• User Attivo

    Che dire.

    Non c'è solo sapere, ma anche saggezza in questo forum


  • Super User

    E'** l'attesa** che dobbiamo recuperare, il senso dell'attesa, il sapere che per avere una cosa occorre del tempo, il tempo per costruirla, per usarla, e non si deve sprecare, perchè in questo ridicolo insulso correre indietro al tutto e subito, stiamo distruggendo la terra su cui abitiamo.Amo le riflessioni a cui ci induce quest'uomo :sun:

    << - Ci è venuta voglia di passare la serata e la notte in un castello.

    In Francia molti sono stati trasformati in alberghi: un fazzoletto di verde perduto in una distesa di squallore senza verde; un quadratino di viali, alberi, uccelli al centro di un'immensa rete di strade.

    Sono al volante e osservo nello specchietto retrovisore una macchina dietro di me.
    La freccia di sinistra lampeggia e tutta la macchina emette onde di impazienza.
    Il guidatore aspetta il momento giusto per superarmi: come un rapace che fa la posta a un passero.
    Mia moglie Vera mi dice: "Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo.
    Guardali, tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com'è possibile che quando guidano non abbiano paura?" ».

    << Così ella interrompe l'amore nel casinetto, e ricomincia a passeggiare nel parco in compagnia del cavaliere; si siede sulla panchina in mezzo al prato, riprende la conversazione.
    Ma non è li che fanno l'amore: quasi volesse impedire una troppo possente esplosione dei sensi e prolungare quanto più possibile il tempo dell'eccitazione, Madame de T. conduce il cavaliere in una stanza attigua, una sorta di grotta immersa nell'oscurità e in cui è ammucchiata una profusione di cuscini; è solo qui che faranno l'amore, a lungo e lentamente, fino all'alba.
    Rallentando la corsa della loro notte, dividendola in parti distinte e separate fra loro, Madame de T. è riuscita a trasformare il breve arco di tempo a loro concesso in una meravigliosa architettura, in una forma.

    Dar forma a una durata è l'esigenza della bellezza, ma è anche quella della memoria.
    Ciò che è informe è inafferrabile, non memorizzabile.
    Concepire l'incontro come una forma è stato per loro tanto più prezioso perché quella notte era destinata a rimanere senza domani e non avrebbe potuto ripetersi che nel ricordo. >>

    << C'è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio.
    Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo.
    Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo.

    Nella matematica esistenziale questa esperienza assume la forma di due equazioni elementari: il grado di lentezza è direttamente proporzionale all'intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio. >>

    Milan Kundera
    La lentezza.


  • Super User

    Proprio l'altro ieri discutevo di queste cose con una mia amica di Trieste. Lei crea, è il verbo giusto, degli originalissimi lavori artigianali, vi assicuro veramente molto belli. Eppure, quando prova a venderli al mercato, avendo necessità di guadagnare, i suoi lavori vengono sempre guardati in maniera strana. Chi chiede: "ma è plastica ?", chi si meraviglia del fatto che siano tutti diversi l'uno dall'altro, anche soggetti uguali hanno qualche diversità. L'impressione è che la gente preferisca la "plastica", l'uguale, l'omologato, il prodotto del supermercato, sempre uguale a sé stesso, forse luccicante ma senza anima.

    Ancora, a Trieste la Provincia ha organizzato delle lezioni per bambini, su come realizzare lavorazioni artigianali, ma non solo. In queste lezioni si prova a riattivare la creatività dei bambini. Quindi si "gioca" con gli oggetti, creando cose, favole, di tutto, semplicemente con gli oggetti del quotidiano. Un ventilatore usato, ad esempio, dipinto appositamente diventa un bellissimo fiore nel giardino di un castello fatato. I bambini sono entusiasti, mi dice la mia amica che fa da insegnante, ed è una cosa bellissima, perchè così acquistano l'idea del "fare", che le cose si producono e la produzione in sé costa fatica, sudore, soldi, ma è anche una soddisfazione aver prodotto una cosa da sé, o comunque partecipato alla sua produzione.

    La speranza sono loro, i bambini che possono acquistare fin da subito l'idea, la coscienza delle cose, e non diventare come i loro aridi genitori che vogliono le cose "di plastica", da comprare subito belle e pronte al supermercato !

    Qualcuno ha detto che "con la produzione in serie l'arte è definitivamente morta". E questo è vero, chiunque può avere una riproduzione fedelissima della Gioconda a poco prezzo. Ma non è e non sarà mai la Gioconda. Certo, c'è del buono in questo, perché così chiunque può godere della bellezza di quel quadro immortale, ma non è la stessa cosa. Non esistono più i grandi pittori, i grandi artisti. Oggi un grande artista è un cantante, ma ciò che lo fa grande è più la rappresentazione delle sue canzoni (lo show che mette in piedi con i suoi spettacoli), lo stile di vita che lo accompagna, gli scandali che riesce a creare, che la sua creazione artistica. Senza offesa, basta pensare a Madonna (artista che ammiro moltissimo, sia chiaro).

    Noi tutti siamo ormai abituati a pensare in termini di produzione, tutto è produzione, la produzione, e il relativo consumo (perchè per produrre nuove cose si devono consumare le vecchie, al massimo si buttano ancora funzionanti !), è il nuovo dio dell'uomo contemporaneo. E abbiamo anche il suo indice: il PIL !
    Tutto è PIL, nel PIL entra tutto, e più cresce il PIL più siamo contenti. Il PIL tiene conto delle transazioni in denaro, e trascura tutte quelle a titolo gratuito, per cui sono escluse le prestazioni nell?ambito familiare, quelle attuate dal volontariato (si pensi al valore economico del non-profit) e così via. Inoltre, trattando tutte le transazioni come positive, considera anche i danni provocati dai crimini, dall?inquinamento, dalle catastrofi naturali. Se compri un auto il PIL cresce, ma cresce anche se rimani in coda e consumi più benzina senza muoverti di un metro, se subisci un incidente, se sei ospedalizzato, persino se muori il PIL cresce, per i servizi connessi ai funerali ! Il PIL cresce se si realizza un?autostrada che non porta da nessuna parte (ce ne sono alcuni esempi in Italia), un?opera inutile, una cattedrale nel deserto, perché comunque il lavoro c?è stato, anche se di fatto si sono sprecato milioni di euro inutilmente, che potevano essere usati in tanti modi migliori.
    Il PIL non fa distinzione tra le attività che contribuiscono al benessere e quelle che lo diminuiscono. Anzi, il PIL calcola il deprezzamento sociale come una cosa positiva, per cui se una zona agricola di pregio, oppure un parco nazionale, vengono trasformati in un parcheggio o un supermercato, o in una discarica, oppure si impianta un termovalorizzatore (come accade a Napoli, dove vogliono mettere discariche e termovalorizzatore in zone protette) il PIL vede questa trasformazione come una cosa positiva. Se si costruisce un inceneritore, questo è positivo, perché genera lavoro, produce energia elettrica. Il fatto poi che dall?inceneritore nascerà un crescente inquinamento, e gli abitanti della zona soffriranno di tumori, questo non fa calare il PIL; anzi lo fa salire ulteriormente perché gli ospedali, le cure, il lavoro dei medici, entrano tutti nella produzione calcolata dal PIL.
    Inoltre, quanto minore è la propensione al risparmio, tanto più cresce il PIL. Ciò spiega perché al giorno d?oggi c?è la tendenza a incentivare tutte le forme di consumo, inventando tanti tipi di "comodi" pagamenti rateali, proprio per impedire il risparmio che non fa crescere il PIL. Ormai, comprare le cose a rate conviene, perché la gente si indebita, quasi senza accorgersene, e rimane legata all?azienda venditrice (e la banca) per tantissimo tempo, una sorta di schiavi moderni per pagare le rate. Ovviamente quando dico conviene, intendo che conviene per le aziende non certo per i consumatori. Una volta l'Italia era famosa per la propensione al risparmio della sua popolazione, adesso non più !

    Mi piace ricordare le parole di Robert Kennedy in un suo famoso discorso:
    ?Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell?indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell?aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana? Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta?.
    Il PIL in sostanza misura il ?reddito?, ma il reddito non è, o non è sempre, un buon indicatore di benessere, e questo è l?errore che generalmente compiono gli economisti.
    Il PIL sembra strutturato apposta per le aziende, specialmente le grandi aziende, la cui produzione finisce nel calderone del PIL, i cui disastri ambientali, gli inquinamenti di laghi, fiumi, terreni, le guerre indotte dalle vendita di armi, ecc? tutto questo alimenta il PIL, e a noi lo spacciano come il benessere del paese. Ma non è vero !

    E' questo modo di ragionare che dobbiamo superare. La produzione a scapito del benessere non va bene, il consumo indiscriminato delle cose e delle risorse non va bene. Dobbiamo riprenderci la nostra vita, ormai sempre più affittata alle grandi multinazionali. Solo così possiamo rimettere valori come la giustizia, l'etica, la solidarietà al loro giusto posto.


  • User Attivo

    @bsaett said:

    Il problema è che il mondo occidentale ha perso il suo senso, il suo significato.
    Oggi si fa troppo, si fa tutto, e lo si fa subito. Niente più attese, "tutto e subito" è il leit-motiv dell'occidente, e lo stiamo esportando anche nell'oriente, una volta mondo più spirituale, ma oggi preso dal cancro del consumismo sfrenato.
    Abbiamo perso il senso dell'attesa, dimenticando che è l'attesa che spesso da un senso alle cose.

    Confucio 4.000 anni fa si lamentava delle nuove generazioni perché stavano perdendo la tradizione. Cicerone si lamentava dei giovani perché non avevano più i principi dei padri. Lo stesso lo hanno detto pensatori, scrittori e poeti di tutte le epoche, pure Leopardi fra i vari pessimismi. Per essere più spiccioli lo dicono tutti da sempre, sulle panchine dei giardini o sopra gli autobus fino a stamattina.

    Lo diciamo pure noi trentenni nei confronti degli adolescenti. Sento dire da miei coetanei che i cartoni animati dei nostri tempi sono più belli di quelli di oggi. Mia madre diceva che le canzoni degli anni 60 erano più belle di quelle degli anni 90.

    Se poi ti fermi un attimo e chiedi ma quando? Quando nel passato si viveva più felici, quanto si assaporava più dolcemente la vita, quando si viveva serenamente con la lentezza?
    Boh! Smarrimento...

    Mio padre è nato sotto la seconda guerra mondiale e ricorda della sua infanzia fame fame e fame.
    Mio nonno faceva il muratore lavorava circa 18 ore al giorno salendo centinaia di sacchi di cemento fino a 30 metri. Assaporava la lentezza di quelle salite?
    E prima di lui c'erano tante carestie, cosa sono le carestie ne abbiamo idea? E tante guerre. Voltaire si chiedeva perché i Francesi e gli Inglesi si scannavano come matti facendo morire migliaia di giovani per fazzolettini di terra in Canada lontani da loro migliaia di chilometri?

    La storia degli uomini è costellata di potere, ricerca di ricchezze, di poveri, potere, lusso, rivoluzioni, fame, malattie impenitenti.

    Cento anni fa qualcuno assaporava la lentezza del parto, che a volte e spesso era così lento, se il bimbo non era in posizione, da portare alla morte madre e figlio ineluttabilmente.

    O forse Colombo col suo ardire e la sua rotta ci portò all'America. Le sue noci in mezzo al mare impiegarono tre mesi. Successivamente nei secoli se ne impiegò meno. Quando per superare l'atlantico si impiegava un mese vedevi tutti i passeggeri contenti e felici per quella lentezza. Un mese di sole sui ponti o assiepati nelle stive. Se per caso a qualcuno di quelli chiedevi: guardate nel XX secolo hanno inventato una macchina che consente di volare ed impiega da Roma a New York dieci ore,voi cosa fate?
    Ovviamente tutti avrebbero scelto la lentezza per assaporare il mare, il sole e le stive.

    Con tutto ciò non voglio essere polemico, ma scherzoso.
    La lentezza e la felicità nel passato sono i luoghi mitici dove tutti gli uomini trovano una fuga dal proprio tempo. Gli uomini hanno sempre lottato e sofferto. I tempi non sono peggiorati ma sono di gran lunga migliorati. Se noi oggi andiamo così di fretta non è perché un moderno se lo è inventato un mattino. Ma perché le esigenze degli uomini passati spingevano alla fretta. Se loro potevano essere più veloci lo sarebbero stati.
    Nel futuro saremo invidiati dai posteri per questi nostri tempi lenti e felici. Possiamo ridere, ma loro lo vedranno così il nostro tempo.

    In realtà noi percepiamo il passato e l'infanzia meglio di quanto fosse veramente perché lo cristalliziamo. Perché non siamo soddisfatti del nostro presente, della nostra quotidianità e cerchiamo una via di fuga verso quando si stava meglio.

    Io adoro la lentezza proprio perché la vita mi ha portato a vivere la fretta. Ogni giorno la mia vita è una corsa per andare al lavoro, lavorare e tornare a casa. Tutti i giorni per anni. Senza fiato.
    Ed allora mi soffermo a guardare le rughe di un albero e a toccare quel legno vivo. Mi soffermo in balcone mentre il sole al tramonto si inarca dietro le montagne. Allora con gli occhi guardo l'ombra della sedia che scorre e si sposta. Lentamente puoi vederla spostare l'ombra. Cos'è? In quel momento col sole altromonto e inarcato dietro le colline vedi lo spostamento della terra sull'ombra. Percepisci, puoi vedere con i tuoi occhi la rotazione della terra attorno al suo asse e intorno al sole. Il movimento di questa nostra terra, del nostro puntino blu sospeso nel vuoto e accerchiato dal buio dell'universo senza confini.
    Ecco in quei momenti assaporo la mia lentezza e la mia felicità. Mi sdraio con la faccia in su, chiudo gli occhi e percepisco il movimento della terra, di tutto ciò che è attorno a me e vedo che nulla è fermo, tutto si muove e anche la mia vita quando sta ferma continua a muoversi.

    La felicità e la lentezza non sono patrimonio condiviso dell'umanità di nessun tempo. Sono i momenti e gli attimi che ciascun individuo sa e vuole cogliere nello scorrere della propria vita.


  • User Attivo

    @bsaett said:

    Noi tutti siamo ormai abituati a pensare in termini di produzione, tutto è produzione, la produzione, e il relativo consumo (perchè per produrre nuove cose si devono consumare le vecchie, al massimo si buttano ancora funzionanti !), è il nuovo dio dell'uomo contemporaneo. E abbiamo anche il suo indice: il PIL !
    Tutto è PIL, nel PIL entra tutto, e più cresce il PIL più siamo contenti.

    Purtroppo vedo che spesso ci si volge a pensare che tutto è male.
    Il PIL è male. Quasi perdendo di vista il vero senso e valore delle cose.

    Il PIL è un indicatore importante della nostra società.
    Ogni giorno vedo al supermercato casalinghe, pensionate, impiegati, la gente in genere guardare i prezzi, assaltare le promozioni, rinunciare a tante cose, anche alimentari. Perché? Per l'inflazione? no di certo. Vedo le persone soffrire nelle code ai supermercati, alla posta, sui bus dicono tutti le stesse cose. Non si può più vivere, i prezzi sono aumentati, gli stipendi non bastano. Io li guardo afflitto perché di tutto questo la causa è qualcosa molto al di sopra di ciascuno di noi, che a conti pratici non ha a che fare con la spesa quotidiana, ma in sostanza la determina. Dipende dalla ricchezza del paese. Dove uno degli strumenti per determinarla è il PIL. La signora accanto a me non può fare la spesa perché siamo a crescita 0.
    Se avessimo un Pil al 3% al 5% o Al 8% la signora avrebbe il carrello pieno e non sarebbe costretta a fare rinunce.
    Per questo il PIL è importante. Non perché è ausilio o indicatore delle grandi industrie o degli speculatori. Ma perché indicatore di ciascuno di noi, di tutti noi italiani. Il PIL è tante nefandezze certo, ma è pure il mio lavoro di ogni giorno. E' il sudore dell'operaio che stringe bulloni. E' la perserveranza di Giovanni nel non arrendersi alla crisi economica. Il PIL è Francesca che porta avanti la sua casa e cresce i suoi bambini. E se il PIL cresce, è ricco, il mio lavoro di ogni giorno sarà più proficuo del semplice sopravvivere alla giornata. Il sudore dell'operaio sarà ripagato con migliori soddisfazioni economiche. E Giovanni non dovrebbe arrendersi alla crisi economica, ma far crescere la sua azienda, assumere altri impiegati e dare opportunità ad altre vite di realizzarsi.


  • Super User

    @Actarus said:

    La felicità e la lentezza non sono patrimonio condiviso dell'umanità di nessun tempo. Sono i momenti e gli attimi che ciascun individuo sa e vuole cogliere nello scorrere della propria vita.
    Io capisco e condivido il tuo discorso. Ma almeno personalmente non volevo dire che "si stava meglio quando si stava peggio". 😄

    Basti ensare che quando ero bambina io c'è stata la Guerra nel Golfo, quando era giovane mia madre la guerra in Vietnam... insomma anche non scendendo sulle disgrazie personali, è ovviamente come dici tu il monde vive continuamente di tante cose belle e brutte.

    Ma quello che a me fa rabbia è che oggi l'uomo ha più possibilità di ieri, conosce più cose di ieri in ogni campo eppure non sfrutta la sua conoscenza per stare REALMENTE meglio,e per stare TUTTI realmente meglio. Ma solo per il profitto di pochi "eletti" che continuano a fare i propri comodi come è sempre stato.

    In un altro topic ci diceva che non tutti arrivano all'informazione, può darsi. Ma oggi non tutti gliene frega niente di arrivarci all'informazione vera. E visti le possibilità che offre il mondo occidentale io lo trovo sconcertante.


  • Super User

    devi essere più ottimista.
    abbi fiducia. la gente da sempre delle sorprese positive.

    magari ci mette tempo...ma le da.


  • Super User

    @SpiderPanoz said:

    devi essere più ottimista.
    abbi fiducia. la gente da sempre delle sorprese positive.

    magari ci mette tempo...ma le da.
    Guarda Spider, oggi per motivi personali che riguardano la sicurezza dalla mia vita e quella dei miei familiari, l'ottimismo l'ho lasciato in cantina. 😢

    Ma di norma sono ottimisma altrimenti avrei già fatto un gran brutte fine! 😉


  • Super User

    mi spiace. :bho:


  • Super User

    @Actarus said:

    La felicità e la lentezza non sono patrimonio condiviso dell'umanità di nessun tempo. Sono i momenti e gli attimi che ciascun individuo sa e vuole cogliere nello scorrere della propria vita.

    Credo ci sia un errore di fondo, non mi sono mai sognato di elogiare la "lentezza" come valore assoluto, oppure di criticare l'assenza di valori delle nuove generazioni. Tutt'altro !
    Sono uno strenuo sostenitore delle nuove generazioni, anche se per motivi anagrafici non vi appartengo più, perchè credo fermamente che non si possano scaricare gli errori nostri, quelli delle vecchie generazioni, sulle nuove generazioni che, come ho già scritto, ereditano il mondo, non lo creano di certo, al messimo possono modificarlo se solo se ne dà loro le chiavi, ma ciò, in particolar modo in Italia, non accade, un paese gestito da vecchi per vecchi, dove i giovani non trovano altra via che emigrare. Poi, vengono anche criticati, e additati come quelli che "si drogano", "si sballano" e vanno in cerca di facili divertimenti, insomma giovani senza midollo spinale, senza cervello.
    Questo è orrore puro !

    Di recente un servizio televisivo di una nota trasmissione per giovani, in relazione all'omicidio della giovane italiana in Spagna, in una nota località di villeggiatura, ha tratteggiato i giovani in genere, ma in particolare quelli italiani, come gente che va lì solo per ubriarcarsi, divertirsi in modi assolutamente deleteri. Ma quello era il commento della trasmissione, che alle mie orecchie stonava pesantemente con le parole che udivo dagli intervistati.
    Tutti gli intervistati italiani, giovani, asserivano una semplice verità: "veniamo qui perchè costa di meno rispetto all'Italia".

    Io mi sarei aspettato un approfondimento su questo punto, sulla realtà italiana troppo costosa, invece nulla, la conclusione della trasmissione era solo una: i giovani vanno li per "sballarsi".
    Giovani senza cervello, quindi, senza valori, senza cultura ?
    Ma chi deve dare ai giovani la cultura, l'educazione, il senso civico, il senso critico ? Non siamo noi, la società tutta ? Ogni generazione deve preparare la futura generazione a prendere il suo posto, così come accadeva tra gli uomini primitivi quando si preparava il figlio per avviarlo alla caccia. Questo deve fare una società, ma questo non accade più. La preparazione delle nuove generazioni è demandata di fatto alle scelte consumistiche delle grandi aziende, alla televisione, a scuole che non insegnano più nulla. Facile dire "è colpa del giovani", ma è un fallimento dei padri dei giovani, quei padri che lasciano il proprio figlio dinanzi alla TV perchè non hanno né voglia né tempo per stare con loro, e poi si lamentano se non c'è più dialogo con i figli, se non li conoscono più ("mio figlio è un estraneo"), non li capiscono, se i figli non vogliono parlare con loro. Ma quando mai ci hanno parlato loro con i figli, li hanno ascoltati, hanno cercato di capirli ? Ma alla fine la colpa è dei figli. Poi se il figlio va a rubare, uccide qualcuno, o si droga, oppure si suicida.... ci si meraviglia: "era un così bravo ragazzo, non aveva mai avuto problemi !".

    La verità è che non c'è più tempo per i figli, come non c'è tempo per le cose, per nulla. Si corre tutto il giorno per comprare un computer quando ne abbiamo già uno che fa le stesse identiche cose, si fanno le file di notte per comprare l'ultimo cellulare alla moda, anche se costa 500 euro e di fatto fa quello che fanno gli altri cellulari, solo è più bello, più colorato, più facile (?) da usare, più alla moda !

    La lentezza non è un valore in sé, infatti io non parlo di lentezza, ma di attesa, per non equivocare. E' cosa diversa. Non mi sognerei mai di elogiare il ritorno alla macchina da scrivere perchè più lenta del computer, io che con la tecnologia ci vado a nozze e la sfrutto, nonostante i miei studi palesemente antitetici, fino all'estremo per me possibile. E' l'attesa delle cose che si è persa, il sapere che una cosa ha bisogno di essere prodotta e che quella produzione costa, in termini di tempo e di risorse, cosa che noi non consideriamo più perché compriamo tutto bello e fatto al supermercato.
    Due giorni e via, quel prodotto lo buttiamo perchè superato dal nuovo cellulare più luccicante.
    Ma se ci spiegassero cosa occorre per costruire quel cellulare, l'inquinamento che crea, i bambini sfruttati nei paesi dell'est e dell'Asia per costruirli, e la distruzione ambientale che si genera nel disfarsi così velocemente delle cose acquistate, forse ci penseremmo due volte. Forse, e dico forse, cercheremmo di usarlo fino allo stremo, fino a quando funziona, invece di buttarlo ancora seminuovo solo per averne uno più...... fashion !
    Come dice mirabilmente Kundera, la lentezza dà il senso delle memoria alle cose, cioé ci indica quanto valgono, perchè comprendiamo realmente quanto valgono, e le cose valgono secondo il lavoro che è insito in esse. Questo è ben diverso dall'elogiare tutto ciò che è "lento", vuol dire semplicemente prendere atto che le cose non nascono sugli alberi e a noi basta raccoglierle nei supermercati, vuol dire capire che le cose per produrle hanno bisogno di un processo lungo, complesso, sotto certi aspetti dannoso per l'ambiente, e che quindi la produzione deve essere limitata a ciò che serve realmente, e non si deve produrre tutto, indiscriminatamente, come se non ci fosse alcuna conseguenza. Perché la conseguenza c'è, alla fine !

    Gli esempi fattibili sono milioni, ma basta ricordare gli scarti dei supermercati. Nel mondo milioni di persone muoiono di fame, mentre in occidente il cibo si butta, a tonnellate. Ma questo è aumento del PIL, è sempre produzione, anche se poi la signora che fa la spesa si trova il carrello vuoto perché la frutta viene distrutta in quanto l'azienda non ci ricava soldi a sufficienza per quella frutta !

    Si parla tanto della fame nel mondo, e in genere si dice che bisognerebbe produrre più cibo, che le nuove tecnologie ci consentiranno di produrre più cibo.
    Consentitemelo, è una idiozia bella e buona. Basta una piccola ricerca per comprendere che questo è il modo di vedere, strumentale, delle aziende. Ma non è la verità ! La verità è che sulla terra si produce troppo cibo, solo che è distribuito molto molto male. Alcuni ne hanno troppo, ingrassano, e poi devono faticare con le diete per rimettersi in forma. Altri non ne hanno per nulla !

    L'attesa, la lentezza, vuol dire prendere coscienza del valore delle cose, di cosa c'è dietro, dentro le cose, quindi capirne l'importanza, non pensare che tutto si produce in un attimo, come dal nulla, e che nei supermercati troviamo tutto, sempre, senza alcun problema. Basta solo avere i soldi per comprarlo. Non è così, vogliono solo farcelo credere. Ma il tenore di vita di pochi privilegiati è basato sullo sfruttamento della gran parte dei non privilegiati. Si toglie ai molti per poter dare ai pochi, e questo è possibile perchè ci hanno convinto che possiamo, che dobbiamo comprare tutto quello che si produce, consumarlo e ripartire d'accapo. Giorno per giorno, dall'inizio della nostra vita fino all'ineluttabile conclusione.

    Questo modo di ragionare, questa mercificazione, crea le storture della nostra società, come quelle che sono venute a galla nella sanità italiana. Si operava anche se non c'era alcuna necessità, giusto per operare, per avere i soldi dalla Regione, per "produrre" !
    Le vite dei pazienti ? Chissenefrega !!!!!!!!!
    Forse lì, in quelle cliniche ci sarebbe voluto un po' meno occhio al PIL, un po' meno rispetto per la produzione, un po' meno esigenza di soldi. Forse, in quelle cliniche, un po' di "lentezza", un po' di "attesa", avrebbe fatto bene. Chiedetelo ai pazienti che sono morti !


  • Super User

    @bsaett said:

    Io mi sarei aspettato un approfondimento su questo punto, sulla realtà italiana troppo costosa, invece nulla, la conclusione della trasmissione era solo una: i giovani vanno li per "sballarsi".
    Non solo ma quello che è passato dalle TV italiane è il messaggio che se una ragazza va in un paese straniero e magari anche in cerca di un'avventura... bhe... andiamo... un po' se l'è cercata quella brutta fine. 😞
    Hanno montato questa cosa all'inversimile come fossero tutti santi immacolati, poi però mi ritrovo le guide di Lucignolo sulla trasgressione e l'estate ITALIANA, non spagnola...

    Io concordo che il problema non è nelle nuove generazioni, sono solamente il nostro frutto. Sono quello che noi abbiamo voluto che fossero. Se l'educazione, il rispetto per gli altri, l'importanza di capire ciò che si ha non viene insegnato in casa principalmente dove può avvenire. La scuola può fare ma fino ad un certo punto.

    E sopratutto pensiamo sempre tutti che tutto ci sia dovuto, non capisco su quale base noi dovremmo meritare più di chi vive in Africa o in parti d'Italia meno avvantaggiate. Non sempre le condizioni migliori sono il risultato reale di un impegno maggiore della popolazione abitante.