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Giocare con la morte e filmarla
Un gioco, non nuovo, chiamato 'funky chicken' o 'space monkey', alimenta la fantasia degli adolescenti sulle prove al limite della vita, la conclusione è che sta seminando morte tra gli adolescenti.
Fonte ANSA
"LONDRA - E' allarme in Gran Bretagna per un gioco in voga tra gli adolescenti che avrebbe ucciso dal 1995 fino a 86 ragazzi senza che ne' i genitori, ne' i media, ne' le autorita' siano finora riuscite a riconoscere il problema.Chiamato 'funky chicken' o 'space monkey', il gioco - sempre piu' popolare grazie ai video su internet - consiste nell'indurre una sensazione di forte vertigine, spesso seguita da svenimento, iperventilando per alcuni minuti, per poi bloccare il flusso di ossigeno al cervello premendo sull'arteria della carotide. Questi svenimenti indotti, che i ragazzi si provocano in gruppo spesso filmando e distribuendo la 'bravata' su internet, possono in alcuni casi causare tremori e spasmi, crisi epilettiche, demenza, amnesia, coma e anche la morte.:o
''E' preoccupante e molto pericoloso, e' una pratica che andrebbe evitata a tutti i costi'', ha denunciato oggi all'Independent Steve Field, presidente del Royal College of General Practitioners. Interpellato dal giornale, il ministero per i bambini, le scuole e le famiglie ha dichiarato di essere al corrente del problema e di monitorare con attenzione la situazione.
Anche se non esistono ricerche approfondite sul fenomeno in Gran Bretagna, secondo Games Adolescents Shouldn't Play, un'associazione che si occupa di sensibilizzare l'opinione pubblica sui 'giochi pericolosi' dei ragazzi, stima che dal 1995 458 adolescenti americani e 86 britannici sarebbero morti in questo modo. *Uno dei casi accertati e' quello di un 13enne di Swansea, in Galles, morto nel luglio scorso dopo aver preso parte al gioco.:o *
Pochi giorni dopo un'altra ragazzina in una scuola gallese e' stata rianimata. Come per molti fenomeni che devono la loro popolarita' a internet, il gioco dello svenimento non e' diffuso nella sola Gran Bretagna, ma anche negli Usa, da dove provengono molti dei video, e in Francia, dove questo mese il ministero della Sanita' ha tenuto una conferenza internazionale sul 'jeu du foulard', che nel Paese sta assumendo le dimensioni di una piaga sociale." [ANSA]
Che ne pensate di quello che ha detto Steve Field: "una pratica da evitare a tutti i costi"?:x
Esiste un metodo democratico per impedire di uccidersi ad un adolescente?:bho:ciao
marlomb
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Confesso che ci ho messo qualche minuto per capire esattamente di cosa si trattasse il gioco, e subito dopo ho dovuto spegnere le schermo e respirare profondamente per cinque minuti prima di potere elaborare questa risposta.
Forse qualcuno di voi ricorderà ancora la storia che aveva spopolato qualche anno fa sui media del ragazzino che si era suicidato "in diretta" utilizzando la propria webcam in una chat di gruppo, al tempo si credeva si trattasse di un fenomeno isolato, legato ad una forte depressione della quale soffriva il ragazzo ma... a quanto pare non è così.
Sono senza parole, questo non è un fenomeno che si può fermare oscurando uno due siti, ma bisogna intervenire con una capagna di sensibilizzazione ben fatta, spiegando ai ragazzi i pericoli derivanti da questa pratica.
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Viene da chiedersi se ce la faremo con i nostri figli, quelli che verranno.
Viviamo oggi e non 50 anni fa e questo è un dato ineludibile. Ed è dai tempi degli antichi greci che si ha memoria di anziani che sconsolati dicono: "Questi giovani d'oggi... Dove andremo a finire!".Però ti vengono le paure quando senti l'ennesima manifestazione di questa gara al rialzo nel rincorrere una dose di adrenalina in più. Niente, questi giovani non sanno godere più di niente. Non voglio generalizzare ma solo riferirmi a chi si infila in abissi simili.
Per un ragazzo, 13 anni sono una difficile età, un'età in cui può infilarsi in dei pericoli enormi senza rendersene conto. Ha voglia di sperimentare, di prendere le misure con il suo divenire uomo e i rischi sono ovunque.
Ricordo il figlio di una collega di mia zia: a 13 morì in auto, intossicato dal tubo di scappamento. Ciò che se ne dedusse al tempo (una quindicina di anni fa) fu che non voleva suicidarsi ma che aveva fatto una specie di gioco della cui pericolosità non seppe rendersi conto.
Allora non c'era YT a proporre idee nuove per incasinarsi la vita ma accadde.Io credo che un grande lavoro debba essere fatto nelle famiglie, le quali devono anche dosare i piaceri da offrire ai figli. Non facciamo il loro bene se gli concediamo fin da bimbi tutto e subito e magari perché così non rompono e la smettono di piangere.
Sento di conoscenti che hanno deciso di comprare l'I-pod alla figlia di 5 anni per non crearle il trauma di non averlo avuto... "In fondo è stata proprio lei a dirci che voleva questo per Natale..." [:(]
Io ho quasi 32 anni e l'i-pod non ce l'ho e un semplicissimo lettore mp3 ce l'ho da solo un annetto. Vi dirò, nessun trauma per non averlo ricevuto da Babbo Natale.
Non dico che tutto debba essere sofferto perché questo sul lungo termine può avvelenare un po' gli animi; il tempo, però, di godere pienamente di ciò che abbiamo e riceviamo dovremmo concedercelo. Non mi riferisco solo a regali materiali: va benissimo anche un tramonto, un fiore, un sorriso.Ma morire così no.
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Ciao Nimue,
credo che la situazione sia un po' più complicata... almeno, parlo per esperienza personale in un "mondo" del quale faccio parte. E' il momento, per metterla in termini simbolici, di rompere le mura dell'infanzia. Tutta una serie ai quali in età infantile non si dava importanza improvvisamente diventano una vera e propria sfida alla nostra persona. E' anche il momento di dimostrare che non si è più bambini, e quale modo migliore di iniziare a comportarsi da "adulti"? Del resto si sa, senza Adolecenza non si può lasciare la "bolla" dell'infanzia.
Poi tutto dipende da come uno decide di rompere questi limiti... adrenalina, giochi estremi, trasgressione... migliorarsi, riflettere, sono tutti modi che, alla fine, aiutano ad effettuare il tanto temuto/voluto "passaggio".
In questo caso specifico credo dipenda molto dalla disinformazione. I (probabilmente) non sanno cosa stanno facend. "Stringi qua", ma sanno che stanno rallentando il flusso d'ossigeno al cervello inducendo il cuore a battere più velocemente per compensare ed andadno quindi in un'iperventilazione che può risultare fatale una volta rilasciata la stretta? Una cosa però sembra certa... filmarti mentre lo fai ti fa sembrare molto "figo".
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Aggiungo qualche altro spunto alla discussione. Perdonate la valanga di parole, ma il tema le merita senz'altro tutte.
@marlomb said:
Esiste un metodo democratico per impedire di uccidersi ad un adolescente?:bho:
No.
A costo di sembrare cinico, insensibile, mostruoso, sono costretto per onestà personale ad affermare con chiarezza che non esiste alcun modo democratico attraverso il quale si può impedire ad un essere umano consapevole (e gli adolescenti di oggi in gran parte lo sono, non mi si dica il contrario per favore) di gestire la propria morte.
Se la categoria degli adulti - della quale ormai sto per fare parte - decidesse di impedire a livello legislativo, politico o sociale ai ragazzi di uccidersi, saremmo ad una "dittatura della vita" che nulla ha di democratico, ma possiede anzi un sapore totalmente integralista e vagamente teocratico.
Gli adolescenti si uccidono, questo è un fatto: per insoddisfazione, per errore, per imprudenza, per sfida, per effetto collaterale di altri adolescenti ubriachi o intossicati, per mille motivi; pensare di impedirlo "democraticamente' non è concepibile.
Ciò non vuol dire, beninteso, che non possiamo impegnarci con tutti noi stessi per ridurre il fenomeno delle "morti inutili" dei giovani, agendo su molti fronti diversi. Ad esempio, tanto per citare qualcosa di concreto:
- Potenziare i sistemi di sostegno psicologico sul territorio, aprendo consultori e centri di ascolto gestiti in modo professionale e dislocati capillarmente nelle zone a rischio.
- Impedire la commercializzazione di automobili con velocità massima raggiungibile superiore a quelle imposte per legge. Impedire del tutto la vendita di alcolici negli autogrill.
- Moltiplicare controlli sulle strade e rendere più efficaci le sanzioni nel momento del bisogno - ad esempio mediante sequestri immediati dei veicoli e ricovero in ospedale dei piloti ubriachi/fatti.
- Sensibilizzazione delle famiglie attraverso corsi e periodi di formazione che vengano resi obbligatori, costringendo i datori di lavoro a concedere ai genitori tempo e fondi per presenziare a tali riunioni.
- Incentivare politiche televisive, radiofoniche e informatiche di diffusione di contenuti positivi (più "Quark" e "La grande storia", più "Spongebob" e "Esplorando il corpo umano" meno "Uomini e Donne", "Grande Fratello" e simili).
Così riusciremo a salvarli tutti? Assolutamente no: la morte raggiunge sempre coloro che le sono destinati.
Forse però riusciremmo a ridurre il fenomeno, coltivando generazioni un po' più allegre, un po' meno grigie, un po' più propositive, cui non venga in mente di impiegare del tempo per giocare a soffocarsi, ma solo per giocare con il Lego.
La vita è una lotta, ed ogni battaglia lascia morti sul campo: la bravura dei generali (i politici, in questo caso) e di chi ha gli strumenti per pianificare tattiche e strategie sta appunto nel minimizzare i decessi di chi combatte; questo possiamo fare, questo dobbiamo impegnarci a fare; solo a questo possiamo aspirare.
@Nimue del Lago said:
Viene da chiedersi se ce la faremo con i nostri figli, quelli che verranno.
Noi ce la faremo, in un modo o nell'altro: abbiamo spalle abbastanza forti, forse più di quanto si immagini.
Loro, invece, si troveranno ad affrontare problemi enormi, ma soprattutto avranno a che fare con una o più generazioni di genitori fondamentalmente "smidollati", intossicati da troppa tv spazzatura e da valori di scarsissima qualità.
Un numero incalcolabile di nostri figli dovrà reinventarsi un mondo migliore, perché quello che stiamo lasciando loro - lo dico con rammarico - fa abbastanza schifo.
@Nimue del Lago said:
Io credo che un grande lavoro debba essere fatto nelle famiglie, le quali devono anche dosare i piaceri da offrire ai figli. [...] Non mi riferisco solo a regali materiali: va benissimo anche un tramonto, un fiore, un sorriso.
Già, vero.
Soltanto che per arrivare al livello di insegnare ad un figlio il valore di un tramonto occorre aver compiuto un percorso complesso ed aver interiorizzato in prima persona quel pregio che cerchiamo di insegnargli.
Dobbiamo amarlo noi per primi il tramonto, ed aver trovato le parole per dirne lo splendore, se vogliamo sperare di riuscire a coinvolgere la nostra prole in questo flusso emotivo positivo che va oltre gli oggetti e arriva al cuore della loro anima.
Come dicevo, oggi sarebbe necessario imparare da capo ad essere esseri umani (sul modello dei Greci), quindi studiare seriamente da genitori, infine tentare l'azzardo della prova sul campo (mettendo al mondo dei figli) e iniziare non solo una lotta per far crescere dei ragazzi sani, stabili, equilibrati e felici, ma anche per impedire che il mondo (degli altri adulti degenerati) li consumi, li mastichi e li sputi senza pietà.
È una gran brutta storia, ma non perdo le speranze che ce la si possa fare. Occorre selezionare con attenzione maniacale gli ambienti e le persone, osservare i figli con attenzione certosina, dedicare tempo, tempo e ancora altro tempo a loro e infine parlare, parlare, parlare fino alla noia, allo sfinimento, all'afonia.
[Se però i genitori non hanno nulla da dire ai figli, nemmeno storie da raccontare loro prima di andare a dormire, è naturale che poi la prole si rivolga altrove per cercare quella linfa verbale, visiva, emotiva e tattile di cui ha un disperato bisogno.]
@max0005 said:
E' il momento, per metterla in termini simbolici, di rompere le mura dell'infanzia. [...] E' anche il momento di dimostrare che non si è più bambini, e quale modo migliore di iniziare a comportarsi da "adulti"? Del resto si sa, senza Adolecenza non si può lasciare la "bolla" dell'infanzia.
Il discorso delle mura e delle bolle mi ha sempre lasciato molto perplesso, francamente.
Cosa significa "rompere le mura dell'infanzia"?
Se stiamo parlando di fare cose come andare a scuola da solo o uscire con gli amici senza mettersi nei guai, allora per farlo occorre essere responsabili da prima: un bambino irresponsabile non diventa magicamente un adolescente tutto d'un pezzo ed un infante cui è stato insegnato per bene il nocciolo fondamentale dei valori e delle "cose della vita" difficilmente si perde per strada (può sempre accadere, però ritengo sia molto più difficile).
Esempio pratico: un ragazzo, crescendo, può scegliere o meno di bere alcolici quando esce con gli amici (= evento tipico del passaggio all'età adulta), ma se è una persona responsabile (da prima) sarà sua premura non esagerare mai, anche quando gli altri intorno a lui si attaccano alle bottiglie e lo invitano a fare altrettanto. Il ragazzo "serio" - non nel senso di "serioso" - ha una base di stabilità che prescinde dal contesto che lo circonda: è proprio questo tipo di "campo di forza" che lo salva dai guai, di solito.
Se invece "rompere le mura" significa che le cose che ci piacevano e ci esaltavano da bambini (o i valori validi all'epoca) smettono di emozionarci, allora che il Cielo mi scampi da bulldozzer e picconi!
Io voglio continuare a godere da adulto esattamente delle stesse cose che mi facevano star bene da bambino: non voglio ritrovarmi a quarant'anni incapace di sorridere di fronte a un film d'animazione, o a cinquanta che non so più apprezzare l'abbraccio di mia madre e di mio padre, o a sessanta che non mi emoziono più davanti alle favole.
La "bolla" da cui tanti vorrebbero fuggire (forse perché hanno avuto un'infanzia infelice: in quel caso comprendo perfettamente le loro ragioni ed anzi auspico che si emancipino quanto prima dal passato di sofferenze e delusioni che li ha segnati) è dal mio punto di vista l'esatto contrario: uno scudo, una protezione, un'armatura contro l'orrore disgustoso del mondo, dunque qualcosa da tenere sempre con sé e da "nutrire" con ricordi, repliche delle esperienze piacevoli e nuove gioie ivi fatte confluire.
La "bolla", così fragile e così lieve, è l'ultimo baluardo, l'estrema linea di difesa, la trincea irrinunciabile che si espande all'esterno e genera quel "campo di forza" che ci fa restare saldi mentre il mondo intorno a noi crolla.
Voler fuggire da una cosa del genere, per come la vedo io, non ha senso: è il primo e più importante passo verso il suicidio, sia esso materiale/fisico o morale/spirituale/intellettivo.
Quando Peter Pan perde il suo "pensiero felice" ancorato all'infanzia più remota, smette di volare e l'Isola Che Non C'è crolla sotto il peso del grigiore della realtà.
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Ciao Leonov,
mi sa che ho sbagliato a mettere a parole quello che avevo pensato nella mia testa, perché rileggendolo ho capito che viene naturale un'interpretazione che non era quella che avevo previsto.
Per uscire dalla propria bolla, non intendevo assolutamente rinnegare tutto quello che si faceva o si credeva "da bambini", ma avere il coraggio di prendere le proprie decisioni e sostenere le proprie idee. Credo che sarete d'accordo con me quando dico che molto spesso i bambini seguono (almeno apparentemente) la "strada tracciata" dei genitori. Vestiti, giochi, modi di parlare... ma anche idee, opinioni, religione. Non dico assolutamente che non possano avere idee proprie, a volte anche contrastanti con quelli dei loro genitori, ma molto spesso non hanno la "forza" e la maturità per riuscire a fare emergere e tenere emerse queste loro idee.
Durante l'adolescenza molto spesso queste "false credenze" che erano fondamentalmente tenute a galla dai genitori cadono mentre il ragazzo o la ragazza inizia a rendersi conto di avere una propria identità ed indipendenza, almeno sotto il punto di vista morale ed ideologico. Rendendosi conto delle cose che gli sono state imposte, quasi sempre in buona fede e con le migliori intenzioni possibili, dai genitori è praticamente spontanea la nascita di un senso di "ribellione", un desiderio di fare rispettare ed apprezzare le proprie idee e se stessi come persona indipendente.
Molto spesso questo senso di ribellione arriva quasi a dominare la persona, che pur di fare vedere che è "indipendente" e può decidere per se stesso arriva a volere violare ogni genere di regola e limitazione, sia quelle "ufficiali" che quelle legate al buon senso, arrivando ad un comportamente che ad un occhio superficiale potrebbe apparire indisciplinato e pericoloso.
Quindi con "uscire dalla bolla" intendevo semplicemente questo, distinguere fra quello che vogliamo tenere perché ci piace realmente e quello che tenevamo ma ora vogliamo abbandonare perché non ci appartiene realmente.
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@Leonov said:
Soltanto che per arrivare al livello di insegnare ad un figlio il valore di un tramonto occorre aver compiuto un percorso complesso ed aver interiorizzato in prima persona quel pregio che cerchiamo di insegnargli.
Dobbiamo amarlo noi per primi il tramonto, ed aver trovato le parole per dirne lo splendore, se vogliamo sperare di riuscire a coinvolgere la nostra prole in questo flusso emotivo positivo che va oltre gli oggetti e arriva al cuore della loro anima.
...
[Se però i genitori non hanno nulla da dire ai figli, nemmeno storie da raccontare loro prima di andare a dormire, è naturale che poi la prole si rivolga altrove per cercare quella linfa verbale, visiva, emotiva e tattile di cui ha un disperato bisogno.]Esatto.
Children see. Children do.
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Ciao Max.
Non credo che tu avessi sottolineato in modo errato il concetto: di certo il chiarimento che hai aggiunto nel tuo ultimo post ha definito meglio i contorni del fenomeno.
Per quel che mi riguarda, diciamo che ho "colto la palla al balzo" ed ho usato una parte dei tuoi concetti per esprimere un parere personale - che mi sta molto a cuore - sul modo in cui io intendo lo sviluppo delle persone e il loro transito attraverso fasi distinte della crescita.
La tua descrizione del fenomeno di "ribellione" che si genera nei ragazzi è molto precisa e - ritengo - anche molto vera, nel senso che i giovani prima o poi si trovano di fronte al passo che li porterà ad essere indipendenti ed emancipati dalle rispettive famiglie e dai criteri educativi con cui sono stati cresciuti.
Di nuovo, però, dividerei nettamente quella che è la "forma" dalla "sostanza" dei cambiamenti. Provo a spiegarmi.
Se nella famiglia X c'è l'abitudine di lasciare le scarpe nell'ingresso e camminare in casa usando solo pantofole, magari al ragazzo della famiglia X un giorno verrà voglia di abitare in una casa in cui si usano le scarpe anche nelle camere interne. Andrà a vivere da solo e cambierà criterio, adeguandosi alla propria nozione di "scarpe & casa".
Quando accadrà, nel giovane sarà avvenuto un passaggio da una fase ad un'altra (e allora egli dovrà essere abbastanza responsabile da pulire le scarpe che porta in casa prima di camminare con le suole piene di fango e terriccio fino in camera da letto, in bagno o in cucina; oppure non lo farà, ma dovrà essere pronto alla prospettiva di dover pulire casa più spesso; o altro...), ma si sarà trattato di un cambiamento di "forma" e non di "sostanza".
Allo stesso tempo, deve essere cura dei genitori della famiglia X spiegare al figlio che:
- Il loro modo di tenere le scarpe in casa non è l'unico possibile, e che ce ne sono altri adottati da altre famiglie. I motivi per cui in casa X si fa in un certo modo sono questi (elencarli e motivarli); non è detto che siano perfetti, ma sono quelli scelti dai genitori dopo attenta riflessione.
- Il giovane deve sviluppare elasticità sufficiente per sapersi adeguare alle differenti situazioni e contesti, volta per volta, famiglia per famiglia.
- Il giovane, quando andrà a vivere da solo, avrà la libertà di scegliere come e dove mettere le proprie scarpe, ma ogni sua scelta porterà a delle consegenze, che lui dovrà saper prevedere e considerare prima di scegliere e portare avanti con coerenza.
- Che le regole della casa X, sebbene non siano immutabili, le fanno i genitori X e a quelle il giovane, finché sarà lì, dovrà adeguarsi, essendo libero di cambiare (consapevolmente) una volta resosi indipendente.
- Che, compatibilmente con le possibilità, al figlio X i genitori offriranno degli spazi privati in cui il ragazzo potrà scegliere in autonomia prima di uscire dall'alveo familiare (ad esempio, nel capanno degli attrezzi il ragazzo può mettere le scarpe dove vuole, oppure che può portarle in casa se entra dalla porta posteriore e va direttamente nella sua camera), ma valgono in ogni caso le regole generali della casa.
Tutte queste cose che ho appena elencato fanno parte della "sostanza", che non cambia mai e secondo me non deve mai cambiare, tramandandosi inalterata dai genitori ai figli, ai nipoti, ai pronipoti, ai discendenti.
Non cambia perché non ha a che fare con le singole scelte, ma con il modo di costruire, ponderare e portare avanti quelle scelte, qualsiasi esse siano. Ha a che fare con cose come "rispetto", "obbedienza", "coerenza", "rettitudine", "rigore morale" etc.
Così ogni generazione, magari, sceglierà di porre a casa propria le scarpe in un modo diverso, ma resterà in ogni figlio il senso di rispetto delle proprie regole e di quelle degli altri, l'elasticità per adeguarsi ai diversi contesti in cui saranno ospiti e l'intelligenza e la consapevolezza nel fare una scelta e portarla avanti coerentemente.
Se l'esempio delle scarpe ti sembra banale, rileggi lo stesso brano sostituendo a "scarpe" la parola "fede / credo religioso", oppure "orientamento sessuale", o "rapporto con l'autorità" e vedrai che il ragionamento più o meno regge lo stesso, perché l'intento dei genitori dovrebbe essere quello di creare degli individui responsabili ed equilibrati, indipendenti e sereni, non dei cloni di loro stessi, con le stesse frustrazioni ed obblighi e pensieri.
Cambiano le generazioni, le scelte, i costumi, le leggi, perfino i Paesi, ma cose come il rispetto di sé e degli altri, la cura verso la persona amata, l'etica del lavoro sono immutate rispetto a diecimila anni fa e resteranno tali per altri diecimila anni.
Meglio quindi imparare al meglio dai nostri genitori (se hanno qualcosa da insegnarci, altrimenti provvediamo da noi stessi) e insegnare al meglio ai nostri figli la sostanza.
La forma è una questione delle singole persone e non può essere imposta oltre una certa misura, altrimenti diventa schiavitù. E gli schiavi, prima o poi, fuggono o si ribellano al padrone che li opprimeva.
Per questo, ogni cambiamento di forma che si ha nel passaggio di generazione può essere accettabile e anzi vantaggioso, mentre i cambiamenti di sostanza, se si discostano da un sostrato di rettitudine e valori corretti, portano inevitabilmente a degenerazioni.
Credo che, con parole diverse e guardando aspetti diversi della questione, stiamo dicendo entrambi la stessa cosa.
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Ciao Leonov.
Sono pienamente d'accordo con il discorso che bisogna rispettare le regole, le tradizioni e le usanze di altri nei loro ambienti o, almeno, non contrastarle. (Ad esempio se io visitassi un mio amico Ebreo, ma anche Cristiano, Buddista o di qualsiasi altro credo la cui famiglia è abituata a pregare quattro volte al giorno pur non prendendo parte alla preghiera rispetterei comunque questa loro usanza e farei del mio meglio per non disturbarli o farli sentire in soggezione). Ma secondo me questo concetto va oltre l'adolescenza e dovrebbe essee applicato in ogni situazione ed insegnato fin dall'infanzio perché sia portato dietro per tutta la vita.
La forma è una questione delle singole persone e non può essere imposta oltre una certa misura, altrimenti diventa schiavitù. E gli schiavi, prima o poi, fuggono o si ribellano al padrone che li opprimeva.
Si, era questo che intendevo. Una persona che da piccola è stata "oppressa", ovvero ripresa costantemente ed obbligata a seguire delle regole molto rigide (ad esempio fare ogni sera i compiti in modo perfetto ricompaindoli se c'è la minima sbavatura sul foglio, o suonare uno strumento perché faceva piacere ai genitori anche se a lui/lei proprio non piaceva...) tenderà ad accumulare una sorta di "rabbia repressa" che non esiterà a manifestarsi non appena ce ne sarà l'occasione, ovvero quando il giovane sarà in grado di far valere le proprie idee ed opinioni. Molto spesso, oltre ad iniziare una reazione opposta diretta all'abitudine sgradita (eg: Smettere di suonare lo strumento, di fare sport, tenere la camera con ordine maniacale) ci sarà anche una ribellione più generale diretta a qualsiasi tipo di limitazione imposta o comunque "vista di buon occhio" da chi gli imponeva quelle regole.
Spero di non essere stato troppo complicato, ma non sapevo come esprimere il concetto in modo più chiaro!
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L'adolescenza è un passaggio dall'infanzia all'età adulta, vero tanto che in alcune culture esso è sottolineato da riti, p.e. nel popolo pellirosse a dodici anni l'adolescente compiva la prima caccia.
Quali sono le armi del giovane cacciatore, sicuramente l'arco, le frecce, l'esca, ...; ma soprattutto gli insegnamenti, nessun padre si sognerebbe di mandare il figlio a cacciare senza avergli spiegato come e con quali rischi, nessuna società manda i suoi figli allo sbaraglio, sapendo che la sua sopravvivenza dipende dalle generazioni future.
Sembra banale ma il sistema democratico per vincere il suicidio degli adolescenti, almeno in parte, è l'informazione globale affidabile:
- una società che stimoli i suoi cittadini a modelli che amino la vita in tutti le sue sfaccettature, in tutti i suoi profumi, in tutti i suoi colori
- le istituzioni che educhino i cittadini alla convivenza pacifica ed alla crescita culturale
- i genitori che insegnino ai propri figli la gioia di vivere ed il rispetto della vita.
Questo declinato operativamente nelle proposte fatte da Max, Leonov e Nimue è la ricetta democratica.
Un adolescente che vive in questo ambiente sano ha pochi motivi per desiderare una trasgressione mortale, ma più spesso cercherà la trasgressione competitiva ed allora si tratterà solo d'imbrigliare la sua energia in una competizione positiva.
ciao
marlomb