il problema di contenuto non c'è e non c'è nemmeno il problema di comunicazione, tranne con un numero ridottissimo di professionisti che partono con il preconcetto. Ecco, anche qui si potrebbe migliorare nel comunicare e nel porsi adeguatamente, però francamente diventa molto più complessa da gestire perché dall'altra parte non trovi una persona aperta al dialogo, ma qualcuno pronto a prendere stralci della conversazione e a estrarli come fosse un servizio da montare ad hoc partendo dalla tesi. Io francamente questo tipo di approccio lo tollero poco e a posteriori mi spiace avere "pensato male" di colleghi venuti prima di me, "vittime" di questo approccio.
Ribaltando la situazione, in questi casi è un pò come chi a una lezione di UX, appena sente il termine "indicizzazione" usato a capocchia lo usa per screditare il formatore, anche se il formatore non stava parlando di SEO.
Ricordo un intervento in un evento SearchOn in cui fra il pubblico etichettatono come incompetente un SEO per un brevissimo passaggio di terminologia errata su 45' di intervento splendido e uscirono commentando la sua incompetenza. Ecco, io queste cose non le sopporto.Quando leggo articoli come quello di cui sopra mi chiedo sempre se la casistica alle spalle è la prima o la terza, e ultimamente non sono più così convinto sia la prima.
2 Risposte -
@pdellov nel caso di cui sopra, conoscendo la supponenza dell'autrice, ho pochi dubbi su quale sia la casistica
Però in generale credo che tu abbia ragione da vendere.
Si può sempre fare di meglio nella comunicazione.
Ad esempio, quando capita a me cerco sempre di parlare in italiano e fuggo dagli acronimi come fossero la peste.
SERP? Pagine dei risultati dei motori di ricerca.
CTR? Rapporto tra visualizzazioni e clic. O meglio: ancora: numero di clic rispetto alle visualizzazioni.
Etc.
Questo anche a costo di metterci il triplo quando spiego e di suonare deficiente.
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Miglior Risposta
@pdellov dici tante cose giuste. Io spesso cerco di andare a toccare argomenti tangenti e vedere cosa succede in altri ambiti e devo dire che bene o male in tutte le professioni la cosa avviene in modo simile.
Mi sono rassegnato al fatto che è un problema del genere umano a cui non troveremo mai una soluzione.
Probabilmente la pandemia e il tram tram virologico andato mainstream, hanno messo in luce al mondo questa essenza del genere umano.
Detto questo posso dirti di aver vissuto sulla mia pelle la fortuna di lavorare con redazioni di giornali mainstream, anche in una fase di passaggio e molto difficile per loro con le situazioni che tutti conoscono di razionalizzazione delle stesse. Ho avuto a che fare con persone che sarebbero potute essere miei genitori o addirittura quasi nonni. Dopo alcuni giorni di lezione e a contatto con loro, sebbene inizialmente pensai a una ostilità verso di me, ho poi capito che il problema non ero io persona o formatore. Il problema era il sistema Google, Facebook, Internet più in generale. Il loro non è un rigetto della formazione su questi temi il loro è un rigetto dello strumento in quanto tale come entità a cui doversi assoggettare (e devo dire che non hanno proprio tutti i torti).
Una volta entrati in sintonia sul nodo della questione è diventato semplice coinvolgerli facendo vedere che grazie agli strumenti a disposizioni possono anche vedere e toccare con mano il lavoro che fanno. Addirittura trovare riscontri a cose che sanno già da secoli, ma a cui non hanno mai potuto dare una conferma nero su bianco.
Ho cercato di far capire che ci sono strumenti che funzionano in un certo modo e che volendo possiamo agire e trovare accorgimenti per massimizzare l'impatto su questi strumenti.
E' un po' come la solita storia delle best practice. Devi conoscerle non perché sono la verità assoluta e neanche perché sono sempre giuste, ma perché per violarle devi avere consapevolezza. Quella consapevolezza che ti porta a toccare con mano il risultato sulla base delle tue valutazioni, del tuo istinto, del tuo sapere e che poi dovrai validare nero su bianco. Io come esercizio negli anni ho provato a rendere siti veloci violando una best practice alla volta solo come esercizio di stile. Violare per vincere.
Magari poi non metteranno in pratica quelle cose, ma in quel momento ho visto una luce diversa negli occhi di questi professionisti. Poi ho anche visto veramente il flusso di lavoro e a volte è ovviamente difficile per loro mettere in pratica ogni volta una serie di attività, ma di certo in seguito a quelle giornate trascorse insieme qualcosa si saranno portati a casa.
Sinceramente non posso biasimarli. 75% delle cose che Google ha fatto nel tempo sino ad arrivare ai giorni nostri legati alle News sono cose inutili che non favoriscono chi scrive bene, ma chi è più furbo. Basti pensare che alcuni dei dominatori delle SERP sono soggetti che manipolano le date in automatico senza modifiche al contenuto.
- Un giornalista dovrebbe stare dietro a queste porcate?
- Un giornalista dovrebbe fare un lavoro da automa per compiacere un motore di ricerca?
Beh. La risposta è assolutamente no.
E allora non vince il giornale che è un'entità alla stregua di un ministero, ma vince chi è più agile, senza vincoli o etica da rispettare. Senza dover pensare di rischiare di mettere in gioco la propria reputazione.
Per come la vedo io il sistema Google almeno in ambito news va rivisto. Lato SERP è per lo più imbarazzante e guidato da una questione più di interessi propagandistici che di reale rilevanza/utilità per l'utente.
Nel tempo sono arrivato a pensare che noi SEO abbiamo talmente idolatrato Google da non riuscire a capire quanto di sbagliato c'è in lui nella sostanza di alcune cose. Purtroppo ora siamo arrivati a un punto di non ritorno e quello che ci dobbiamo sorbire come editori sono risposte automatiche di persone che forse non sono neanche persone oppure se sono persone scrivono in stile call center indiano chissà da quale parte del mondo senza neanche sapere con chi stanno parlando e di cosa, ignorando anche ogni regola basilare di buon italiano, e introducendo neologismi probabilmente inventati da un traduttore automatico.
Per non parlare di editore le cui app Android vengono bannate semplicemente perché linkano altre app del loro network senza ricevere una motivazione e senza aver nessun interlocutore a cui appellarsi. Regole (linee guida) scritte in modo volutamente ambiguo, che dicono e non dicono, e che servono solamente al potente di turno per agire deliberatamente e senza dover giustificare le azioni compiute.
Credo che stiamo per raschiare il fondo del barile, ma per ora mancano ancora tante e poi tante raschiate.
Staremo a vedere. La speranza è l'ultima a morire.
1 Risposta -
@juanin Bella analisi!!!
Forse diciamo tante cose sensate ma con visuali diverse.
La mia è abbastanza semplice, il giornalista dovrebbe impegnarsi a fare il suo lavoro nel migliore dei modi al classico seguendo le 5 W . Punto.
Tutto il resto, con le utilissime analisi di Juanin (anche perchè partono dalla pratica e non dalla semplice teoria) dovrebbe riguarda altri livelli che devono scegliere la miglior strategia per veicolare il loro messaggio.
Io non ho esperienza nel campo editoriale ma si in quello medico, dove gli articoli non li scrive un copy ma dei medici professionisti a cui dico semplicemente... Niente.
Gli giro solo le tematiche più interessanti da trattare e mi fermo li, loro non sanno neanche che esiste la parola SEO e con loro lavoro al meglio e ho ottimi risultati lato (SEO) ma soprattutto abbiamo articoli medici di rilievo che sfidano articoli scritti da copy che scrivono per sentito dire.
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Vorrei aggiungere solo una cosa alla discussione: un po' di anni fa una persona che conosco molto bene mi chiese delucidazioni in merito alla SEO. La cosa davvero divertente (la parola giusta è "divertente", in effetti) è che durante il corso/master in editoria che frequentava, infatti, c'era una parte sulla SEO. Ed il docente li aveva invitati, usando un esempio, a sfruttare il tag "Checco Zalone" per migliorare la visibilità su Google di qualsiasi articolo.
Da anni sostengo che sia impossibile capire il valore tecnico della SEO senza saperne almeno qualcosa di Information Retrieval. Invece qui continuano imperterriti (e si inalberano pure, quando li contraddici) a considerare la SEO "una tecnica di scrittura", e non mi meraviglia affatto che poi si formi la gente in quei termini lì, devo dire.
Sull'articolo, poi, ho la mia personalissima opinione: è una trollata, ed è uscita pure abbastanza maluccio. Soprattutto per l'uso di "linguaggio SEO", neologismo privo di senso (e privo di feedback in termini SEO, grottescamente) ma non fatemi dire come avrebbero dovuto strutturare quell'articolo, che è meglio
Perché di questo si tratta: una trollata riuscita male, a cui forse non valeva neanche la pena rispondere (d'accordo che è una testata giornalistica, ma lo sappiamo tutti, nell'ambiente, che con X euro puoi comprarti un articolo quasi ovunque, non è quello il punto).
Perché il problema, secondo me, è più profondo e radicato di quanto possa sembrare, e non so fino a che punto si possa combattere con la schermaglia frontale... sono scene già viste, non per altro, e rischiano di diventare pointless. La gente ha già le proprie convinzioni, e questa contrapposizione tra "noi" e "loro" alla lunga polarizza le opinioni, senza cambiare la sostanza.
Ed il bello - per modo di dire - è che ad oggi non ho proprio idea di come si debba affrontare l'argomento.
1 Risposta -
@salvatore79 ha detto in Lockdown, virgola. Questa discussione vuole sapere cosa ne pensate del linguaggio SEO!:
una trollata riuscita male
Io che conosco l'autrice fin dai tempi di Friendfeed (sì, gli albori dei social network) posso garantire con assoluta CERTEZZA che questa c'ha imbastito su una carriera sulle trollate riuscite male.
(e sorvoliamo sui problemi con la giustizia che la stessa ha avuto perché sarebbe come sparare sulla croce rossa)
Siam troppo bravi noi che siamo riusciti a farci sopra una discussione seria e fare persino della validissima autocritica come han fatto @pdellov e @juanin.
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Intervengo perché mi sento tirata in ballo: mi presento, giornalista professionista proveniente dalla carta stampata e SEO per progetti editoriali. Attualmente la mia professione è: ibrido.
L'autrice sembra non sia giornalista, almeno secondo quanto riferisce l'elenco ufficiale dell'ODG pubblico che potete consultare https://www.odg.it/elenco-iscritti. Non so se sia registrata sotto altro nome o se ci sia una registrazione in atto ma al momento non è restituita alcuna posizione.
Tengo a fare questa precisazione perché le critiche presentate nell'articolo di Soncini sembrano appartenere a ere geologiche passate. Da circa 7 anni i giornalisti come tutti i professionisti iscritti agli albi, sono obbligati a seguire corsi di aggiornamento. Siamo a oggi al terzo triennio obbligatorio di formazione quindi 9 anni.
E tra questi corsi che sono stati proposti in ogni sede e modalità possibile, inclusa la FAD (formazione a distanza) si sono tenuti anche corsi SEO nella maggior parte gratuiti e a volte anche a pagamento disponibili comunque a tutti gli iscritti con prenotazioni alla piattaforma Sigef oppure in modalità FAD dalla piattaforma Moodle.
Circa due anni fa scese in campo proprio Google e furono tenuti corsi in tutta Italia proprio sulle tecniche di organizzazione dei contenuti, citazione delle fonti, uso dei link, ricerca e controllo delle immagini all'interno del grande progetto Google news Lab https://newsinitiative.withgoogle.com/intl/it/google-news-lab/
In base al contenuto dell'articolo, suppongo che l'autrice non abbia avuto le occasioni per acquisire queste nuove competenze in ragione del fatto che probabilmente i corsi di aggiornamento non sono stati seguiti per le ragioni su esposte.
Dirò di più: nel panel dei corsi proposti, a oggi troviamo: tecniche di comunicazione su instagram, tik tok, Linkedin ecc e molti corsi sulla deontologia professionale e come si declina sui social; come si trattano i commenti e come prevenire il reato di diffamazione (eh sì impariamo anche questo).
Indubbiamente non abbiamo ancora una formazione completa e attuale; indubbiamente contiamo almeno 10 anni di ritardo, ma la risposta dell'Odg c'è stata e dopo appena 6 anni possiamo dire che la formazione sta piano piano aggiornando molti colleghi. Indubbiamente è perfettibile.
PS. Se qualcuno per caso si chiede se appartenga ai docenti dei corsi SEO, rispondo che: umilmente li seguo e non li tengo. L'unico corso che ho tenuto ha riguardato la comunicazione sui lupi.
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@raffaele-conte in parte è vero ma non del tutto. Non dimentichiamo gloriose testate cartacee come Vero o Stop che facevano del titolo acchiappalettore una vera e propria religione. Non dimentichiamo i grandi titoli acchiappalettori delle testate nazionali e locali legati soprattutto alla nera o giudiziaria, al gossip. Abbiamo una grande tradizione di titoli a 9 colonne con font bold e di corpo 60 su un giustificato di 40 caratteri inclusi gli spazi che title scansate proprio. Non dimentichiamo la civetta o la locandina. Non dimentichiamo che in una cartella (30 righe e ogni rigo 60 caratteri inclusi gli spazi) si facevano entrare le storie più belle del giornalismo italiano.