grazie della risposta
si, e' tardiva
infatti ho presentato la mia dichiarazione nei termini questa estate e devo dirti che la mia commercialista ha avuto un'interpretazione esattamente contraria alla tua, facendomi dichiarare solo quei (minimi) redditi che avevo prodotto in italia, ma non quelli prodotti all'estero, ritenendo chiara la circostanza che attualmente ho la residenza all'estero, dove vivo e lavoro ben 365 giorni all'anno (salvo qualche week end) e dove attualmente vive anche la mia famiglia. Il fatto che nel 2009 la famiglia non si fosse ancora spostata e' stata ritenuta solo una questione di necessaria organizzazione temporale (trovare la scuola adatta per la figlia, ecc.). Non abbiamo ritenuto, infine, che possedere un'abitazione in italia radichi il domicilio li, quando l'intera attivita' lavorativa e' qui all'estero e persino la famiglia, adesso, lo e'.
Speriamo abbia interpretato bene. In ogni caso, la questione sara' discutibile ed opinabile, non e' proprio chiarissima....
inshar
@inshar
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RE: tassazione redditi da lavoro dipendente all'estero
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RE: Lavoro all'estero, tasse in Italia?
Grazie per la risposta innanzitutto
Quanto al fatto che le tasse vadano pagate sia in Serbia che in Italia non riesco tuttavia a capire (e ad essere d'accordo)
Questo il testo dell'art. 15
"1. Salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato."
Quindi, pur se mi dovessi considerare residente italiano, se non erro:
- Salve le disposizioni degli articoli 16, 18 e 19, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente (residente in Italia) riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato (quindi in Italia), a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente (quindi in Serbia). Se l'attività è quivi svolta (in Serbia), le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato (quindi in Serbia)
Non dice "anche" nello stato estero, ma solo "in questo altro stato", ne' si fa riferimento a prevalentemente... dunque, da dove desumete che si paga ad esempio il 30% in Serbia ed il restante 10% (o altro) in Italia???
A me sembra piu' una regola di esclusione, che esclude cioe' la sovranita' fiscale nazionale in presenza del criterio territoriale di produzione del reddito, in visrtu' appunto della convenzione. Se non vi fosse convenzione invece i residenti italiani che abbiano per ipotesi pagato anche all'estero potrebbero detrarre il relativo credito d'imposta.
Attendo risposta, e' davvero importante
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RE: Lavoro all'estero, tasse in Italia?
Sono nelle stesse condizioni, ma iscritto all'aire (ex yugoslavia)
E' tutto specificato nell'altro post, quindi non mi ripeto
Però vorrei sollecitare la risposta di qualcuno più esperto di noi, non mi sembra che finora nessuno dei bravi coleghi di forum commercialisti, tributaristi, avvocati, abbia detto la sua, e quindi prego loro di intervenire
Io sono residente all'estero, ma aho avuto la casa, la moglie, i figli, l'auto e la moto in Italia. E ovviamente l'intenzione di abitare di nuovo in Italia in futuro. E' ovvio mi sembra! Ho un contratto di lavoro all'estero, durarà uno, due, tre anni ma poi è normale che rientri. Alla scadenza del contratto appunto! Ma che senso ha altrimenti pretendere, da un lato, che si sia residenti all'estero per appena più di 183 giorni se poi si richiede un trasferimento definitivo??? Come fa uno a vendere auto, moto, famiglia e chiudere con l'italia per 184 giorni soltanto? Liquida tutto e poi ricompra tutto quando rientra? O meglio liquida tutto per 184 giorni e nei restanti si riprende tutto? E l'anno successivo idem? A gennaio liquido tutto, dichiaro di non volere mai piu rientrare in Italia in futuro e poi dopo 184 giorni rientro? ASSURDO
Ok, poniamo che questa interpretazione assurda sia corretta. Perchè non hanno ritenuto residente estero chi muove la proprioa residenza o domicilio per 7 anni? Perchè specificare che basta per più di 183 giorni???
Comunque, leggo che mi considerano residente fiscale italiano. Ma allora non ho capito perchè dovremmo pagare le tasse anche in Italia (pur se solo per la differenza) sui redditi percepiti in UK o in Yugo. L'art. 15 delle due convenzioni (è identico) dice che se i redditi sono percepiti nel paese estero sono in tale paese imponibili... che c'entra l'Italia? sono d'accordo che sono imponibili in Italia quelli prodotti in Italia, d'accordo, ma perchè anche quelli prodotti nel paese estero con cui vige una convenzione?
Infine, dici che vivi da 10 anni ma non ti hanno mai fatto un accertamento. Allora, mi chiedo, come fanno in concreto a sapere dove lavori all'estero e quanto percepisci? Nel caso di "evasori" (che brutta parola, noi siamo lavoratori in perfetta buona fede, visto che ci inducono in errore pure con i loro art. 15) italiani, fanno controlli incrociati con chi ci corrisponde dei compensi e si accorgono subito se non dichiariamo tali redditi, ma nel caso di somme corrisposte da Mr. Smith di Londra? Come fanno a sapere se mi ha corrisposto 100 o 500 e se lo ha fatto a titolo di redditi di lavoro subordinato, autonomo, con ritenuta d'imposta, al lordo o al netto, ecc, ecc?
Giusto per compendere quali rischi concreti abbiamo che ci arrivi un accertamento e ci venga irrogata una sanzione per il pagamento della quale dovremmo davvero vendere la casa, l'auto, la moto e tutto i resto -
RE: tassazione redditi da lavoro dipendente all'estero
UP
nessuno sa dirmi qualcosa al riguardo?
so che il post è molto lungo, ma per favore leggetelo e datemi un parere ... tnx
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tassazione redditi da lavoro dipendente all'estero
Ciao a tutti, sono un nuovo iscritto
Ho un problema che mi tormenta.
Lavoro all'estero (ex yugo), con un contratto di lavoro subordinato, e ivi percepisco i redditi, per attività svolta esclusivamente all'estero, dal gennaio del 2009, iscritto AIRE, ma moglie e figli sono in Italia, dove ho un'abitazione in proprietà.Da un altro post leggo purtroppo che sarei considerato comunque residente fiscale in Italia.
"Il lavoratore dipendente che presta la propria attività lavorativa continuativamente ed esclusivamente all'estero, sia alle dipendenze di datori di lavoro italiani che di datori di lavoro stranieri, spesso provvede a cancellarsi dall'anagrafe della popolazione residente per iscriversi all'AIRE. Tale iscrizione, come si vedrà, può avere o non avere conseguenze sulla residenza fiscale del dipendente e quindi sul pagamento, o meno, delle imposte sui redditi prodotti all'estero anche nel nostro Paese nella considerazione che, ai sensi dell'articolo 3 del Tuir:
i soggetti residenti in Italia sono assoggettati a imposizione nel nostro Paese per i redditi ovunque prodotti (principio della tassazione sul reddito mondiale);i soggetti non residenti in Italia sono assoggettati a imposizione nel nostro Paese solo per i redditi ivi prodotti (principio della territorialità o della fonte).
Anagrafe e censimento degli italiani all'estero.
La legge 27 ottobre 1988, n. 470 concernente l'anagrafe e il censimento degli italiani all'estero e il relativo regolamento di attuazione (Dpr 323 del 6 settembre 1989) prevedono che l'iscrizione nelle anagrafi degli italiani residenti all'estero viene, tra l'altro, effettuata per il trasferimento della residenza da un comune italiano all'estero. Non sono iscritti all'AIRE i cittadini che si recano all'estero per cause di durata limitata, ad esempio i lavoratori stagionali e comunque, non superiore a 12 mesi.
I cittadini italiani che trasferiscono la loro residenza da un comune italiano all'estero devono farne dichiarazione all'ufficio consolare della circoscrizione di immigrazione entro 90 giorni dal trasferimento, inteso come fissazione all'estero della dimora abituale.
Le anagrafi dei cittadini residenti all'estero sono tenute sia presso i comuni che presso il ministero dell'Interno e sono costituite le prime, da archivi che raccolgono le schede individuali e di famiglia eliminate dall'anagrafe della popolazione residente (Apr) a seguito del trasferimento all'estero; le seconde, presso il Ministero, contengono i dati desunti dalle anagrafi comunali.Le conseguenze fiscali dell'iscrizione all'AIRE.In prima approssimazione, la cancellazione dalla anagrafe della popolazione residente da parte di un cittadino italiano sembrerebbe far perdere allo stesso anche la residenza fiscale in Italia.
Se così fosse, come visto, dal coordinato disposto dell'articolo 3 del Tuir in base al quale i non residenti sono soggetti all'Irpef solo per i redditi prodotti in Italia e 23 dello stesso Tuir (che individua i criteri per l'applicazione di tale principio per le varie categorie di reddito) il cittadino italiano iscritto all'AIRE che percepisce redditi di lavoro dipendente per un lavoro svolto all'estero, dovrebbe essere tassato in Italia esclusivamente per gli "altri" redditi, diversi da quelli di lavoro dipendente, eventualmente prodotti in Italia.
Tuttavia, poiché in base all'articolo 2 del Tuir, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d'imposta (183 giorni nell'anno):1. sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o
2. hanno nel territorio dello Stato il domicilio ai sensi del Codice civile (sede principale dei propri affari o interessi) o3.hanno nel territorio dello Stato la residenza ai sensi del Codice civile (dimorano abitualmente in Italia)
nella considerazione che i requisiti sopra indicati sono tra loro alternativi e non concorrenti, sarà sufficiente il verificarsi di uno solo di essi affinché un soggetto sia considerato fiscalmente residente in Italia anche se iscritto all'AIRE.
Infatti, in merito alla rilevanza dell'iscrizione all'Aire da parte di cittadini italiani, l'amministrazione finanziaria, con circolare 2 dicembre 1997, numero 304/E ha precisato che la cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente e l'iscrizione all'AIRE «non costituisce elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici».
In pratica, per essere considerati residenti in Italia è sufficiente che, per la maggior parte del periodo d'imposta, un cittadino italiano iscritto all'AIRE abbia mantenuto in Italia il "centro" dei propri legami familiari o dei propri interessi patrimoniali e sociali.Tra gli elementi che devono essere analizzati e valutati dagli uffici al fine di contrastare le "fittizie" risultanze anagrafiche, nella circolare citata vengono richiamati: i legami familiari o comunque affettivi e l'attaccamento all'Italia; gli interessi economici in Italia; l'interesse a tenere o far rientrare in Italia i proventi conseguiti con le prestazioni effettuate all'estero; l'intenzione di abitare in Italia anche in futuro. In pratica, operando una "valutazione d'insieme" dei molteplici rapporti che il soggetto intrattiene nel nostro Paese il soggetto verrà considerato fiscalmente residente in Italia in quanto nel nostro Paese ha mantenuto la sede principale dei propri affari ed interessi ogniqualvolta in esso disponga di una abitazione permanente, mantenga una famiglia, accrediti i propri proventi dovunque conseguiti, possegga beni anche mobiliari, partecipi a riunioni d'affari, rivesta delle cariche sociali, sopporti spese alberghiere o di iscrizione a circoli o club, organizzi la propria attività e i propri impegni anche internazionali, direttamente o attraverso soggetti operanti nel territorio italiano.
Conformemente a tale impostazione l'amministrazione finanziaria, con risoluzione 10 febbraio 1999, numero 17/E ha considerato residente all'estero il lavoratore dipendente iscritto all'AIRE che ha trasferito all'estero la famiglia, ha iscritto il figlio alla scuola estera e ha stipulato un contratto di affitto di durata quadriennale.
Diversamente, in molti casi che si verificano nella realtà, il lavoratore che svolge la propria attività esclusivamente all'estero continua ad essere considerato fiscalmente residente in Italia anche se iscritto all'Aire perché il suo domicilio, cioè il "centro degli affari e interessi", rimane in Italia (in quanto, ad esempio, la sua famiglia, moglie e figli, è rimasta in Italia).
A conferma di tale impostazione è quanto precisato dalla circolare 26 gennaio 2001 numero 9/E, paragrafo 2.2, nella quale, richiamando la circolare 304 del 2 dicembre '97 prima citata viene precisato che «deve considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, pur avendo trasferito la propria residenza all'estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantenga il "centro" dei propri interessi familiari e sociali in Italia». Tale circostanza si concretizza, ad esempio, nel caso in cui «la famiglia dell'interessato abbia mantenuto la dimora in Italia durante l'attività lavorativa all'estero» o, comunque, nel caso in cui «emergano atti o fatti tali da indurre a ritenere che il soggetto interessato abbia quivi mantenuto il centro dei suoi affari e interessi" (risoluzione 14 ottobre 1988, numero 8/1329)».
Si ricorda infine che, nell'ipotesi in cui il lavoratore dipendente all'estero sia considerato fiscalmente residente in Italia anche se iscritto all'AIRE lo stesso dovrà pagare le imposte nel nostro Paese anche sul reddito prodotto, e già tassato all'estero, potendosi tuttavia scomputare dalle imposte italiane, le imposte definitivamente pagate all'estero su tali redditi ai sensi dell'articolo 165 del Tuir."Tuttavia, ai sensi dell'art. 15 della convenzione internazionale che regola i rapporti tra italia e yugoslavia (tuttora in vigore per gli stati successori), in materia di lavoro subordinato, si legge:
Articolo 15 - Lavoro subordinato
- Salve le disposizioni degli articoli 16, 18, 19, 20 e 21 della presente Convenzione, i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato.
Ora,se la mia intepretazione è corretta, sembra che anche i residenti fiscali italiani siano imponibili, per i redditi prodotti all'estero, solo nello stato estero... il che sembra in contrasto con quanto spiegato su, sul fatto che potremmo essere tenuti a pagarle in entrambi gli stati!
Ulteriore complicazione.
Leggo in un altro forum, tratto dalla risposta dell'Agenzia delle entrate ad un interpello.
La risposta è relativa all'intepretazione dell'art. 15 della convenzione italia svizzera, che tuttavia è identico a quello italia inghilterra, italia yugoslavia, italia francia, ecc. ecc."...si farà riferimento alla disciplina generale dettata dall'articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa fra Italia e Svizzera, ai sensi del quale il reddito di lavoro dipendente prodotto in Svizzera da un residente italiano è tassato sia in Italia che in Svizzera. "
Perchè mai dovrebbe essere tassato sia in Italia che nel paese ove si svolge l'attività lavorativa e ove viene prodotto il reddito ?
Che interpretazione assurda, a me il testo letterale dell'art. 15 sembra chiarissimo
Ora, poichè il termine per la dichiarazione si avvicina, non so davvero che pesci prendere e sono molto, ma molto perplesso....
Infatti:- mi considero residente in Yugo (dato reale, conforme alla certificazione aire) e non dichiaro i redditi in italia? Ma poi se mi considerano residente fiscale italiano, rischio di avere lavorato un anno gratis? (sanzioni del 100% 200%)
- prevengo e mi considero residente fiscale italiano, ma non dichiaro nulla in ogni caso, in applicazione del predetto art. 15 della convezione? Anche qui, se danno un'interpretazione diversa, rischio...)
Insomma, non posso sapere in anticipo quale interpretazione capestro daranno loro, e quindi sono bloccato: qualsiasi cosa faccio sbaglio? D'altro canto, non vorrei dichiarare tali redditi esteri in Italia (a parte il fatto che l'aliquota qui è molto diversa, nessuno dei miei colleghi nella stessa situazione, ha mai dichiarato nulla... semplicemente non si sono mai posti il problema).
Mi chiedo anche come mai non abbiano mai subito accertamenti... forse perchè non hanno mai trasferito alcuna somma in Italia? Io purtroppo al contrario bonifico ogni mese per pagare mutuo e bollette varie, oltre a qualcosa per la moglie e figli...se qualcuno mi sa dare un parere utile, sarò davvero grato