Una mia collega d'ufficio ha scattato a mia insaputa e di conseguenza senza mia autorizzazione, delle fotografie dal suo appartamento di un incontro fra me ed un mio amico, per poi mostrarle ai miei colleghi d'ufficio. Io ho scoperto che mi erano state fatte queste fotografie solo perchè ad un mio collega più ingenuo degli altri, è "scappato" di dirmi dell'esistenza di quelle immagini. A me, la collega improvvisatasi "paparazza" della situazione", non le avrebbe ovviamente mostrate, immaginando che non avrei gradito.
Al momento io non ho idea della fine quelle fotografie abbiano fatto, se siano state cancellate dalla macchina fotografica digitale, o se siano ancora in possesso della mia collega.
Può questo essere considerato violazione della mia privacy ed intromissione indebita ed abusiva nella mia vita privata? E c'è un termine di prescrizione o decadenza per la presentazione di una eventuale denuncia contro la mia collega?
Grazie.
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Fotografie scattate senza autorizzazione
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Saluto d'arrivo.
Nuova di questo forum, ci sono arrivata perchè vittima di un'incredibile ingiustizia sul lavoro, e qui spero davvero di poter ricevere risposta al mio senso di smarrimento in questa terribile situazione.
E chissà che poi, non diventi un elemento stabile di questo forum.
Buon pomeriggio a tutti. -
Licenziamento immotivato
Innanzittutto ringrazio anticipatamente chiunque vorrà dedicare un po' del suo tempo per rispondere almio quesito. Sono nuovissima di questo forum, che ho scovato nel web in quanto sto cercando di comprendere in che maniera io possa difendermi da un licenziamento immotivato ed ingiusto.
Lavoro da molti anni presso uno studio di commercialisti, e negli anni si sono susseguiti molti problemi causati da tensioni e conflitti interni che i miei capi, nonostante le ripetute richieste di intervento che ho personalmente avanzate loro per far cessare le situazioni di disagio, non hanno mai voluto risolvere. Il continuo sovraccarico di lavoro, senza mai un'adeguata proporzione nel trattamento economico, con uno stipendio che è fermo dal 2006; le angherie subite da alcuni colleghi; la promessa di un migliore trattamento economico se mi fossi sobbarcata un ulteriore carico di lavoro, che ho svolto, ma per il quale poi mi è stato negato quanto promesso in termini di denaro; gli insulti contro le mie idee politiche da parte della moglie del capo, e tanti altri eventi spiacevoli negli anni, mi hanno causato lo scorso anno una depressione devastante, sfociata nella mia disperata richiesta di poter staccarmi dal lavoro per un periodo di aspettativa non retribuita della durata di un paio di mesi, che mi è stata concessa. Quando sono rientrata, ovviamente sul posto di lavoro non era cambiato alcunchè, e tutto è ricominciato come prima. Io ho provato a resistere, a rendermi indifferente alle situazioni di disagio e malessere, ma lo stress dentro di me è di nuovo cresciuto a dismisura, portandomi a maturare l'idea di mollare per sempre quel posto di lavoro e cercarmi un altro impiego, senza far trapelare alcunchè di questa mia decisione ai miei capi. Ho continuato a lavorare senza che la notevole qualità del mio servizio venisse intaccata dal forte stress che mi soffocava, e che mi viene continuamente riconosciuta dai miei capi (almeno su questo, sono sempre stati sinceri ed onesti, riconoscendomi una considerevole bravura e capacità sul lavoro), ma hanno preso incredibilmente ed improvvisamente la decisione di eliminarmi dal loro ufficio, prendendo come scusa il fatto "che sono una fonte di disturbo per l'intero ufficio e che non sono quindi più gradita alle loro dipendenze". Da notare che i miei colleghi hanno negato di aver mai espresso un'opinione tale su di me, e si sono dissociati da questa conclusione che non ha alcun fondamento, ritenendo il mio improvviso licenziamento un atto non giustificato. I miei capi, prima di comunicarmi il licenziamento, mi hanno posto una condizione se avessi voluto rimanere alle loro dipendenze: ovvero, che avrei dovuto starmene al mio posto senza intrattenere alcuna relazione con i miei colleghi, lavorare le mie otto ore senza interazione alcuna con gli altri, ed umiliarmi a chiedere scusa ad una mia collega che si è dichiarata (l'unica) "maltrattata" da me, cosa che è stata confutata dagli altri miei colleghi. L'idea di perdere il lavoro in una crisi come quella che stiamo vivendo è sicuramente tragica, ma non potevo permettere che la mia dignità venisse calpestata in tal maniera, e quindi ho rifiutato le loro vergognose condizioni. Al che, è seguita la comunicazione che dovevo cercarmi un altro impiego perchè non sono più gradita all'interno dell'ufficio.
Come posso quindi difendermi da una simile ingiustizia, soprattutto dopo tutte le altre che ho subìto negli anni lì dentro trascorsi, ed evitare che un provvedimento così arbitrario ed immotivato sia applicato? Da notare che da quel giorno, in cui mi hanno detto che volevano "sbattermi fuori dall'ufficio" io sono ricaduta in uno stato depressivo acuto, e sono a casa già da quasi tre settimane in preda ad attacchi di panico, ansia incontrollabile, insonnia grave e disperazione totale. C'è un modo per poter avere giustizia in una tale situazione?
Grazie di cuore a chi potrà darmi un consiglio.