• User Attivo

    Usa falso profilo su Facebook per seguire la figlia, rinviata a giudizio ?Usa falso p

    Voleva controllare la figlia su Facebook, il falso profilo le costa il rinvio a giudizio
    PRIMO STORICO CASO

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    FORLÌ. Denunciata e poi addirittura rinviata a giudizio per ?sostituzione di persona? una 48enne forlivese, dirigente d?azienda, che, per seguire la figlia adolescente che navigava su Facebook, si era inventata una falsa identità fatalmente uguale, però, per nome e cognome, a quella vera di un?altra donna.
    Quest?ultima, più giovane della forlivese, avvertita dagli amici insospettiti e stupiti dal vedere l?immagine di una natura morta scelta come icona del suo profilo, ha scoperto il tutto. Situazione che la diretta interessata non ha per nulla gradito, sporgendo denuncia e invitando la Polizia postale a risalire a chi le aveva ?rubato? l?identità. Purtroppo per l?apprensiva madre, che voleva solo verificare le ?frequentazioni? della figlia sul più diffuso tra i cosiddetti ?social network?, non è stato difficile risalire fino a lei. Sostituzione di persona. La madre forlivese, difesa dall?avvocato Giovanni Principato, è stata rinviata a giudizio in base all?articolo 494 del Codice penale per il reato di ?Sostituzione di persona?. Si trova adesso nelle scomodi veste di imputata in attesa del processo che sarà presumibilmente celebrato entro l?anno. Era stato lo stesso pm a chiedere il rinvio a giudizio per la forlivese.
    Difesa. Secondo l?avvocato Principato, però, mancherebbe in tutta la vicenda l?elemento essenziale contenuto nella legge per poter contestare il reato: il vantaggio o danneggiamento altrui previsto dal codice. Pur attribuendosi un nome e cognome vero, la denunciante è di fuori regione e non c?era un vero dolo.
    Reati informatici. E? chiaro che per il territorio forlivese l?appropriazione di un?identità attraverso facebook è una novità assoluta. Ma questo aspetto solleva anche una serie di inquietanti risvolti sui meccanismi che governano il mondo virtuale dei grandi luoghi di incontro e scambi di amicizie.


  • User Attivo

    Che ne pensate?


  • User Attivo

    ha copiato solo il nome e cognome o tutto il profilo?


  • Super User

    Indubbiamente sussiste il reato. Il vantaggio consiste nel voler controllare la figlia mediante quell'account falso. Il dolo sta in questo: volontà di utilizzare il profilo falso sapendo che è falso.
    Il reato si configura per il solo fatto di essersi attribuiti un nome falso.


  • User Attivo

    <<Quest?ultima, più giovane della forlivese, avvertita dagli amici insospettiti e stupiti dal vedere l?immagine di una natura morta scelta come icona del suo profilo>>

    è strano questo fatto. Se mi chiamo Mario Rossi, e vedo un profilo dal nome mario Rossi con una natura morte, non mi viene minimemente in mente che mi hanno rubato il profilo, ma penso che uno dei millemila Mario Rossi ha scelto una natura morta come immagine del profilo, atteso che su FB gni persona ha almeno una decina di omonimi in genere.

    E così, per farsi dare dal provider i dati anagrafici del IP, ledendo la privacy altrui, serve ben più del fatto che c'è un tizio con il mio nome e stop. Potrebbe essere semplice omonimo, e non si può ledere la privacy per "controllare".

    EDIT: Per capirsi, ho appena scoperto che c'è un mio omonimo (nome e cognome) che su FB usa una foto di un paesaggio come profilo. Mi sembra strano che da questo si possa avviare un procedimento per controllare se sia un omononimo o mia hanno rubato l'identità, atteso che non ho prove che si spacci per me e che la legge non ammette "controlli" ma agisce quando ci sono prove.


  • User Attivo

    Mi pare un poco assurda la situazione...... anche se metto il mio Nome e Cognome escono parecchi risultati!


  • User Attivo

    se non ha copiato il profilo ma ha inserito solo dati falsi di fantasia, pur essendo probabilmente presente un reato, la querela presentata da un semplice omonimo non è giustificata. In questo caso, il rinvio a giudizio dovrebbe esserci solo se il reato prevede la procedibilità d'ufficio.


  • User Attivo

    Ha inserito nome, cognome e stesso comune, Forlì, della querelante.


  • User Attivo

    Ma... è assurdo!!!

    Vorrei provare a vedere quanti "Mario Rossi" o "Paolo Bianchi" ci sono in una qualsiasi città! :():


  • User Attivo

    Ripeto, ma la polizia bada dalla mattina alla sera a queste minchiate?


  • In questo caso:
    Ghino di Tacco, lo ricorderanno tutti, era lo pseudonimo con cui Bettino Craxi firmava i suoi corsivi sull’Avanti!, dopo aver assunto con orgoglio – in un gesto tipicamente craxiano – l’identità del brigante ghibellino cui Scalfari, per condannarlo, l’aveva paragonato.
    Ci sarebbe stato reato?


  • User Attivo

    Comunque, ragazzi, bisogna prendere con le pinze ciò che si legge. E' necessario capire bene il tutto.


  • Super User

    La questione non è quanti omonimi esistano ma il fatto che questa persona ha utilizzato un nome risultato poi effettivamente falso.
    In questo si configura il reato. La querelata è stata semplicemente "beccata" con un nome non suo. Da quel che dite ha anche ricondotto al comune della querelante l'account fake e, probabilmente, anche altro.
    E' infatti difficile che un semplice caso di omonimia induca taluno a sporgere querela...


  • User Attivo

    Utilizzato un nome falso si compie sicuramente un illecito.
    Se ha solo riportato il nome e la città senza altri dati o foto, l'account fake non è riconducibile alla querelante e, parere personale orientativo, non ha pertanto diritto a inserirsi come parte lesa nella procedura; la procedura si dovrebbe avviarsi solo d'ufficio se i reati contestati lo permettono.


  • User Attivo

    Non concordo, pino.
    Forlì è una piccola cittadina, e postulo non esistano tanti omonimi ivi residenti.


  • User Attivo

    @4pino said:

    Utilizzato un nome falso si compie sicuramente un illecito.
    Se ha solo riportato il nome e la città senza altri dati o foto, l'account fake non è riconducibile alla querelante e, parere personale orientativo, non ha pertanto diritto a inserirsi come parte lesa nella procedura; la procedura si dovrebbe avviarsi solo d'ufficio se i reati contestati lo permettono.

    che il reato sia condifurato è chiaro (o meglio, sarà il giudice a stabilirlo) ma comunque ci sono i presupposti per il rinvio a giudizio. C'è la sostituzione di una persona reale, c'è un vantaggio e un dolo. Ma questo a posteriori, a priori non trovo indizi tali che permettano la violazione della privacy quale la rivelazione del IP.

    Ammettiamo la tizia si chiami Francesca. Francesca trova una sua omonimo in rete, della stessa città. Per quanto una città possa essere piccola, non c'è legge naturale che mette in proprozione omonimo e abitanti. Francesca presenta querela. Unici dati "nome, cognome e città uguali". una querela del genere dovrebbe essere archiviata, poichè infondata, non c'è una notizia di reato nel vedere il proprio nome online assegnato a un profilo.
    Viene portata avanti l'azione giudiziaria fino all'identificazione della persona. Bene, in questo caso era una falsa francesca,ma se fosse stato un omonima? Si sarebbe violato il diritto alla riservatezza solo per un "controllo"? gli si dice "ah anche lei si chiama Francesca, scusi, ci siamo sbagliati allora".

    Insomma, se il profilo era vero, e di un omonima? Mi sembra molto strano si violi la riservatezza di una persona solo per dare una "controllata" senza altri elementi (per esempio, che sulla sua pagina parlava come fosse "l'altra" francesca, o di amici in comune, o aveva messo altri dati identificativi)

    Si dirà che è colpevole, ma portavo il discorso sul metodo e non sul merito. E' come mettersi a controllare case a campione. Magari in una casa si trovano anche dei fatti illeciti, ma è un metodo illegittimo. Violare la riservatezza, nel caso dell'articolo, IP->nome e cognome intestatario, dovrebbe presupporre notevoli indizi non il semplice sospetto o "diamo una controllata". Ripeto, se era veramente un omonima? Procedibile d'ufficio o meno, non doveva comunque partire l'indagine senza una fondatezza di reato.


  • User Attivo

    La lesione della fede pubblica è un reato, stop.
    Se domani vado in un'agenzia viaggi e dichiaro di chiamarmi Peppino Peppiniello, ho già commesso un reato.

    Dopodichè, ragazzi, io circoscriverei il fatto perchè, ditemi se erro, ma non riesco a trovare, per lo meno online, sentenze relative a gente condannata per liti online, falsi profili Facebook, diffamazioni in chat FB, scherzi ecc...

    C'è la famosa sentenza che ha creato la giurisprudenza in merito, di un tipo che s'era iscritto ad un sito di incontri erotici, utilizzando nome, cognome, cellulare di un terzo, subissato appunto di chiamate.
    C'è poi l'altra sentenza relativa ad una donna condannata per falso profilo FB, con dati di un suo amico ma con foto imbarazzante dello stesso(colto mentre urinava).
    Tutti gli altri casi sono stati archiviati.


  • Super User

    Per costituirsi parte civile non è necessario un danno anche economico. E' sufficiente il danno da reato.
    A parte che il 494 è procedibile d'ufficio, anche se non lo fosse, la querelata, in quanto portatrice di quel nome, può ben proporre querela. e' sufficiente avervi interesse...