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- Un link inserito in un testo è pubblicità?
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Si viene pagati per quello ???
Esiste un contratto anche solo verbale ???
Lo scopo è rimandare a qualcosa per un possibile sviluppo commerciale ???Se si direi che è la tipica fiunzione pubblicitaria di internet attraverso lo strumento suo più tipico: l'ipertestualità.
Io ho scritto questo su "fiscoitaliano":
Dove li ho accumunati a determinate condizioni.
Paolo
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Ho letto il tuo articolo, e come sempre devo esprimere gratitudine per l'impegno profuso. Ma come sempre non sono d'accordo.
I motivi sono semplici, ma per capirci, bisogna partire dal piccolo per poi arrivare al grande.
Cominciamo dal fatto che due persone hanno delle relazioni, e di conseguenza, magari, due blog. Bene, mettiamo anche che una persona A dica ad una persona B: " ieri sera ho mangiato al ristorante C e mi sono trovato benissimo, provalo". Cosa possiamo concludere? Deve pagare le tasse su eventuali guadagni?
La frase suddetta è l'analogo del link in un blog. E questa frase non può essere intesa come rapporto di pubblicità tra la persona A e il ristorante C, questo è un passaparola spontaneo che è alla base delle relazioni umane. Allo stesso modo, e per sua natura, il link è alla base delle relazioni in rete. Dunque non può che essere un passaparola, e quindi non può essere inteso come lavoro (ben riconoscendo che possa crearsi un rapporto commerciale tra chi inserisce il link e l'azienda eventualmente linkata).
Ma presumere è una cosa, realizzare di fatto un rapporto commerciale è un'altra cosa. E per la verità dimostrarlo è ancora più difficile.
Si possono verificare varie situazioni:
a) In un sito che parla di prodotti tipici, si può indicare un particolare prodotto tipico e linkare il sito dell'azienda. Scopo commerciale? E chi lo sa. Io dico NO, ma non è escluso che l'azienda possa offrire un qualche contributo volontario per altri motivi, magari per finanziare la ricerca sulle zanzare della zona di produzione del prodotto.
b) Posso linkare un sito che vende libri, un supermercato, e per ogni prodotto in caso di vendita ho il 10% di guadagno. In questo caso si è un vero e proprio procacciatore d'affari occasionale. Quindi di pubblicità non vedo nemmeno l'ombra.
3) scambio link per miglioare il page rank. In questo caso elementi di commercio da legare allo scambio in sè sono lontanissimi e forse non dimostrabili.Insomma, la situazione è perversa, e per il solito motivo. Le leggi esistenti non sono adattabili, bisogna riscriverle senza svilire il web. Altrimenti da occasione di crescita per tutti, diventa un ritorno al Medioevo.
Non mi esprimo per ora sugli scambi di banner 1 a 1 o 1 a 4. Ma mi pare che anche qui ci siano elementi di problematicità, e sui quali bisogna fare una profonda riflessione onde individuare gli elementi minimi per potersi parlare di commercio e/o servizio e duqnue di assoggettabilità alle Leggi vigenti al riguardo.
Dobbiamo sempre tener presente che vi sono siti o blog che nascono come prolungamento dell'animo umano nel web, ossia di una nuova forma di espressione che permette all'autore di superare le distanze e farsi conoscere dal mondo intero; vi sono poi siti solo commerciali e vi sono siti poi che rappresentano delle vere e proprie agenzie di pubblicità.
In ogni caso bisogna individuare il ruolo del link, del banner, e l'eventuale fattore commerciale connesso al contenuto del sito stesso, sia in termini di percentuali sia in termini contenutistici.
Le tue riflessioni, sul sito che hai indicato, prendono in esame una parte del problema, ed hanno il limite, a mio avviso, di voler inquadare l'inquadrabile.
Saluti
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Ma tu hai assolutamente ragione. Condivido appieno.
Il discorso fatto da me infatti regge esclusivamente in quanto legato ad una promozione commerciale a scopo di lucro.
Se cioè tu inserisci il link per averne un ritorno (in denaro od in natura) stai facendo qualcosa contro compenso... il rapporto è come si dice sinallagmatico e genera per te un reddito, volente o nolente.
Se lo fai occasionalmente (l'inserimento di link contro compenso) produrrai redditi occasionali, se lo fai continuativamente, con un sito organizzato e gestito per farlo.... starai facendo impresa nel settore della pubblicità (espressa con i mezzi tipici web).
Se invece il lucro esiste solo quando procuri un contratto e dunque un "guadagno" a qualcuno da cui vieni pagato solo a quella condizione, magari proporzionalmente, allora starai facendo procacciamento d'affari, anche qui occasionalmente od in forma d'impresa.
Come vedi dipende tutto da 2 fattori:
- scopo di lucro (magari non in denaro, ma anche solo in natura, beni, vantaggi, diritti, servizi....)
- occasionalità o continuità/organizzazione.
Se invece non esisterà, per te che metti il link, uno scopo di lucro.... allora saranno pienamente soddisfatte le caratteristiche di mera interrelazione sociale di cui dici sopra e nulla sarà dovuto in termini amministrativo/fiscali.
Altre strade di mezzo reputo non esistano.
Paolo
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Ora sono d'accordo.
Quindi è sbagliato dire che inserire un link è pubblicità, almeno nel senso di servizio promozionale commerciale. E' corretto dire invece che può essere pubblicità, nell'accezione che ho specificato.
Queste specificazioni sono doverose e non inutili, altrimenti si fa un grande pasticcio.Restano poi i problemi di accertamento del pagamento. Se un'azienda offre un contributo spontaneo ad un mio amico X, perchè gli piace l'idea su cui ricerca e la vuole finanziare, e da questo guarda caso gli deriva che sul mio sito compaia una recensione che in qualche modo porta poi un link al sito web dell'azienda...è difficile stabilire che sia un pagamento...
Saluti
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E' sbagliato dire che è pubblicità tout court, infatti nel mio primo post ti ho chiesto se esisteva uno scopo di lucro.
PS: Io, verificatore, invece, se ento puzza di aggiramento delle norme, inizio ad accertarti il reddito e farti pagare imposte, sanzioni ed interessi e lascio a te dimostrare che non vi sia sinallagma al "tribunale fiscale".
Paolo
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Io penso che le tasse si devono pagare e anzi alle imprese vere, conviene.
Ma queste cose di cui parlo io riguardano il settore amatoriale e che tu a tutti i costi vuoi convertire in imprese per qualche minimo ricevimento di soldi.
I guadagni son dei contributi o se vuoi delle offerte, donazioni.
Ho già letto quello che pensi sulle donazioni, ma sei in errore.
Il campo delle offerte è un campo molto particolare, e poi abbiamo un esempio specialissimo in Italia.
Il caso della Chiesa e dei servizi espletati dai preti.
Hai mai saputo che un prete è stato accertato perchè con una messa per defunti si guadagna 500 euro in un'ora nominando letteralmente 10 persone? Hai mai accertato un prete per le offerte prese per un matrimonio, cresime, funerali, battesimi, comunioni, messe in genere, mese di maggio e madonne che girano, e le offerte spontanee su ogni pensione che tante vecchiette decidono di regalare al prete per assicurarsi il Paradiso, ecc.?
Un rapido conto fa pensare che un paese di 5000 abitanti deve produrre per un prete un extra da 30000 a 50000 euro in offerte. Come mai non viene accertato?
Ed è giusto che non sia accertato dal fisco.
Perchè sono offerte, in teoria si potrebbero ridurre a zero in un istante, e il prete non ha la stabile organizzazione volta a fare impresa. Lo stesso dicasi per un piccolo sito amatoriale non volto al fare impresa e che quindi non inserisce dietro pagamento link o banner, ma solo per un'offerta. Queste offerte al pari di quelle ai preti, non sono quantificabili perchè spontanee.
I siti amatoriali, cioè quelli di cui parlo io, non sono imprese e nulla devono per un contributo che gli versa qualcuno per un link. E un sito resta amatoriale anche se ha un milione di visitatori o più al mese. E' fondamentale il concetto: così come il prete che crede nella sua religione e svolge un'attività e dei servizi connessi ad essa, così io che credo nell'archeologia svolgo un'attività amatoriale e dei servizi connessi ad essa senza voler niente in cambio ma accettando le offerte.
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Esistono particolari regole (oltre che riverenza) verso il settore ecclesiastico.
Non sono io a voler trasformare tutto in impresa... sono le attuali norme che non consentono prestazioni "sinallagmatiche" (faccio questo ed ottengo questo) tra soggetti terzi senza che si configuri una categoria reddituale... da quella occasionale in avanti, verso quelle più complesse.... sino all'impresa.
Non sono in errore: le "donazioni" ad un webmaster per il servizio ricevuto non sono contributi, ma veri e propri corrispettivi a determinazione libera.... sarebbero contributi (vere e proprie donazioni) se non si ricevesse nulla in cambio.
Altrimenti ragionando, per il sol fatto di non metter un prezzo fisso ai servizi (lasciarlo determinare alla controparte), si potrebbero esentare intere fette di reddito dalla tassazione e dagli adempimenti conseguenti. Non è così.
Paolo
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Allora dovete indagare la Chiesa e i Preti. Fanno proprio quello che tu dici che non si può fare.
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Io non c'entro, la mia affermazione di 2 topic fa era figurativa.
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Il tu era retorico. Ma se la Chiesa lo può fare, viene il dubbio che anche altri lo possano fare.