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- Il Grande Disegno di Stephen Hawking e Leonard Mlodinow
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Attenderò senza ansia l'uscita dell'edizione italiana del volume, anche se preferisco lo Steven Hawking che scriveva di termodinamica dei buchi neri e astrofisica teorica (sulle riviste scientifiche di settore, per intenderci) a quello che si lancia oggi in dibattiti teologici o comunque si pronuncia con spericolatezza su fatti accaduti prima del tempo di Planck ? un istante cioè prima del quale non sappiamo proprio nulla su cosa sia accaduto alla materia nel momento del Big Bang.
Di passaggio: in pochi lo sanno, ma il modello di universo che si vuole "nato" col Big Bang e poi espanso fino a oggi è solo uno degli scenari possibili; attualmente è quello che gode del maggior credito presso la comunità dei ricercatori, ma non esiste alcuna prova definitiva che le cose siano andate davvero così, dal momento che le stesse evidenze sperimentali che attualmente fanno pendere l'ago verso lo schema inflazionario (quello cioè col grande botto iniziale) potrebbero essere tranquillamente inquadrate già domani in qualche altro modello (in cui magari non c'è stato nessun atto creatore iniziale, nessun "tempo-zero", ma solo un eterno spazio e tempo riempito di materia in evoluzione e in interazione).
Ciò premesso: le affermazioni che mescolano dio (qualsiasi significato si attribuisca alla parola) e il mondo dei fenomeni sono di norma un modo un po' furbetto per catturare l'attenzione dei lettori ? o almeno io le vedo come puri strumenti promozionali, nemmeno di gran livello ? e sono il prezzo che l'editoria paga per avvicinare la popolazione non troppo informata alla mostruosa difficoltà (innanzitutto matematica) delle moderne teorie fisiche.
Se da questo "attacco" di Hawking al creazionismo deriverà almeno qualche stilla di genuina curiosità scientifica tra i lettori, allora lo scopo sarà stato raggiunto, anche se poi gli stessi incuriositi dovranno prendere atto ? studiando ? che la Fisica non si pronuncia mai sulle questioni di fede, come invece forse si auguravano facesse dopo aver letto il dibattito.
In caso contrario, come spesso accade, si sarà solo contribuito ad allargare la frattura tra la comunità degli iniziati (gli scienziati, che sono per lo più atei o agnostici e non hanno bisogno che qualcuno dica loro che il dio delle Scritture non esiste) e quella degli altri (la popolazione media, che spesso è priva di strumenti culturali sufficienti per scrollarsi di dosso le superstizioni e, tra la tesi sofferta di solitudine ontologica della Scienza e quella rassicurante/consolatrice della religione, si orienta verso la seconda senza colpo ferire).
I miei (probabilmente presuntuosi) due centesimi sul tema: se invece di lanciare proclami reboanti ? "dio non esiste", "la Scienza è il Male" ? e di stampare solo pamphlet dove tutto si banalizza, dalla Relatività Generale alla Teologia Logica, si producessero buoni testi divulgativi di livello medio-alto, inquadrati in un generale processo di formazione della popolazione verso la buona Scienza e la cultura tecnica, alla fine non si avrebbe bisogno di mezzucci da PR alla frutta e si vivrebbe molto più sereni.
Questo perché i credenti avrebbero imparato sui manuali che il Dio delle Scritture non chiede offerte, non conosce ministri ed è il primo a esigere che i suoi fedeli abbandonino gli orpelli della superstizione neo-pagana per intraprendere un cammino mistico-totale di fede che nulla ha a che vedere con processioni, formule in latino e reliquie.
Al contempo, si disporrebbe di una popolazione media matematicamente e scientificamente più alfabetizzata, capace di giudicare con consapevolezza la bontà di una teoria fisica e soprattutto i suoi limiti (che ci sono sempre), non prona alla "casta" dei tecnocrati ma al contrario abituata al dibattito civile, all'indagine onesta e al giudizio critico che sono i pilastri della Scienza di buona qualità.
Invece siamo ancora qui a chiederci con morbosa curiosità cosa stesse facendo dio ? quel Dio o chi per lui/lei/esso/essa ? mentre saltava il tappo di champagne del mondo.
Ora mi chiedo: e se invece di fissare con occhio amorevole il Tutto che sbocciava, l'Onnipotente fosse stato rivolto con sguardo malinconico e compassionevole verso il Nulla che moriva, triste per ciò che perdeva e non felice per ciò che guadagnava?
Saremmo ancora così esaltati, se sapessimo di essere stati il regalo non gradito alla fine di un brindisi triste?
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Dal libro che ho letto di S. Hawking sui buchi neri, (ottimo libro di divulgazione scientifica per un pubblico che ha frequentato la scuola superiore, buono per un pubblico con minore conoscenza), nella traduzione italiana sembrava chiaro che l'autore destinasse a Dio il ruolo di creatore delle leggi universali e la frase:
Hawking
Because there is a law such as gravity, the universe can and will create itself from nothing. It is not necessary to invoke God to light the blue touch paper and set the universe going.sembra da una parte negare ciò,
da l'altra porre la domanda:
chi ha creato la legge di gravità?
Attendiamo il libro per saperne di più.
Ma indubbiamente il mio interesse è per il grande disegno e gli universi possibili!!!
ciao
marlomb
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@marlomb said:
Hawking
Because there is a law such as gravity, the universe can and will create itself from nothing. It is not necessary to invoke God to light the blue touch paper and set the universe going.Molta bella come frase, e anche molto ben costruita!
Ad una prima lettura mi sembrava che negasse completamente l'esistenza di Dio, però ad una riflessione più attenta, prendendo alla lettera "It is not necessary to invoke God", sembra non escludere la sua esistenza, ma semplicemente dire che l'universo è sufficientemente preciso da potersi evolvere autonomamente.
@marlomb said:
da l'altra porre la domanda:
chi ha creato la legge di gravità?
Così ci si riduce ad una serie di domande a riduzione infinita...
"Chi ha creato la gravità?"
"Dio."
"Chi ha creato Dio?"
...
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Due annotazioni.
Primo: la "catena di domande" iniziata sopra, se la vogliamo dire tutta, non comincia proprio; non per gli scienziati, almeno, i quali non si chiedono mai perché esiste qualcosa (quella è una domanda per chi fa Filosofia, specificamente Metafisica ovvero Ontologia), ma solo come funziona ciò che esiste ed è dato.
Da studioso di Relatività Generale, ad esempio, a me non interessa sapere perché esistono lo spazio e il tempo, ma solo come fare a descriverne il comportamento; si capisce a prima vista che rispondere alla prima domanda potrebbe non aiutarmi in niente a replicare alla seconda, che è invece l'obiettivo della ricerca.
Se con le mie domande vado oltre questo limite invalicabile, allora devo considerarmi un filosofo (o uno che non prende sul serio il proprio mestiere e segretamente spera di poter fare altro nella vita).
Intendiamoci: trovo molto interessante interrogarsi sulla catena di poco fa, ma allora facciamolo con gli strumenti della Filosofia ? religione compresa, che ha idee di tutto rispetto da mettere in campo sul tema ? e non tiriamo per la giacchetta gli scienziati.
Secondo:
@max0005 said:
Ad una prima lettura mi sembrava che negasse completamente l'esistenza di Dio, però ad una riflessione più attenta, prendendo alla lettera "It is not necessary to invoke God", sembra non escludere la sua esistenza, ma semplicemente dire che l'universo è sufficientemente preciso da potersi evolvere autonomamente.
E infatti ciò conferma la tendenza essenzialmente agnostica, non atea, della Scienza e dei suoi iniziati.
Credo sia un falso mito quello dell'ateismo degli scienziati, nel senso che un ateo ? specularmente rispetto a un credente ? pone a perno centrale della propria esistenza l'idea che dio non esista ed eventualmente (se è o diventa un ateo militante) fa proselitismo in tal senso.
Si può essere avvocati atei, medici atei, giudici atei, operai metalmeccanici atei, contadini atei, netturbini atei e via dicendo.
Al contrario, gli scienziati spendono il proprio tempo occupandosi generalmente di tutt'altre faccende ? esperimenti, teorie, verifiche, calcoli ? e quasi mai in queste linee di ricerca entra in gioco la fede nell'esistenza di dio (è diverso il caso delle questioni etiche, ma lì si può dare il caso che un credente possa voler sperimentare ad esempio sugli embrioni perché si attiene letteralmente alla Scrittura che non parla di presenza dell'anima all'istante del concepimento, ma qualche giorno dopo, e all'opposto un ateo che non voglia operare sull'uomo ritenendo laicamente intoccabile la dignità della persona fin dal suo concepimento, il che quindi non ha necessariamente a che fare con la dottrina di questa o quella religione, ma con le convinzioni personali del ricercatore).
Che dio esista o meno, essendo la sua esistenza indimostrabile, non è materia di vero interesse scientifico per una comunità che si occupa di cose verificabili (Fisica, Chimica, Biologia) o di strutture astratte auto-consistenti e logicamente coerenti (Matematica).
Hawking lo sa e dice semplicemente questo: che dio esista o meno (e potrebbe tranquillamente essere "lassù" da qualche parte), la gravità resta lì a farci compagnia tutti i giorni e dobbiamo provare a capire come funziona se vogliamo progredire culturalmente
P.S. La cosiddetta "prova matematica dell'esistenza di Dio" a firma di Kurt Gödel che qualcuno chiama in causa a questo punto della conversazione non ha attinenza con l'oggetto del contendere, in quanto il Dio di cui Gödel prova l'esistenza e quello in cui credono i fedeli non hanno quasi nulla in comune (il dio di Gödel è un insieme dotato di particolari proprietà ambientato in un preciso contesto di premesse e assiomi, senza alcun nesso diretto e manifestamente riconoscibile col Roveto Ardente di Mosè)
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Interessante, permettetemi una piccola divagazione di marketing per poi tornare sui vostri ragionamenti.
Intanto ne stiamo parlando, non solo noi, ma come ha indicato il Don, anche la stampa generalista al posto delle ragazze del calippo.
Il fine (aumentare le vendite) giustifica sempre i mezzi? Io penso di no, perché stanno andando a scavare un target più incuriosito dall'ardire dello scienziato e del suo irriverente libro oppure all'opposto di chi cercava una prova per sostenere la sua fede nell'ateismo.
Entrambi, ne rimarranno delusi, non consiglieranno il libro ad amici e parenti e non compreranno i successivi libri.Per il prossimo libro metteranno la formosa soubrette con il succinto costume tirato nella zona inguinale che si cala sensualmente in piscina?
Valerio Notarfrancesco
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@Leonov said:
Primo: la "catena di domande" iniziata sopra, se la vogliamo dire tutta, non comincia proprio; non per gli scienziati, almeno, i quali non si chiedono mai perché esiste qualcosa (quella è una domanda per chi fa Filosofia, specificamente Metafisica ovvero Ontologia), ma solo come funziona ciò che esiste ed è dato.
Una domanda... Come andrebbero classificate le scienze come l'Abiogenesi, che studia la comparsa della vita a partire da della materia inanimata?
Preciso che non sto parlando dell'origine della vita ponendomi la domanda "Perché siamo qui? Abbiamo uno scopo?" ma semplicemente chiedendomi "Come si può arrivare a qualcosa di vivente partendo da dei composti non-viventi?".
In questo caso potremmo riformulare la domanda in termini di: "Come possiamo, partendo dalla situazione A (composti chimici) arrivare alla situazione B (vita)?", però credo che allora potremmo altresì riformulare la serie di "domande a catena" su Dio come: "Come possiamo passare da uno stato che non permette lo sviluppo delle leggi della gravità ad uno che lo permette? O in caso questa condizione sia apparentemente eterna, come possiamo provare che sia davvero così, se possiamo farlo?"
Finora avevo sempre creduto che "Come funziona?" e "Perché esiste?" fossero due facce della stessa medaglia, poiché una osservava il processo di creazione ("Come funziona?") mentre l'altra ("Perché esiste?") tentava di risalire allo stesso.
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@max0005 said:
"Chi ha creato la gravità?"
"Dio."
"Chi ha creato Dio?"
...Dio è il Creatore, ovvero colui che da origine alle cose dal nulla.
[dal dizionario online: http://it.thefreedictionary.com/creatore.]
Comunque esistono teorie filosofiche che invece che sul classico ragionamento inizio - fine, caos - ordine, ..., impostano su quello di continuità, brevemente non mi occupo dell'inizio ma vedo l'universo in maniera atemporale.:?
ciao
marlomb
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@vnotarfrancesco said:
Il fine (aumentare le vendite) giustifica sempre i mezzi? Io penso di no, perché ...
Sottoscrivo: con questa strategia non si avvicina affatto il pubblico alla Scienza (non a quella buona, almeno), ma si finisce per ottenere solo l'effetto opposto.
@vnotarfrancesco said:
Per il prossimo libro metteranno la formosa soubrette con il succinto costume tirato nella zona inguinale che si cala sensualmente in piscina?
Credo che qualcosa del genere non sia troppo lontano dall'essere messo in campo; d'altronde, se ormai usano le donnine svestite per piazzare ogni sorta di prodotto commerciale, quanto tempo ci vorrà perché un "geniale" pubblicitario non pensi di usare il binomio "patata/divulgazione scientifica"?
@max0005 said:
Una domanda... Come andrebbero classificate le scienze come l'Abiogenesi, che studia la comparsa della vita a partire da della materia inanimata?
Preciso che non sto parlando dell'origine della vita ponendomi la domanda "Perché siamo qui? Abbiamo uno scopo?" ma semplicemente chiedendomi "Come si può arrivare a qualcosa di vivente partendo da dei composti non-viventi?".
Così.
Anzi, diciamola meglio: così.
A parte il colpo di teatro a effetto ? ovvero: «ti metto il link e chiudo la questione» ? proviamo a capire meglio i termini del problema, perché i passaggi concettuali sono delicati e occorre fare attenzione alle domande che ci si pone.
La domanda di Max è chiara: "Come si arriva alla vita partendo da costituenti non viventi?"; giustamente, al pari delle vere domande scientifiche, comincia con un "come" e non con un "perché".
Coloro che studiano abiogenesi provano a ideare delle speculazioni ? verificandole poi in laboratorio, altrimenti starebbero facendo filosofia ? capaci di spiegare il passaggio "non-vita --> vita"; l'esperimento di Urey e Miller ad esempio spiega come dal "brodo primordiale" inanimato si possano ottenere amminoacidi.
Ora, noi non sappiamo se è veramente questo che è accaduto milioni di anni fa (le testimonianze scarseggiano, ahinoi!); possiamo però dire che, se le condizioni sulla Terra erano quelle riprodotte nell'ampolla ? a loro volta ricavate da stime di origine sperimentale ? allora dalla materia inanimata sono nati gli amminoacidi.
Un'altra possibilità è che la vita sia arrivata sulla Terra attraverso vettori meteoritici, sotto forma di batteri capaci di resistere in una fase di "coma" durante il viaggio da un corpo celeste all'altro; sappiamo anche che ciò è possibile perché esistono sul nostro pianeta batteri in grado di sopravvivere alle condizioni estreme che ci sarebbero a cavallo di un aerolito.
Di nuovo, non sappiamo affatto se sia andata proprio così (e in ogni caso non ci chiediamo mai perché il meteorite col suo bel carico di batteri in gita abbia colpito proprio la Terra, che è domanda da filosofi), ma finché non arriva un esperimento a smentire la congettura, l'ipotesi è lecita.
Due osservazioni che potrebbero sembrare marginali:
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Diversamente dalle religioni, che predicano l'esistenza di una sola verità, ovvero di una sola risposta a ogni domanda, la Scienza ammette senza problemi l'esistenza di più risposte diverse alle medesime domande (la teoria di Miller e quella dell'asteroide per spiegare la vita sulla Terra), almeno finché una delle risposte non si dimostra priva di senso o contraria a qualche legge fondamentale della Natura.
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Ancora una volta, non conta il perché ci sia la vita sulla Terra (che è semplicemente un dato di fatto, sul quale non ha senso scientifico interrogarsi e chiedersi «Perché c'è la vita invece di non esserci?» come fanno i filosofi), ma solo il come si sia sviluppata, fatto sul quale comunque non avremo mai certezze al 100%, ma solo vari scenari possibili concorrenti tra loro, tra i quali alcuni più completi e realistici di altri, ma non necessariamente per questo veri (la Verità, come Dio, non è un concetto che ha senso in ambito scientifico).
@max0005 said:
potremmo altresì riformulare la serie di "domande a catena" su Dio come: "Come possiamo passare da uno stato che non permette lo sviluppo delle leggi della gravità ad uno che lo permette? O in caso questa condizione sia apparentemente eterna, come possiamo provare che sia davvero così, se possiamo farlo?"
Cosa significa "uno stato che non permette lo sviluppo delle leggi della gravità"? Se il contesto fisico non permette la gravità, quella non c'è e punto, morta lì.
In Natura non può accadere ciò che non può accadere e può accadere solo ciò che può accadere. (Lo so, l'ho detta malissimo, ma adesso provo a farmi capire.)
Attenzione a non confondere i piani: lo sviluppo della vita sulla Terra dalla "non vita" non poteva essere incompatibile con le leggi vigenti sulla Terra stessa: se così fosse stato, la vita non si sarebbe potuta sviluppare e pace.
Se la vita esiste ? e noi sappiamo che esiste ? allora possiamo dire a posteriori che il suo sviluppo sulla Terra era una cosa possibile rispetto al contesto, altrimenti non avremmo avuto la vita e stop.
Ancora più semplice: il concetto di una cosa che non può essere eppure è equivale al "miracolo" (non è un caso che sia materia di fede); in Fisica, in Matematica o in Chimica non esistono i miracoli in questo senso:
- Se qualcosa non può esistere nel modello teorico di mondo che abbiamo elaborato (le macchine del tempo, per dire), allora non la troveremo mai sperimentalmente.
- Se ciò che non era previsto nel modello viene rinvenuto e verificato, allora sono possibili solo due conclusioni:
2.1) Quello che abbiamo trovato può essere spiegato all'interno del modello esistente a patto di correggere qualche dettaglio (e allora poteva essere anche prima, ma noi non avevamo ragionato abbastanza a fondo sullo schema premesso);
2.2) Il modello teorico è sbagliato e ne va semplicemente costruito un altro che preveda tutto quello che avevamo già scoperto prima e che funzionava egregiamente, più le novità non previste.
Anche questa è una differenza sostanziale tra Religione e Scienza: la prima non si evolve e pretende che esista una Verità unica non solo nello spazio, ma anche nel tempo; la seconda si evolve e muta con il progresso e le conoscenze di chi la studia.
Coloro che credono alle Scritture, quindi, pensano che la Bibbia, elaborata per un pubblico di pastori nomadi di 2000 anni fa, contenga leggi valide sia tre miliardi di anni fa su Andromeda (compreso il divieto di mangiare gamberetti) che dopodomani a Poggibonsi. La Scienza, più modestamente, ritiene che le cose cambiano e che ad esempio la Meccanica "inventata" da Newton non sia più sufficiente a descrivere il mondo, quindi meglio rimpiazzarla con Relatività Generale e Meccanica Quantistica che della vecchia meccanica sono le nipoti più raffinate ed evolute.
@max0005 said:
Finora avevo sempre creduto che "Come funziona?" e "Perché esiste?" fossero due facce della stessa medaglia, poiché una osservava il processo di creazione ("Come funziona?") mentre l'altra ("Perché esiste?") tentava di risalire allo stesso.
Non c'è creazione, ma solo sviluppo (al massimo unione e distruzione di costituenti elementari in aggregati più o meno complessi) e le domande sono profondamente diverse; la prima domanda elabora modelli sperabilmente realistici per poter riprodurre e sfruttare le leggi di natura in ambito applicativo; la seconda, fingendo di interrogarsi sul mondo, finisce per parlare di Dio (cioè, dell'altro mondo e non di questo).
@marlomb said:
Dio è il Creatore, ovvero colui che da origine alle cose dal nulla.
Ex nihilo nihil fit: niente nasce dal Niente ? anche perché se la frase citata è vera nell'istante della creazione insieme al Niente c'era già Dio, che era qualcosa, cioè non era Niente; quindi Dio al massimo è quello che trae il Tutto dal sé onnicomprensivo, parcellizzandolo nella realtà fenomenica. Ma qui stiamo facendo filosofia.
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@Leonov said:
Ex nihilo nihil fit: niente nasce dal Niente ? anche perché se la frase citata è vera nell'istante della creazione insieme al Niente c'era già Dio, che era qualcosa, cioè non era Niente; quindi Dio al massimo è quello che trae il Tutto dal sé onnicomprensivo, parcellizzandolo nella realtà fenomenica. Ma qui stiamo facendo filosofia.
Ciao Leonov,
Ti ringrazio per l'ottimo spiegazione, una domanda ancora però...
Se non ho capito male, la scienza vuole spiegare il "come", mentre la filosofia cerca di spiegare il "perché" di vari fenomeni.
La mia domanda era, in termini generali:
In Filosofia si potrebbe chiedere: "Perché c'è qualcosa?"
In Scienza: "Come si è arrivati a quel qualcosa?"
Per questo qualcosa non intendo un singolo evento/atomo ma l'insieme di tutto l'universo. A quel punto inizierebbe il processo di riduzione che "riavvolgerebbe" lo scorrere degli eventi fino ad arrivare al famoso punto iniziale.
Cercherò di essere più chiaro.
- "Riavvolgiamo" l'universo.
C'è ancora qualcosa? Ripeti il punto 1.
Non c'è più "niente"? Vai al punto 2.Se non c'è niente, come si può essere creato il "tutto" dal "niente"?
Se, al contrario, continuiamo a poter riavvolgere i vari universi verrebbe da chiedersi... "Come si può provare che questo riavvolgimento sia effettivamente eterno (o non)?"
Mi sembra una domanda che possa essere affrontata da entrambi i punti di vista...
EDIT: Il "Perché c'è qualcosa?" filosofico non intende voler dare uno scopo al fatto che ci sia qualcosa, ma solo un senso.
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Max, grazie a te per questa stimolante discussione; è sempre un piacere poter chiacchierare in amicizia di temi così interessanti.
Proseguiamo:
@max0005 said:
Il "Perché c'è qualcosa?" filosofico non intende voler dare uno scopo al fatto che ci sia qualcosa, ma solo un senso.
Ottima osservazione, che separa l'Ontologia (parte della Filosofia che si interroga sul senso dell'essere) dalla Teleologia (che si occupa dell'eventuale scopo dell'essere, pericolosamente vicina alla Religione).
@max0005 said:
...una domanda ancora però...
In Scienza: "Come si è arrivati a quel qualcosa?"
Per questo qualcosa non intendo un singolo evento/atomo ma l'insieme di tutto l'universo. A quel punto inizierebbe il processo di riduzione che "riavvolgerebbe" lo scorrere degli eventi fino ad arrivare al famoso punto iniziale.
Cercherò di essere più chiaro.
- "Riavvolgiamo" l'universo.
C'è ancora qualcosa? Ripeti il punto 1.
Non c'è più "niente"? Vai al punto 2.Se non c'è niente, come si può essere creato il "tutto" dal "niente"?
Eh, bellissimo interrogativo.
Le risposte oggi disponibili coincidono con le più avanzate teorie della Fisica ? roba veramente difficile, da mal di testa perenne ? ma per capirci qualcosa di appena più "umano" si può dire.
- I modelli teorici oggi in voga non hanno mai alla base del "riavvolgimento" il "niente" (nel senso di completa e assoluta assenza di qualsivoglia forma di materia e/o energia), ma forme diverse di "grado zero" del cosmo, che a volte è rappresentato come un puntolino in cui c'era già tutto e che si è solo espanso come un vulcano che erutta la lava che aveva già compressa dentro la sua caldera interna, altre volte come una specie di "membrana" tesa che ha iniziato a vibrare dando luogo, con le sue diverse oscillazioni, alla materia e all'energia, altre volte come lo "scontro" di due corde microscopiche ma cariche di "potenziale".
- Altri modelli teorici più esotici che sono in gara con quelli di prima per spiegare come funziona il mondo non prevedono un inizio e una fine ? quindi il "riavvolgimento" va indietro e in avanti all'infinito ? e dicono solo che l'universo fisico c'è sempre stato (non come lo conosciamo oggi, ma fatto in modo tale che la somma di tutti i contributi che nel tempo si trasformano si sia mantenuta costante, come un contenitore chiuso in cui dell'acqua diventa continuamente ghiaccio e poi vapore e poi di nuovo liquido, ma non può uscire dall'involucro).
- Altri modelli ancora dicono che il nostro Universo è solo una parte di un Multiverso in evoluzione (anche in questo caso qualcosa resta costante in eterno, ma i dettagli ? cioè i singoli universi ? possono nascere e morire). Quindi per essere coerenti col tuo caso si dovrebbe riavvolgere non l'universo, ma tutto il multiverso che non conosciamo.
- Ci sono poi altri modelli che vedono l'universo come su un anello temporale chiuso, nel senso che ciclicamente tutto si ripete uguale (o almeno simile) e di nuovo in quel caso il riavvolgimento va all'infinito, ma ripropone più o meno sempre la stessa scena.
Ora, in questo marasma, è lecito chiedersi: chi ha ragione?
La risposta è: un po' tutti.
Il fatto è questo: tutte le teorie che ti ho enunciato riescono a spiegare abbastanza bene le cose che conosciamo (strutture stellari, radiazione cosmica di fondo, effetti gravitazionali) e ne ipotizzano altre che non conosciamo ancora e che un giorno speriamo di poter osservare (come una stringa di Dirac astrofisica o il "tilt" dei coni-luce di Gödel, per dire).
Quando ad esempio osserveremo il certo effetto Y, previsto dalla teoria A e non dalla teoria B, allora potremo escludere la teoria B e lasciare in piedi solo la A (e magari la C, la D e la E che prevedevano anche loro l'effetto Y) e così via in una successiva "selezione naturale" delle teorie che, procedendo di pari passo con il progresso della nostra conoscenza, ci potrà insegnare di più su come funziona il mondo.
È la verifica degli effetti caratteristici che potrebbe dirci ad esempio se il tuo riavvolgimento potrebbe andare avanti e indietro per sempre senza incontrare "discontinuità".
Se però ci sono delle frontiere che non potremo superare con i nostri mezzi osservativi ? ad esempio, se non potremo mai varcare i confini dl nostro Universo per capire se ci sia un multiverso, o se l'osservazione di alcuni fenomeni richiederebbe tempi superiori a quelli di permanenza della razza umana nel Cosmo ? allora resterà per sempre il dubbio se esista il multiverso o meno, se il mondo sia eterno o finito temporalmente.
L'incertezza perpetua su ciò che non possiamo (ancora) verificare sperimentalmente è il prezzo che paghiamo per aderire alla Scienza con tutti i suoi dubbi e non alla Religione con tutte le sue certezze.
[Non sono certo di aver risposto alla tua domanda nel modo che ti aspettavi.]
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Ciao Leonov,
Ancora una volta grazie per la spiegazione! C'è ancora una domanda che mi è venuta in mente leggendo il tuo post... (Lo so, sono un disastro! )
Come possiamo provare che l'universo è/non è infinito in termini temporali?
Generalmente per provare la lunghezza (sempre in termini temporali) di qualcosa lo si misura dal punto di partenza fino al punto in cui termina ma... l'eternità non dovrebbe avere fine!
In questo caso ci troveremmo difronte a due possibilità:
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L'universo è eterno e non finirà mai (nel senso che continuerà a mutare ma il quantitativo di energia/materia resterà invariato).
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L'universo finirà, ma potrò essere così distante dal cessare di esistere che non la nostra specie (e forse l'universo così come lo conosciamo) non arriverà a vedere quel giorno.
Ora, perché l'opzione due sia possibile, significa che prima e/o dopo ci sia una condizione di "niente", ma proprio niente. Questo potrebbe voler dire:
Materia/Energia "scomparsi", lasciando solo una "distesa" di spazio e tempo (assumendo che spazio e tempo non possano essere trasformati in materia/energia).
Collasso dello spazio e del tempo e di tutto ciò che fa ad essi riferimento per l'esistenza (materia ed energia).
Perché la prima ipotesi fosse vera significherebbe che la materia/energia possono essere creati/distrutti (non trasformati!).
La seconda ipotesi necessita di due presupposti:
-
Lo spazio e il tempo possono essere cessati (in tal caso cosa sarebbe dopo?) e, possibilmente, anche creati.
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Senza spazio/tempo la materia e l'energia che si basano su di essi dovrebbero cessare o mutare proprietà. (E' possibile? :?)
Mi rendo conto di essermi spiegato male, ma spero che il mio pensiero sia comunque passato...
Un'ulteriore curiosità... Immaginando una linea bidimensionale:
A --- B
E' possibile avere:
A--C-B
Dove A--C fa parte di A---B ed ha lunghezza di due unità mentre C-B fa comunque parte di A---C ma ha lunghezza infinito? (Ovvero, è possibile protrarre infinito in una sola direzione?)
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Vediamo un po' se riesco a spiegarmi...
@max0005 said:
Come possiamo provare che l'universo è/non è infinito in termini temporali?
Non con una misura di tempo, nel senso che non si può prendere un orologio che ha avuto inizio nell'istante "zero" e farlo andare finché non "finisce la festa"; questo perché:
- Non sappiamo se è esistito un tempo-zero.
- Non abbiamo idea di cosa voglia poter dire "fine dell'universo".
- Non è nemmeno detto che esista un unico tempo (anzi, di norma è vero il contrario: nei modelli generali il tempo e le sue misure, cioè la marcia degli orologi che per noi costituiscono i metodi per misurare il tempo, dipendono da dove si trovano, da quando vengono osservati e da che stato di moto possiedono).
@max0005 said:
In questo caso ci troveremmo difronte a due possibilità:
-
L'universo è eterno e non finirà mai (nel senso che continuerà a mutare ma il quantitativo di energia/materia resterà invariato).
-
L'universo finirà, ma potrò essere così distante dal cessare di esistere che non la nostra specie (e forse l'universo così come lo conosciamo) non arriverà a vedere quel giorno.
Se le ipotesi 1) e 2) producono effetti fisici osservabili diversi, allora anche se non abbiamo abbastanza speranza di vita per vedere la "fine" potremo già predire se ci sarà o meno questo momento di "morte dell'universo"; se invece cambiando le premesse il risultato per noi che osserviamo non cambia, resteremo col dubbio finché vivremo.
@max0005 said:
Ora, perché l'opzione due sia possibile, significa che prima e/o dopo ci sia una condizione di "niente", ma proprio niente.
No, qui ti devo fermare: questa conclusione non discende affatto dalle premesse; tu probabilmente pensi alla morte dell'universo come al giorno in cui la materia sarà scomparsa e resterà solo spazio vuoto, ma questo non è possibile (nel senso che la materia non "va altrove" e lascia il vuoto) per un motivo fondamentale che ti spiego tra un momento.
@max0005 said:
Materia/Energia "scomparsi", lasciando solo una "distesa" di spazio e tempo (assumendo che spazio e tempo non possano essere trasformati in materia/energia).
Spazio-tempo (legati insieme) e materia-energia sono correlati da una relazione matematica sorprendente scoperta da Einstein, la quale in sostanza dice che: «l'assetto geometrico dello spazio-tempo è regolato in modo univoco dalla presenza di materia e di energia e in particolare dalla loro distribuzione (nello spazio e nel tempo)». In sostanza, lo spazio e il tempo diventano materia ed energia nello stesso modo in cui materia ed energia diventano spazio e tempo.
Tradotto: poiché adesso intorno a noi ci sono materia ed energia e noi non abbiamo prove che l'universo abbia dei "buchi" da cui queste due grandezze possano fuggire (dove andrebbero, poi? Da un'altra parte? Ma se l'universo contiene tutto, non può perdere come un tubo forellato), allora materia ed energia resteranno per sempre dentro l'universo come l'acqua che non può sfuggire dall'ampolla chiusa di cui ti dicevo prima.
Cosa potrebbe accadere allora per far giungere l'universo alla "fine"? Semplice: l'energia si degraderà tutta in calore, la materia si decomporrà tutta in costituenti elementari molto freddi e il tutto si sparpaglierà a distanze sempre maggiori.
Vedila così: l'universo è un palloncino sgonfio su cui hai disegnato dei punti con il pennarello, che col passare del tempo si gonfia e si raffredda; più si gonfia, più i punti sono lontani e non possono scambiarsi né materia né energia, finché si arriva a un momento in cui:
- o l'espansione si ferma, non ci sono più interazioni e tutto si appiana sulla stessa temperatura e sulla stessa densità di materia (scenario della "morte entropica" dell'universo);
- oppure l'espansione continua ancora (mossa da cosa? Vallo a sapere, ma non sottilizziamo) e materia/energia diventano sempre più rarefatte, ma non scompaiono comunque mai perché c'erano dentro già prima.
@max0005 said:
Collasso dello spazio e del tempo e di tutto ciò che fa ad essi riferimento per l'esistenza (materia ed energia).
Questo è l'altro scenario, quello del "big crunch" che fa da contraltare al big bang: la materia e l'energia tornano a contrarsi (mossi da cosa, visto che adesso la tendenza è a sparpagliarsi? Vallo a sapere, ma non sottilizziamo), il palloncino si sgonfia e si riscalda, finché non si contrae a un unico punto nello spazio, di dimensioni microscopiche, che poi...
Boh! Forse ri-esplode in un sistema ciclico (il "respiro del Cosmo", avanti e indietro), forse resta lì, forse si trasforma in altro, forse non si sa che fa...
@max0005 said:
Perché la prima ipotesi fosse vera significherebbe che la materia/energia possono essere creati/distrutti (non trasformati!).
Ci sono ipotesi che dicono anche questo, ma poiché non è mai stato osservato un luogo nello spazio in cui la materia "nasce dal nulla" (al massimo viene sputata fuori dai buchi neri rotanti sotto forma di sottili getti esplosivi filiformi), queste idee hanno per il momento poco seguito. Se però domani trovassimo una "fucina" da cui sgorga materia, le teorie cambierebbero.
@max0005 said:
La seconda ipotesi necessita di due presupposti:
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Lo spazio e il tempo possono essere cessati (in tal caso cosa sarebbe dopo?) e, possibilmente, anche creati.
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Senza spazio/tempo la materia e l'energia che si basano su di essi dovrebbero cessare o mutare proprietà. (E' possibile? :?)
Torniamo alla legge di Einstein di prima: spazio e tempo convivono con materia ed energia e c'è un equilibrio tra di loro, che sono aspetti diversi dello stesso concetto fisico; si può creare lo spazio e il tempo dalla materia e dall'energia ? è quello che accade adesso ? e forse si può fare anche il contrario, chissà.
[Nota: fino a qui si parla solo di spazio, tempo e materia/energia ordinari; non abbiamo per nulla messo in campo teorie ancora più radicali (dimensioni arrotolate, stringhe, brane, gas di wormholes), che hanno ciascuna le proprie idee sulla faccenda e che dicono altre cose ancora, pure più strane ? ad esempio che la materia e l'energia potrebbero "nascondersi" in dimensioni spaziali "nascoste" ai nostri occhi, quindi vederle "nascere dal nulla" potrebbe solo voler dire che stanno uscendo dalle loro nicchie segrete che c'erano già prima, ma noi non potevamo vedere.]
@max0005 said:
Un'ulteriore curiosità... Immaginando una linea bidimensionale, è possibile protrarre infinito in una sola direzione?
Matematicamente, certo: oggetti del genere sono ben noti e si chiamano semirette (o curve semi-infinite se si flettono e si torcono nello spazio).
In Fisica invece occorre fare attenzione con il concetto di "infinito", che non ha molto senso ed è pericoloso (i fisici cercano di evitare casi in cui qualcosa sia infinitamente grande o piccolo, perché lì la Matematica sa cosa fare, la Scienza sperimentale no).
Possono accadere molte cose:
- Se la tua semiretta infinita da un lato si può ricondurre con qualche artificio a una figura finita (ad es. una circonferenza percorsa infinite volte, che ha un'estensione finita sul piano anche se la marcia su di essa non ha mai fine) allora le cose vanno meglio e si può ragionarci su.
- Se ciò non accade, sei parecchio nei guai e devi cercare di capire qual è il meccanismo che ti genera l'infinito, per ricondurlo a casi che sai trattare (per esempio l'infinito potrebbe essere un "falso infinito", ovvero solo una lunghezza molto ma molto più grande di quella che potresti percorrere camminando tutta la vita).
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Troppo colti questi discorsi per me... Io mi limito a guardare Star Wars e Stargate... Io torno al Fetish...
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Visto che, da quanto mi dici, la materia e l'energia non possono essere ne create ne distrutte mi viene da pensare che l'universo debba essere, per forza di cose, eterno... Sbaglio?
In tal caso il Big Bang e il Big Crunch (o equivalente) non sarebbe l'inizio e la fine dell'universo, ma solamente degli "stadi"?
E' possibile che, data la grandezza dell'universo, altrove ci siano delle zone non influenzate dal Big Bang dove altre quantità di energia/materia si stanno "muovendo" indipendentemente data la lunga distanza che li separa?
E' possibile in un universo teorico avere un modello che non permette mai la "morte entropica" a causa della formazione continua di centri di energia/materia tali da, a loro volta, crearne altri?
Avrei anche altre domande, ma rischiamo di andare ancora più OT!
[Certo che a scrivere post così piccoli in confronto ai tuoi mi sembra sempre di avere poco da dire... :x]
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Un po' alla volta ce la faremo.
@max0005 said:
[Certo che a scrivere post così piccoli in confronto ai tuoi mi sembra sempre di avere poco da dire... :x]
Benvenuto nel mondo della Fisica, ovvero il regno della Supremazia della Domanda: le domande sono sempre brevi e secche; per le risposte si possono spendere oceani di inchiostro.
Riprendiamo:
@max0005 said:
Visto che, da quanto mi dici, la materia e l'energia non possono essere ne create ne distrutte mi viene da pensare che l'universo debba essere, per forza di cose, eterno... Sbaglio?
Non sbagli, però c'è una precisazione da fare.
Quando tu dici "l'universo è eterno" io immagino questa scena: tu con un orologio in mano che assisti allo scorrere del tempo sul tuo orologio mentre guardi l'Universo da fuori, e quello intanto va avanti per la sua strada.
Purtroppo (o per fortuna) non è così che funziona, nel senso che l'Universo ci contiene comunque e noi non possiamo mai metterci al di fuori di esso per guardarlo come guardiamo le stelle attraverso un telescopio. Se a ciò aggiungi il fatto che lo scorrere del tempo non è uniforme rispetto allo spazio, cioè (a dirla brutale) gli orologi marciano a ritmo diverso in punti diversi del Cosmo e non c'è mai modo di sincronizzarli una volta per tutte ti rendi conto che il concetto di "tempo" come lo intendiamo comunemente sulla Terra ? unico, universale, chiaro e intelleggibile ? non ha un valore globale in tutto l'Universo, ma solo locale, in piccolissime porzioni di spazio-tempo.
@max0005 said:
In tal caso il Big Bang e il Big Crunch (o equivalente) non sarebbe l'inizio e la fine dell'universo, ma solamente degli "stadi"?
Precisamente: formano il fisiologico ciclo vitale di un modello collasso-espansivo-pulsante di soluzione cosmologica (che è un modello matematico compatibile con alcune osservazioni astrofisiche, ma non sappiamo assolutamente quanto sia "vero", anche se lo sospettiamo fortemente).
@max0005 said:
E' possibile che, data la grandezza dell'universo, altrove ci siano delle zone non influenzate dal Big Bang dove altre quantità di energia/materia si stanno "muovendo" indipendentemente data la lunga distanza che li separa?
È certamente possibile che ci siano zone in cui il comportamento della materia e dell'energia è assai diverso da quello che si ha qui intorno (ad esempio nei dintorni di stelle supermassive, sistemi binari o multipli, buchi neri, ammassi galattici, clusters e altri oggetti astrofisici non ordinari), ma se si ammette il modello a Big Bang allora non c'è angolo o recesso dello spazio né istante del tempo che non sia direttamente influenzato da quella esplosione primordiale.
@max0005 said:
E' possibile in un universo teorico avere un modello che non permette mai la "morte entropica" a causa della formazione continua di centri di energia/materia tali da, a loro volta, crearne altri?
Era l'idea originale di Einstein (e prima di lui di molti altri), ma la scoperta della legge di recessione galattica di Hubble ? viraggio verso il rosso degli spettri di luce emessa dalle galassie in moto ? ha fatto sostanzialmente cadere questa ipotesi. Fino alla prossima scoperta sperimentale in tal senso, ovvio.
@max0005 said:
Avrei anche altre domande, ma rischiamo di andare ancora più OT!
Sempre a disposizione; e poi in fondo il thread è abbastanza a tema.
Alla peggio, ci dirigiamo verso altri lidi per continuare la conversazione.
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Un'altra domanda...
Se l'universo è infinito, anche muovendosi alla velocità maggiore possibile (quella della luce), sarebbe comunque impossibile arrivare a riempirlo tutto. Un eventuale big bang arriverebbe quindi a riempire sono un frazione infinitesimale dell'universo per ovvie ragioni. Anche continuando un'espansione infinita, non sarebbe comunque possibile arrivare a toccarne ogni parte.
Se tutto lo spazio/tempo è stato "copito" dal Big Bang, dobbiamo ipotizzare una parte (una maggior parte) di universo completamente vuota?
In tal caso dovremmo considerare l'universo "popolato" (ovvero quello dove materia/energia sono presenti) come l'equivalente di un granello di sabbia in un grande magazzino?
Riguardo al tempo... Non si potrebbe prendere un'unità standard (ad esempio il secondo terrestre) ed utilizzarlo per calcolare la distanza fra Big Bang e Big Crunch in termini equivalenti? (Ipotizzando di riuscire a rimanere in un campo a tempo "stabile")?
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@max0005 said:
Se l'universo è infinito, anche muovendosi alla velocità maggiore possibile (quella della luce), sarebbe comunque impossibile arrivare a riempirlo tutto. Un eventuale big bang arriverebbe quindi a riempire sono un frazione infinitesimale dell'universo per ovvie ragioni. Anche continuando un'espansione infinita, non sarebbe comunque possibile arrivare a toccarne ogni parte.
Se tutto lo spazio/tempo è stato "copito" dal Big Bang, dobbiamo ipotizzare una parte (una maggior parte) di universo completamente vuota?
Alt!
Al momento del Big Bang non c'era spazio vuoto da riempire con le "cose" tangibili, poiché tutto lo spazio era presente (sotto forma di materia ed energia: ricorda la legge di Einstein) nel punto iperconcentrato in cui si ammassava la materia pronta a esplodere.
Dopo il Big Bang lo spazio è stato generato come progressivo accrescersi degli interstizi vuoti tra le "cose" che, sparate a raggiera, si diradavano e si allontanavano le une dalle altre lasciando tra loro lo spazio vuoto (che però prima non c'era; lo so che è parecchio strano, ma tant'è).
@max0005 said:
In tal caso dovremmo considerare l'universo "popolato" (ovvero quello dove materia/energia sono presenti) come l'equivalente di un granello di sabbia in un grande magazzino?
No; vedi sopra: niente spazio vuoto prima dell'esplosione: la materia non è entrata in una stanza vuota da un foro, ma ha generato la stanza vuota come schiuma di intercapedini tra la materia che zampillava in ogni dove.
@max0005 said:
Riguardo al tempo... Non si potrebbe prendere un'unità standard (ad esempio il secondo terrestre) ed utilizzarlo per calcolare la distanza fra Big Bang e Big Crunch in termini equivalenti? (Ipotizzando di riuscire a rimanere in un campo a tempo "stabile")?
Questo puoi farlo solo nell'ipotesi che il modello matematico di spazio-tempo ammetta una configurazione detta "a tempo ortogonale", nella quale cioè puoi pensare di determinare un unico tempo (tempo cosmico) con cui stimare la distanza tra Big Bang e Big Crunch ? dovrebbe avvenire tra circa 15 miliardi di anni: puoi stare tranquillo e non disdire le prossime vacanze già prenotate.
Se però il modello non è a tempo ortogonale (questo dipende da come è distribuita la materia nello spazio e nel tempo, cosa che non possiamo sapere per intero), allora non esiste un tempo universale e non ha senso stimare quanto sia lontano il momento dell'implosione.
[E pensa che tutto questo che ci stiamo dicendo può essere scritto in formule... È a quel punto che iniziano i mal di testa. ]
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In tal caso l'universo dovrebbe essere immaginato come un telo elastico chiuso dentro al quale si allargano delle biglie? Quindi avrebbe una forma altamente irregolare, il cui perimetro sarebbe determinato dalle "punte" di materia in espansione.
Immagino che quella che sto per dire sia altamente blasfemo ma... Non ha senso immaginarsi un "fuori" dall'universo, vero?
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Il tuo ultimo post conteneva solo affermazioni ineccepibili: il telo elastico, le biglie etc. sono un'immagine coerente e abbastanza corretta (in mancanza ovviamente di una preparazione specifica).
Sulla tua domanda: no, non ha senso immaginarsi il "fuori" dell'universo in questo contesto.
A meno che...
Quando si parla di "fuori" ci sono due possibilità:
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Un uomo guarda un oggetto solido in una stanza vuota; in quel caso ci sono tre elementi: l'oggetto (che sarebbe il nostro universo), l'uomo (tu) e la stanza vuota che contiene entrambi (ma noi sappiamo che non è questo il caso, perché l'universo è già il contenitore di tutto).
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Un uomo guarda un disegno su un foglio: in questo caso abbiamo un ente tridimensionale (l'uomo) che fissa un oggetto bidimensionale (il disegno).
Se identifichiamo l'universo con il disegno, allora l'universo si può espandere infinitamente in due dimensioni, ma non ha "conoscenza" della terza dimensione spaziale in cui si trova l'osservatore, che è "fuori" dall'universo in un ambiente che contiene entrambi ? come prima ? con la non trascurabile differenza che l'universo è un oggetto con dimensione inferiore (due) rispetto a quella della stanza che lo contiene (tre).
[Hai mai letto Flatland? Lì è spiegato abbastanza bene. Altrimenti guarda
; merita un passaggio.]Torniamo al nostro caso: sappiamo che lo spazio e il tempo si uniscono nello spaziotempo geometrico che ha quattro dimensioni (tre spaziali, più il tempo) e che corrisponde al nostro universo da cui noi umani non possiamo uscire.
Se però immaginiamo che le quattro dimensioni dell'universo non siano che un sottoinsieme di un ambiente a dimensione più grande (come il foglio 2D nella stanza 3D), allora per guardare da "fuori" l'universo è sufficiente porsi nell'ambiente più spazioso, sempre che qualcuno o qualcosa possa farlo.
Nota: non sto dicendo che questo si possa fare in pratica, ma solo dal punto di vista teorico-matematico.
La teoria di Yang-Mills immerge l'universo 4D in un ambiente 5D (la quinta dimensione è generata dal campo elettromagnetico), ma ci sono teorie che arrivano a considerare spazi in 11 dimensioni, di cui solo quattro delle quali abitate da noi nel nostro universo.
Il perché non "vediamo" le 7 dimensioni mancanti (ma presenti) è dovuto al fatto ? piuttosto complicato da spiegare ? che le dimensioni si manifestano, si "srotolano" ad energie di soglia molto diverse: con quelle usuali se ne vedono solo quattro - le nostre - mentre andando ad energie molto , ma molto, ma molto più alte potrebbero zampillare fuori anche altre dimensioni, con relativi effetti fisici.
Divertente, vero?
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