• User Attivo

    Sai una cosa, Leonov?... In questo preciso istante, anziché riprendere il solito discorso (tu mi chiedi/io ti rispondo) me ne vado in giro per questo lago/anzi fiume di sezione a leggere cosa s'è scritto veramente su 'fede' come virtù e su 'religione' come senso; e alla maniera d'un pescatore/cartoon disegnato goffo e sbilenco, soprattutto patetico ma simpatico, mettere in rete/se ci riesco qualche pesciolino o pesciolone magari, a costo di risalire di molto la corrente (andare indietro di mesi). Ché diamine!... - è pur vero che abbiamo realizzato, io e te, a tutt'oggi/a tutt'ora, la cifra inaudita di cento visitatori! (Ma chi sono?... ma dove siete?... ma fatevi riconoscere eh!) A presto, chissa... eu.ro
    P.S. I tre neretti prendili intanto come un ternario d'Iddio, anzi della Madonna!


  • Consiglio Direttivo

    @euroroscini said:

    P.S. I tre neretti prendili intanto come un ternario d'Iddio, anzi della Madonna!

    Li ho appena messi qui in saccoccia: Leonov|veramente|chissà. Mi piace, suona bene, ha il giusto equilibrio di certezza e dubbio.

    Attenderò con ansia altri interlocutori: le cose interessanti da dire non mancano, mi sembra, e poi in GT ho trovato pensatori saggi, colti, garbatissimi e dalla penna leggiadra.

    Sarò anzi più che lieto di leggere nuove firme e proverò io stesso, per quel che posso, a coinvolgere qualcun altro: lo spazio c'è e la disponibilità da parte mia pure, tutta intera.

    Mi unisco già qui al tuo appello ai silenti lettori: voi che passate e vi soffermate su queste nostre opinioni, fatevi avanti senza paura e mettete per iscritto le vostre parole, considerazioni, critiche.

    Non chiedo di meglio.

    Prenditi pure tutto il tempo che ti occorre: io non ho alcuna fretta e il forum non scappa mica.

    Leonov


  • User Attivo

    SEMPRE VERSO L'INCORAGGIAMENTO EH?

    Frabibbo, nomignolo un po? boccaccesco, rispondeva nel lontano 2005 a Mamilu (dico Mamilù perché mi sa più di favoletta araba) che ce l?aveva col cardinale Bernard Law di Boston: uno coinvolto in una copertura di sacerdoti/pipodritto e loro fanciulli curiosini/parrocchiani ? ma questa è altra storia. Dicevo: Frabibbo, coriaceo e possente nel suo credo romano/ortodosso, scriveva testualmente ?? alla base della fede cristiana c?è il perdono??.

    A noi due, Leonov! Scrivi subito ché ti detto il ternario? PERDONO = delitto|colpa|cancellazione. Tu ci aggiungi una citazione giusprudenziale lasciandomi intendere che si potrebbe anche dire in altri termini: **CIVILTÀ **(naturalmente la nostra giuridica) = diritto|delitto|pena. Anzi al riguardo non trascuri di farmi un rimando colto a Hegel ricordato universalmente per il suo ternario da vertigine (per me privo del minimo senso logico): cioè METODO = tesi|antitesi|sintesi? (di questa scemenza, se ne può parlare fra noi due, Leonov, ma in seguito). Difatti ? aggiungi a chiosa ? succede che nella nostra grande/ordinata/bella società un diritto qualsiasi ? come affermazione o tesi ? è offuscato da un delitto qualsiasi ? come negazione o antitesi ? ma ripristinato nella sua lucentezza da una pena qualsiasi ? come negazione della negazione come sintesi ? punto e basta. I conti mi tornano ? insisti ? perché il diritto di partenza è riaffermato e io son d?accordo con Hegel e Frabibbo.

    A questo punto sono costretto a farti notare che Frabibbo, nel suo ternario, ha scambiato pena con cancellazione, e la cosa non sta tanto bene tridimensionalmente, anzi male? O meglio, sta anche bene al limite; ma allora vuol dire che un qualsiasi cavolo di perdono consisterebbe/implicherebbe questo: io, ad esempio? anzi tu (mi va meglio) ammazzi uno, te ne assumi la responsabilità piena/netta/inequivocabile e magari ti marchi a fuoco per sola vanità il sedere con un cubitale ?IO HO COLPA?; ma poi, liscio liscio/chiotto chiotto, cancelli tutto come se niente fosse successo (non so come tu faccia, almeno per quella specie di tatuaggio nel cu.) e magari ti assegni da te/per te stesso un perdono che sa di scespiriano (Shakespeare), di cafchiano (Kafka), di paundiano (Pound) ecc.

    Ma che dici?!! ? m?interrompi brusco: lascia da parte una buona volta questo ternario del ca. e guarda in faccia la realtà: le cose stanno diversamente!? Come? ? dico io. Cioè stanno in quest?altro modo: poniamo pure (l?esempio paradossale che sia io e non tu che ammazzi non mi piace tanto, detto inter nos) che faccia fuori uno, che mi senta di seguito convintamente responsabile (non in colpa) e per questo mi ci bruci perfino il sedere per mania di grandezza con una affermazione marchiata di cui vantarmi ? ammettiamolo pure. Ma anche se non ci fosse/non c?è senso di colpa in me né sorta di pena (come sofferenza interiore) che vi scorra parallela, anche se nessuno mi punisse/mi punisce perché non mi scoprono e riuscissi/riesco a farla franca, ci sarebbe pur sempre la famiglia di quello che pena di brutto, i suoi concittadini che manifestano la loro contrarietà (pure questa è sofferenza, quindi una forma di pena) e la nazione intera cui si ascrive come cittadino l?ammazzato che, attraverso le sue acrobatiche istituzioni, mi condanna esecrabile e mi punisce in contumacia con pene virtuali quanto durissime? (E poi ? chissà ? vai a sapere che ?la società/tutta? non finisca col soprassedere alla faccenda e anchiviarmi oppure, in ultimo, non mi perdoni anche!) Alt ? dico io: questi sono sofismi!... Ed è a questo punto che riscappa fuori Frabibbo alla grande...

    Ehi/ehi!!?... Che ca. state dicendo voi due??!... Io ho parlato sì di perdono e di cancellazione dei misfatti, ma ho anche detto che soltanto Dio nella sua immensità misteriosa e irraggiungibile può farlo. Per cui, proprio a voler usare quel ca. di ternario di eu.ro che non mi piace neppure un ca., i termini equazionali stanno semmai così: PERDONO (di Dio) = delitto (del prete pedofilo) | colpa (di Santa Madre Chiesa di Law) | cancellazione (come se una efficacissima/magica gomma divina faccia sparire tutto/ogni cosa succitata: gli atti pedofili dei preti, le responsabilità vaticane a tutto campo, ogni strascico di sofferenza sparsa/minuta a trecentosessanta gradi ? beh tutto quanto cancellato come d?incanto)?

    No, ragazzi, attenzione ? faccio io perentorio: non scherzate col ternario!... Dite pure le frottole che volete/che pensate/che sperate/?, anzi/no, tutte le stron. che vi saltano in mente. Ma la logica del ternario è semplice e banale, geometrica, leonardesca; e taglia come una ghigliottina da anno di grazia 1791! Cioè, tanto per dire? PERDONO = delitto|colpa|cancellazione?... bene, vuol dire: perdono di Dio = delitto di Dio|colpa di Dio|cancellazione di Dio. Oppure: perdono degli uomini in generale = delitto degli uomini in generale|colpa degli uomini in generale|cancellazione degli uomini in generale. Oppure: perdono di un uomo in particolare = delitto di un uomo in particolare|colpa di un uomo in particolare|cancellazione di un uomo in particolare. Eccetera/eccetera per ogni altro ternario che usiate, che esiste ed è o non è nella mente del Padreterno. Ché diversamente ? come fate a naso e a cu. ? sarebbe come dire che un falegname alle prese col suo tavolo, usasse l?altezza d?un grattacielo, la lunghezza del suo ca. e la larghezza d?un deserto geografico preso a caso. No/no/no!!!...

    Vedi, Leonov, quanto è difficile convivere ? come mi sforzo di fare ? con il ternario?

    eu.ro :fumato::fumato::fumato: etc.


  • Consiglio Direttivo

    Il ruolo di assassino, sicario, omicida o massacratore - in ambito esclusivamente letterario, ça va sans dire - ha sempre esercitato su di me un sinistro richiamo suadente, ma per pudore non me l'ero mai attribuito.

    Ad oggi, mi ero limitato a proiettarlo su personaggi di mia invenzione (a me pericolosamente somiglianti, lo ammetto) collocati in una serie di racconti dalle tinte fosche e torbide; a beneficio della didattica, però, accetto ben volentieri di impersonare perfino il Ministro della Morte nell'esempio appena proposto.

    Scelgo tuttavia di incarnarmi, borgesianamente, in un "Assassino disinteressato" - come nella Storia naturale dell'infamia - sperando che l'intervento della sublime prosa dello scrittore argentino mi sollevi almeno un poco dall'abiezione del ruolo stesso.

    Per quel che concerne il marchio/tatuaggio, però, non se ne parla proprio: i miei glutei sono e resteranno intonsi; al più, sempre per amor della divulgazione, mi imporrò un piccolo segno sulla spalla, come si faceva per i ladri e gli adulteri della Francia pre-illuminista: riconoscibile, discreto e molto meno "cheap" della "targa posteriore".

    Alla scena del marchiato in stile La lettera scarlatta mi ha fatto pensare l'immagine del meccanismo a lama cadente inventato da Ignace Guillotin e proposto da Euro in una folgorante parentesi verso il suo finale.

    Per quel che mi riguarda, al concetto di perdono - unitario, binario o ternario che sia - resta legato a doppio filo quello di memoria, secondo appunto l'adagio "perdonare, non dimenticare".

    Si può passare sopra una colpa, un delitto, un reato, ma almeno a mio parere non lo si può ignorare o rimuovere, perché proprio nell'oblio dell'atto sta il difetto eventuale della macchina della giustizia.

    Non conosco con sufficiente precisione la posizione della Chiesa sul tema, né quella del Diritto (altra strada, la mia): ripescando tra le nebbie dell'infanzia e del catechismo scolastico, ricordo che ci veniva insegnato che Dio, al momento del trapasso o del Giudizio Finale, è pronto ad accogliere tutti, ma proprio tutti, anche i peggiori e i pessimi, poiché il suo amore è infinito.

    Sono però i rei, gli improbi e i malvagi a non riuscire a sostenere quell'amore e ad auto-esiliarsi all'Inferno, decisi a scontare la condanna che sentono di meritare.

    Il che presuppone un'altissima considerazione del senso di giustizia del singolo, contro l'evidenza di colpevoli del tutto insensibili al loro stesso reato, che senza tribunali e prigioni si sentirebbero pronti a continuare la loro vita o peggio a reiterare il crimine.

    Il Dio impietoso di matrice veterotestamentaria, invece, mi sembra molto più salomonico nei giudizi e draconiano nelle misure restrittive: forse sceglierei lui, ma solo per un intrinseco bisogno di vendetta, più che di giustizia.

    Ciò che mi è sfuggito (scarsa attenzione, temo) nell'ultimo intervento è appunto il rapporto tra il perdono e la memoria, tanto quella del singolo (parte lesa & parte che offende), quanto quella collettiva (prossimi della vittima, società, prossimi del carnefice).

    Che metro di giudizio dovremmo insomma adottare di fronte ad un reato? Perdonare e dimenticare? Perdonare e non dimenticare? Punire e dimenticare? Punire e non dimenticare? Una quinta strada ancora?

    A me che sono - solo qui, solo adesso, solo per finta - assassino certificato con tanto di "codice a barre" sulla spalla, che destino deve essere riservato da parte degli uomini?

    Perdonate se trascino il discorso sul piano strettamente legale e storico, ma poiché non so se ci sia un secondo tribunale "dopo", il mio orizzonte un po' meschino è fermo ai cancellieri, ai magistrati ed alle guardie carcerarie in carne ed ossa.

    Con Dio, se c'è, ce la vedremo privatamente in altra sede al momento opportuno. Non lo conosco e non parlo volentieri di chi proprio non conosco.

    Poscritto per Euro: immagino che la tua scelta di filosofia ternaria sia faticosa - non conosco i dettagli di entità, ma penso che da ogni profonda convinzione personale nascano conflitti con l'ambiente circostante ed ostacoli lungo la via.

    Se ti può consolare, io sono un (aspirante) scienziato in un mondo che ancora crede all'astrologia, ai miracoli, ai maghi ed alla cartomanzia: tempi duri anche per il sottoscritto.

    Leonov


  • User Attivo

    Bravo!!!... Complimenti!!... Sei quasi meglio di me! (Ah il maledetto Cancro mentr'io sono un Pesciolino...) A domani. A posdomani. A mai più (forse).


  • Super User

    Davvero interessante la proiezione dialettica **= diritto|delitto|pena **e la successiva considerazione.

    Dal citato Hegel, è proprio trattando di dialettica che è possibile reperire interessanti teoremi scritti su libri destinati a non essere letti e che invece a quanto pare lo sono eccome. 🙂


  • User Attivo

    Te ne racconto una, Andrez... Quando un lontano giorno discussi la mia tesi di laurea, di fronte a un collegio d'una ventina di professori disposti/seduti ad 'U', io ritto nel mio banchino infondo, dissi: Invece dico altro... Anziché mettere lo Stato al centro dei tre assi, per cui il diritto afferma lo Stato, il delitto lo nega e la pena lo riafferma, io metto l'individuo/me stesso; per cui... Io mi affermo nel mio diritto, la Stato mi nega e mi delinque, io mi riaffermo con la mia azione anarchica e punitrice. Beh, non ci crederai: il collegio dei professori si spaccò, per un'ora e un quarto a litigare, uno contro l'altro. Io restai quasi tutto il tempo zitto. Poi mi liquidarono con un novantacinque centesimi. (Il mio centodieci con lode, me lo porterò nel mio paradiso!) eu.ro


  • User Attivo

    a Leonov

    al concetto di perdono resta legato a doppio filo quello di memoria? ?perdonare/non dimenticare"

    Le parole valgono generalmente il loro significato comune/usuale. Però quando chi parla/scrive sta in recinti di cognizione/trattazione specifici (che quasi sempre in cuor mio detesto) bisogna pur adeguarsi ? penso ? a ciò che chiamo ?livello medio di codice?. Ad esempio, la parola ?perdono?, in questa sezione di FEDE e di RELIGIONE: beh, la uso con certa/ammissibile disinvoltura nella mia quotidianità, riuscendo ad essere perfino sfumato; ma qui la carico di significato e mi diventa categoriale.

    Al riguardo, se metto in rapporto la mia capacità di memoria col mio senso del perdono, scopro che esso/rapporto è inversamente proporzionale? Ipotizzo difatti tre casi, restando tridimensionale: o ho memoria piena/totale, quindi non perdono niente a nessuno; o ho memoria parziale o limitata, quindi perdono/non perdono in modo corrispondente o relativo? O non ho memoria di niente e di nessuno, quindi perdono al massimo? (ma chi?? perché?): il perdono ? come atto del perdonare ? mi diventa/diventerebbe un non/senso, seppur da vivere nella sua smisurata ampiezza.

    Che poi mi succeda ? il tutto ? in questa dimensione/vita o in altra che proietto chi sa dove, fa lo stesso/non cambio il discorso.

    Corre l?adagio popolano (banale forse? ? ma quanto mi piace la banalità certe volte!) del ?non poter avere la botte piena e la moglie ubriaca?. Io, questo adagio, me lo calzo come faccio all?occorrenza coi miei pedalini bucati... Perché, se non lo facessi, mi sentirei ? per l?appunto ? ?cattolico?, ?italiota?, l?ipocrita di sempre delle nostre parti.

    Se infine penso/pensassi che è un ipotetico dio a perdonarmi ? o costringermi a perdonare io lui ? gli chiederei (ritornando un po? al mio endecasillabo di partenza): ?Ma chi sei/che vuoi?... se non ti conosco/ti chiedo neppure!?

    eu.ro :()::?:sbav:


  • Consiglio Direttivo

    Parto da una tua frase, l'ultima della risposta scorsa:

    @euroroscini said:

    Se infine penso/pensassi che è un ipotetico dio a perdonarmi ? o costringermi a perdonare io lui ? gli chiederei (ritornando un po? al mio endecasillabo di partenza): ?Ma chi sei/che vuoi?... se non ti conosco/ti chiedo neppure!?

    La trovo essenziale per arrivare al noccciolo profondo della questione ed ora cerco di mettere in luce le cose che vi ho trovato:

    • La proposizione principale è un periodo ipotetico ed appunto "ipotetico" è l'aggettivo che anteponi a "dio". Euro, so che è un domandone, ma a questo punto devo fartelo: tu, in Dio, ci credi?

    Discuteremo poi sulla natura, le caratteristiche e la tridimensionalità del tuo Nume, ma ciò che domando qui è solo se tu ti rapporti ad esso come un uomo spirituale che crede nella sua esistenza, come un agnostico che ammette la possibilità tanto dell'esistenza quanto della non-esistenza di dio o come un ateo che liquida la faccenda con una scrollata di spalle e una levata di sopracciglia.

    • Immagini un dialogo gustoso, quasi alla pari - o forse del tutto alla pari - con "dio" (che potrebbe o meno coincidere con il Nume di cui hai parlato ad inizio dialogo).

    Mi ricorda una vecchia battuta di Churchill, che alla domanda di un giornalista sul fatto se si sentisse pronto ad incontrare Dio ribatté: "Io sono pronto ad incontrare il Signore. Se lui sia pronto ad incontrare me, è un altro paio di maniche".

    Quali sono dunque i rapporti tra le parti in causa? Il Nume è superiore, paritario, altro dall'uomo? Oppure uomo e Dio sono assi di uno dei ternari - e quale il terzo, allora?

    Se poi umano e divino sono parti di un ternario, che rapporto c'è tra loro? (lo chiedo perché fino ad ora hai molto insistito sul fatto che le dimensioni diverse non si mescolano)

    Forse c'è altro da dire - sicuramente restano da indagare le questioni bene/male, finora solo marginalmente sfiorate - ma mi fermo qui: con l'Ontologia avremo da discutere a lungo, credo. Poi passeremo con tranquillità ad Etica, Logica e perfino Estetica di questo tuo sistema teologico.

    È sempre un gran piacere.

    Leonov


  • User Attivo

    a Leonov

    tu, in Dio, ci credi? Certo che ci credo!... Ci credo tanto che penso che sia l?ultima grande fede che mi rimane. E qui, per conto mio, ti ci aggiungo una cosa che potrebbe farti rabbrividire: io sono un fondamentalista del mio ?Divino?! Esso è un tutt?uno con la mia pelle, e se mai succedesse che qualche ?Potere/altro? la martoriasse (ma non può/non potrà succedere più, perché quel Medioevo nero e bruciante, assassino, demente, l?abbiamo dietro le spalle tutti/ognuno, superato/vinto/schiacciato definitivamente) questa mia pelle rimarrà intonsa? Come mi dici sono i tuoi glutei esenti da qualsiasi marchio!

    Il problema che ti poni all?istante, dunque, è/può essere quest?altro forse: e chi/cosa è il ?tuo dio? in cui credi con tale forza? Ti rispondo brevemente/seccamente ? come al solito: non è/non può essere ? per mia logica|etica|estetica ? il ?dio? di tutta la Storia dell?Uomo. Chiese militanti, trionfanti, imperialistiche; le nuove Fedi nascenti come le vecchie Fedi sepolte, con tutte le seminagioni di visioni/sogni/allucinazioni ? del ?divino? ? che l?Umanità ha cosparso per millenni su questo nostro cesso di pianeta (come diceva Voltaire). Eppure ogni credenza o brano (a volte brandello) di quelle credenze ? che sia riuscito ad agguantare o, a dir meglio, intuire/conoscere/interiorizzare ? contenevano linee|segmenti|punti che mi hanno illuminato ? mi è parso ? e sono divenute le tessere del puzzle del mio Dio.

    Allora potresti seguitare a chiedermi: quando|come|dove è ?questo tuo dio?? E io ti rispondo allo stesso modo di prima: cioè telegrafico? Il mio Nume (perché così lo chiamo, dialogandoci nel mio poema) era come me; ma come dirti, dilatando la mia supposizione?... ?IO? all?ennesima potenza ? ecco! Egli apparteneva con tale fisionomia (a me somigliante) ad un Panthen di altri dèi: belli/potenti come lui, ognuno col proprio scettro, ognuno eretto sul proprio piedistallo; tutti assoluti, immobili, perfetti. Finché a un punto del suo tempo inimmaginabile (non m?interessa conoscerlo) il mio Nume decise di scendere da là? Di non più ESSERE ma DIVENIRE! Divenne nel suo|nostro|mio universo ? tutto qui (la storia la conosci).

    Mi chiederai a questo punto: allora sei di fede panteistica? Esatto (più o meno).

    E perfino diventando puntiglioso: il tuo ?nume? è come morto, non c?è più, ha smesso d?esistere? Un ?dio?, in qualunque modo si concepisca, è/deve essere logicamente immortale. No/no... C?è sempre, ma trasformato! Esiste sempre; ma in ogni suo frammento, secondo la capacità che ha esso/frammento di appartenergli. Ora, ad esempio, la capacità che ha una montagna di sapersi frammento del mio Nume non m?interessa; così di un fiume, di un formicaio o dell?Uomo di Neanderthal. Allo stesso modo può ormai appena incuriosirmi la capacità che avevano Platone e Kant, o fregarmene del tutto di quella di Napoleone e di Roosvelt, giù giù fino a Ratzinger e a Berlusconi. Io conosco la mia capacità? Unica|individualistica|coscienziale.

    E della capacità dei tuoi figli, se ne hai, di sapersi frammenti del tuo Nume? Affari loro: ho voluto|dovuto|potuto dargli soltanto qualche consiglio in merito. E loro hanno capito ? mi sembra ? che capacità|conoscenza|fede che ho nel mio Nume sono incondivisibili (ma dico meglio uguali|simili|diverse).

    natura? caratteristiche? tridimensionalità del tuo Nume Ne stiamo parlando da diversi giorni ormai, più o meno indirettamente/più o meno specificamente?

    Vuoi dire ? mi pare quasi che mi richiedi come hai fatto altrove (allora non rispondendoti, ma lo faccio adesso con la solita secchezza/asciuttezza) ? ? sulla terna "per eccellenza" del Cristianesimo: quel Dio Padre|Figlio|Spirito di cui parla la Chiesa? Uno può concepirsi il suo ?dio? come più gli aggrada: non sarò io ha dire a un ?don Abbondio? qualsiasi in carne ed ossa, o monsignore o vescovo o cardinale, neppure all?anima beata ? che so/pare ? di Papa Roncalli che gli epiteti che gli dànno loro al mio Nume, tutti quanti ? di ?padre?, di ?figlio? e di ?spirito santo? ? sono stravaganze (per non dire altro) di pensiero o filosofiche. O meglio mitologia pura, favolistica tenebrosa, storia ridicolmente falsata o quello d?altro che vuoi. La cosiddetta ?Trinità? io la postulo ? semplicemente ? in ALTEZZA|LUNGHEZZA|LARGHEZZA e la leggo|decifro|interpreto ? ovviamente ? a modo mio.

    se tu ti rapporti ad esso come? Mi rapporto/mi rapporto? ? altro che! Ma di questo ne parleremo se vuoi in seguito.

    battuta di Churchill Potrei dire allo stesso modo? In realtà dico/dirò molto di più/molto di meno: ?Io sono pronto per desiderio e per scelta? Tu, per necessità e dovere??

    eu.ro 😮 ecc. :fumato: ecc. :ciauz: ecc..


  • Consiglio Direttivo

    Per: Euro

    Una replica breve, stavolta, ma solo perché hai anticipato molte delle domande sul tuo Nume che sarebbero naturalmente scaturite dalla tua risposta sulla fede.

    Innanzitutto, il tuo approccio alla spiritualità conferma una volta di più una considerazione che in tante occasioni mi è capitato di fare: la fede - qualunque essa sia - resta un aspetto assolutamente, esclusivamente, totalmente personale e incomunicabile.

    Ciascuno la vive, vi si immerge, ne esce fuori secondo un percorso unico, in cui il termine di confronto è appunto solo Dio (o gli dei, per un politeista): il resto dell'umanità, intermediari titolati e semplici sconosciuti, restano largamente sullo sfondo del paesaggio, elementi sfocati e ininfluenti, ciascuno con la propria ricerca da portare a termine.

    Si può certamente vivere una fede comunitaria, nel senso che ci si rivolge a Dio con le medesime parole, codificando gli stessi riti, usando le stesse invocazioni, ma ciò che accade in ogni cuore lì resta e non può uscirne.

    Questo è un argomento potente contro la struttura cultuale (= del culto) di ogni credo e la progressiva trasformazione dell'atto di fede in un modello gerarchico squisitamente temporale.

    Credo che su questo punto ci troviamo d'accordo, fermo restando il rispetto per le opinioni altrui e l'adesione di chicchessia a qualsiasi tipo di comunità religiosa organizzata.

    La tua immagine degli dei come statue eccelse di ambito classico mi ha fatto pensare appunto al pantheon greco o a quello scandinavo, ma credo che la mia sia un'approssimazione piuttosto grossolana a scopo "didattico", per me stesso; l'idea di fondo che ne hai tu, invece, mi sembra molto più forte, ad un tempo astratta e concreta, secondo un'esperienza che ha trasceso da molto una certa iconografia e si è attestata su un altro livello.

    Mi piacerebbe in ogni caso, se ne hai voglia, che tu regalassi qualche altra parola a proposito della tua visione del Nume - o dei Numi - magari citando quei "pezzi del puzzle" che in epoche diverse e presso culture lontane hai riconosciuto come tracce più o meno sbiadite della tua idea di divino.

    L'eclettismo filosofico-culturale-religioso mi affascina sempre, a volte più delle idee di cui si nutre o che rielabora.

    A questo punto restano due questioni da esplicitare: una, quella del tuo rapporto con il predetto Nume, l'hai già citata tu. Per la seconda non so se una risposta ci sia, ma io provo lo stesso a formulare la domanda.

    Hai detto che ad un certo punto il tuo dio smette di esistere e sceglie di divenire, ma hai aggiunto che quell'istante è ininfluente per la tua trattazione.

    Di passaggio: "essere" e "divenire" del dio sono un binario o parte di un ulteriore ternario?

    Ad ogni modo, mi chiedo allora: nel tuo sistema teologico c'è spazio per una cosmogonia? Parlo in senso "classico", di creazione cioè. Nel caso ci fosse, qual è la sua dinamica?

    Può darsi che io stia ponendo un falso problema o una domanda che ai tuoi occhi non conta, non ha senso, non cambia di nulla la sostanza del tuo legame con il Nume; nel caso, perdona la mia curiosità, che cerca sempre uno spiraglio in cui far gocciolare i miei interessi per la Fisica, la grezza materia e le sue leggi.


  • User Attivo

    questo è un argomento potente contro?È vero!

    ci troviamo d'accordo? restando il rispetto?Che vuol dire esattamente ?rispetto?? Non liquiderei sbrigativamente la cosa.

    eclettismo Un uomo ?cosciente? non può che essere eclettico?

    filosofico-culturale-religiosoMi pare un ottimo ternario: ne potremmo parlare.

    il tuo rapporto con Posso dirti intanto che è privilegiato? (Come potrebbe non esserlo?!!)

    istante ininfluenteNon ho detto questo? Da quell?istante (però ho detto ?punto del suo tempo inimmaginabile?) nasce l?universo, tutto/ogni cosa, tu ed io: può mai essermi ininfluente?... Invece non m?interessa conoscere la dimensione/tempo del mio Nume (come potrei se non sono Lui?): cioè a che punto del suo tempo si colloca la sua decisione. D?altra parte, se lo definisco inimmaginabile, nessun punto di esso m?interessa ? è ovvio. (Ma potresti perfino insistere con questo tasto? ?Se il tuo Nume ?è? soltanto (non ?diviene?) vive necessariamente fuori del tempo!? Ed io: non necessariamente; perché, forse, anche l?ESSERE ha un suo tempo di coscienza (che comunque ? ripeto ? non m?interessa).

    essere e divenireTi cito qualche riga del mio Teorema: ?Essere o divenire?? Chi orienta la propria visione del mondo verso l?immutabilità, la permanenza, il perfetto equilibrio; chi verso la contingenza, l?incertezza, l?inevitabile deterioramento. | Le cose trasmutano e persistono al tempo stesso. In più ? terzo elemento integrante ? esistono. | Esistere come nascere, respirare, morire. Esistere come vivere trasformandosi, trasformarsi sentendo, sentire rinascendo. Soprattutto esistere come prendere coscienza di sé ? più/meno coscienza ? o perdere coscienza di sé ? più/meno coscienza.?

    sistema teologico? cosmogonia?in senso classico?creazione? dinamicaArriva tuttavia un momento in cui le parole che uso mi uggiano. Mi sembra di non avere in testa nessun ?sistema teologico? ad esempio, ma in modo estremo e complesso (non complicato e astruso) un sistema teo/cosmo/egologico semmai. In questa parola ficco tutto il quadro, anzi v?entro a farne parte: figurazione/campi cromatici, cornice e passe/partout; anche il chiodo sul muro, a cui appenderlo. E soprattutto io che ? minuscolo eppure titanico ? vi sto dentro a raccogliere con mano, qua e là, grumi di tinta come pietruzze, e a guardarli soltanto/non ad adorarli. (Mentre tu mi parli adiacente di ?senso classico?, di ?creazione?, di ?dinamica?...) Mi vedo vagolare? Non ho addosso niente di classico, niente di moderno, niente di attuale. E creazione acquista per me significato soltanto se contemporaneamente/fulmineamente penso a conservazione e distruzione. La dinamica poi... ? di chi/di cosa? mia/del Nume? O tua perché pensi che il pensiero dell?uomo sia pensato nel tempo a scorrere? Dirai: sono parole, e in ipotesi benevola piccola letteratura che annacqua/non argomenta. Hai/avresti ragione? Allora ti rispondo breve: 1) In questo istante (dentro a nessun sistema di idee prefigurato) penso che l?unico cosmogonia ammissibile per me sia quella cosmologia di cui tu e mille/milioni come te sono campioni specializzati: cioè astrologia/geologia/biologia/? giù fino all?antropologia/sociologia/psicologia/? per finire agli scacchi e al ricamo. In una parola la scienza! A cui m?inchino con più fervore che dinnanzi agli dèi ? greci o scandinavi che dici ? impliciti nel Pantheon che t?ho accennato. (Eccetto naturalmente il mio Nume!) 2) Né in questo tenderei mai a parlare in senso classico, perché per me il classico sta a significare ? adesso/precisamente ? ?intuizione della fotografia? ? non ridere? (No, ridi pure; ma non fare come quell?altro che s?è subito risentito!) Penso che ogni classicità ? credimi ? sta nell?intuire meraviglioso/stupefacente, con parole/segni, linee/colori, volumi/materia, ecc. la fotografia del reale ? tutto qui. Per cui? Creazione, d?altro canto, come inizio/come origine ? quell?atto scatenante di tutto o d?una cosa che tanto affascina lo storico e lo scienziato ? e peggio che mai ?la creazione ab ovo?, beh non mi basta più. La scienza ad esempio, nel suo complesso/perpetuo, voglio vederla/la giudicherò soltanto nel suo atto finale. (Che ovviamente m?è precluso, per definizione stessa del suo procedere perpetuo e della mia vita che finisce.) Per cui? Ed infine dinamica: anche qui divento tridimensionale e non capisco bene. So che il mio ternario di riferimento, qui, è: MOVIMENTO = staticità|dinamicità|equilibrio. Per cui?

    Alla prossima (Cerchiamo di allargare il cerchio!?)

    eu.ro :ciauz::ciauz::ciauz:


  • Consiglio Direttivo

    Allora, un po' di aggiunte e spunti vari, comme toujours...

    Il ternario Movimento = staticità|dinamicità|equilibrio mi interessa, specie la differenza tra staticità ed equilibrio e il significato che ha per te "dinamicità".

    Qui ho ovviamente in testa la mia Fisica, per cui preciso il tipo di domanda - che magari non ha nulla a vedere con la tua concezione.

    Un corpo sollecitato - dall'esterno o da sé stesso -, in cui azioni varie cercano di turbare il suo stato (di moto o di quiete) è in una situazione dinamica; se le forze si fanno equilibrio tra loro si instaura una configurazione statica: i tre concetti sono dunque mescolati, diversamente dalle dimensioni dei tuoi ternari, che ormai so essere equipresenti, distinte ed immiscibili.

    Come allora le intendi quelle tre parole?

    Creazione, conservazione e distruzione... Per me i termini estremi sono conseguenze del mediano: si "crea" ciò che si costituisce come struttura organizzata da una materia disorganizzata già presente e si "distrugge" ciò che si disgrega, si polverizza o si frantuma in costituenti infinitesimi incorruttibili. Dunque, in ultima analisi, esiste solo ciò che si "conserva" - il gran totale dei costituenti primi -, di volta in volta trasformato da combinazioni diverse in figure di ogni tipo, un po' come i mattoncini Lego che, sempre gli stessi, diventano ora una casa, ora un treno, ora un'astronave.

    Vale anche per te o stiamo parlando di un ternario con precisa connotazione?

    Mi sembrava che qualcosa del genere avessi scritto a proposito di "essere" e "divenire", che se non ho capito male per te sono inquadrati nel ternario esistere|trasmutare|persistere, ma qui non ho un concetto molto preciso della nozione, perché non capisco in quale piano di realtà dovrebbero "esistere" cose che si sono "trasmutate" in altre (nella coscienza?, nel tempo?, nella memoria?)

    Sulle parole che ti hanno portato a vagolare, avevo già premesso che il modello proposto (e relativo lessico) era una grossolana estrapolazione della mia mente, utile più che altro a me stesso per cercare di farmi un'idea del sistema che hai icasticamente definito "teo/cosmo/egologico".

    D'altronde, tu stesso hai opportunamente osservato che il tuo Nume, frutto di un percorso privato, resta "incomunicabile" a livello profondo, dunque mentre ne parliamo compiamo simultaneamente due approssimazioni: la tua (molto ridotta) nello spiegarlo e la mia (macroscopica) nel cercare di figurarmelo.

    Per fortuna, però, il continuo scambio ci consente, attraverso il flusso delle parole e dei chiarimenti, una parziale compensazione di tali effetti, con una migliore comunicazione dei reciproci pensieri.

    Veniamo infine alla questione che più mi ha spiazzato - e forse te lo aspetterai - ovvero quella del "classico". Non vorrei fraintendere, dunque riporto le tue parole:

    @euroroscini said:

    [...] per me il classico sta a significare ? adesso/precisamente ? ?intuizione della fotografia? [...] Penso che ogni classicità ? credimi ? sta nell?intuire meraviglioso/stupefacente, con parole/segni, linee/colori, volumi/materia, ecc. la fotografia del reale ? tutto qui.

    Mi interessa saperne di più, specie in termini "tecnici", perché non ho capito se ti riferisci alla fotografia come dagherrotipo, lastre e sviluppo o alla fotografia come rappresentazione particolarmente realistica del mondo (o magari altro).

    Nel secondo caso, ovviamente, sono affamato di esempi.

    Se infatti mi figuro la statuaria antica, per dire, devo allo stesso tempo osservare che i reperti antropologici e osteologici degli Ateniesi coevi di Pericle restituiscono il quadro di una popolazione di tipi bassi, tarchiati, spesso senza denti e pieni di ernie, artrosi e malattie deformanti.

    Dunque le figure di Policleto o Fidia non sono affatto fotografie del reale, ma solo dell'immaginario.

    Se invece arrivo al nano di corte di Goya, allora lì lo scarto tra realtà del soggetto e invenzione dell'artista è molto ridotto, fino a diventare quasi nullo con una parte della fotografia (i ritocchi sono un'arte antica quanto le emulsioni su lastre dei primissimi tempi).

    Ah, quasi dimenticavo: il rispetto.

    L'argomento è terribilmente complesso: ci sto pensando sù e non intendo proporre un discorso astratto e retorico, ma cercare esempi concreti e documentati.

    Appena ho finito il lavoro ne riparliamo con calma.

    Alla prossima.

    Leonov


  • User Attivo

    Ciao, saluti!... (Vado a colpo sicuro, ché tanto non puoi essere che tu.)

    differenza tra staticità ed equilibrioAl riguardo posso riproporti la didascalia della FIGURA XLVIII del mio Teorema (la cui quarta edizione, ?rivista/corretta? come le altre, non tarderò settimane ad averla fra le mani: te ne invierò una copia?) Né t?ho detto ancora che esso/Teorema consta ? semplicemente! ? di centotrentadue figure: una per pagina, con didascalia ? lo constaterai. Dunque: *?*Il concetto di equilibrio perfeziona in ternario il tradizionale binario staticità/dinamicità. || Né confondo una condizione statica, pure essa in movimento ? per definizione originaria e fatale dell?Universo ? con una condizione equilibrata, raramente raggiungibile: la prima ha valore ontologico (ESSERE), la seconda valore coscienziale (ESISTERE). Né confondo una condizione dinamica e lineare (DIVENIRE) ? che ha valore matematico/cognitivo/gnoseologico/? ? con la dinamicità irradiante/luminosa che è implicita in ogni stato coscienziale. || Intanto penso, intuitivamente, che l?essere statico appartenga al movimento circolare; l?essere dinamico al movimento rettilineo, e l?essere equilibrato al movimento spirale? (Naturalmente spirale ad allargarsi!... Ché se l?intendo invece a stringersi, vuol dire ? per me ? soltanto ?addormentarmi?: anche la mia spiritualità può desiderare di addormentarsi!)?

    un corpo sollecitatoUn corpo qualsiasi (ma io ho in mente me stesso, pur supponendo che mi trovi tra miliardi e miliardi di altri corpi/entità) si trova sempre, dal mio punto di vista tridimensionale, in una situazione dinamica/divenente; e seppure esso non sia sollecitato da altro da sé e, soprattutto, anche se non ne abbia coscienza. Al tempo stesso ha assegnata sicuramente ? per il semplice fatto che ?è? ? la sua circolarità statica: circolarità nel senso di compiutezza, organicità, poliedricità innumerevole e infinita; in una parola, di unità. E in questo stato (che tu forse puoi chiamare quiete ? parola che mi è ostica) vale lo stesso discorso di prima: esso/corpo è statico indipendentemente dal subire un ?turbamento? in cui azioni varie cercano di turbare il suo statodal suo esterno/dal suo interno e, soprattutto, indipendentemente ? ancora! ? dal fatto che ne abbia o non ne abbia coscienza. E al tempo stesso esso/corpo ? terz?ultima potenzialità/abbi pazienza ? è/può essere in stato di equilibrio: che non è stallo, non è immobilità, non è fissità? oppure ?dio ti ci ha messo e guai a chi ti toglie?, oppure ?io ti ci ho ficcato e un cazzottone in faccia se ti sposti?, ecc.). Ma per questo suo reale o potenziale stato di equilibrio il corpo (astrazione), un corpo (oggettivazione) o questo corpo/il mio corpo (soggettivazione) se/lo/deve/mee/riii/taaaa/reee!!! E tanto per cominciare a dir qualcosa, deve imparare ad abbandonare cinicamente la sua Fisica/gonia ed entrare gioiosamente nella mia ?Poesigonia?!

    che ormai so essere equipresenti, distinte ed immiscibili Esatto! Cito? *Figura II: Altezza, lunghezza e larghezza sono misure ? o stime, o valutazioni? ? prime|elementari|semplici. || Priorità vale principio e numero. Elementarità implica composizione e necessità. Semplicità determina chiarezza e sufficienza. || Parole che non discriminano. Parole geometriche. Parole prive di conflittualità. Figura III: Altezza, lunghezza e larghezza sono misure compresenti|connesse|interattive. || Non si può ometterne una/due, aggiungerne altre, negarle a fascio; sono collegate, si completano, si integrano; interagiscono, una influenza l?altra, sono organiche. || Come gli organi del corpo umano. Come gli uomini sulla terra. Come le età della storia. Figura IV: **Altezza, lunghezza e larghezza sono misure uguali|simili|differenti. || **Uguaglianza implica generalità. Similitudine suggerisce somiglianze. Differenza distingue individualità. || Le mele nel canestro sono uguali in naturalezza; simili per forma, peso, colore; differenti nella singolarità di ciascuna. Così le nuvole nel cielo, le pecore del gregge, i libri sullo scaffale; e le idee, gli uomini, gli dèi? *

    Insomma. Mi sembra che riposi in questo, in definitiva, la distanza tra un fisico di studio ed un poeta sguinzagliato (ma naturalmente il discorso lo riprenderemo)? Uno pensa e non esce dalla materia, che se la giostra in mille modi, uno più geniale e ingegnoso dell?altro: atomi ed astri, formule e macchine, uomini fisiologici ed eventi storici. L?altro non pensa ma esce dalla materia, animando energie (boh!), pesando vuoti (boh!), inventandosi numi (boh!)?

    Sai che ti dico, Leonov (ma non dirlo a nessun moderatore di questo Forum e di altri): secondo me la vera degenerazione ? ormai incontrollabile a guardare le ultime odierne macellazioni indiane ? di tutta un?area/umanità collocabile grosso modo in zona Egitto/Mesopotamia e dintorni (ma anche un po? più in qua e po? più in là) è cominciata da quando hanno smesso i geroglifici ed hanno usato i numeri. Dirai: che c?entra?!! sei matto??! Certo, sono anche matto: LA matteria (con due 'ti'), UNA matteria (con due 'ti'), QUESTA matteria (con due 'ti') è pure, come ogn?altra cosa, un?entità che animo, peso, invento? Qui, mi fermo, ché rischio di rovinare il nostro buon rapporto. A presto, eu.ro

    ❌x:x (con me stesso - non farci caso)