• User Attivo

    Crisi economica e domini

    Italia: crisi economica ed effetti sul mercato dei domini
    Sono del 10 settembre 2008 gli ultimi dati sulla stagnazione dell'economia italiana: nel secondo trimestre del 2008 il pil è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,1% nei confronti del secondo trimestre del 2007. Oltre a questo c'è una inflazione ufficiale abbondantemente sopra il 3,5%, tassi in rialzo per combattere l'inflazione (ma che danneggiano l'economia), mercato immobiliare in stallo e fermo degli investimenti produttivi. Questo scenario come incide sulle prospettive del mercato italiano dei domini?
    Prima di provare a capire che influssi la crisi economica potrà avere sul mercato dei domini in Italia, cerchiamo di capire quanto il mercato vale. Non ci sono dati ufficiali, e anche le transazioni riportate da Sedo, DnJournal e altre piattaforme non coprono tutto il mercato, che almeno in parte si sviluppa con trattative in privato: il 2008, che forse è stato l'anno di maggior fermento (con le vendite di Chianti.com , Investimento.it, Annuncio.it, Tombola.it, Lotteria.it) probabilmente si chiuderà con meno di 2.000 transazioni per un controvalore inferiore ai 500.000 euro. Parliamo quindi di un mercato italiano dei domini piccolo, immaturo e illiquido, dove molte delle transazioni riguardano domainers più o meno esperti e dove gli end users sono ancora rari. Inoltre esiste una certa concentrazione nelle transazioni, con singoli domainer che hanno chiuso buona parte delle transazioni.
    Detto questo, analizziamo l'effetto della crisi economica sul comportamento dei domainers (che, come detto, generano la maggior parte delle transazioni). Un domainer compra un dominio con tre possibili finalità:

    1. rivendere il dominio ad un end user
    2. metterlo in parking e generare revenue da traffico spontaneo al dominio
    3. sviluppare un sito sul dominio. Non tutti i domainers lo fanno. Inoltre chi si occupa di sviluppare un sito di solito sviluppa un mini-sito od un blog, al fine di vendere pubblicità (di norma pay per click, spesso Adsense). Molto raramente si assiste allo sviluppo, da parte dei domainers, di portali strutturati con vendita diretta di adv agli inserzionisti o di vendita di prodotti e servizi (e-commerce).

    Quindi, di solito un domainer compra un dominio per rivenderlo ad un end user o per vendere pubblicità (su dominio con il parking o in siti sviluppati). Ma con la crisi economica cosa succede?

    Per quanto riguarda la prima alternativa (vendita agli end users), essa di solito si limita a domini premium o semi-premium. Già oggi è molto difficile trovare aziende disposte a spendere cifre ragionevoli per comprare un dominio premium, per il semplice atto che non hanno un progetto internet strutturato. Con la crisi le aziende tendono a posticipare o ridurre gli investimenti, per vedere cosa succede. Inoltre, tra gli investimenti produttivi, di solito le aziende distinguono tra investimenti necessari per mantenere la capacità produttiva (ad esempio quelli per cambiare un vecchio macchinario) e investimenti discrezionali per crescere o sviluppare nuovi canali distributivi, prodotti, idee ( tra cui rientrano gli investimenti in IT, pubblicità, marchi e brevetti e di sicuro gli investimenti in domini). Nei periodi di recessione/scarsa crescita le aziende cercano di posticipare gli "investimenti necessari" e di annullare gli investimenti "discrezionali". E' quindi probabile che gli investimenti di end users in domini premium e semi-premium calerà sensibilmente (forse crollerà), con tre conseguenze per i domini di gamma alta: minor numero di transazioni, allungamento sensibile dei tempi medi per vendere un dominio, calo dei prezzi.

    Passiamo ora a riflettere sulla seconda alternativa: l'acquisto di un dominio per vendere pubblicità. Nei momenti di recessione le aziende tagliano gli investimenti pubblicitari. Vedendo i dati storici di investimenti pubblicitari si vede chiaramente che esiste una forte ciclicità nella spesa pubblicitaria, con tagli sostanziosi nei momenti difficili (se devi spendere meno è più facile e veloce tagliare le spese di marketing e pubblicità che chiudere una linea produttiva): quindi con la crisi la torta pubblicitaria calerà. D'altro canto è vero che il peso degli investimenti pubblicitari online sul totale degli investimenti cresce anno dopo anno, quindi è probabile che questo mitighi,e forse annulli, il danno per l'adv online (da un lato cala la torta dell'adv complessiva in valore, ma dall'altro lato cresce il peso % degli investimenti in adv su internet sul totale dell'adv).
    Va anche detto che spesso per la vendita di adv si sviluppano minisiti (magari molti minisiti su molti domini) e si punta a portare traffico di utenti (e quindi utenti che cliccano generando ricavi da adv con la modalità pay per click, la più usata) attraverso attività SEO, spesso svolte dallo stesso domainer. Per far ciò servono domini che contengano le chiavi da posizionare, anche su suffissi meno pregiati (.info, .net, .org, .tv eccetera eccetera). Credo quindi che la fascia di domini a basso costo o con suffissi minori, comprati per sviluppare minisiti / usare il parking e vendere pubblicità in modalità pay per click risentirà meno della crisi economica.

    Scritto e pubblicato oggi su DominioInVendita .com


  • User Attivo

    Riflessioni interessanti, però io sono un po' più ottimista.

    L'adv sul web é molto meno costoso dell'adv degli altri canali. Quindi in tempi duri le aziende che applicano politiche di risparmio possono cominciare a prendere in seria considerazione il web come canale per l'adv a basso costo, invogliate in questo anche dalla continua crescita del popolo della rete. Infatti la crisi economica potrebbe anche stimolare l'uso più massiccio del web da parte della gente proprio per il risparmio di costi che esso comporta. (ogni giorno vedo inutili sperperi che potrebbero essere evitati usando la rete, le email, etc).

    La scoperta del dominio come risorsa dell'azienda al pari di brevetti e marchi va di pari passo con l'incremento della presenza in rete delle aziende e della gente secondo me. Quindi non mi preoccuperei troppo.

    Oggi un'azienda che impegna molti soldi in campagne radiofoniche, televisive di fronte ad una crisi economica sarà costretta a ridurre o tagliare questi investimenti e cercherà soluzioni alternative e migliori che la rete é in grado di offrire a costi inferiori. Pensiamo al seo o a campagne cpc o cpm con AdWords. I domini italiani, quelli buoni da 5000 o 10.000 euro possono apparire cari, ma proviamo a fare un confronto con i costi degli spazi pubblcitari sui quotidiani o sui settimanali che benché abbiano tirature di tutto rispetto hanno un efficacia limitata nel tempo. Un dominio é per sempre.

    Solo se ci sono end user il mercato ha un senso. Il traffico spontaneo lo lascerei perdere per i domini italiani. Per avere end user che comprano domini serve solo una cosa: informazione, informazione e ancora informazione sul ruolo del dominio nell'ambito di una efficace strategia di comunicazione on line, Informazione sull'importanza di registrare domini .IT e/o .COM rispetto ad altri tld di ripiego. Ognuno dovrebbe avere il proprio nome e cognome .it registrato in modo da pubblicare e promuovere il proprio profilo e la propria identità on line prima che informazioni incomplete e false su di se vengano fatte circolare da altri. Insomma il dominio deve rappresentare l'identità virtuale della gente e delle aziende. Il valore dei domini andrà di pari passo con lo svilupparsi e il radicarsi di questa mentalità. Senza queste premesse fondamentali secondo me non si va da nessuna parte.


  • Community Manager

    Ottima discussione ragazzi 🙂

    Sposto il tutto nella nuova sezione dedicata ai Domini e Domainers 🙂