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Grazie a te per essere passata di qua.
Alla prossima volta, un giorno, chissà.
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Cosa si intende per ''ripetizione indefinita nel tempo''?
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@OsvaldoRm said:
Cosa si intende per ''ripetizione indefinita nel tempo''?
Probabilmente (ci metto tutta la cautela di cui sono capace perché la frase, presa così e fuori da ogni contesto, ha il suo bell'alone di oscurità) si intende lo stesso che "ripetizione infinita nel tempo", con un uso leggermente improprio dell'aggettivo "indefinito".
La frase pertanto potrebbe riferirsi a un certo fenomeno che si replica, identico a sé stesso (o almeno con differenze non percepibili da qualsiasi strumento di misura che lo esamini), senza alcuna pausa o modifica, e senza una fine. Come un orologio perfetto che continua a marciare senza interrompersi mai, e continua a farlo giorno dopo giorno, senza smettere mai.
Ciò premesso, in funzione del fenomeno di cui si parla, la frase citata può o meno aver senso, cioè corrispondere davvero alla realtà dei fatti su cui si sta pronunciando.
Puoi darci qualche coordinata in più per capire? Da dove è tratta la frase? Che cosa si ripete indefinitamente nel tempo?
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Certo. Sto studiando per l'esame di latino scritto, e sono arrivato agli avverbi di tempo, i più difficilotti per intenderci. Anche i nostri avverbi di tempo non scherzano, devo dire.
Sono arrivato a ''semper'', che sarebbe il nostro ''sempre''. Premetto che non sono mai stato bravo nella consultazione dei dizionari, a meno che non si tratti dei tascabili. Spesso li ho trovati criptici, ambigui nelle definizioni che vogliono trasmetterci. Di ''semper'' porta come definizione ''avverbio che indica continuità e ripetizione indefinita nel tempo''.
Domanda: indefinita si riferisce solo a ripetizione? Se si fosse riferita anche a continuità, ci sarebbe dovuto essere ''continuità e ripetizione indefinitE'' o mi sbaglio?
Subito dopo questa definizione, ci sono due esempi:- Ti amerò per sempre
2)Verrò a trovarti sempre.
Se indefinita signica infinta, la frase ''verrò a trovarti sempre'' sta per ''verrò a trovarti all'infinito?'':?
- Ti amerò per sempre
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Grazie per i chiarimenti.
Veniamo ai punti in discussione:
i) Credo che "indefinita" si riferisca solo a "ripetizione", altrimenti anch'io mi sarei aspettato l'aggettivo al plurale nella definizione.
ii) Il "semper" latino, come tutte le parole di una lingua straniera, ha un suo proprio spettro di variabilità e un suo residuo non compensato di significato, che sfugge a ogni traduzione. È un problema generale che riguarda tutte le parole (pensa soltanto a quanti traducenti diversi ammette la parola latina "res, rei", ovvero "la cosa", con tutto il suo ventaglio di significati). Questo però è anche il bello di studiare una qualsiasi lingua straniera: modi diversissimi di dire la stessa cosa, o modi uguali di dire cose anche molto diverse.
iii) "Verrò a trovarti sempre": non credo si possa tradurre con "verrò a trovarti all'infinito" (non ha senso), quanto piuttosto "verrò a trovarti spesso", "verrò a trovarti ogni volta che potrò/ogni volta che sarò nei paraggi", o anche soltanto "tornerò a trovarti frequentemente/a ogni occasione buona". In ogni caso, a me suona proprio male la frase "verrò a trovarti sempre", che non userei in italiano (non so se stavi traducendo dal latino o se era proprio questa la frase di esempio, in italiano, trovata nel dizionario; in questo secondo caso ti chiederei che dizionario ITA/LAT stai usando). Viceversa, su "ti amerò per sempre" ho scritto prima, non saprei di preciso cosa aggiungere.
I dizionari dovrebbero essere per definizione luoghi in cui i dubbi si sciolgono, ma a volte qualcosa va storto. Nella mia preistoria di studente di liceo classico, una vita fa, ricordo con grande affetto il Castiglioni-Mariotti, molto valido, e il Badellino-Calonghi in due volumi, entrambi dizionari Italiano/Latino. Ce n'era uno più maneggevole, sempre in due volumi ma in formato A5, di cui non ricordo gli autori: un po' datato, ma utile. Se mi viene in mente lo scrivo qua. Ricordo invece con un certo timore reverenziale il classico Rocci di Greco/Italiano, che traduceva le frasi greche in latino invece che in italiano: non un grande aiuto, in certi casi...
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Ciao Leonov!
Ti chiedo scusa per il ritardo nel risponderti, in questi giorn sono andato avanti con lo studio del latino.
Ho visto che anche un altro utente in questo forum ha postato domende sugli avverbi di tempo. Essendo parte del programma di latino del primo anno di università, sono cose che provocano il mal di testa a tutti noi studenti.Quella definizione di ''semper'' l'ho presa dal glossario che si trova alla fine del testo di latino che ho usato al liceo, pertanto non stiamo parlando nemmeno di un vocabolario vero e proprio. I glossari a fine testo sono quello che sono, sintetici e nient'altro. Ho deciso pertanto di andare a consultare in biblioteca il Castiglioni-Mariotti di cui tu hai parlato. Beh, è ottimo devo dire, un mattone per intenderci.
Riguardo a ''semper'' il Castiglioni-Mariotti dice ''semper = omni tempore (= in ogni momento); perpetuo (= senza interruzione). La stessa definizione la dà il Garzanti della lingua italiana riguardo al nostro ''sempre'', ossia ''sempre = con continuità ininterrotta, senza interruzione, senza termine di tempo ''.
Volevo chiederti, senza interruzione significa che una determinata cosa non finirà mai, non avrà mai fine? Se è così perché usiamo ''sempre'' in frasi al passato, come per esempio '' Ti ho sempre voluto bene; Ho sempre fatto il mio dovere''? Il passato è un periodo della vita che ha avuto un termine, pertanto si può dire ''Ho fatto il mio dovere senza interruzione, senza limite di tempo''?E l'altro uso di sempre, quello nelle frasi iperboliche del tipo ''Sei sempre in ritardo!'', ''Sei sempre il solito sfacciato!'', quel sempre sta per ''ogni volta'' o per qualche altra cosa?
Per carità, rispondimi pure quando vuoi, quando hai tempo, non c'è fretta e non vorrei sembrarti tedioso. Sei già stato molto gentile e disponibile.
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@OsvaldoRm said:
Volevo chiederti, senza interruzione significa che una determinata cosa non finirà mai, non avrà mai fine?
Sostanzialmente sì, ma si apre il baratro su cosa intendiamo per "fine". E qui la faccenda si complica (e diventa affascinante).
Prendi il Sole, che sorge e tramonta sulla Terra. Nel nostro orizzonte temporale di specie umana, il Sole è al suo posto nel cielo "da sempre" (ovvero senza interruzione fin dall'inizio del tempo) e resterà ancora saldamente al suo posto "per sempre" (cioè ancora e ancora, indefinitamente, fino alla fine dell'Universo). Noi però sappiamo che il Sole si è formato circa cinque miliardi di anni fa, e fra altri cinque miliardi di anni circa si spegnerà. Un tempo pari a circa un terzo dell'età dell'Universo. Il che ci dice che il Sole ha avuto un inizio, e non era lì dov'era "da sempre", e avrà allo stesso modo una fine, quindi non sarà lì "per sempre".
Poiché però l'orizzonte temporale di vita del Sole è enorme, soverchiante rispetto al nostro, noi ci prendiamo la libertà di usare la parola "sempre" come se il Sole fosse una cosa eterna (non è eterno nemmeno l'intero Universo, figuriamoci una sua stellina periferica), perché a tutti gli effetti pratici il Sole è lì "da sempre" e resterà lì "per sempre".
La nozione di infinito che abbiamo in testa si confonde troppo spesso con la nozione di "mostruosamente grande" (che invece è una cosa finita, soltanto che la sua fine è talmente lontana nel tempo e nello spazio che ci riesce quasi impossibile concepirla), e su questa ambiguità gioca la nostra lingua, e ogni altra lingua, latino o inglese o francese che sia.
Ci piace illuderci di poter dominare la vastità del tempo e dello spazio soggiogandole entrambe con semplici paroline. Uno dice "sempre" da qualche parte in una frase, ed è convinto che l'intero Cosmo si inchini seduta stante al concetto che abbiamo espresso. Un filino egocentrico, ma la specie umana è nota per questo egoismo titanico.
@OsvaldoRm said:
Se è così perché usiamo ''sempre'' in frasi al passato, come per esempio '' Ti ho sempre voluto bene; Ho sempre fatto il mio dovere''? Il passato è un periodo della vita che ha avuto un termine, pertanto si può dire ''Ho fatto il mio dovere senza interruzione, senza limite di tempo''?
Usiamo "sempre" in frasi come "ti ho sempre amato" perché è un modo compatto e poetico di dire "ti ho voluto bene, senza interruzione e con costanza, per tutto il tempo in cui ti ho voluto bene". È una tautologia (perché fintanto che ti ho voluto bene, ti volevo ovviamente bene), ma confezionata in modo da sembrare una frase poderosa e importante. Forse lo è, per chi la dice, anche se il suo significato è traballante dal punto di vista logico.
"Ho sempre fatto il mio dovere" è un altro modo di dire "ho fatto quello che dovevo tutte le volte che dovevo farlo"; un'altra tautologia, un'altra confezione regalo per una frase che si avvita su sé stessa. Però suona convincente e decisa, ammettiamolo.
@OsvaldoRm said:
E l'altro uso di sempre, quello nelle frasi iperboliche del tipo ''Sei sempre in ritardo!'', ''Sei sempre il solito sfacciato!'', quel sempre sta per ''ogni volta'' o per qualche altra cosa?
Sta per "ogni volta che ho modo di verificare". Io ti do una serie di appuntamenti, tu arrivi in ritardo tutte le volte senza esclusione, quindi per me tu sei in ritardo tutte le volte, senza eccezioni. Quindi, sempre.
Poscritto: lascia perdere i glossari a fine libro e fa' un salto di qualità. Quei vocabolarietti in appendice sono tentativi abbozzati di aggiungere qualcosa, ma risultano cronicamente inefficaci perché spesso sono privi di esempi decenti. Dizionari di ottimo livello come quelli che ti ho citato si trovano spesso usati, a prezzi concorrenziali (magari ci sono un po' di cuoricini a matita o di passate di evidenziatore, ma tollerabili), e sono l'unico strumento utile in preparazione a un esame scritto di latino, sia esso universitario o di scuola superiore. Magari trovi qualcuno che te lo presta per qualche mese, e risolvi così senza nemmeno acquistarlo, per quanto io consigli di possedere sempre le risorse fondamentali di una lingua che sto studiando seriamente: una grammatica autorevole (quelle più antiche sono ancora le migliori) e un dizionario vasto e pieno di esempi d'uso.
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Grazie mille, davvero una bellissima spiegazione, lineare e precisa. Sono soddisfatto.
Seguirò il tuo consiglio per quanto riguarda il dizionario. Alla prossima, ciao!
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Dal dizionario Devoto Oli: '' sempre = indica continuità nel tempo futuro e passato: farò s. del mio meglio; è s. stato così; è s. la stessa storia ''.
Pertanto, è un avverbio temporale che indica continuità.
Il Treccani, invece, parla di continuità ininterrotta. Che differenza c'è tra continuità e continuità ininterrotta?
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@LoraSweety said:
Che differenza c'è tra continuità e continuità ininterrotta?
A me sembra che la differenza sia piuttosto piccola, almeno in ambito letterario. Intuitivamente, qualcosa di continuo è anche ininterrotto, almeno in senso lato: se dico "Saveria fa sempre lo stesso errore" ovviamente non intendo il fatto che l'errore sia commesso costantemente, ogni secondo (come il concetto di "continuità ininterrotta" sembra suggerire), ma semplicemente che Saveria commette l'errore in questione ogni volta che si presenta per lei l'occasione di fare quel particolare sbaglio. Dicendo quindi "Saveria cade sempre" non sto dicendo che Saveria è costantemente in uno stato di caduta libera (avrebbe una vita piuttosto complicata, se così fosse), ma soltanto che cade molto spesso, tanto che non passa occasione senza un qualche suo scivolone.
Anche nel caso di una frase del tipo "in questa città piove sempre", si potrebbe pensare che l'espressione significhi che in quella città piove ininterrottamente dall'inizio dei tempi (continuità ininterrotta), ma è una situazione oggettivamente poco realistica; più semplicemente, la frase "in questa città piove sempre" può riferirsi al fatto che in una città le precipitazioni piovose sono molto frequenti, praticamente maggioritarie nel bilancio del clima. Il sole ogni tanto appare, ma il maltempo è soverchiante.
La continuità non è quindi perfettamente ininterrotta, ma l'evento evidenziato o la condizione riportata è così persistente da sembrare onnipresente. In questo senso, la differenza tra "continuità" e "continuità ininterrotta" non si apprezza, a meno di non introdurre nelle frasi opportuni correttivi o specificazioni addizionali (ad esempio dicendo cose come "sempre, ma proprio sempre sempre" o simili).
In ambito scientifico le sfumature possibili sono invece molte di più: qualcosa può essere continuo, come la curva di un grafico che non si interrompe in alcun punto; oppure continuo con la sua variazione continua (come un grafico continuo, ma in più senza cuspidi o cambi improvvisi di direzione), continuo con le sue variazioni prima e seconda (cioè la variazione della variazione) pure continue ecc., fino a che tutte le possibili variazioni, di ogni ordine, della quantità sono a loro volta continue — si parla in tal caso di una quantità differenziabile.
In un contesto del genere è ragionevole, utile e a volte doverosamente necessario specificare a quale livello di continuità, assoluta o relativa, si sta facendo riferimento. In altri ambiti, meno quantitativi, la continuità è una nozione più elementare e sfumata, e non richiede particolari specificazioni.
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Grazie per la delucidazione, molto gentile da parte tua.
L'avverbio sempre è un avverbio indefinito, pertanto non indica il momento preciso in cui avviene un' azione, e non dice nulla nemmeno riguardo ai limiti entro i quali avviene l'azione. A meno che non si tratti di date o orari (dal 2000 al 2006 ho sempre vinto le competizioni di pallavolo; dalle 15 alle 21 ho sempre studiato e fatto i compiti). Se invece dico ''in quel cinema ci sono sempre andata'', gli estremi quali potrebbero essere?
E per quanto riguarda le frasi al futuro, anche in quelle il sempre sottintende i limiti? ''Dio esisterà sempre'', ''Ti amerò sempre'': qui è chiaro che non si hanno dei limiti; mentre ''La Terra girerà sempre''?''Sempre caro mi fu quest'ermo colle'' (G. Leopardi): il Treccani la inserisce nella definizione di ''sempre, con limite sottinteso'', mentre Sapere.it la inserisce nella sezione ''senza fine, senza limiti ecc ecc...''. Come fa l'ermo colle ad essergli caro anche prima che lui nascesse? Così come inserisce nella sezione ''senza fine, senza limiti'' la frase ''è sempre vissuto in povertà''. Se uno nasce, e quindi prima di nascere non esiste e non si può dire nulla a riguardo, come fa a vivere in povertà per un tempo ''senza limiti di tempo nel passato''?
Mi occupo di filologia ed esegesi, e spesso mi trovo in difficoltà nel decifrare il senso di alcune frasi.
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Ok, qui la faccenda si fa interessante...
Ho qualche dubbio su un paio di conclusioni che trai nel tuo post precedente, nel senso che a me sembra di vedere dei limiti al valore dell'avverbio "sempre" in tutti i casi che citi e in tutti gli esempi che fai; a volte i limiti sono evidenti, altre volte impliciti, altre volte ancora intrinseci. Però ci sono sempre (= ogni volta che si studia il significato) dei limiti di validità, secondo me, e il problema è spesso annidato nel contesto. Provo a spiegarmi.
"Ti amerò sempre", stando a quanto scrivi sopra, è uno di quei casi in cui "sempre" non sembra avere limiti, in opposizione a "la Terra girerà sempre" che invece lascia subito intuire degli ostacoli a un protrarsi indefinito dell'azione (non foss'altro perché la Terra è destinata a sparire durante la fase di gigante rossa cui andrà incontro il nostro Sole fra qualche miliardo di anni).
Tornando però al primo esempio, "Ti amerò sempre", mi domando, da una prospettiva realistica e materialistica: cosa significa la frase davvero? Se si parla di due innamorati che si confessano reciproco amore, è chiaro che almeno nelle loro intenzioni il legame durerà indefinitamente (e già questo non è detto: come giustificare altrimenti una storia d'amore che finisce, anche con tutte le buone premesse che l'hanno accompagnata nel suo sbocciare?). Perfino nel rito del matrimonio, che è il trionfo di un amore che dovrebbe durare "per sempre", la formula di rito non include il termine "sempre", bensì un più lapidario "finché morte non ci separi" (adombrando l'esistenza di un limite fisico e inevitabile alla durata di ogni sentimento).
Andiamo oltre: se una metà della coppia per esempio scompare o muore, che valore assume la stessa frase, pronunciata magari da un vedovo inconsolabile sulla tomba dell'amata moglie? Il senso è ancora all'incirca quello originario, ovvero lui che dice a lei di amarla, ma il contesto è completamente cambiato perché lei non è più lì a udire quelle parole e a darvi sostanza con la corrispondenza del suo amore. "Ti amerò sempre", che era un tempo il cinguettio gioioso e vitale di due innamorati che si guardavano negli occhi, è diventato il mesto e solitario segno di un ricordo e di una persistenza ostinata di qualcosa che si è incrinato inevitabilmente e, quello sì, per sempre.
E ancora: dopo un po' di tempo, anche il vedovo inconsolabile lascia questa terra e raggiunge la sua bella nel Grande Nulla. Che valore ha da quel punto in poi la frase "ti amerò sempre", per loro due e per gli altri? A tutti gli effetti pratici, con la morte di chi quel sentimento lo provava (ricambiato o no), l'oggetto della frase si degrada fino a svanire in tempi più o meno rapidi, perché riguarda sempre meno chi resta sulla Terra, inevitabilmente. Ammetto che tutti noi ancora ricordiamo e celebriamo l'amore dei grandi poeti come Dante per le loro muse, anche se i protagonisti della storia sono svaniti da tempo, ma a parte qualche esempio raro, di tutti gli altri amori che pure si sono succeduti, perfino più duraturi di quelli letterari, non resta traccia oggi, e di certo ogni traccia svanirà in un modo o nell'altro con la fine della Terra (che non girerà per sempre).
Da un esempio del genere, che è indubbiamente particolare, ma ha caratteristiche sufficienti da renderlo rappresentativo di casi più generali, deduco che semplicemente tutte le volte che usiamo "sempre" lo facciamo ingigantendo il suo valore, e proiettando le nostre speranze/aspettative/percezioni, in una parola la nostra idea di noi come singoli e come specie, ben oltre i confini assai più modesti del termine. Sarebbe più onesto usare, in luogo di "sempre", locuzioni più realistiche come "ogni volta che", "molto spesso", "frequentemente", "quasi senza interruzione" e simili. Poiché frasi del genere potrebbero sostituire la parola "sempre" in quasi ogni occasione, e senza deterioramento del significato, scopriremmo in fretta che "sempre" ha sempre dei limiti, anche se noi preferiamo ignorarli.
Tutto ciò che crediamo si conserverà "per sempre" è destinato quasi certamente a svanire entro qualche centinaio di migliaio di anni, e tutto quello che diamo per scontato come se esistesse "da sempre" ha spesso un'età infinitamente più giovane di quella dell'Universo o, più modestamente, di quella di una montagna o di un altopiano. Per non parlare degli ultimi ritrovati della tecnica: in pochi lo sanno, ma è esistita un'epoca in cui i telefoni cellulari a stento telefonavano...
Concludo con quella che mi sembra l'unica eccezione alla regola sull'inevitabile esistenza di limiti al campo semantico di "sempre", ovvero l'unico caso in cui usare "sempre" non solo è letteralmente corretto, ma forse doveroso. Per come la vedo io, si può parlare di "sempre" solo in riferimento all'intero Universo, o meglio in riferimento al concetto di Universo come collezione ordinata di tutte le cose, tutte le relazioni e tutti gli eventi (il Cosmo pitagorico, insomma, o l'universo degli eventi della Fisica).
Le ragioni del mio argomento sono semplici: poiché è proprio l'Universo a definire il concetto di "tempo", non c'è un "prima" dell'Universo (se ci fosse, sarebbe ancora parte dell'Universo inteso nel senso di cui sopra), e non può esserci un "dopo", perché se l'Universo cessa di esistere non ha più senso parlare di tempo, o spazio, o materia, o movimento, o interazioni (tutti sinonimi, nell'accezione di "Universo" che sto usando). Pertanto l'Universo esiste da sempre (perché cosa sia l'inizio del sempre è l'Universo stesso a stabilirlo), esisterà per sempre (perché cosa sia la fine del sempre sarà ancora una volta l'Universo a stabilirlo), e sempre (= continuamente, indefinitamente, immancabilmente) si svolge dinamicamente, determinando sé stesso nella sua propria evoluzione. In questo contesto, e solo in questo, la parola "sempre" realizza appieno il suo significato letterale di continuità ininterrotta e senza confini.
Spero che queste riflessioni notturne non appaiano troppo bislacche: a me la logica sembrava filare, ma l'ora è tarda e la stanchezza pesa sulle palpebre, sulle dita e quasi certamente anche sul cervello.
Se la cosa ti/vi sembra interessante, avrò grande piacere di continuare a parlarne prossimamente.