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Il giorno della Civetta - Leonardo Sciascia
Ho creato un tag: libri letteratura. Così raggruppo alcune discussioni per quando avremo l'angolo dei libri
Il giorno della Civetta è un romanzo scritto da Leonardo Sciascia che trae spunto dall'omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista, avvenuto a Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera della mafia.
E' molto bello, scorre veloce e l'ho letto tutto d'un fiato.
Vi dico la verità: a leggerlo sembra che ci siano scritte cose assurde, impossibili, irreali. Ma è tutto ancora così.
Il libro non mi ha colpito, non sono rimasto meravigliato dagli atteggiamenti, perchè li conosco bene.
E' molto bello poter condividere con voi l'esperienza della lettura di un libro ragazzi, perchè ognuno lo legge dal suo punto di vista, dalla sua esperienza di vita, unica ed originale e con i commenti arricchisce l'altro che potrebbe dire: ah però questo non lo avevo notato.
Leggendolo, mi sembra una storia normale dei giorni nostri, come tante. In effetti solo alla fine mi sono reso conto del gran capolavoro. Alla fine quando il Commissario passeggia nella civile Parma, con il suo amico, approcciano con la ragazza in un modo davvero incomprensibile da noi, continuano la serata parlando anche della Mafia e lì, quando ne parlano loro e lui racconta gli episodi, che mi sono svegliato
Mi sembrava di vivere nel mio Mondo ed invece Leonardo, con le ultime pagine, mi da la botta finale
Il Libro finisce con la lettera di Leonardo:
Ho scritto questo racconto nell'estate del 1960. Allora il Governo non solo si disinteressava del fenomeno della mafia, ma esplicitamente lo negava. La seduta alla Camera dei Deputati, rappresentata in questa pagina, è sostanzialmente, nella risposta del Governo ad una interrogazione sull'ordine pubblico in Sicilia, vera. E sembra incredibile: considerando che appena tre anni dopo entrava in funzione una commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia. A quel momento, sulla mafia esistevano inchieste e saggi sufficienti a dare al Governo e all'opinione pubblica nazionale la più precisa informazione: non ancora pubblicata, ma nota nei risultati, l'inchiesta parlamentare sulle condizioni economiche e sociali della Sicilia (1875) e quella parallela, condotta di propria iniziativa da due giovani studiosi, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino (e questi doveva poi arrivare, nel 1906 e nel 1910, a presiedere il Consiglio dei Ministri); gli scritti di Napoleone Colajanni; il saggio di un ex funzionario di Pubblica sicurezza, Giuseppe Alongi, intitolato "Maffia"; le memorie dell'ex prefetto Cesare Mori che negli anni del fascismo era stato mandato in Sicilia per reprimere, con pieni poteri, ogni manifestazione mafiosa. Ma di opere letterarie, romanzi racconti teatro, ce n'erano soltanto due: una di livello popolare, ed era popolarissima, che rappresentava un mondo di piccoli mafiosi di quartiere - ladri soverchiatori violenti: ma non privi di sentimento e suscettibili di redenzione - che si intitolava "I mafiusi di la Vicaría" (commedia in dialetto di Giuseppe Rizzotto e Gaspare Mosca; e la Vicaría era il carcere di Palermo, allora famoso quanto oggi quello dell'Ucciardone); l'altra, "Mafia", pure scritta per il teatro, in italiano, da Giovanni Alfredo Cesareo (professore all'Università di Palermo, poeta e traduttore di Shakespeare), che rappresentava una borghesia che assumeva la mafia quasi come una ideologia e la praticava come regola di vita, dei rapporti sociali, della politica. Entrambe le opere, a livello diverso, erano un'apologia non della mafia come associazione delinquenziale (che in questo senso si negava che esistesse), ma di quello che il più grande studioso delle tradizioni popolari siciliane, Giuseppe Pitré, chiamava "il sentire mafioso": cioè di una visione della vita, di una regola di comportamento, di un modo di realizzare la giustizia, di amministrarla, al di fuori delle leggi e degli organi dello Stato. Ma la mafia era, ed è, altra cosa: un "sistema" che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel "vuoto" dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma "dentro" lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta. Il giorno della civetta, in effetti, non è che un "per esempio" di questa definizione. Cioè: l'ho scritto, allora, con questa intenzione. Ma forse è anche un buon racconto. - Leonardo Sciascia