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    Caselli: Un Magistrato Fuori Legge

    CASELLI UN MAGISTRATO FUORI LEGGE
    di Piero Ricca
    pubblicato il 01/05/2006

    ?Sono l?unico magistrato italiano al quale il Parlamento ha dedicato espressamente una legge. Una legge contra personam che mi ha espropriato di un diritto: quello di concorrere alla pari con altri colleghi, alla carica di Procuratore nazionale antimafia?. Questo si legge nella quarta di copertina dell?ultimo saggio di Giancarlo Caselli, ?Un magistrato fuori legge? (edizioni Melampo). Giovedì 15 dicembre il libro è stato presentato alla Casa della cultura di Milano.

    Presenti con l?autore: il senatore Nando Dalla Chiesa, il magistrato Armando Spataro e il giornalista Mario Portanova, che ha collaborato alla stesura del libro. Ecco una sintesi degli interventi.

    Dalla Chiesa

    La magistratura è considerata un nemico dagli attuali governanti. Non sempre, solo quando si permette di indagare sui potenti. Alla base c?è una concezione malata della politica, ispirata al principio del princeps legibus solutus. Secondo tale concezione, chi è eletto dal popolo dev?essere sottratto al controllo di legalità. La rsponsabilità penale e il principio di uguaglianza non devono valere per chi è stato votato. Ecco perché la rimozione di un magistrato come Caselli diventa necessaria: per ristabilire il primato della politica sulla legge, il magistrato che non guarda in faccia nessuno dev?essere additato come un male.

    Lo dicono esplicitamente: il processo Andreotti è la colpa di Caselli.

    Ma Andreotti non è stato assolto in quanto innocente, se l?è cavata solo grazie ala prescrizione (è che cavolo, li salva proprio tutti questa prescrizione?). E le sentenze documentano fatti inquietanti, che dovrebbero suscitare un dibattito serio. Ma l?accertamento della collusione fra la politica (al suo più alto livello) e le organizzazioni criminali non può essere accettato dal ceto politico dominante. Ecco allora che scatta una scientifica mistificazione: Andreotti viene beatificato come vittima della malagiustizia, mentre Caselli viene additato come un nemico.

    Spataro

    Ci lasciamo alle spalle anni tormentati, abbiamo il dovere di ricordare tutto ciò che è accaduto. Tra le vergogne civili che abbiamo dovuto subire, c?è anche la legge contro Caselli.

    Nessuno, sia chiaro, ritiene che la magistratura sia immune da pecche. Ma l?accanimento del potere politico è contro i magistrati che hanno fatto il proprio dovere senza timori reverenziali: questo è l?elemento essenziale.

    Parlare di Caselli significa parlare della mia stessa vita professionale. Lo conobbi un anno dopo il mio arrivo a Milano. Erano gli anni del terrorismo, le prime indagini si concentrarono a Torino, contro le brigate rosse. Fu inevitabile studiare il lavoro di Caselli e del pool di cui faceva parte. Il lavoro di squadra diede il colpo decisivo ai terroristi. Come pure la scelta di contestare il reato di concorso esterno, anche morale, negli atti terroristici, per colpire l?intera organizzazione, compresi gli strateghi e i fiancheggiatori. Una scelta, quella del lavoro in pool e dell'imputazione del concorso esterno, che ha assicurato risultati anche contro la criminalità organizzata.

    Devo riconoscere che, senza Caselli, dopo gli assassinii dei colleghi Galli e Alessandrini, non avrei retto.

    Negli anni di Palermo, Caselli con i colleghi della procura della Repubblica ha saputo ridare slancio alla lotta alla mafia, dopo la tragica estate degli attentati a Falcone e Borsellino. Anche in questo caso la rimozione è necessaria: le centinaia di ergastoli inflitti agli uomini delle cosche devono essere dimenticati.

    Caselli

    L?addebito che mi si fa è di non aver rispettato determinati santuari. Ma il rispetto dei santuari non fa parte dei doveri del magistrato, che al contrario è chiamato ad applicare la legge in modo indiscriminato. E? davvero vergognoso che uno sia costretto a difendere il proprio lavoro, un lavoro pubblico, misurabile con criteri oggettivi, un lavoro che qualche risultato l?ha dato. Certo contro di me è stata approvata una legge ad hoc. Ed è un fatto che per certi aspetti può anche rendermi orgoglioso, ma lascia cicatrici di sofferenza per lo stravolgimento delle regole di cui quella legge è segno. Il discorso va oltre la mia persona, e per questo motivo ne parlo. Se si estirpa per legge un magistrato "nemico" viene stravolta l?idea stessa di democrazia costituzionale. La nostra Costituzione disegna una democrazia pluralista, con poteri in equilibrio fra loro. L?emarginazione dei poteri di controllo (giustizia e informazione) intende affermare un modello diverso, incentrato sul primato della maggioranza politica del momento: un modello autoritario, contrario allo spirito della Costituzione. Ecco il contesto nel quale si iscrive il caso che mi ha riguardato. Numerosi fatti rivelano questa concezione: le invettive dei portavoce governativi, per esempio, si sono scagliate non solo contro i Pubblici Ministeri, ma via via contro tutte le corti di Giustizia che hanno preso provvedimenti sgraditi, dal Tribunale di Milano alla Corte di Cassazione. Tutte "toghe rosse" o "golpisti" o "criminali". Siamo di fronte a una concezione profondamente pericolosa, in quanto limita il controllo di legalità e insieme ad esso il controllo dell?opinione pubblica sui pubblici poteri.

    Una concezione che in definitiva mette in pericolo i diritti delle minoranze.

    Solo estirpando le "teste storte" che ancora hanno come punto di riferimento la Costituzione, ci si convince di avere ragione. Ma in questo modo si tende a cancellare la linea di confine fra lecito e illecito, fra morale e immorale. Un rischio terribile per una società.

    Il "caso Andreotti" può esser letto come il detonatore del modo di trattare l?informazione e la giustizia da parte di certa politica. Già una volta è capitato che il presidente della Corte di Appello di Palermo, il dott. Scaduti, avvertisse il dovere di smentire una dichiarazione del presidente della Commissione Antimafia, l?on. Centaro, sull'asserita persecuzione ai danni del senatore Andreotti. E ora si replica, con la relazione di cui parlava Dalla Chiesa. A lui propongo di allegare alla relazione di minoranza un recente saggio del collega Livio Pepino, dedicato all?analisi delle sentenze del processo Andreotti.

    Buone riflessioni a tutti :ciauz: