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@rigby76 said:
Ti riassumo brevemente la mia partecipazione alla discussione. Sono entrato per contestare il fatto che si pensava di analizzare l'attività prendendo come punto di riferimento il fatto che tecnicamente tutto si risolveva nell'inserimento di un codice javascript. Le modalità tecniche non partecipano alla determinazione della natura di un'attività: si tratta di fornitura spazi pubblicitari e non di inserimento codici.
Fin qui ci siamo o no?
Che l'attività sia fornitura di spazi (ovviamente "vuoti", sennò che spazi sono) e che gli annunci li gestisce Google è chiaro e lo confermo, mentre invece vi state sfegatando a riaffermarlo quando nessuno lo sta negando.
Da qui possiamo partire a discutere serenamente del resto. Cosa comporta questa attività?
Mi viene il dubbio che non sia stato neanche chiaro il punto della discussione.
Era una battuta, c'è la faccetta sorridente... non te ne offendre dai!
Quando mai ho detto una cosa del genere? Citami i punti e ti darò ragione.
Sarà anche ridicolo.... a me sembra ridicolo paragonare un sito che espone annunci pubblicitari a un falegname che fa uno scaffale ad esempio... significa non aver chiaro di cosa si sta parlando dato che sono attività completamente differenti: la vendita di un singolo prodotto contro la fornitura di un servizio continuativo dall'altro.
E anche il tuo in cui mi sembra volessi dire che il dattilografo non si assume la paternità per aver battuto i testi di uno scrittore, ti ripeto che era fuori luogo, dato che io non stavo parlando della paternità dell'opera ma del rapporto tra l'atto fisico e l'attività: dattilografo e scrittore - appunto - compiono la stessa azione fisica ma hanno due attività diverse all'atto pratico: così chi inserisce il js per far visualizzare annunci (gestiti da google) sul suo sito non fa la stessa cosa di chi inserisce un js per il rollover delle immagini (per fare un esempio). Se fate paragoni fuori luogo mica è colpa mia! :bho:
Avere un blog non può comportare certo impresa... esporre annunci continuativamente forse (ed è questo di cui potremmo dibattere... il ragazzino di 15 anni si astenga da partecipare a programmi del genere nel caso). Non mi sembra una metafora questa comunque.
Guarda se dicevi da subito che secondo te un blogger si limita a fornire uno spazio e non ad avere un'attività imprenditoriale sarebbe stato tutto molto più chiaro e la discussione avrebbe preso altri binari. Io non mi considero competente per queste dissertazioni; mi sono solo limitato a riportare l'analisi di Paolo che da certi presupposti (fornitura di spazio pubblicitario) arriva a certe conclusioni (servizi pubblicitari), e lo ha fatto citando norme precise.
Detto questo, esco dalla discussione dato che ritengo di non avere più nulla di utile da portare alla causa comune di un forum; non vorrei essere ricordato per questo inutile flame!
Come già affermato da tanti altri (Tremonti compreso) è lecito tutto ciò che non è chiaramente vietato.
Non è vietato ad un ragazzino di 15 anni aprire un blog e non è vietato che inserisca adsense. Quindi lo può fare, poi non gli puoi dire ... Sei Impresa.
Otterresti un assurdo legale, fiscale, logico. Prima lo può fare, ma poi non lo può fare perchè non ha l'età.
Per quanto riguarda tutte le quote che hai messo, non posso risponderti perchè non mi viene nemmeno per la mente che un falegname è paragonabile ad un blogger.
L'unica e dico l'unica cosa che mi interessa è stabilire dei paralleli con attività analoghe e mostrare che se ammetti un blogger come impresa (o uno che ha adsense in un sito) devi poi ammettere come impresa tante altre attività che oggi non sono considerate imprese
Esempio 1.- Il proprietario di un terreno su cui un'agenzia di pubblicità pone un cartellone. Oggi non è impresa, ma poi dovrebbe esserlo in quanto facente parte della stabile trasmissione di un messaggio pubblicitario.
Esempio 2.- Un vip che mette sempre la stessa maglia targata Lacoste (vedi pubblicità occulta) oggi non è impresa, ma poi potrebbe essere considerato tale in quanto facente parte della stabile trasmissione di un messaggio pubblicitario.Poi vi sono le questioni delle responsabilità, della stabile organizzazione della continuità e della professionalità.
Esempio 3.- Con Adsense non hai responsabilità verso nessuno degli inserzionisti (sono Annunci Google, come Google stesso dichiara).
Esempio 4.- La continuità non è data dal fatto che il messaggio è continuativo ma dal fatto che la mia attività lavorativa è continuativa, svolta con professionalità (quale?) e con una stabile organizzazione ( a tal proposito cito il fatto riportato da Ateneoweb che un sito internet non lo è)Tutto qua. Da tutto questo dovrebbe conseguire che un blogger o un sito con adsense è un'impresa? A me pare proprio di no, non ci sono gli elementi fondamentali dell'impresa, mentre vedo gli elementi della concessione di uno spazio, in modo del tutto analogo a quanto detto nell'esempio 1, per di più con un guadagno incerto. Anche se hai mille visitatori giornalieri e hai fatto il miglior lavoro possibile potresti non ottenere il click, perchè alla fine il click e quindi il guadagno è una libera espressione del visitatore. Possiamo quasi dire che è una donazione del visitatore, che non dona, ma sceglie di visitare qualche sito.
Esempio 4. E' come se la Rai si facesse pagare dalla Barilla a percentuale sui pacchi eventualmente venduti nei negozi. (scusa la metafora ma a me viene da ridere, pensando al fatto che un'azienda si fa pagare per una prestazione effettuata e con un compenso certo e non aleatorio). Per me e credo per tutti Impresa significa servizio certo e pagamento definito e non aleatorio. Magari lancio un dado e se esce il sei pago un tot e se non esce non pago niente (più o meno come con Adsense, mille visitatori e magari 20 click).Non mi sono offesso. L'esempio del dattilografo e del programmatore, per come stava scritto, non mi sembrava calzante ed ho interpretato la tua volontà. Forse ho sbagliato, ma ancora non ho capito il nesso con la discussione su Adsense.
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Un ragazzino minorenne non può esercutare attività d'impresa se non a ben precise condizioni.
In ogni caso il fatto che sia impresa prescinde dalla sua persona.
Discende invece dal fatto che egli continuativamente rende servizi pubblicitari.... configurandosi in pieno nell'art. 2195 del CC.Questo semplicissimo fatto fa discendere tutto il resto. Con estrema semplicità, nello stesso modo in cui lo leggerebbe un verificatore fiscale insomma.
Paolo
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@i2m4y said:
Un ragazzino minorenne non può esercutare attività d'impresa se non a ben precise condizioni.
In ogni caso il fatto che sia impresa prescinde dalla sua persona.
Discende invece dal fatto che egli continuativamente rende servizi pubblicitari.... configurandosi in pieno nell'art. 2195 del CC.Questo semplicissimo fatto fa discendere tutto il resto. Con estrema semplicità, nello stesso modo in cui lo leggerebbe un verificatore fiscale insomma.
Paolo
Appunto. Dato che non gli è vietato creare un blog con adsense, può farlo. Infatti non esiste alcuna legge che lo vieta. E tutto ciò che non è vietato è lecito.
Ma poi quando ha creato il blog con adsense, arriva la visita fiscale e gli dice: no, tu non puoi fare impresa, perchè non hai 18 anni.
Gli rispondo: Impresa e dove sta l'impresa? Dove sta la stabile organizzazione, la continuità nel perpretare le azioni che fanno gli imprenditori e la professionalità? Quali sono i miei clienti e quali sono i miei contratti? Quali sono i guadagni certi per il servizio prestato.
Quando e in quale momento ho fatto con organizzazione e con continuità le tipiche azioni che fanno gli imprenditori ( o quelli a cui mi assimilate)?Voi confondete la stabile organizzazione e la continuità delle tipiche azioni fatte da imprenditori con la stabilità del messaggio (che peraltro nemmeno è stabile, non garantito, sebbene possa esserlo); nè produce un guadagno certo. Ci sono giorni che si regala e giorni in cui magari si guadagna. E non basta dire che si guadagna per avere un'impresa.
Il guadagno è quasi un "regalo" del visitatore e sul quale nessuna statistica regge. Google stesso non ti dice quanto ti paga, solo ti dice che otterrai un guadagno per ogni click; ma non ti garantisce il clik. Il click è un "regalo" dell'utente e resta tutto da dimostrare l'implicazione più visitatori più click (ossia miglior posizionamento maggior guadagno; ed inoltre le due cose non sono correlate con la questione essere o non essere impresa).Una cosa è voler adattare le nostre leggi, un'altra cosa è dimostrare che un blog (o un sito) con adsense è un'impresa.
Naturalmente in Germania in anni non troppo lontani se dicevano sei "Giallo" eri giallo, anche se magari eri africano.
Un conto è la prepotenza del fisco un altro conto è dimostrare che stai compiendo ogni giorno le tipiche azioni di un imprenditore (o assimilato).
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Non è vero.
- Al minorenne è infatti vietato fare impresa (salvo casi eccezionali).
- Ospitare adsense sul sito o blog E' fare impresa (servizi pubblicitari).
- Quindi gli è vietato ospitare adsense.
Per fare impresa NON serve alcuna stabile organizzazione (peraltro termine tirato in ballo impropriamente in quanto attinente altri ambiti fiscali). Un agente ad esempio può non avere alcuna stabile organizzazione se non nella sua valigetta 24 ore, ma è sempre imprenditore.
Non serve continuità nelle azioni preliminari o tecniche necessarie, serve primariamente la continuità nella resa del servizio pubblicitario.... l'ospitalità dei quadrati adsense è tipicamente continuativa sui siti che li ospitano.
La professionalità discende dalla continuità e questo al legislatore civilistico basta, figuriamoci a quello fiscale.
I clienti non servono ... ne basta infatti uno solo: è Google Adsense il tuo cliente unico, ciò già basta.
Contratti ne basta uno, quello concluso per la ospitalità di adsense, che hai concluso iscrivendoti a quel programma remunerato, con dunque evidente scopo di lucro. Inutile che ti serva solo per coprire i costi di hosting, resta sempre uno scopo di lucro.
L'attività d'impresa non ha mai guadagni certi, in questo si differenzia dal lavoro dipendente ad esempio.... fa parte del rischio di impresa. Non serve che il tuo cliente ti garantisca quei guadagni... non sarebbe impresa se fosse garantita.
L'attività compiuta con un computer, un collegamento elettrico, una linea telefonica con un abbonamento internet, un dominio internet (anche gratuito), la stipula di un contratto di servizi pubblicitari, l'inserimento degli script sul sito internet, il posizionamento degli stessi, il posizionamento e l'aggiornamento del sito ecc. sono tutte azioni e fattori dell'organizzazione (seppur davvero e senza dubbio minima) necessarie e messe in piedi per quella micro attività d'impresa.
Purtroppo con le leggi Italiane esiste un solo modo per evitare la partita iva, utilizzare l'occasionalità prevista dai "redditi occasionali di natura commerciale" (art. 67 del DPR 917/86).... in pratica una specie di stratagemma per dichiarare redditi da attività d'impresa commerciale occasionale.... ma qui è proprio l'occasionalità che manca...... non mi confondo dunque, mi basta quell'ulteriore tassello... la stabilità del messaggio sul sito a scopo di lucro.... la continuità dunque del servizio pubblicitario con l'evidente scopo di accumulare click e perciò soldi.... tutto ciò per per dire che, seppur per due euro, si debba regolarizzare il tutto con l'impresa.
Purtroppo è così, mi piacerebbe esistessero altre vie ma è così.
Paolo
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non entro nel merito se impresa o meno (non me ne intendo)..., ma:
@i2m4y said:I clienti non servono ... ne basta infatti uno solo: è Google Adsense il tuo cliente unico, ciò già basta.
Mi piace leggere, che non si tratta più di un "rapporto a tre", ma di un unico cliente: Google (che è una ditta extra-UE).
> Contratto (...) che hai concluso iscrivendoti a quel programma remunerato, con dunque evidente scopo di lucro.Lo scopo di lucro è tutt'altro che evidente. Esistono infatti anche altri motivi per partecipare al programma AdSense: come dice Google stessa:
"AdSense per i contenuti scansiona automaticamente il contenuto delle tue pagine web e pubblica gli annunci (testuali o illustrati) **pertinenti **al tuo pubblico e al tuo sito, con una tale precisione che i lettori li troveranno estremamente utili."Si tratta di arricchire il proprio sito con link ad altre pagine dello stesso tema. Ricercare pagine con argomenti simili a quelli trattati dal mio sito è oneroso, ed ho quindi deciso di lasciar fare a Google. Il motivo di aderire ad Adsense è quindi quello di risparmiare lavoro ed offrire informazioni utili al visitatore. Se poi dopo qualche mese mi arrivano 100 dollari - tanto meglio.
Se fosse solo per i soldi, pubblicherei invece pubblicità per siti prn, o andrei a palare neve o lavare vetri (rende molto di più).
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@i2m4y said:
Non è vero.
- Al minorenne è infatti vietato fare impresa (salvo casi eccezionali).
- Ospitare adsense sul sito o blog E' fare impresa (servizi pubblicitari).
- Quindi gli è vietato ospitare adsense.
Per fare impresa NON serve alcuna stabile organizzazione (peraltro termine tirato in ballo impropriamente in quanto attinente altri ambiti fiscali). Un agente ad esempio può non avere alcuna stabile organizzazione se non nella sua valigetta 24 ore, ma è sempre imprenditore.
Non serve continuità nelle azioni preliminari o tecniche necessarie, serve primariamente la continuità nella resa del servizio pubblicitario.... l'ospitalità dei quadrati adsense è tipicamente continuativa sui siti che li ospitano.
La professionalità discende dalla continuità e questo al legislatore civilistico basta, figuriamoci a quello fiscale.
I clienti non servono ... ne basta infatti uno solo: è Google Adsense il tuo cliente unico, ciò già basta.
Contratti ne basta uno, quello concluso per la ospitalità di adsense, che hai concluso iscrivendoti a quel programma remunerato, con dunque evidente scopo di lucro. Inutile che ti serva solo per coprire i costi di hosting, resta sempre uno scopo di lucro.
L'attività d'impresa non ha mai guadagni certi, in questo si differenzia dal lavoro dipendente ad esempio.... fa parte del rischio di impresa. Non serve che il tuo cliente ti garantisca quei guadagni... non sarebbe impresa se fosse garantita.
L'attività compiuta con un computer, un collegamento elettrico, una linea telefonica con un abbonamento internet, un dominio internet (anche gratuito), la stipula di un contratto di servizi pubblicitari, l'inserimento degli script sul sito internet, il posizionamento degli stessi, il posizionamento e l'aggiornamento del sito ecc. sono tutte azioni e fattori dell'organizzazione (seppur davvero e senza dubbio minima) necessarie e messe in piedi per quella micro attività d'impresa.
Purtroppo con le leggi Italiane esiste un solo modo per evitare la partita iva, utilizzare l'occasionalità prevista dai "redditi occasionali di natura commerciale" (art. 67 del DPR 917/86).... in pratica una specie di stratagemma per dichiarare redditi da attività d'impresa commerciale occasionale.... ma qui è proprio l'occasionalità che manca...... non mi confondo dunque, mi basta quell'ulteriore tassello... la stabilità del messaggio sul sito a scopo di lucro.... la continuità dunque del servizio pubblicitario con l'evidente scopo di accumulare click e perciò soldi.... tutto ciò per per dire che, seppur per due euro, si debba regolarizzare il tutto con l'impresa.
Purtroppo è così, mi piacerebbe esistessero altre vie ma è così.
Paolo
Mi spiace, ma tutte le cose che tu hai elencate non vengono fatte da chi apre un blog.
Un blog si apre in 5 minuti e poi lo abbandono per sempre, ma Adsense sta li e secondo voi produce.
Se è vero quello che tu affermi allora esiste almeno un'azienda che concretizza la sua attività in 5 minuti per tutta la durata della sua vita.
Non mi sembra continuità, non mi sembra stabile organizzazione, non mi sembra professionalità (aprire un blog è come aprire un nuovo indirizzo di posta elettronica).
Inoltre, caso mai ci fosse professinalità e continuità dovrebbero essere riferite all'impresa svolta e non alle competenze che ha una persona.
Inoltre, stante le tue considerazioni deve essere impresa anche una persona che fitta il suo terreno per metterci sopra un cartellone pubblicitario.
Non tutti i commercialisti la pensano come te al riguardo.
Inoltre, la stabile organizzazione è stata tirata in ballo perchè tempo fa, di sicuro ne sei a conoscenza, si cominciò a far girare la voce che avere un sito internet fosse una condizione sufficiente per avere una stabile organizzazione (per me è chiaro chi ha messo in giro la voce) poi vi fu una smentita ufficiale.
Quindi avere un sito internet non è una stabile organizzazione.
Infine, quando vuoi fare una prova, dammi un nome e ti apro un blog con Adsense in 10 minuti al massimo ( 5 in più perchè la connessione non è stabile) e poi lo lasciamo li a dormire per sempre. E siamo impresa. Ogni giorno facciamo quello che fa un editore o un'azienda assimilata. Ogni giorno continuiamo la nostra attività, mentre nella realtà lo abbiamo abbandonato.
La stabilità del messaggio non implica essere impresa nel senso di fare le operazioni che con continuità e professionalità compie un operatore analogo del settore.
Il cliente e l'imprenditore: il cliente paga per un servizio ricevuto, l'imprenditore guadagna per un servizio offerto. Io imprenditore concedo a Google il mio spazio e non mi paga, se non gli faccio fare un guadagno. Cioè io per essere pagato deve fare guadagnare. Far guadagnare è condizione essenziale per essere pagato. Non mi sembra che un imprenditore per essere pagato del servizio prestato sia vincolato a far guadagnare. A me sembra più una condizione di procacciatore d'affari: ti pago un tot se mi fai guadagnare (Tipico).
O se vogliamo di locatore di uno spazio. Queste due modalità sono molto ma molto più vicine a quello che fa un webmaster con un sito internet, rispetto a quello che fa un imprenditore tipico del settore.
Le cose non quadrano, ma la Germania non è lontana.
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La stabile organizzazione è concetto da lasciare estraneo a quanto qui si discute. Risulta inerente alla "convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni" e non dunque alla imprenditorialità o meno. Non c'entra proprio.
Non mi serve che tu mi apra un blog, l'ho già, aperto da me, ma senza adsense per precisa scelta.... la stessa scelta che dovrebbe fare chi lo apre senza pretese di lucro..... e senza incorrere dunque nelle problematiche di cui qui si discute.
Se si aderisce ad adsense si è invece fatta la precisa scelta di provare a lucrarci.... esattamente come fa il neo imbianchino che parte comprandosi i pennelli.... poi magari anche lui finirà l'anno con 100 euro guadagnati e due sole pareti dipinte.... l'impresa sarà andata male.
Esattamente come il blogger che con il computer (fattore produttivo costoso) una linea adsl (fattore produttivo costoso) ed un account gratuito blogger apre un blog con adsense... tenta.... se andrà bene avrà il la sua impresa in utile, se male, una impresa in perdita.
Semplicemente ipotizzando poi un incasso di 120 euro annui per 0,33 euro a click abbiamo circa 364 click annui.... ripartiti in media lineare sui giorni dell'anno abbiamo circa un click al giorno... dunque circa un servizio pubblicitario reso ogni giorno... sufficientemente continuo il messaggio pubblicitario e sufficientemente continua la prestazione di servizi pubblicitari, indipendentemente dalla esiguità degli importi in ballo, dalla semplificazione adottata (ripartizione lineare) e dal momento magari unitario dell'incasso del corrispettivo.
Incomprensibile questa assenza di strade alternative nel nostro ordinamento... neppure i nuovi regimi sono una valida alternativa per queste ultra-micro-imprese.
Che dunque poi si vogliano trovare artificiosamente strade alternative, più semplici posso capirlo.... ma che lo capisca anche un verificatore con il dente avvelenato non è detto.... seppur nella situazione attuale della nostra amministrazione finanziaria verifiche su cose del genere penso siano davvero remote.
Paolo
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...e se sfruttando il momento elettorale si facesse una petizione online per chiedere che le ultra-micro-imprese come blog e siti senza lucro diretto (oltre ad adsense e simili) e ovviamente fino a una certa cifra fossero esenti da ogni incombenza (eccetto l'IRPEF ovviamente)?
A molti politici potrebbe interessare farsi paladini di una richiesta (che a me sembra sacrosanta e l'erario ci guadagnerebbe pure) di qualche decina di migliaia di piccoli webmasters. Proposta: se vedo che almeno 20 persone si dichiarano d'accordo mi incarico io di stilare un testo e metterlo su petitiononline.
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Magari si facesse un regime sino ai 2000 euro:
senza adempimenti, solo l'obbligo di incassare (magari con bonifico) e rilasciare una ricevuta. Mettere quei redditi nella dichiarazione dei redditi e pagarci, non so il 15% a titolo sostitutivo di tutte le altre tasse, imposte ecc.
Per qualsiasi attività.Sarebbe questa una solozione (da affinare), ma taglierebbe la testa al toro per molte cose.
Paolo
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@i2m4y said:
La stabile organizzazione è concetto da lasciare estraneo a quanto qui si discute. Risulta inerente alla "convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni" e non dunque alla imprenditorialità o meno. Non c'entra proprio.
Non mi serve che tu mi apra un blog, l'ho già, aperto da me, ma senza adsense per precisa scelta.... la stessa scelta che dovrebbe fare chi lo apre senza pretese di lucro..... e senza incorrere dunque nelle problematiche di cui qui si discute.
Se si aderisce ad adsense si è invece fatta la precisa scelta di provare a lucrarci.... esattamente come fa il neo imbianchino che parte comprandosi i pennelli.... poi magari anche lui finirà l'anno con 100 euro guadagnati e due sole pareti dipinte.... l'impresa sarà andata male.
Esattamente come il blogger che con il computer (fattore produttivo costoso) una linea adsl (fattore produttivo costoso) ed un account gratuito blogger apre un blog con adsense... tenta.... se andrà bene avrà il la sua impresa in utile, se male, una impresa in perdita.
Semplicemente ipotizzando poi un incasso di 120 euro annui per 0,33 euro a click abbiamo circa 364 click annui.... ripartiti in media lineare sui giorni dell'anno abbiamo circa un click al giorno... dunque circa un servizio pubblicitario reso ogni giorno... sufficientemente continuo il messaggio pubblicitario e sufficientemente continua la prestazione di servizi pubblicitari, indipendentemente dalla esiguità degli importi in ballo, dalla semplificazione adottata (ripartizione lineare) e dal momento magari unitario dell'incasso del corrispettivo.
Incomprensibile questa assenza di strade alternative nel nostro ordinamento... neppure i nuovi regimi sono una valida alternativa per queste ultra-micro-imprese.
Che dunque poi si vogliano trovare artificiosamente strade alternative, più semplici posso capirlo.... ma che lo capisca anche un verificatore con il dente avvelenato non è detto.... seppur nella situazione attuale della nostra amministrazione finanziaria verifiche su cose del genere penso siano davvero remote.
Paolo
Purtroppo devo dirti che 0,33 centesimi a click di media è un proprio e vero sogno, almeno per la maggioranza dei siti. Qui si parla di 0,02 oppure 0,01 o magari 0,05 centesimi di dollaro a click
Ma con i click la questione non è risolta. Vi sono pagamenti in pay per action o per sale. Se qualcuno compra un viaggio tramite il mio sito sono forse anche u'agenzia di viaggi? Se qualcuno si conosce con una donna, e che poi sposa, tramite il mio sito sono forse un'agenzia matrimoniale?
Per la stabile organizzazione la questione era ben diversa. Si cominciava a far circolare la voce che chiunque avesse un sito dovesse essere considerato impresa (circa 3 anni fa, quindi non è una questione di oggi). Ma è ovvio che la questione stabile organizzazione non implica essere impresa. Non è una condizione sufficiente.
Hai fatto l'esempio dell'imbianchino, ma è fuorviante. Devi fare un esempio di qualcuno che guadagna se e solo se fa guadagnare l'azienda che gli mette a disposizione qualcosa.Nel nostro caso (adsense), guadagniamo se e solo se facciamo guadagnare e veniamo pagati con una percentuale di quello che facciamo guadagnare.
Parli di impresa, ma non dici che tipo di impresa si diventa con Adsense nel proprio sito. Sapendolo possiamo verificare se svolgiamo azioni analoghe a quelle di un imprenditore vero. Possiamo valutare se svolgiamo con continuità azioni simili e con professionialità.
A mio avviso, solo facendo questi paragoni si dimostra che si svolge un'attività d'impresa. Sarà la mia forma mentis, ma noi siamo abituati a credere solo a dimostrazioni di fatto e non a dimostrazioni per imposizione.Computer, rete adsl, o se vuoi programmi, non hanno nulla a che vedere con la questione.
Tutte queste cose che citi sono condizioni necessarie (forse) ma di sicuro non sufficienti. Avere il pc non significa essere imprenditori, sebbene essere imprenditori possa implicare che si debba avere necessariamente un pc.Le condizioni sufficienti, e queste dovrebbero accertare eventuali controllori, sono da ricercare nelle azioni lavorative che svolge una persona e che devono essere del tutto simili a quelle che svolge un analogo e vero imprenditore.
Se una vera agenzia di pubblicità cerca clienti, io devo cercare clienti (in un modo o nell'altro ma devo avere clienti). E forse averne uno solo non basta a dichiararti imprenditore, forse ci vuole un parco clienti.
Se una vera agenzia di pubblicità si fa pagare solo e soltanto con compenso certo io devo fare qualcosa di simile.
Se una vera agenzia assume responsabilità verso un cliente io devo assumere responsabilità verso il cliente. Se un'agenzia decide le modalità di trasmissione in collaborazione con il cliente devo farlo anch'io.
E così devo fare tante altre azioni simili a quelle di un'agenzia (di un editore o di un qualsiasi imprenditore) per svolgere la stessa attività con continuità e professionalità.
Parlo di azioni simili e non coincidenti.
Tu contieni a sostenere che la stabile trasmissione del messaggio implica la condizione d'impresa e citi, come ti dicevo, tutte condizioni non sufficienti a stabilire se si è un'impresa.
Insomma bisogna individuare la discriminante, ossia quella cosa che ci rende imprenditori e senza la quale non possiamo aspirare ad esserlo. E avere un pc, una connessione, o inserire un codice che poi potrebbe portare (ma non è detto) alla stablità di un messaggio pubblicitario non sono delle discriminanti, perchè le possiamo vedere in tanti altri settori delle attività lavorative senza qualificarle come attinenti ad impresa/imprenditore.Cito alcuni esempi di attività che procurano un guadagno ma non indicano che si è imprenditori. Ossia non vi sono condizioni sufficienti per essere imprenditori sebbene siano verificate alcune condizioni necessarie.
Avere un archivio di foto di case, qualcuna inserita su ebay e vendere o comprare una casa una volta tanto, non significa essere Agenzia immobiliare: ho il pc, ho una connessione e ottengo un guadagno garantito e soddisfacente.
Vendere la mia auto ogni 6i mesi non si signifca essere rivenditore di auto: ho magari un archivo di foto, ho una connessione e un pc e ottengo un guadagno.
Vendere 200 copie del proprio libro (come autore del libro), o fino a 5mila euro (Avvocato di LUlu, ma anche dalla guida "Come si fa l'editore") non significa essere editori : ho un pc, ho una connessione e vendo il mio libro su internet, magari tramite Lulu.
Fittare uno spazio del proprio terreno per installare un cartellone pubblicitario non significa essere imprenditore: magari ho un pc con vari contratti e moduli, una connessione per proporre il mio terreno alle agenzie (contatto online), ho un guadagno, faccio parte di uno stabile sistema di trasmissione di un messaggio pubblicitario, ho un guadagno garantito.
Procaccio affari occasionalmente: ho un pc, una connessione ad internet, guadagno 20000 euro in un anno in un'unica trance mettendo in contatto aziende di pubblicità con alcune di servizi.Insomma, possiamo discutere quanto vogliamo, ma bisogna provare in modo inconfutabile che si è imprenditori verificando la "somiglianza" delle azioni lavorative quotidiane (condizioni sufficienti) e non il possesso di alcuni simili strumenti (condizioni forse necessarie ma non sufficienti).
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@i2m4y said:
La stabile organizzazione è concetto da lasciare estraneo a quanto qui si discute. Risulta inerente alla "convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni" e non dunque alla imprenditorialità o meno. Non c'entra proprio.
Non mi serve che tu mi apra un blog, l'ho già, aperto da me, ma senza adsense per precisa scelta.... la stessa scelta che dovrebbe fare chi lo apre senza pretese di lucro..... e senza incorrere dunque nelle problematiche di cui qui si discute.
Se si aderisce ad adsense si è invece fatta la precisa scelta di provare a lucrarci.... esattamente come fa il neo imbianchino che parte comprandosi i pennelli.... poi magari anche lui finirà l'anno con 100 euro guadagnati e due sole pareti dipinte.... l'impresa sarà andata male.
Esattamente come il blogger che con il computer (fattore produttivo costoso) una linea adsl (fattore produttivo costoso) ed un account gratuito blogger apre un blog con adsense... tenta.... se andrà bene avrà il la sua impresa in utile, se male, una impresa in perdita.
Semplicemente ipotizzando poi un incasso di 120 euro annui per 0,33 euro a click abbiamo circa 364 click annui.... ripartiti in media lineare sui giorni dell'anno abbiamo circa un click al giorno... dunque circa un servizio pubblicitario reso ogni giorno... sufficientemente continuo il messaggio pubblicitario e sufficientemente continua la prestazione di servizi pubblicitari, indipendentemente dalla esiguità degli importi in ballo, dalla semplificazione adottata (ripartizione lineare) e dal momento magari unitario dell'incasso del corrispettivo.
Incomprensibile questa assenza di strade alternative nel nostro ordinamento... neppure i nuovi regimi sono una valida alternativa per queste ultra-micro-imprese.
Che dunque poi si vogliano trovare artificiosamente strade alternative, più semplici posso capirlo.... ma che lo capisca anche un verificatore con il dente avvelenato non è detto.... seppur nella situazione attuale della nostra amministrazione finanziaria verifiche su cose del genere penso siano davvero remote.
Paolo
Purtroppo devo dirti che 0,33 centesimi a click di media è un proprio e vero sogno, almeno per la maggioranza dei siti. Qui si parla di 0,02 oppure 0,01 o magari 0,05 centesimi di dollaro a click
Ma con i click la questione non è risolta. Vi sono pagamenti in pay per action o per sale. Se qualcuno compra un viaggio tramite il mio sito sono forse anche u'agenzia di viaggi? Se qualcuno si conosce con una donna, e che poi sposa, tramite il mio sito sono forse un'agenzia matrimoniale?
Per la stabile organizzazione la questione era ben diversa. Si cominciava a far circolare la voce che chiunque avesse un sito dovesse essere considerato impresa (circa 3 anni fa, quindi non è una questione di oggi). Ma è ovvio che la questione stabile organizzazione non implica essere impresa. Non è una condizione sufficiente.
Hai fatto l'esempio dell'imbianchino, ma è fuorviante. Devi fare un esempio di qualcuno che guadagna se e solo se fa guadagnare l'azienda che gli mette a disposizione qualcosa.Nel nostro caso (adsense), guadagniamo se e solo se facciamo guadagnare e veniamo pagati con una percentuale di quello che facciamo guadagnare.
Parli di impresa, ma non dici che tipo di impresa si diventa con Adsense nel proprio sito. Sapendolo possiamo verificare se svolgiamo azioni analoghe a quelle di un imprenditore vero. Possiamo valutare se svolgiamo con continuità azioni simili e con professionialità.
A mio avviso, solo facendo questi paragoni si dimostra che si svolge un'attività d'impresa. Sarà la mia forma mentis, ma noi siamo abituati a credere solo a dimostrazioni di fatto e non a dimostrazioni per imposizione.Computer, rete adsl, o se vuoi programmi, non hanno nulla a che vedere con la questione.
Tutte queste cose che citi sono condizioni necessarie (forse) ma di sicuro non sufficienti. Avere il pc non significa essere imprenditori, sebbene essere imprenditori possa implicare che si debba avere necessariamente un pc.Le condizioni sufficienti, e queste dovrebbero accertare eventuali controllori, sono da ricercare nelle azioni lavorative che svolge una persona e che devono essere del tutto simili a quelle che svolge un analogo e vero imprenditore.
Se una vera agenzia di pubblicità cerca clienti, io devo cercare clienti (in un modo o nell'altro ma devo avere clienti). E forse averne uno solo non basta a dichiararti imprenditore, forse ci vuole un parco clienti.
Se una vera agenzia di pubblicità si fa pagare solo e soltanto con compenso certo io devo fare qualcosa di simile.
Se una vera agenzia assume responsabilità verso un cliente io devo assumere responsabilità verso il cliente. Se un'agenzia decide le modalità di trasmissione in collaborazione con il cliente devo farlo anch'io.
E così devo fare tante altre azioni simili a quelle di un'agenzia (di un editore o di un qualsiasi imprenditore) per svolgere la stessa attività con continuità e professionalità.
Parlo di azioni simili e non coincidenti.
Tu contieni a sostenere che la stabile trasmissione del messaggio implica la condizione d'impresa e citi, come ti dicevo, tutte condizioni non sufficienti a stabilire se si è un'impresa.
Insomma bisogna individuare la discriminante, ossia quella cosa che ci rende imprenditori e senza la quale non possiamo aspirare ad esserlo. E avere un pc, una connessione, o inserire un codice che poi potrebbe portare (ma non è detto) alla stablità di un messaggio pubblicitario non sono delle discriminanti, perchè le possiamo vedere in tanti altri settori delle attività lavorative senza qualificarle come attinenti ad impresa/imprenditore.Cito alcuni esempi di attività che procurano un guadagno ma non indicano che si è imprenditori. Ossia non vi sono condizioni sufficienti per essere imprenditori sebbene siano verificate alcune condizioni necessarie.
Avere un archivio di foto di case, qualcuna inserita su ebay e vendere o comprare una casa una volta tanto, non significa essere Agenzia immobiliare: ho il pc, ho una connessione e ottengo un guadagno garantito e soddisfacente.
Vendere la mia auto ogni 6i mesi non si signifca essere rivenditore di auto: ho magari un archivo di foto, ho una connessione e un pc e ottengo un guadagno.
Vendere 200 copie del proprio libro (come autore del libro), o fino a 5mila euro (Avvocato di LUlu, ma anche dalla guida "Come si fa l'editore") non significa essere editori : ho un pc, ho una connessione e vendo il mio libro su internet, magari tramite Lulu.
Fittare uno spazio del proprio terreno per installare un cartellone pubblicitario non significa essere imprenditore: magari ho un pc con vari contratti e moduli, una connessione per proporre il mio terreno alle agenzie (contatto online), ho un guadagno, faccio parte di uno stabile sistema di trasmissione di un messaggio pubblicitario, ho un guadagno garantito.
Procaccio affari occasionalmente: ho un pc, una connessione ad internet, guadagno 20000 euro in un anno in un'unica trance mettendo in contatto aziende di pubblicità con alcune di servizi.Insomma, possiamo discutere quanto vogliamo, ma bisogna provare in modo inconfutabile che si è imprenditori verificando la "somiglianza" delle azioni lavorative quotidiane (condizioni sufficienti) e non il possesso di alcuni simili strumenti (condizioni forse necessarie ma non sufficienti).
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Purtroppo hai fatto esempi che nulla c'entrano con quanto qui si discute.
Compravendere casa propria, a determinate condizioni, è tranquillamente attività esercitabile da un privato (senza impresa), per precisa regolamentazione fiscale.Compravendere la propria auto è attività occasionalissima che non porta alcun utile... la stragrande maggioranza delle volte semmai lo spread è negativo.... non è impresa in quanto occasionale.
Vendere propri libri per il tramite di editori produce redditi di sfruttamento di diritti d'autore da dichiarare, mentre, udite udite, venderli in proprio trasforma chi li vende in vera e propria impresa di edizione (esiste una circolare ministeriale in proposito).
e così via.
Nulla insomma di assimilabile a quanto relamente si fa con adsense.
0,02 a click?!?!? Bene allora ancor più servizi pubblicitari resi ogni giorno... ancor più attività d'impresa anche per soli 120 euro l'anno.
La condizione dell'organizzazione di mezzi (anche immateriali e/o anche non onerosi) e la stabilità/continuità dei servizi pubblicitari resi sono più che sufficienti a configurare l'impresa ai sensi dell'art. 2195 CC.
Inutile dire che vi siano atti propedeutici alla realizzazione del business ogni giorno da parte dell'imprenditore...
L'editore che pubblica un libro una sola volta è comunque impresa seppur il lavoro l'abbia fatto tutto all'inizio.E poi sappiam bene tutti che i blog si aggiornano, i siti si riempiono di contenuti progressivamente.
Se invece si viene pagati solo a provvigione sullle vendite procurate ad un proprio inserzionista si sarà quantomeno procacciatori d'affari.... se si compiranno gli atti che possono portare a quella provvigione non sporadicamente allora si sarà procacciatori d'affri (almeno) non occasionali e dunque necessitanti di impresa e partita iva comunque.
Pubblicare sempre pagine o form preliminari alla conclusioni di contratti di terzi per il cui il guadagno è a provvigione potrebbe tranquillamente dare la stabilità a quegli atti di "ricerca del lucro" necessaria a dire che si stia facendo impresa, senza comunque avere un guadagno certo.Insomma sono gli atti (oltre l'organizzazione) che sono portatori dell'impresa e non i reali guadagni realizzati. Tali atti in internet si risolvono nella combinazione di azioni una tantum, per inserire il codice di un form ad esempio, e nel mantenimento delle pagine che lo contengono.... in niente altro proprio per la stessa natura di internet.
Paolo
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@i2m4y said:
Purtroppo hai fatto esempi che nulla c'entrano con quanto qui si discute.
Compravendere casa propria, a determinate condizioni, è tranquillamente attività esercitabile da un privato (senza impresa), per precisa regolamentazione fiscale.Compravendere la propria auto è attività occasionalissima che non porta alcun utile... la stragrande maggioranza delle volte semmai lo spread è negativo.... non è impresa in quanto occasionale.
Vendere propri libri per il tramite di editori produce redditi di sfruttamento di diritti d'autore da dichiarare, mentre, udite udite, venderli in proprio trasforma chi li vende in vera e propria impresa di edizione (esiste una circolare ministeriale in proposito).
e così via.
Nulla insomma di assimilabile a quanto relamente si fa con adsense.
0,02 a click?!?!? Bene allora ancor più servizi pubblicitari resi ogni giorno... ancor più attività d'impresa anche per soli 120 euro l'anno.
La condizione dell'organizzazione di mezzi (anche immateriali e/o anche non onerosi) e la stabilità/continuità dei servizi pubblicitari resi sono più che sufficienti a configurare l'impresa ai sensi dell'art. 2195 CC.
Inutile dire che vi siano atti propedeutici alla realizzazione del business ogni giorno da parte dell'imprenditore...
L'editore che pubblica un libro una sola volta è comunque impresa seppur il lavoro l'abbia fatto tutto all'inizio.E poi sappiam bene tutti che i blog si aggiornano, i siti si riempiono di contenuti progressivamente.
Se invece si viene pagati solo a provvigione sullle vendite procurate ad un proprio inserzionista si sarà quantomeno procacciatori d'affari.... se si compiranno gli atti che possono portare a quella provvigione non sporadicamente allora si sarà procacciatori d'affri (almeno) non occasionali e dunque necessitanti di impresa e partita iva comunque.
Pubblicare sempre pagine o form preliminari alla conclusioni di contratti di terzi per il cui il guadagno è a provvigione potrebbe tranquillamente dare la stabilità a quegli atti di "ricerca del lucro" necessaria a dire che si stia facendo impresa, senza comunque avere un guadagno certo.Insomma sono gli atti (oltre l'organizzazione) che sono portatori dell'impresa e non i reali guadagni realizzati. Tali atti in internet si risolvono nella combinazione di azioni una tantum, per inserire il codice di un form ad esempio, e nel mantenimento delle pagine che lo contengono.... in niente altro proprio per la stessa natura di internet.
Paolo
Il fatto che i guadagni devono essere in qualche modo tassati è evidente, e non ho mai sostenuto il contrario.
Quello che non esiste nè in cielo nè in terra è che un webmaster con la semplice e sola inserzione di un codice diventa impresa di qualcosa.
Non diventi impresa di niente fino a quando non compi quotidianamente le stesse azioni che fa l'imprenditore tipico del settore.
Definisci la tipologia d'impresa, e poi vediamo se il suddetto webmaster fa le tipiche cose che fa un imprenditore dello stesso settore.
I click poi non sono una certezza, il fatto di aggiungere i contenuti o di migliorare il posizionamento non ha nulla a che vedere con la questione (condizioni non sufficienti).
E non finisce qui, il problema si complica. Infatti, invece di mettere gli annunci di Google mettiamo gli annunci di tipo link, per i quali non si viene pagati per il click, ma per così dire per il secondo click. Mi spiego: se un utente sul mio sito clicca su un link si apre una pagina di Google (e non si ottiene nessun pagamento), in questa seconda pagina (non del mio sito) ma di Google vi sono degli annunci e si ottiene un guadagno solo e soltanto se si clicca su qualche annuncio. Insomma la transazione non avviene sul mio sito e non avviene nemmeno grazie ai miei contenuti o posizionamento (cosa senza significato e attinenza alla questione).
In pratica non si espone nessun messaggio pubblicitario. In più mettiamo solo banner pay per sale e pay per action (che danno il guadagno solo se si acquista o si compie un'azione), con transazione che si concretizza su siti esterni al nostro. Magari ci ritroviamo ad essere titolari di centri commerciali, agenzie matrimoniali... ecc. Mentre abbiamo semplicemente prestato un servizio di procacciatore.
E' un desiderio di molti che il piccolo webmaster diventi impresa, un'altra realtà su cui guadagnare, ma non è la realtà.
Adsense se procura un guadagno deve essere tassato, ma non nella forma d'impresa fino a quando non si è effettivamente impresa, ossia fino a quando non si faranno con continuità e professionalità le stesse azioni di un'impresa.
Gli esempi che ti ho riportato sono presi alcuni dal Manuale Frizzera ed in particolare sulla legge relativa all'Iva. Nel suddetto manuale, o se vuoi nel Codice Civile, alla voce Impresa e imprenditore... non sta scritto, nè si evince, nè si interpreta a piacere che un webmaster diventa impresa con la semplice esposizione di un codice-generatore di pubblicità.
Bisogna fare un bel volo pindarico per "regalare" ad un webmaster lo status di impresa.
Quando una commissione ad hoc dirà, senza forzature, e dimostrerà che con Adsense si è impresa ne prenderemo atto. Al momento se non fanno controlli ci sarà un motivo e non detto che sia per la questione dei piccoli guadagni.Per quanto poi riguarda l'esempio dell'Editore, so bene quello che dico, e fu a suo tempo un altro motivo di scontro con i commercialisti. Tutti sostevano che con la pubblicazione e vendita di un mio libro dovevo diventare Editore (nel tuo senso: partita iva, camera di commercio,...ecc.). Io sostenevo che venderlo non implica essere impresa, perchè, appunto, per essere impresa dovevo fare le stesse cose che fa un impresa/editore. Il Direttore dell'Ufficio Iva, che ora sicuramente non ricorda, disse che dovevo diventare Editore. Bene, non ascoltai, e oggi so perfettamente che non ero editore nel senso d'impresa, ma continuavo a potermi chiamare editore perchè avevo sostenuto le spese di stampa. Tutto qua. Potevo, e posso, vendere il libro in poche copie magari 200 in un anno e non devo per questo iscrivermi, versare contributi ecc. Oggi, io mi riferisco ad almeno 15 anni or sono, tutti si vendono il proprio libro in poche copie e non devono essere editori=impresa.
All'epoca molti commercialisti fecero finta di confondersi.
Dal punto di vista di un commercialista, di un ragioniere, o di un tributarista è meglio fa "comparire" imprese che farle "scomparire".
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Da Guida Fiscale dell'Editore di Aldrovandi - Belluzzi, Editrice Bibliografica:
... ne consegue che la pubblicazione occasionale da parte dell'autore di una propria opera non può essere considerata esercizio di attività imprenditoriale per l'assenza dei requisiti della professionalità e dell'organizzazione.
Per fare l'avvocato del diavolo mi chiedo:
1)ma di quale professionalità e organizzazione si parla?
2) forse del dover essere bravi a scrivere il libro? o del sapere usare un testo d'impaginazione?Nessuna delle due, ci si riferisce alla tipica organizzazione di un editore e alla sua tipica professionalità (magari non sa nemmeno scrivere, ma solo fare la sua firma). Se dunque faccio le stesse tipiche azioni dell'editore divento tale nel senso d'impresa.
Ma vendere un libro, azione che fa sia l'editore che un autore che vende la sua opera non mi fa diventare editore, proprio perchè è un'azione occasionale limitata e non organizzata.
(Analogo di Adsense)Poi da altro:
Le cessioni (vendite) fatte direttamente dall'Autore non rientrano nel Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n.114: "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n.59"
Infatti, il decreto di cui si sopra non si applica ...[ h) a chi vende o esponga per la vendita le proprie opere d'arte, nonchè quelle dell'ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifiche od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico.]Avvocato di Lulu: un autore/editore può vendere di persona le sue opere. Se poi le vuole mettere in vendita presso una libreria deve avere una partita Iva... e naturalmente si avvia ad essere un Editore nel senso di impesa. Proprio perchè incomincia a compiere le azioni tipiche dell'attività editoriale. Non di certo perchè vende un libro.
Per me ci sta abbastanza per concludere che un autore che vende un po' di copie di una sua opera non è un'impresa editoriale. Ricordo anche che le cessioni ... fatte direttamente dall'Autore non sono soggette ad Iva.
Per Te?Per Adsense.
Dicevi: <<0,02 a click?!?!? Bene allora ancor più servizi pubblicitari resi ogni giorno... ancor più attività d'impresa anche per soli 120 euro l'anno.>>
Chi ti dice che ogni giorno hai almeno un click e quindi un guadagno? Sono tue ipotesi che non corrispondono a realtà. Il contratto dice che potrai avere un guadagno, ma non è garantito nulla. Il posizionamento non garantisce il click essendo una libera espressione di un visitatore.
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@lodiablo said:
Il fatto che i guadagni devono essere in qualche modo tassati è evidente, e non ho mai sostenuto il contrario.
Quello che non esiste nè in cielo nè in terra è che un webmaster con la semplice e sola inserzione di un codice diventa impresa di qualcosa.
Non diventi impresa di niente fino a quando non compi quotidianamente le stesse azioni che fa l'imprenditore tipico del settore.
Definisci la tipologia d'impresa, e poi vediamo se il suddetto webmaster fa le tipiche cose che fa un imprenditore dello stesso settore.
I click poi non sono una certezza, il fatto di aggiungere i contenuti o di migliorare il posizionamento non ha nulla a che vedere con la questione (condizioni non sufficienti).
E non finisce qui, il problema si complica. Infatti, invece di mettere gli annunci di Google mettiamo gli annunci di tipo link, per i quali non si viene pagati per il click, ma per così dire per il secondo click. Mi spiego: se un utente sul mio sito clicca su un link si apre una pagina di Google (e non si ottiene nessun pagamento), in questa seconda pagina (non del mio sito) ma di Google vi sono degli annunci e si ottiene un guadagno solo e soltanto se si clicca su qualche annuncio. Insomma la transazione non avviene sul mio sito e non avviene nemmeno grazie ai miei contenuti o posizionamento (cosa senza significato e attinenza alla questione).
In pratica non si espone nessun messaggio pubblicitario. In più mettiamo solo banner pay per sale e pay per action (che danno il guadagno solo se si acquista o si compie un'azione), con transazione che si concretizza su siti esterni al nostro. Magari ci ritroviamo ad essere titolari di centri commerciali, agenzie matrimoniali... ecc. Mentre abbiamo semplicemente prestato un servizio di procacciatore.
E' un desiderio di molti che il piccolo webmaster diventi impresa, un'altra realtà su cui guadagnare, ma non è la realtà.
Adsense se procura un guadagno deve essere tassato, ma non nella forma d'impresa fino a quando non si è effettivamente impresa, ossia fino a quando non si faranno con continuità e professionalità le stesse azioni di un'impresa.
Gli esempi che ti ho riportato sono presi alcuni dal Manuale Frizzera ed in particolare sulla legge relativa all'Iva. Nel suddetto manuale, o se vuoi nel Codice Civile, alla voce Impresa e imprenditore... non sta scritto, nè si evince, nè si interpreta a piacere che un webmaster diventa impresa con la semplice esposizione di un codice-generatore di pubblicità.
Bisogna fare un bel volo pindarico per "regalare" ad un webmaster lo status di impresa.
Quando una commissione ad hoc dirà, senza forzature, e dimostrerà che con Adsense si è impresa ne prenderemo atto. Al momento se non fanno controlli ci sarà un motivo e non detto che sia per la questione dei piccoli guadagni.Per quanto poi riguarda l'esempio dell'Editore, so bene quello che dico, e fu a suo tempo un altro motivo di scontro con i commercialisti. Tutti sostevano che con la pubblicazione e vendita di un mio libro dovevo diventare Editore (nel tuo senso: partita iva, camera di commercio,...ecc.). Io sostenevo che venderlo non implica essere impresa, perchè, appunto, per essere impresa dovevo fare le stesse cose che fa un impresa/editore. Il Direttore dell'Ufficio Iva, che ora sicuramente non ricorda, disse che dovevo diventare Editore. Bene, non ascoltai, e oggi so perfettamente che non ero editore nel senso d'impresa, ma continuavo a potermi chiamare editore perchè avevo sostenuto le spese di stampa. Tutto qua. Potevo, e posso, vendere il libro in poche copie magari 200 in un anno e non devo per questo iscrivermi, versare contributi ecc. Oggi, io mi riferisco ad almeno 15 anni or sono, tutti si vendono il proprio libro in poche copie e non devono essere editori=impresa.
All'epoca molti commercialisti fecero finta di confondersi.
Dal punto di vista di un commercialista, di un ragioniere, o di un tributarista è meglio fa "comparire" imprese che farle "scomparire".Non condivido nulla neppure l'ultima questione sull'edizione. Ho infatti ben scritto che addirittura il ministero ha ben spiegato che che vende il proprio i propri libri E' editore. Quindi è imprenditore. Punto. Non esiste altro.
Vedere:Risoluzione del 15/11/2004 n. 132
**Oggetto:**Istanza di interpello - Articolo 53 e seguenti del DPR n. 917 del1986 e articolo 74, comma 1, lettera c), del DPR n. 633 del 1972 -Attivita' di vendita diretta di libri ai rivenditori da partedell'autore
**Sintesi:**La risoluzione, rispondendo ad un'istanza d'interpello, precisa che lavendita diretta, da parte dello stesso autore, di opere letterarie al rivenditore e' produttiva di reddito d'impresa e, come tale, soggetta alle disposizioni previste dagli articoli 55 e seguenti del TU 917/1986 e il regime speciale IVA monofase di cui all'art. 74, comma I, lett. c) del DPR633/1972.Non serve compiere le tipiche attività di un imprenditore di altro campo per essere impresa. Ciò che conta è l'output dato dall'organizzazione e ciò già c'è con quanto ho già spiegato. Quello è quanto serve, per definizione internet può non richiedere un impegno assiduo, ma non per questo viene a cadere l'impresa.
I click non son certi esattamente come non è certo il commerciante di vendere, eppure è e resta impresa. L'incertezza è proprio connaturata all'impresa. Ne è addirittura carattere tipico, l'incertezza del guadagno dunque porta acqua al mulino di essere impresa.
Nella mia esemplificazione ho comunque ben detto che trattasi di semplificazione per ripartizione lineare.
Adsense abitualmente ospitato porta all'impresa, senza via di scampo, se non in inqudramenti raffazzonati e non corretti (occasionali).
Per quanto riguarda la seconda tipologia si è procacciatori d'affari e poichè si tenta di procacciare con continuità (in quanto si ospitano i link con continuità) non si può essere definiti occasionali, neppure se gli incassi sono sporadici..... procacciamento d'affari non occasionale = impresa.
Paolo
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@i2m4y said:
... la vendita diretta, da parte dello stesso autore, di opere letterarie al rivenditore e' produttiva di reddito d'impresa
Scusa Paolo, ma lodiablo è d'accordo con te, infatti scrive:
*
"un autore/editore può vendere di persona le sue opere. Se poi le vuole mettere in vendita presso una libreria deve avere una partita Iva... e naturalmente si avvia ad essere un Editore nel senso di impresa. Proprio perché incomincia a compiere le azioni tipiche dell'attività editoriale. Non di certo perché vende un libro."*Quindi se vi ho capiti, se vendo alcuni miei libri ad un privato non sono impresa, ma se li vendo ad una libreria per rivenderle (ovvero ad un rivenditore), faccio invece impresa.
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@lodiablo said:
Ma continuare a dire che un sito sia un prodotto editoriale, quando è sancito e chiaro, che non si tratta di un prodotto editoriale se non vi sono aggiornamenti continui...ecc, e continuare a dire che i nostri controesempi sono solo delle metafore che non hanno nulla in comune con il problema in esame mi sembra veramente ridicolo.
Confondi il concetto di prodotto editoriale con quello di testata giornalistica.
Tutti i siti o blog sono PRODOTTI EDITORIALI, e solo allorquando vengano aggiornati con periodicità sono equiparati a TESTATE GIORNALISTICHE e necessitano quindi di registrazione in Tribunale e Direttore Responsabile iscritto all'albo. Ma questo prescinde dal concetto di reddittività.
Se un prodotto editoriale (non necessariamente testata giornalistica) produce reddito, fosse anche solo un euro, questo deve essere tassato nella dovuta forma.
Ed è altrettanto chiaro che il reddito prodotto da un sito/blog che ospita adsense non è di affitto di spazi o programmazione ma è legato al successo, in termini di click, degli stessi annunci pubblicitari visualizzati nel proprio prodotto editoriale.
Si è parte attiva della campagna pubblicitaria, inserendo i codici e lavorando sul loro posizionamento affinchè gli annunci abbiano il massimo rendimento, non determinabile come in ogni attività imprenditoriale.
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La risoluzione tratta il caso di vendita ad un rivenditore, ma nulla cambia se vendo a privati le mie copie del mio libro.... ciò che conta è che vendo e, se non lo faccio davvero occasionalmente, sono impresa sia che il mio cliente sia un rivenditore sia che lo siano una serie di privati.
Paolo
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@i2m4y said:
La risoluzione tratta il caso di vendita ad un rivenditore, ma nulla cambia se vendo a privati le mie copie del mio libro.... ciò che conta è che vendo e, se non lo faccio davvero occasionalmente, sono impresa sia che il mio cliente sia un rivenditore sia che lo siano una serie di privati.
Paolo
Credo che sei in errore. Il fatto è che tu compi con facilità dei passaggi che invece devono essere ponderati e verificati, cioè dai status d'impresa a gente che non compie minimamente le azioni di un'impresa.
Forse il tuo modo di pensare è indotto da una prassi consolidata, e non vedi le eccezioni e le particolarità.
Di sicuro un autore che vende il suo libro "imitando" le azioni di un editore è un editore nel vero senso della parola, cioè impresa.
Ma nel momento in cui affermi, se lo affermi, che un autore, ad esempio, stampa 100 copie e le vende e per questo assume lo status d'impresa sei in errore.
Tu a questo punto fai una passo di troppo. Ma è un tuo passo, che non coincide con la realtà. Tu non devi "desiderare" lo status d'impresa, tu devi dimostrare lo status d'impresa. Cioè tu derivi lo status d'impresa dall'aver fatto una vendita. E questo è assurdo. ASSURDO.
Lo stato d'impresa è dato, e te lo ripeto, dal compiere azioni analoghe ad un editore. Nessuno è editore = impresa, con 100 copie vendute, proprio perchè non è possibile esserlo nella realtà.
Nella pubblicazione di un libro vi sono tre attori: l'autore, l'editore (in genere diverso dall'autore) e lo stampatore.
Quando un autore si fa stampare un'opera dallo stampatore, non detrae nemmeno l'va, perchè è il consumatore finale. Addirittura è in perdita rispetto ad un vero editore (iva 4 %), mentre lui paga allo stampatore l'iva al (20%)
E questo lo può fare. Non è vietato da nessuna legge.
Naturalmente deve rimanere nei limiti di una non continuità e abitualità. Questo implica essere o non essere impresa e non la singola vendita. Non basta aver stampato il proprio libro e "sperare" di venderlo per vedersi attribuito d'un colpo lo status d'impresa editoriale.
Per essere impresa editoriale ce ne vuole.... e tu attribuisci queste azioni che nella realtà non avvengono.
Naturalmente se ripete azioni analoghe ad un editore con continuità, cioè comincia ad "imitare" editori nel vero senso della parola, si trasforma in impresa. E gli conviene.
Ma è questa attività a fare l'editore, non l'ordinare ad uno stampatore e il vendere poche copie della propria opera; azioni di tipo editoriale continuate e con professionalità danno lo status d' impresa.
Naturalmente un autore che vende 100 copie, si può chiamare Editore, senza essere impresa, perchè l'editore è colui che assume le spese di stampa. Ma la cosa finisce qui, perchè potrebbe addirittura pensare di non vendere le copie e regalarle. L'impresa è nella tua mente, si fa per dire, non nella realtà.
(il tu, ...ecc., ... è retorico)
Ti ripeto che tu corri troppo e salti dei passaggi di sicuro per il fatto che lavori nel settore e quindi ti lascia "trascinare" per così dire dall'abitualità delle cose. Io ti parlo di eccezioni. Eccezioni, con somiglianze con attività professionali e continuative, che però non sono continuative.
Invece di citare leggi, occore citare un passaggio del tipo: se vendi 10 copie o 100 copie del tuo libro ti devi iscrivere alla camera del Commercio. Tutto il resto sono attribuzioni improprie.
E' chiaro che se do a qualcuno lo status d'imprenditore poi ne segue tutte le regole. Ma è proprio il primo passo che non si verifica.
Lo stesso discorso vale per Adsense (mutans mutandis).
Tu fai discendere lo status d'impresa da una esposizione continuata di messaggi, ma non dall'azione (o azioni ) che dovrebbe compiere l'imprenditore. A mio avviso, l'impresa è dell'imprenditore (e mi sembra ridicolo dirlo) e quindi sono le azioni che compie la persona - imprenditore a fargli dare lo status d'impresa. Sono queste sue azioni a dover essere valutate in senso continuativo. E non una sua azione occasionale che poi dà un risultato continuativo.
Oggi e solo oggi inserisco il codice (azione occasionale dell'ipotetico imprenditore (vedi un blog)), ma il codice continua ad esistere in modo continuativo.Il fatto poi che il codice adsense è per sua natura "perenne" e che dopo il primo inserimento non induce azioni quotidiane dell'ipotetico imprenditore, non può attribuire all'ipotetico imprenditore lo status d'imprenditore, senza che compia le tipiche azioni dell'imprenditore.
In pratica, posso inserire adsense in un sito e vado a fare il missionario in Africa, ma sono imprenditore perchè il codice è "perenne" e continua a "lavorare" anche dopo la mia morte. Magari il codice continua il suo lavoro ed io dopo morto sono sempre imprenditore di un'impresa che non ha il titolare.
La scadenza del sito non è in questione (ho rinnovato per 100 anni).
La domanda fondamentale è: dove stanno le azioni quotidiane che fa un altro vero imprenditore dello stesso settore? Non compio nessuna azione continuativa e professionale di un imprenditore dello stesso settore. Se seguiamo il tuo ragionamento abbiamo creato almeno un caso d'imprenditore esistente anche dopo la morte. Abbiamo un' impresa senza titolare.
Questo esempio vuol far capire che la natura del codice adsense non può essere invocata per dettare lo status d'imprenditore. Devo, io essere umano, il titolare, fare le azioni quotidiane, continuate di un imprenditore analogo.
In tutte i libri (codici...) si parla di azioni dell'essere umano che compie con continuità azioni tali da fargli assumere lo status d'impresa.
Si possono fare milioni di esempi che vanno contro la tua logica o meglio contro la logica di chi intende le cose come tu le hai esposte (magari con ragione).
Come già ti ho detto, dimmi che tipo d'impresa è, a tuo modo di vedere, un webmaster che usa adsense e poi discutiamo delle azioni che compie il webmaster (e non il codice) onde stabilire se compie o non compie le stesse o analoghe azioni dell'imprenditore di riferimento.
E sono queste azioni che fanno l'imprenditore.
Concludo dicendo che i guadagni vanno tassatti, ma essere impresa di fatto è un'altra cosa. Poi se vogliamo adattare le nostre leggi, adattiamole... ma la realtà è un'altra.
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Mi spiace ma logicamente io resto della mia opinione.
Non serve compiere le tipeche azioni di altra impresa ogni giorno per essere impresa.
Serve esclusivamente fare quelle azioni od ottenere quei risultati non occasionalmente essendosi organizzati per farlo.Come ti ho dimostrato la frequenza dei click adsense è ben lungi dall'essere occasionale. Per ospitare quei codici ti sei organizzato (computer, linea, dominio, conoscenza ecc.).
Ciò basta.
E' infatti insito proprio in internet non dover "smanettare tutti i giorni" anzi è qualità dell'internet consentire guadagni regolari lavorando "una tantum" e non per questo si acquisisce l'occasionalità di produzione di quel reddito che invece si produce, appunto, in vari giorni, in vari click... lungo tutta la durata dell'inserimento del codice, trasformandoti in un "produttore di reddito d'impresa" non certo occasionalke, seppur a limitato impegno temporale.Ipotizziamo ad esempio di una persona che ospiti adsense tutto d'un tratto, in un sito vecchissimo, ultra interessante e completo. Si metta a generare 1000 dollari ogni giorno di ritorno. Ma dal momento che si è messo ad ospitare adsense non compia più alcuna azione di aggiornamento se non rinnovare il dominio. 365000 dollari prodotti in 365 giorni per servizi pubblicitari li dichiararesti come redditi occasionali ??? Come cosa se non come redditi di impresa (vista la natura del servizio e la sentenza della corte di giustizia UE) ???
Ed il discorso non cambia se anche il ritorno non è così elevato. Reputo.
Io penso che vi sia poca via di scampo. Purtroppo o per fortuna.
Paolo