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Motori di ricerca e registri stilistici
Come abbiamo detto più volte nel Forum, un creatore di contenuti - siano essi informatici, letterari o giornalistici (ma il discorso si estende agevolmente alla grafica e all'audio-video) - dispone di un certo numero di strumenti per arricchire la sua prosa o il testo poetico, rendere meno monotono l'andamento e tenere incollata l'attenzione del lettore.
Figure retoriche, artifici stilistici, trucchi sintattici e guizzi grammaticali costituiscono collettivamente il grimaldello con cui sedurre e persuadere il pubblico, oltre naturalmente alla bontà delle idee, delle opinioni e delle argomentazioni
Nell'ambito della Rete, i contenuti vengono indicizzati dai motori di ricerca a seguito del passaggio di bot, spider e crawler che "assimilano" quanto trovano, lo vagliano in base ai loro segretissimi algoritmi e infine decretano risultati di ogni tipo: valore del pagerank, valore del pagetrust, posizionamento nelle ricerche per una data serie di parole e via dicendo.
Dall'analisi statistica di una gran mole di testi sappiamo che Google & Co. stanno progressivamente sviluppando un proprio "gusto" (termine improprio, ma serve a capirci), cioè dei criteri di promozione e penalizzazione di un dato testo in base a ciò che vi trovano dentro.
Come già fatto in questa discussione a proposito della litote, oggi proviamo ad esaminare un altro caso a mio parere interessante di asservimento delle figure retoriche alla SEO.
Mi affido anche stavolta ai talenti del Forum per discutere la questione e giungere magari a qualche conclusione utile e costruttiva.
Parliamo di un espediente piuttosto sottile, ma anche facilmente realizzabile: il pastiche.
Niente panico: la parola francese - si pronuncia 'pastìsc' con la "sc" di "sciare" - indica semplicemente un bisticcio linguistico in cui si accostano, nella medesima espressione, parole o gruppi di termini pescati da registri stilistici molto diversi, spesso quello aulico e quello colloquiale o familiare. Ecco degli esempi:
- Serico straccio.
- Preclaro magna-magna.
- Sbronza tellurica.
- Esimio rompiscatole.
- Longilineo tirapiedi.
In tutti i casi appena citati, l'efficacia sul piano stilistico si annida proprio nella leggera stonatura che si percepisce nel vedere così vicini un lemma aristocratico e raro (serico, preclaro, tellurico, esimio, longilineo) ed uno ordinario, quasi "plebeo" (straccio, magna-magna, sbronza, rompiscatole, tirapiedi).
La tecnica, che qui è stata molto amplificata e semplificata a scopo didattico, può essere raffinata ed estesa a interi testi, nei quali cercare un continuo rimescolamento tra la magniloquente parlata di un nobile dagli ottimi studi e quella, secca e "bassa", di un uomo della strada che va al sodo, si concede qualche parolaccia e dice "pane al pane, vino al vino".
In ambito letterario, un uso sapiente del pastiche premia di sicuro conquistando il lettore, come sa bene chiunque abbia gustato i magistrali saggi di David Foster Wallace (ad esempio quelli contenuti in Considera l'Aragosta), che è stato considerato uno dei massimi esperti di bisticci letterari dall'esito felicissimo.
La domanda è quindi: come vengono percepiti e giudicati questi artifici dai crawler? Incontrano il loro "gusto" o li irritano e li inducono a penalizzazioni selvagge?
I colossi come Google & Co. prediligono forse un testo uniforme nello stile, coerente e senza sbavature, oppure si lasciano ammaliare da un contenuto più spregiudicato e anarcoide, in cui alle parole antiche, rare e pregiate si mescolano gli impeti della plebe e qualche volgarità ben piazzata?
Ogni esempio sarà ben accetto, ogni opinione benvenuta.
Esperti, "guru" e forumisti, a voi la parola...
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Una riflessione addizionale su questo tema.
Tra le soluzioni più celebri e potenti che si possono realizzare mediante l'accostamento di registri stilistici diversi c'è da sempre la satira, genere letterario che per definizione mescola alto e basso, sacro e profano, termini aulici e raffinati con bestemmie e parolacce.
Il gioco, soprattutto ai livelli dell'eccellenza, non si limita a due sole paroline lontane accostate a viva forza per far nascere un sorriso distratto, ma viene condotto su una trama decisamente più articolata e sottile: alla base c'è sempre il medesimo concetto - giustapporre termini distanti per sorprendere il lettore o l'uditorio - ma l'esito è decisamente più esplosivo.
La satira porta avanti la forma più estrema di pasticcio linguistico (in senso "filosofico" prima che meramente "comico"), ma probabilmente anche la più pura, grandiosa ed efficace.
Chi ha ascoltato un monologo di Daniele Luttazzi (il quale si ispira a sua volta a maestri come George Carlin o, più indietro nel tempo, al latino Tito Maccio Plauto) sa bene quanto potere detonante possa avere una miscela ben dosata di retorica da professionista e spirito da iconoclasta.
Chi conosce le sue due operette "101 cose da non dire ad una ragazza per abbordarla" e "101 cose da non fare ad un funerale", per esempio?