• User

    ciao Giorgio e tutti gli altri. Una domanda per voi esperti: secondo voi, quell' 1% di query attualmente toccate da questa "innovazione", a cosa si riferisce? Intendo: sono query legate ad un settore specifico? Sono query fatte da utenti di una certa area geografica? Sono query che riguardano le ricerche con determinate keywords?


  • User

    Ah Giorgio!... lo so benissimo che non sei tra quelli che non sopportano "gli americani" solo perché sono americani (o britannici). Come pure sai bene come anch'io, che pur frequento e sono parte attiva nelle loro comunità SEO, allo stesso tempo sono tra quelli che maggiormente spinge i SEO e web marketers italiani (e spagnoli, sapete che vivo in Spagna e che è un po' la mia seconda "patria") più bravi a dire la loro anche in quelle comunità.

    Lo faccio, e ritorno a invitare tutti a farlo, per vari motivi che nulla hanno a che fare con l'americanofilia :D:

    1. perché mi fa arrabbiare vedere SEOs in lingua inglese messi sugli altari perché "scoprono" cose di cui noi parliamo da tempo... e così il merito se lo pigliano loro retro-alimentando (anche senza volerlo in modo diretto) una certa idea per cui la SEO è una cosa americana e che i professionisti di altri paesi sono a un livello inferiore;
    2. perché prendersela con gli "americani" perché proclamano come scoperte eccezionali cose per noi sono ovvie non ha molto senso se non siamo attivi anche in quelle comunità condividendo e confrontando conoscimento. Non si può chiedere di essere riconosciuti se non si partecipa e se nessuno al di fuori dei confini nazionali ci conosce;
    3. perché ogni volta che qualcuno - italiano o spagnolo - ha partecipato attivamente in conversazioni non triviali con le comunità USA/UK ho sempre visto un'ottima accoglienza da parte dei SEO USA/UK, un riconoscimento da parte loro e una voglia di apprendere e riconoscere che non sono i re del mambo. Potrei citare il mio caso, ma potrebbe essere preso come atto di narcisismo, quindi suggerisco persone come Aleyda Solís, Enrico stesso con i suoi posts su G+ o il nostro Andrea Pernici
    4. Il mercato SEO è globale. Più ci facciamo conoscere fuori dai confini più il mercato ci apprezza (con motivo), e più opportunità di business abbiamo. Nel mio caso, per esempio, solo un 20% dei miei clienti sono italiani e spagnoli... non che fuori i clienti siano migliori, ma se uno non vuole avere solo super piccole imprese in portfolio per tutta la vita...
    5. Gli "americani" non sono più avanzati di quanto possiamo essere noi, ma sanno comunicare le cose con maggior efficacia. Se si vuole avere un certo grado di influenza, allora, è logico pensare che partecipare anche nella loro comunità può portare solo vantaggi in quanto a diffusione delle nostre esperienze.

    Tutto qui 🙂

    p.s.: gli americani non usano tecniche più avanzate di quelle che abbiamo noi, ma proviamo a parlare di tools: perché non esistono tools in commercio che non siano stati creati in USA/UK nella sua gran parte? O perché non si aprono al pubblico quei tools che sicuramente tutti abbiamo creato per esigenze di lavoro? Anche perché poi ci lamentiamo che i tools USA/UK non prendono in considerazione il mercato italiano (tra l'altro è un'ovvia scelta di priorità di mercato).


  • User Attivo

    @Emanuele Vaccari said:

    Salvatore, penso che tu sia più vicino di quanto non creda alla realtà quando dici che questo ranking factor si estenderà magicamente nel momento in cui Google lancerà una sua simpatica soluzione di hosting.
    Si, è ridicolo se ci pensi, ma non lo sono state tante delle ultime mosse di bigG ? Mi pare che Google si stia evolvendo in modo differente dal passato, con un occhio di riguardo verso il business.
    [...]

    Ciao Emanuele, sì, hai colto perfettamente il senso della questione per come l'ho posta, per cui non aggiungo altro.

    Ad un certo punto Google può imporre regole assurde o poco condivisibili sulle politiche di link (se metti più di X nofollow ti banno dai miei risultati, non ripetere le keywords ecc), ma non può, davvero, stabilire quali debbano essere gli standard del WEB, il W3C studia queste cose da decenni e mi pare un po' arrogante una presa di posizone del tipo "invitiamo TUTTI ad attrezzarsi con HTTPS". Tanto più, come secondo me presto avverrà, se ti vendono servizi di loro proprietà con la vaga promessa di averne dei vantaggi commerciali (una cosa talmente sfrontata che addirittura l'antitrust italiano avrebbe qualcosa da dire :D).

    Quando vedremo i primi siti in WordPress o Joomla essere indicizzati con https capiremo che siamo alla frutta, che altro dire...


  • Community Manager

    @achille baudino said:

    ciao Giorgio e tutti gli altri. Una domanda per voi esperti: secondo voi, quell' 1% di query attualmente toccate da questa "innovazione", a cosa si riferisce? Intendo: sono query legate ad un settore specifico? Sono query fatte da utenti di una certa area geografica? Sono query che riguardano le ricerche con determinate keywords?

    Ciao Achille,
    dal mio punto di vista sono chiavi sensibili...come quelle legate alle banche e all'e-commerce.

    @gfiorelli1 said:

    1. Gli "americani" non sono più avanzati di quanto possiamo essere noi, ma sanno comunicare le cose con maggior efficacia. Se si vuole avere un certo grado di influenza, allora, è logico pensare che partecipare anche nella loro comunità può portare solo vantaggi in quanto a diffusione delle nostre esperienze.

    Assolutamente concordo su tutto, specialmente sul partecipare io concordo 100% 🙂

    @gfiorelli1 said:

    p.s.: gli americani non usano tecniche più avanzate di quelle che abbiamo noi, ma proviamo a parlare di tools: perché non esistono tools in commercio che non siano stati creati in USA/UK nella sua gran parte? O perché non si aprono al pubblico quei tools che sicuramente tutti abbiamo creato per esigenze di lavoro? Anche perché poi ci lamentiamo che i tools USA/UK non prendono in considerazione il mercato italiano (tra l'altro è un'ovvia scelta di priorità di mercato).

    Secondo me per le stesse ragioni per cui qui non abbiamo un Google, un Facebook, un Booking, uno Zalando, un Pinterest, un Twitter, una Apple...

    Qualche tool sta arrivando in lingua italiana per il mercato italiano e sono convinto che se continuiamo così tra qualche anno ne avremo un pò anche nostri.. 🙂

    Però capisco il punto, hai ragione eh, però parliamo di due cose diverse 😉


  • Community Manager

    @lucolo said:

    I tuoi 3d sono davvero completi Giorgio, complimenti anche per i dettagliati riferimenti ed il tipo di analisi. Seguo con grande interesse.

    Grazie Lucolo 🙂

    @espertoseoofficial said:

    Concordo su tutta la linea con Giorgio, anche se a molti sembrerà strano :), ma da quando ha cambiato approccio, mi somiglia così tanto che lo farei ambasciatore di me stesso. (sviolinata di stima, ma quando ci vuole ci vuole).

    Che bello!!! 🙂

    @espertoseoofficial said:

    Ma leggere Gt Forum da un po' di tempo a questa parte invece, è sicuramente l'investimento più alto che ognuno possa fare.

    Questo mi fa molto piacere 😉

    @Emanuele Vaccari said:

    Ci volevo giusto un link di Giorgio per farmi uscire dal lurking :)[/OT]

    Ora trovo tutti i lurker e linko i loro articoli :eheh:

    @salvatore79 said:

    Ad un certo punto Google può imporre regole assurde o poco condivisibili sulle politiche di link (se metti più di X nofollow ti banno dai miei risultati, non ripetere le keywords ecc), ma non può, davvero, stabilire quali debbano essere gli standard del WEB, il W3C studia queste cose da decenni e mi pare un po' arrogante una presa di posizone del tipo "invitiamo TUTTI ad attrezzarsi con HTTPS". Tanto più, come secondo me presto avverrà, se ti vendono servizi di loro proprietà con la vaga promessa di averne dei vantaggi commerciali (una cosa talmente sfrontata che addirittura l'antitrust italiano avrebbe qualcosa da dire :D).

    Esatto, io spingo molto verso il W3C in questi casi.

    @salvatore79 said:

    Quando vedremo i primi siti in WordPress o Joomla essere indicizzati con https capiremo che siamo alla frutta, che altro dire...

    Secondo me ci sono già 😄


  • User Attivo

    @GiorgioTave ahahaha sì, probabile :eheh:


  • Community Manager

    @salvatore79 said:

    @GiorgioTave ahahaha sì, probabile :eheh:

    😄 😄 😄

    Tony Meraglia mi segnala questo:
    image

    Oh ragazze e ragazzi, prenderà una piega mostruosa 😄


  • Super User

    Personalmente è da gennaio che penso di attivare l'https sul mio forum principalmente per 2 motivi:

    1. Credevo influenzasse il ranking :quote:
    2. Essendo un forum con username e password ho pensato che, essendoci dati "privati", dovesse essere implementato. Un pò come succede per le transazioni dove ci sono i dati sensibili potrebbe essere un fattore non poco rilevante.

    Se ho scritto cavolate ditemelo pure, tanto male che vada devo una birra a Giorgio. :vai:


  • User Newbie

    @salvatore79 said:

    Ciao Emanuele, sì, hai colto perfettamente il senso della questione per come l'ho posta, per cui non aggiungo altro.

    Ad un certo punto Google può imporre regole assurde o poco condivisibili sulle politiche di link (se metti più di X nofollow ti banno dai miei risultati, non ripetere le keywords ecc), ma non può, davvero, stabilire quali debbano essere gli standard del WEB, il W3C studia queste cose da decenni e mi pare un po' arrogante una presa di posizone del tipo "invitiamo TUTTI ad attrezzarsi con HTTPS". Tanto più, come secondo me presto avverrà, se ti vendono servizi di loro proprietà con la vaga promessa di averne dei vantaggi commerciali (una cosa talmente sfrontata che addirittura l'antitrust italiano avrebbe qualcosa da dire :D).

    Quando vedremo i primi siti in WordPress o Joomla essere indicizzati con https capiremo che siamo alla frutta, che altro dire...

    Salvatore, ti sei espresso talmente bene che ho sentito la necessità di citarti nel mio post a riguardo della vicenda 😉


  • User

    Il fatto che Google inviti==>spinga==>obblighi (storicamente sempre in quest'ordine) i webmaster ad adottare soluzioni di un qualsiasi tipo per ottenere migliori risultati non è tanto un complotto semisegreto, ne un comportamento in qualche modo contestabile. E' una strategia evidente e sotto certi aspetti necessaria per una struttura come Google che non è più da tempo un semplice strumento di ricerca. Il Web 2.0 si è ormai addentrato in quel Web 3.0 in cui i processi di co-creazione sono alla base di un utilizzo dinamico e condiviso dei documenti pubblicati (qualsiasi), associati ad informazioni e dati (metadati) che ne specificano il contesto semantico in un formato adatto all'interrogazione e all'interpretazione. Https diventa una necessità, non una imposizione, mentre ci si muove ancora oltre, verso il WebOS, verso il Middleware che implicherà una massiccia rete di interazioni altamente intelligenti, ovvero, verso quella ipotesi ancora molto poco definita che è il Web 4.0.

    Che questa sia una occasione eccezionale per gli Hosting Provider per proporre SSL a tutti è palese, come d'altra parte era palese che si scatenasse la caccia al cliente da parte di molti provider per proporre caselle PEC quando sono diventate obbligatorie.

    Di fatto, non amo che qualcuno mi dica come devo vestirmi. Ma se stiamo andando verso una nuova Era Glaciale, il fatto che Google inviti==>spinga==>obblighi a vestire il cappotto pesante se si vuole accedere al suo ristorante è in parte sospetto di interessi (magari poi mica tanto nascosti) vedendo aprire un megastore di abiti speciali marchiati "G" di fronte al ristorante, ma guardando le cose con serenità è fondamentalmente un modo per evitare/prevenire che nel ristorante si trovino prima o poi cadaveri congelati di avventori in T-shirt ai tavoli.

    Altro discorso è ovviamente il verificare se questo cappotto pesante, pardon, Https diffuso, venga gestito in modo coerente (non comporti cadute irrazionali di PR che facciano arretrare di posizione per keywords precedentemente ben posizionate -- ma dalle prime analisi non pare sia così, aspettiamoci comunque "stranezze" -- non sia eccessivamente complesso -- ma perlomeno ad oggi nom mi pare, e per quel poco non è forse un motivo per attrezzarsi con offerte interessanti verso i clienti? -- non sia eccessivamente costoso -- ed all'inizio magari si un poco, ma quando diventerà uno standard diffuso non sarà più costoso/penalizzante -- insomma abbiamo di che discutere in futuro non poco.


  • User

    In effetti Ettore direi che per noi una cosa interessante è anche trasformare questo messagio in qualcosa di vendibile anche ai clienti, come lo è stato il discorso della segnalazione dei cookie obbligatoria. Pochi euro per un buon numero di clienti possono essere un bel fatturare, ma anche un motivo per stringere anche i rapporti.


  • User Attivo

    @Emanuele Vaccari said:

    Salvatore, ti sei espresso talmente bene che ho sentito la necessità di citarti nel mio post a riguardo della vicenda 😉

    Grazie, non ho visto il tuo post pero'.... link? 🙂

    La pagina di CloudFlare è demenziale, vai a spiegarlo adesso... 😄


  • Community Manager

    Ciao Ettore,

    a questa visione aggiungo quella di Stefano Quintarelli:

    ho solo io la percezione che Google stia progressivamente assomigliando sempre piu' ad una sovra-autorità, privata, sovranazionale ?non so quanto queste mosse siano sagge.
    finchè si trattava di mettersi contro ai paesi per aspetti fiscali, la reazione era tutto sommato contenuta (facciamo un international ruling e dacci i soldi).

    Non la ha solo lui quella visione, ovviamente dipende dai vari settori del web.

    Tra noi SEO e Marketer è un pò di tempo che diciamo di stare attenti perché per certi versi Google ha superato le nazioni e nessuno se ne è reso conto 🙂

    Secondo me ci sono una serie di problematiche:

    • quella comunicativa, c'è bisogno che Google crei un posto ufficiale dove comunicare tutto
    • quella educativa, io sostengo che bisogna assolutamente puntare a un web più educativo se vogliamo migliorare le cose. Quando Google attiva le cose di default, crea ignoranza. Da questo punto di vista, "obbligare" le persone a passare all'HTTPS perché è un fattore di ranking, crea ignoranza. Più o meno così la pensa Altavilla che ho citato nel primo post
    • esiste il W3C. Ok, qui stiamo parlando di un fattore di ranking di motore di ricerca di proprietà, quindi fa come gli pare giusto? Si può essere, può essere un caso border-line, ma Google di fatto si comporta come quello che detta le regole del Web. Io vorrei che fosse diversamente, che magari questo movimento sia fatto in modo più o meno coordinato con altre realtà del web, sulla traccia di Schema.org, Sitemap, Robots.txt ma tutti allo stesso tavolo con il W3C e altri.

    Almeno queste per me sono le cose più problematiche!

    Giorgio

    p.s. Ettore scusa se sono intervenuto nella tua firma rimuovendo l'immagine, può essere solo di 120x20 per il tuo profilo 🙂


  • User Attivo

    @ettore said:

    Il fatto che Google inviti==>spinga==>obblighi (storicamente sempre in quest'ordine) i webmaster ad adottare soluzioni di un qualsiasi tipo per ottenere migliori risultati non è tanto un complotto semisegreto, ne un comportamento in qualche modo contestabile. E' una strategia evidente e sotto certi aspetti necessaria per una struttura come Google

    Chiaro, del resto non vedo nulla di male nel content marketing in generale: produci articoli, comunicati, guide e simili sul "cosa serve" una tecnologia e poi inviti le persone ad acquistarla, nulla di evil per me: pero' qui, permettimi, parliamo di un qualcosa di diverso. Dire che tutti i siti hanno bisogno di HTTPS è sbagliato, punto, non c'è criterio logico che possa sostenere una cosa del genere se non, come dicevo, il fatto che stiano per lanciare un "GoogleSSL".

    Non stiamo dicendo che Google abbia sostenuto "usate tutti PHP che ASP è brutto", "usate server dedicati che vi posizionate prima", che sono affermazioni faziose quanto facilmente smentibili dalla pratica: qui stiamo dicendo che Google ha emanato un comunicato profondamente sbagliato dal punto di vista tecnologico, che finirà per creare problemi alle sue stesse attività di indicizzazione, peraltro (esempio: i duplicati http/httpS come li trattiamo?)

    È in questo modo di esprimersi che risiede il problema: del resto, se avessero detto qualsiasi altra cosa tra gli esempi ipotetici che ho citato, avremmo fatto ironia sulla cosa, magari, ma si sarebbe chiusa lì: adesso, invece, l'effetto sarà molto più grave, per non dire devastante.

    E questo perchè** è errato** dire che HTTPS serve a tutti i siti per renderli più sicuri, quando sappiamo bene che le misure di sicurezza dei siti passano da SSL solo in casi specifici ed a certe condizioni, esempio: transazioni monetarie, passaggio di dati sensibili, certificati autentici.

    Questa semplificazione markettara che ne sta uscendo fuori mette i brividi...


  • User

    Ciò che sostiene il Quinta è pura realtà dei fatti. Ma noi, italiani.., abbiamo la capacità di fare qualcosa? Quando anche Moz dal suo conto si è visto segnalare come un sito spam?

    La questione purtroppo è politica e non è risolvibile in termini di capacità o ideali.

    Uno dei pochi modi per risolverla sarebbe coinvolgere un parlamentare con un minimo di palle, andrebbe benissimo anche il Quinta sia chiaro, che sia portavoce delle nostre paure e smuova qualcosa a livello Europeo.

    Purtroppo chi finoggi si è occupato di arginare l'espansione di Google è qualcuno che non conosce le nostre retrospettive e la percezione che si può avere aldilà del puro interesse personale. Il tutto perchè mi sembra che se si vuole allargare il discorso, non ci si può più basare solo su Google o Facebook e sui nostri profili personali, ma bisogna anche pensare a cosa potrebbe accadere per i nostri figli o noi stessi fra qualche anno.

    Io come sempre ci starei a fare qualunque cosa. Penso anche che il topic potrebbe cambiare troppo connotati se mi inoltro in questa cosa per cui meglio non eccedere 🙂


  • Moderatore

    Ciao a tutti, stimolato da questa interessantissima discussione ho provato a portare un mio sito su https, cosa che mi ha sollevato alcuni dubbi che spero non vadano (troppo) off topic. E' la prima volta che affronto il tema, perciò potrei anche dire qualche inesattezza o peggio, sperando nelle vostre cortesi precisazioni.

    L'operazione tecnica di installazione di SSL e attivazione del servizio sulla porta 443 mi ha richiesto circa mezz'ora di tempo (su Centos, compreso il tempo di cercare la documentazione e capire come si fa) e ora il sito di prova è visibile su https.

    Quindi direi che il problema non dovrebbe essere tanto il passaggio a https in se stesso, in realtà semplicissimo e perfettamente gratuito se si usa un certificato autogenerato, quanto il fatto che poi il browser segnala che "Il certificato di sicurezza presentato dal sito Web non è stato emesso da un'Autorità di certificazione disponibile nell'elenco locale.", appunto perchè ho generato autonomamente il certificato in fase di installazione.

    Ovviamente nessuno vuole che i suoi utenti siano bloccati da un tale messaggio, per cui il problema indubbiamente c'è ma secondo me non riguarda https in se stesso quanto piuttosto l'autorevolezza del certificato. E' vero che una cosa implica l'altra ma forse conviene distinguerle, perchè per esempio la protezione crittografica non è data dal certificato più o meno autorevole ma dal protocollo TLS, che in sè sarebbe appunto gratuito.

    Il fatto è che se vogliamo usare https, i browser ci obbligano a usare certificati emessi da autorità di certificazione, e quando google ci consiglia-impone https ci vediamo costretti a comprare almeno i certificati che non ci fanno fare brutta figura sui browser.

    Non lo so, forse è la stessa cosa ma io non vedo tanto un futuro in cui dovremo avere tutti https quanto un futuro in cui dovremo essere tutti certificati, cosa che presenta anche altre implicazioni, dato che da un breve giro sui venditori di certificati mi pare di capire che ce ne sono di vari livelli, con barretta verde o senza barretta verde, e a prezzi decisamente diversi.

    Detto questo, il mio parere è che https dovrebbe avere senso dovunque ci siano dati realmente sensibili e utenti che inseriscono password (compresi i siti in wordpress o altro cms), in quanto provvede alla crittazione dei dati in transito sulla rete , mentre mi riesce difficile capirne l'utilità per i siti che si limitano a fornire contenuti. Il rischio per questi ultimi di subire attacchi man-in-the-middle mi sembra una forzatura, per usare un termine gentile.


  • User Newbie

    Che Google sia una potenza che supera di gran lunga la sovranità delle singole nazioni (a braccetto con l'economia, e in questo periodo direi che abbiamo ottimi esempi a riguardo) e che sia pericolosamente fuori controllo è purtroppo sempre più lampante. E qua parliamo di un'iniziativa tutto sommato innocua rispetto a quello che potrebbe potenzialmente scatenare. Un azienda privata è in grado di influenzare come vengono fruite le informazioni di tutto il mondo, indirizzare l'attenzione delle persone partendo dai loro bisogni. Purtroppo con un potere del genere, la storia ci insegna, non può che finire male. Sono troppo melodrammatico?

    @Salvatore: il post lo trovi linkato al post #3 di questo thread (non voglio spammare il link 🙂 )!


  • Moderatore

    Devo rettificare il mio post precedente, quando l'ho scritto pensavo che per usare https fosse necessario comprare un certificato da una Autorità Certificativa, mentre poi ho appreso che è possibile averlo gratuitamente facendone richiesta. Ne ho provato uno gratis e a quanto pare funziona: il browser non dà messaggi e qualifica il mio sito come sicuro.

    Questo mi rassicura sotto due profili: prima di tutto perchè il passaggio da http a https sembrerebbe un'operazione semplice e praticamente a costo zero (dico sembrerebbe perchè non l'ho mai fatto su un sito operativo e qualche complicazione può sempre sorgere), e poi perchè fa pensare che non sia il business dei certificati a spingere Google in questa direzione.

    Infatti può essere facile, puntando sul ranking, convincere i webmaster a mettere https anche sui siti che non ne hanno nessun bisogno, ma sarà difficile se non impossibile convincerli a pagare per comprare un certificato quando possono avere lo stesso risultato scaricandone uno gratis.
    Se il fattore di ranking rimane di tipo on-off, essendoci la scelta tra pagare il certificato o non pagarlo, è logico pensare che chi non avrà necessità specifiche se lo scaricherà gratis.

    Escluso il business non saprei dire cosa spinge Google a premere in questa direzione, personalmente mi dà molto fastidio l'atteggiamento pedagogico di chi ti dice cosa devi fare per il tuo bene, e su questo devo dissentire con chi riteneva accettabile l'obbligo del cappotto nell'era glaciale. Va detto anche che sul tema della sicurezza questo atteggiamento sembra diventato quasi la regola non solo da parte di Google, una specie di pedaggio che tocca pagare, come quelli che ti chiedono una password con lettere maiuscole minuscole e caratteri speciali e poi ti obbligano pure a cambiarla ogni sei mesi, magari su un sito dove non transita neppure un centesimo.


  • Super User

    Bene, a questo punto mi aspetto qualche tutorial. 😉


  • User Attivo

    @gianrudi said:

    [...] pensavo che per usare https fosse necessario comprare un certificato da una Autorità Certificativa, mentre poi ho appreso che è possibile averlo gratuitamente facendone richiesta. Ne ho provato uno gratis e a quanto pare funziona: il browser non dà messaggi e qualifica il mio sito come sicuro. [...]

    In realtà, che io sappia, se usi un certificato gratuito per garantire al client che il sito sia davvero chi dice di essere (misura anti-phishing, per capirci) la sua "garanzia" diventa molto relativa: in effetti la potenza dei certificati risiede nell'alta affidabilità di un terzo "super partes", che è quasi sempre a pagamento. I certificati gratis, per quanto utilizzabili, sono da sempre visti con sospetto anche dai browser più scassati: ed è difficile che chi metta a disposizione un servizio del genere non si faccia prendere dalla tentazione di farlo pagare, se mi permetti 😉

    Non sono molto d'accordo, inoltre, che il passaggio da http a https sia indolore, inoltre, perchè mi è capitato di **essere indicizzato erroneamente su Google per URL https **anzichè http, e vi garantisco che recuperare la situazione non è affatto agevole. Va bene essere costretti a seguire politiche di link / di contenuto perchè sennò Google dice che spammiamo o facciamo i furbi, ma essere costretti - di fatto - ad adottare una tecnologia solo perchè "così è più sicuro" è molto semplicistico, farebbe prendere un colpo a qualsiasi sistemista e ricorda situazioni da monopolio Microsoft anni 90.

    Del tipo: sì, "ha detto Papà Google" che con HTTPS sto al sicuro... pero' pensavo, secondo te devo cambiare la mia password attuale da "password" a "12345"? (cit. Balle Spaziali 😄 )

    @gianrudi said:

    Escluso il business non saprei dire cosa spinge Google a premere in questa direzione, personalmente mi dà molto fastidio l'atteggiamento pedagogico di chi ti dice cosa devi fare per il tuo bene

    Riassunto della discussione in poche parole 🙂