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@esco said:
Limitare gli importi minimi di spesa da inserire in contabilità ritengo sia infatti una esigenza per la semplificazione di questo sistema che è ormai troppo farraginoso e complicato, stabilire che non potranno essere computate in contabilità e non saranno soggette a controllo le transazioni di importo minore non mi pare una violazione dei diritti del contribuente, visto che sistemi forfetari già sono inclusi nel nostro sistema.
Non sono d'accordo.
Sono tassabili importi anche minimi ?!?!?
Si, bene allora devono essere anche deducibili anche importi minimi... senza limitazione alcuna. E' questione di giustizia e reciprocità.Perchè poi partire dalle partite Iva... partiamo da tutti se proprio deve essere... perchè un professionista si ed un privato no ?!?!?!
Comunque la "semplificazione" di questo "farraginoso e complicato" sistema si ottiene abrogando norme non tracciando corrispettivi di 3 euro.
La semplificazione si ottiene evitando di inserire nel citato DPR 917/86 norme come la thin capitalization, che seppur lodevole nello scopo, era di gestione simile ad una centrale nucleare... si ottiene evitando di inserire norme che resuscitano adempimenti inutili di un tempo come gli elenchi clienti e fornitori (ormai in via di abolizione anche nei pochi stati europei dove esistono ancora).... la semplificazione si ottiene eliminando le sanzioni quando da violazioni formali non emerge danno erariale (es. omesse autofatture)..... e centinaia di altre norme.Così si ottiene la competitività di un sistema paese, in altro modo si complica ancor più.
PS ti ringrazio per l'apprezzamento, ma questo forum è merito di tutti i partecipanti, anche tuo .
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vorrei fornire una mia piccola osservazione su un punto che nessumo ,mi sembra, abbia messo in risalto ovvero che in Italia si pagano troppe imposte: se non sbaglio siamo al 3 posto in europa. Non si può nemmeno dire, a mio avviso, che se tutti pagassero le imposte pagheremmo tutti di meno, è come dire: a te che sei onesto e hai sempre pagato ti faccio pagare di più perchè c'è qualcuno che non paga! Se le imposte fossero più eque le pagherebbero tutti. Poi ai ricconi che evadono mi sembra che si facciano enormi sconti quando li si becca (vedi esempi di sportivi famosi).
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Scusami ESCO ma puntualizzo. Io non ho detto "come mi arrivano e come li gestisco sono affari miei" nel senso che "anche se mi arrivano in nero" ma nel senso che se io fatturo il 100% come faccio, perchè devo essere sospettato di evasione fiscale? Perchè mi metti contributi inps oltre il 25% (professionista) mentre un dipendente paga se non sbaglio meno del 10%? (spero di non sbagliarmi sulle cifre). Perchè mi fai detrarre parzialmente alcune cose con percentuali che sembrano tirate coi dadi? Perchè se vado ad un corso di aggiornamento posso detrarre solo il 50%. Perchè nel restante 50% dormo? La risposta è che c'è gente che si fa le ferie detraendole dalle tasse. E allora colpite loro non me. In questo modo loro rubano solo il 50% e l'altro 50% ce lo rimetto io così lo stato fa pari a spese mie. Scusate lo sfogo
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un piccolo contributo estratto da Panorama 16.05.2008
Osservazioni sulle dichiarazioni dei redditi del 2005.
39.977.386 dichiarazioni presentate;
9.659.121, ovvero il 24,16 per cento, indicano un reddito imponibile personale pari a zero.Il numero si assottiglia, ma di poco, se si considerano quelli che hanno segnato il fatidico 0 anche alla voce del reddito d’impresa.
Si arriva così a poco più di 9 milioni di persone, il 22,61 per cento.Tutti evasori? No, è ovvio.
Il popolo dello zero, un quarto degli italiani, raccoglie un po’ di tutto:
- indigenti (incluso quelli che presentano reddito sotto la soglia minima dei fatidici 7.500 euro che delimitano la no tax area)
- famiglie con assegni sociali
- pensionati con la minima.
Ma, spiegano all’Agenzia delle entrate, così «si arriva a poco più di 4 milioni di contribuenti». Gli altri chi sono?
Nel 2007 è emersa una base imponibile non dichiarata da 3,1 miliardi di euro su appena 21 mila verifiche. Dati che accreditano il lento adagio secondo il quale non esiste studio di settore, Echelon fiscale o sistema Gerico che sia capace di invertire l’abitudine di molti italiani di infischiarsene del fisco.
Secondo una ricerca di Banca d’Italia nel 2004: il 75 per cento degli intervistati rispose che si evade semplicemente perché si sa che tutti non pagano il dovuto. E quindi perché tirarsi indietro? Oltre il 50 per cento aggiunse di evadere il fisco proprio perché non si sentiva abbastanza controllato.
Conferme a questo luogo comune arrivano se si scompone il dato per aree geografiche. Emerge un’Italia a doppia velocità. Da Cosenza a Vibo Valentia, da Ragusa a Trapani, e poi ancora Benevento, Crotone, Enna, Caltanissetta: nella provincia profonda oltre il 40 per cento dei contribuenti dichiara zero al fisco. Sia come Irpef, sia come reddito d’impresa. La palma spetta a Enna, dove il 42,43 per cento delle dichiarazioni reca il fatidico importo.
Nord e Sud, ai fini fiscali, sembrano due mondi distanti, con la provincia di Bologna che primeggia per minor numero di modelli Unico fermi a zero: appena il 13,99 per cento. Del resto le prime 61 province con minor numero di dichiarazioni a reddito zero sono tutte del Nord e Centro Italia. Dopo arrivano il Sud e le isole con Sassari che vede già il 24,61 per cento dei contribuenti non pagare tasse.
Scomponendo i dati per categoria professionale, agricoltori, coltivatori e allevatori conquistano percentuali bulgare. Ma anche avvocati, proprietari di bar, intermediari, trasportatori, ristoranti, barbieri e istituti di bellezza brillano per la quantità di contribuenti che non dichiara nulla.
Panorama ha analizzato e suddiviso per attività lavorative 689.348 dichiarazioni a reddito zero. Un campione non statistico, ma rappresentativo che costituisce il 17,61 per cento di tutte quelle che riportano il cosiddetto codice attività (imprese, professionisti, attività commerciali e così via). Cifre che mostrano tendenze nette. Come spiegare altrimenti che:
- 65.844 allevatori presenti nel campione ben 45.657, il 69,34 per cento, sono a reddito zero?
- i vivaisti forestali arrivano all’87,5 per cento;
- gli allevatori di ovini e caprini all’84,42 per cento: 10.653 su 12.619.
- produttori di birra: dei 24 presenti in 14 hanno firmato il solito doppio zero nelle caselle del reddito personale e d’impresa.
Certo, detrazioni, agevolazioni e aiuti possono essere chiavi di lettura efficaci. E persino gli inizi attività e i problemi di salute. Ma difficilmente spiegano dati così netti per zona e per attività professionale. Quello del reddito zero, insomma, è un mondo ancora tutto da scoprire e del quale si preferisce non parlare.
I politici evitano di affrontare il problema con decisione per paura di perdere voti. Gli 007 del fisco per timore di veder aumentare un fenomeno ormai fuori controllo. Meglio incrociare le dita, sperare che Gerico 2008 con i 206 nuovi studi di settore sia in grado di inviduare le incongruità degli elementi contabili.
Anche perché, a sentire i finanzieri e gli ispettori dell’Agenzia delle entrate, è un coro unico: «Metà di noi è impegnata proprio contro l’evasione fiscale» spiegano al comando generale della Guardia di finanza «ma siamo comunque in pochi. Dobbiamo controllare quasi 5,4 milioni di piccole aziende, consulenti e professionisti e 42 mila società anche sopra i 25 milioni di fatturato». Per poi vedere le contestazioni fiscali impugnate davanti alle commissioni tributarie e spesso ridotte o cancellate. Anzi, è il caso di dire, proprio azzerate.
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un ulteriore contributo è questo
l'articolo argomenta che:
- non esiste attestazione più falsa della dichiarazione dei redditi per misurare la reale ricchezza degli italiani;
- con un calcolo speditivo, in prima approssimazione, sono ca. 4.000 euro/anno che dovrebbero tornare nelle nostre tasche se l'evasione fosse ridotta ai minimi fisiologici;
- non è corretto sostenere che l’evasione in Italia è alta perché la pressione fiscale è enorme;
- in USA si pagano più tasse rispetto all'Italia (facendo chiarezza del luogo comune secondo il quale le tasse sono più alte da noi);
L'articolo termina così:
Certo, la pressione fiscale in Italia è comunque alta, ma abbiamo un numero di evasori spaventosamente alto ed una tendenza diffusa all’omertà ed a guardare semplicemente nel nostro orticello. Non abbiamo più il senso del bene comune, l’interesse per gli altri si ferma, quando va bene, nell’ambito familiare, chi abita fuori dall’uscio della nostra porta “si fotta”. Con questo modo di ragionare abbiamo messo il paese in ginocchio, ora dobbiamo solo decidere se assestargli il colpo di grazia - e poi ognuno proceda al grido di si salvi chi può - oppure se aiutarlo, iniziando a ragionare per il bene comune e non solo per i nostri esclusivi interessi.
Ma l'articolo non sempre rimane sull'aspetto tecnico-fiscale e soprattutto non finalizza l'analisi ad una o più proposte per arginare questo scandalo italiano.
Ogni contributo/opinione è ben gradita.
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Infatti in Italia ad essere altissima ed improponibile non è la pressione fiscale intesa quale pressione delle imposte dirette.
In Italia è improponibile la pressione tributaria globale. Su un imprenditore proprietario di immobile abbiamo:
- Irpef
- addizionale regionale irpef
- addizionale comunale irpef
- Irap
- Diritto alla camera di commercio
- ICI
- Tarsu
- Tassa sulla pubblicità (insegna)
- Contributi previdenziali INPS
- Imposte indirette legate alle utenze
- per la loro gestione, quale onere accessorio, costo commercialista
Direi che è qui, considerando anche la contribuzione previdenziale e la fiscalità indiretta senza rivalsa che si evidenzia la pressione tributaria fuori da ogni logica.
E' da ciò che nasce la famosa affermazione che se si pagasse un po' meno la gente pagherebbe forse più volentieri.
In ogni caso e tornando al post di apertura: non è specificando quale sia la mole di dichiarazioni a zero che si spiega la tua critica alla decisione di abbandonare la canalizzazione di pagamenti ed incassi dei professionisti.
Paolo
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"In ogni caso e tornando al post di apertura: non è specificando quale sia la mole di dichiarazioni a zero che si spiega la tua critica alla decisione di abbandonare la canalizzazione di pagamenti ed incassi dei professionisti."
io mi sono convinto, forse a torto, che la seguente relazione sia corretta:
(A) tracciabilità/canalizzazione delle transazioni di denaro estesa a tutte le PIVA (non solo dei professionisti)
(B) meno dichiarazioni a zero e meno elusione/evasione
Ovviamente sarei lieto di leggere ogni altra relazione/proposta di "tecnica fiscale" che abbia come risultato il punto (B)
Tu ritieni che "i controlli fiscali analitici sarebbero l'unica vera arma democratica" ed i numeri ti danno ragione, se emergono 3,1 miliardi di euro su appena 21 mila verifiche. Oltre a questo auspichi, come me, alla semplificazione degli impegni contributivi e ad una riduzione della pressione fiscale.
Ma io credo che questo non basta e/o non è bastato, al fianco delle, belle o brutte, semplificazioni (es. forfettoni e regimi minimi) troviamo anche altre complicazioni, poichè siamo capaci di complicarci anche le semplificazioni (es. il Tutor dell'Agenzia delle Entrate... chi l'ha visto?).
Credo inoltre che la pressione del controllo fiscale analitico (controlli della GdF o AE) potrebbe imporre il comportamento diligente dei contribuenti, come emerge dal sondaggio Banca d'Italia 2004 sopra ricordato (non pago tanto non mi controllano).
L'auspicato comportamento diligente dei contribuenti dovrebbe essere ottenuto con strumenti di controllo preventivi ed automatici. La tracciabilità/canalizzazione delle transazioni può essere dunque uno strumento in più ai maggiori controlli analitici da te auspicati per renderli ancora più efficaci. Ma oltre a questo, ha un valore preventivo/dissuasivo analogo al sistema Tutor in autostrada che non sanziona il momentaneo superamento del limite di velocità, ma la tua condotta sull'intero tragitto controllato.
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Vedi Caro Esco il problema è il rapporto che il fisco ha nei confronti dei contribuenti e non il contrario. Io non ho mai fatto un euro di nero, sia per moralità che per la complessità della cosa per il mio tipo di attività (ma non impossibilità !!!!!!!!), non ho mai gonfiato nessuna spesa anzi spesso per i motivi dei piccoli importi o per alcune difficoltà nel richiedere fattura (esempio se pranzi da mcdonald o nel bar di passaggio ti limiti allo scontrino che poi non porto in detrazione oppure benzina messa fuori orario e fuori zona) e lo stato come mi tratta? Mi costringe a calcoli assurdi nello studio di settore arrogandosi il diritto di stabilire se il mio modo di lavorare è coerente oppure se è congruo. E se non sono congruo e coerente secondo LUI mi chiede di adeguarmi ai sui calcoli "minacciandomi" di accertamento fiscale. Questa come ho scritto in un altro post è una specie di "estorsione", mi viene chiesto di pagare un extra per non avere problemi. Posso non adeguarmi ma tutti ti dicono che se la cifra è bassa è meglio pagare perchè l'accertamento è sempre una grana e se poi ti devi avvalere di un professionista o finire in contenziosi si rischia di spendere di più. La mia dichiarazione non è di quelle a 0 ma è ovvio che è più bassa di un lavoratore dipendente nel mio stesso settore, io non ho 13 mensilità (o 14) garantite, il mio lavoro straordinario rientra nell'ordinario, ho i contributi previdenziali oltre 1/4 del mio reddito, pago l'iva a prescindere che l'incassi o no e non è così ovvio riuscire ad incassare il 100% del mio lavoro e poi posso scaricare parte delle spese che servono per il mio lavoro. Io non mi cambierei mai con un dipendente perchè l'idea di essere pagato la stessa cifra a prescindere dalla qualità del mio lavoro va contro il mio modo di intendere la vita, nel bene e nel male. Sa qualìè lo soluzione che mi prospettano tutti? Fai dei giri di fatture e guadagni di più. Ma io voglio dormire tranquillo e pensare a lavorare, peccato solo che con questo fisco pur comportandomi lealmente e correttamente spesso non è possibile
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Non capisco perchè in questa discussione si mira a difendere ad ogni costo l'Agenzia delle Entrate e non si parli anche ,per equità, delle tante ingiustizie del nostro sistema fiscale. Faccio un esempio: Proprietario di immobile oltre a quello posseduto come abitazione principale. Ti dicono che per il solo fatto di possedere un immobile hai una rendita ogni anno! Assolutamente falso! Non solo non si ha nessuna rendita ma si hanno costi altissimi. Mettiamo che lo si affitti quando va tutto bene e si trova qualcuno che ti paga il canone (rarità) quando si va a fare la dichiarazione la metà dell' importo dell'affitto (il più delle volte molto basso) devi darlo allo Stato. Nella maggior parte dei casi invece l'inquilino non paga, bisogna sobbarcarsi spese di avvocato, e nn solo ti viene detto prima inserisci l'affitto nella dichiarazione poi se c'è la sentenza di sfratto te lo compensi (chissà quando). Si aggiunga l'elevato importo dell' Ici ( il più delle volte con aliquota 7 per mille) da pagare annualmente. Qualcuno mi sa dire dove sta questa rendita che viene attribuita solo per il fatto di possedere un immobile (il più delle volte frutto di una vita di lavoro dei nostri genitori) che nn è abitazione principale? Se il 50% del canone devo darlo allo Stato perchè devo rischiare di mettermi gente dentro che nemmeno conosco? Questo è solo uno dei tanti esempi !
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come si fa a non essere in accordo con Viking e Pluto?
Ciò che hanno descritto colpisce tutti, non solo una categoria. In ognuna delle nostre famiglie, mediamente, c'è stato/c'è/ci sarà uno o più pensionati (A), uno o più dipendenti (B), uno o più proprietari di 1 o più case (C), uno o più lavoratori autonomi (D), uno o più professionisti (D), uno o più cocopro (E), uno o più che ha avuto necessità del Servizio Sanitario Nazionale, scuola pubblica o altra assistenza pubblica (F), uno o più affittuari (G), ecc.
Quando una norma penalizza anche uno solo dei soggetti da (A) a (G), penalizza le nostre famiglie, indipendentemente dalle nostre personali posizioni.
Personalmente sono in accordo con quasi tutto quanto esposto nei post fin qui intervenuti, con particolare riferimento:
(1) allo scorretto sistema fiscale che genera tali anomalie e tali ingiustizie.
(2) l'evidenza che il principale problema è l'eccessiva massa di denaro non dichiarato/sommerso;
(3) le critiche alla scarsa capacità dell'Agenzia delle Entrate (AE) di ridurre a livelli più fisiologici i fenomeni delle tante modalità di evasione;Premesso questo e sulla base della recente abrogazione di una norma molto dibattuta, ho sollecitato questa discussione sulla valutazione della tracciabilità delle transazioni di denaro dal punto di vista della "tecnica fiscale"
Ritengo infatti che la tracciabilità di tutte le transazioni di denaro delle P IVA (non solo quelle dei professionisti) può essere considerato un valido strumento possibile/non vessatorio/adeguato/utile/efficace per compiere il primo passo per:
(3) migliorare la capacità di azione della AE nei confronti della massa di denaro evaso/sommerso;
(2) migliorare i flussi delle entrate fiscali dalla massa di denaro evaso/sommerso;
(1) migliorare il sistema della ripartizione della pressione fiscale al fine di eliminare anomalie ed ingiustizie.La tracciabilità di tutte le transazioni proposta può essere intesa come il sistema Tutor in autostrada che verifica la condotta del viaggiatore sull'intero tragitto controllato.
Infine dal punto di vista strettamente tecnico-fiscale, come già scritto, il tracciamento può avere anche e soprattutto un valore dissuasivo-preventivo.