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- Chiudere l'attività a causa degli studi di settore?
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@perez said:
estratti conto...stile di vita...certo se vai in giro con un X5 O hai comprato una barca...o hai un mutuo da 1000 euro al mese e ne dichiari 10.000 all'anno...
Non ho capito??? oltre il problema di guadagnare poco devo andare a chiedere l'elemosina a qualche impiegato?? (magari assenteista) sperando che... bontà sua... non mi faccia pagare imposte su un reddito che non ho? [Quelli con le barche sta certo che gli studi di settore ci rientrano!!! sono quelli protetti dagli studi di settore (o magari esenti perchè fatturano più di 5000000 di euro!)]
Nella vita dovrebbe esistere anche il rispetto della dignità. Nel paese dei cachi ormai siamo alla frutta.Le sentenze che ho letto mi hanno fatto venire i brividi, come a Criceto, per questo sono preoccupata per il mio futuro.
Io dovrei pensare a lavorare, non a difendermi da aggressioni fiscali dove è tutto vago e opinabile dall'impiegato di turno.
Sinceramente se potessi mi trasferirei all'estero, in questo paese ormai ci vivo malissimo.
Tra lavoro precario e ora questa preoccupazione per gli studi di settore ti rendono la vita un incubo, senza speranza. Dovrò tornare a elemosinare qualche lavoro precario, che tuttavia sto già cercando da mesi e non trovo. L'ultimo lavoro trovato 650 euro al mese a "progetto".......... si fa per dire...Gli studi di settore sono incostituzionali (la Costituzione dice che bisogna pagare in base a quello che si guadagna, non in base a un reddito presunto).
Criceto, se le associazioni non fanno nulla è anche colpa delle persone che non parlano abbastanza. Bisogna chiedere non subire e basta.
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Condivido i miei due centesimi di esperienza da utente.
Per alcuni anni dopo l'inizio dell'attività ho guadagnato molto poco, avendo lavorato, purtroppo, molto poco.
La congruità agli studi di settore, tuttavia, non fu un problema poichè non solo i beni strumentali erano esigui (avessi dovuto lavorare tanto avrei potuto e dovuto attrezzarmi diversamente) ma, soprattutto, inserii come "tempo lavorato" un numero di settimane e di mesi all'anno congrui ai compensi percepiti.In linea di massima, a meno di valori economici strutturali diversi, se sei un libero professionista puoi "giocare" sul fattore tempo lavorato e risultare congruo (il che, tra l'altro, mi pare anche una questione di buon senso).
Non ho idea della situazione in particolare e forse il mio suggerimento non può trovare applicazione, ma dall'inizio dell'attività in cui il reddito era 2000 euro/anno fino allo scorso 26.000 euro/anno non sono mai risultata incongrua nonostante gli sbalzi d'umore della committenza ricorrendo a questo accomodamento temporale.Spero sia di aiuto.
Ciao.
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@Naonda said:
La congruità agli studi di settore, tuttavia, non fu un problema poichè non solo i beni strumentali erano esigui (avessi dovuto lavorare tanto avrei potuto e dovuto attrezzarmi diversamente) ma, soprattutto, inserii come "tempo lavorato" un numero di settimane e di mesi all'anno congrui ai compensi percepiti.
Ti ringrazio per l'intervento ma dal software degli studi di settore, come dice Criceto, non mi risultano differenze al riguardo.
Ho addirittura provato a fare i calcoli con diversi valori per beni strumentali e acquisti: molto bassi (come nel mio caso), e incredula con importi prossimi o pari a zero, ma il risultato non cambia.
Anche modificando la percentuale di apporto di lavoro il risultato non cambia: esce fuori sempre il medesimo reddito minimo. Ulteriormente incredula ho provato anche con vari studi di settore, idem. Ho chiesto al commercialista e mi ha confermato che escono in questo modo.Puoi dare ulteriori precisazioni riguardo le modalità di calcolo che hai seguito e con quale studio di settore?
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Vedo che ogni volta che si parla di Studi di settore si infuocano gli animi.
Condivido la vostra amarezza; anche io credo che gli studi di settore non dovrebbero esistere.
Per fortuna non ho mai avuto responsi drammatici e mi è sempre andata bene (tranne uno studio di settore di qualche anno fa); comunque, anche per togliermi quest'incombenza mi sono avvalso del regime dei minimi. Quando e se ne fuoriuscirò mi ricreerò il problema.In linea di massima, a meno di valori economici strutturali diversi, se sei un libero professionista puoi "giocare" sul fattore tempo lavorato e risultare congruo (il che, tra l'altro, mi pare anche una questione di buon senso).
Detta in altre parole: taroccare lo studio di settore...
Troppo facile sarebbe, caro Naonda. L'Agenzia delle Entrate potrà chiederti perchè non hai lavorato le 40 settimane per 40 ore settimanali canoniche. E stai tranquillo che non si accontenta di "scuse" del tipo: "ho avuto pochi affari", "è un'attivià in rodaggio", sono "in una fase di crisi". Per ogni scostamento dai valori di "default" dello Studio dovrai fornire le prove.ps: comprendo che è una tematica odiosa; mi raccomando però di non abusare con le "provocazioni".
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@criceto said:
Confermo che nella maggior parte degli studi il fatto di lavorare un giorno a settimana oppure giorno e notte non sposta di UN CENTESIMO il reddito minimo. Evidentemente nella mente bacata di chi li ha studiati ("studiati" è una parola grossa. probabilmente il termine "sognati" è più adeguato) non è nemmeno transitata l'idea che un povero diavolo per scelta o necessità non lavori a tempo pieno.
Criceto, pensi davvero che le leggi fiscali siano Sognate?
Secondo me non lo sono mai!
Le leggi fiscali hanno scopi precisi e non credo affatto che sia una scelta casuale quella che abbiamo verificato.
Gli studi di settore sono una barriera all'ingresso nel mercato enorme, inoltre tolgono concorrenza alle grandi aziende, soprattutto in determinati settori. Mantengono elevati livelli di lavoratori disponibili a basso costo, e riduzione del benessere generale che fa comodo a molti.Il regime dei minimi è, oltre che sconveniente se non evadi..., utilizzabile solo da determinate categorie (ad es. un idraulico non ha problemi a scegliere il regime dei minimi e l'evasione sarà molto semplice) un negoziante che acquista merce... la vedo dura che possa utilizzare il regime dei minimi.
Sono leggi fatte con il taglierino
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@Naonda said:
Per alcuni anni dopo l'inizio dell'attività ho guadagnato molto poco, avendo lavorato, purtroppo, molto poco.
La congruità agli studi di settore, tuttavia, non fu un problema poichè non solo i beni strumentali erano esigui (avessi dovuto lavorare tanto avrei potuto e dovuto attrezzarmi diversamente) ma, soprattutto, inserii come "tempo lavorato" un numero di settimane e di mesi all'anno congrui ai compensi percepiti.In linea di massima, a meno di valori economici strutturali diversi, se sei un libero professionista puoi "giocare" sul fattore tempo lavorato e risultare congruo (il che, tra l'altro, mi pare anche una questione di buon senso).
Non ho idea della situazione in particolare e forse il mio suggerimento non può trovare applicazione, ma dall'inizio dell'attività in cui il reddito era 2000 euro/anno fino allo scorso 26.000 euro/anno non sono mai risultata incongrua nonostante gli sbalzi d'umore della committenza ricorrendo a questo accomodamento temporale.naonda puoi dare ulteriori riferimenti sui conteggi che hai fatto per il calcolo degli studi di settore.
Ho provato ancora ma confermo che non c'è nessuna influenza della percentuale di lavoro (mi chiedo: se uno ha più attività come fa? è davvero assurdo) e pur avendo importi per acquisti e beni strumentali bassissimi esce fuori sempre un ricavo presunto tra 12/14 mila euro con vari studi di settore.
Io sono disoccupata e cerco lavoro (una parte del mio tempo è dedicata a quello), in più invece che stare con le mani in mano sto cercando di avviare una (o anche più attività) in proprio.
Gli ostacoli burocratici sono incredibili e i vincoli fiscali pure.
Ci sono troppi ostacoli e sto perdendo la speranza. Tornare senza speranza alla schiavitù a progetto mi preoccupa. Se mi fai capire come hai fatto i conteggi potrebbe essere utile a me o ad altri. Grazie
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Ciao a tutti,
onde evitare franitendimenti spiego la situazione che ho affrontato nelle varie occasioni.
Lungi dal voler gabbare qualcuno o qualcosa, la mia osservazione nasceva da una questione che, alle prima armi con l'attività, mi aveva fatto riflettere.
Mi rendo conto che molti di voi saranno professionisti navigati, ma quando per la prima volta qualcuno ti chiede di compilare uno studio di settore ti fai domande che non ti erano mai capitate davanti... come a esempio quelle "quante settimane hai lavorato e quante ore a settimana?". Un novello non se le chiede mica, di norma, quelle cose...Ad ogni modo ho dovuto cercare di fare i conti per dare una risposta ragionevole alla consulente e ho preso le fatture che avevo emesso, ho guardato le date e ho cercato di stimare una quantità di tempo idoneo. Ho fatto 16 fatture ma ne ho incassate solo 11 e il reddito di circa 2000 euro di imponibile non potevo averlo guadagnato lavorando come uno sgobbone tutti i giorni dell'anno no? (come di fatto non è stato).
(a beneficio di chi mi chiedeva il codice attività era 72600 poi diventato 741021).
Ho messo 32 settimane per 35 ore a settimana e 8 mesi di attività e non ho avuto problemi (o almeno la consulente non me ne ha dato notizia)L'anno successivo avendo di imponibile circa 22k euro (ci sono rientrati i compensi delle fatture che ho emesso l'anno prima ma che ho incassato l'anno dopo, e per fortuna ho avuto anche più lavoro) avevo messo 40 settimane per 40 ore settimanali ma risultavo incoerente per numero di ore lavorate. Ho quindi poi messo 35 ore alla settimana e 10 mesi di attività, risolvendo il problema (non è una questione di taroccare Lorenzo, ma tu schiacci il bottone per cronometrare il tuo tempo di lavoro?? 5 ore in più o in meno in un anno ci staranno pure come scarto di stima?).
Oltre le indicazioni qualitative del lavoro (quindi la divisione per tipologia di clienti e di lavoro effettuato, la quantità di spazio che adopero per l'attività - una stanza in una abitazione - e qualche semplice software) non domino la parte economica che viene gestita dalla consulente.
Quindi non so dire com'è stato compilato lo studio di settore nella sua interezza poichè, se ho capito giusto, i dati economici vengono fuori da quelli inseriti per la dichiarazione dei redditi.Perciò, per altro, ho focalizzato il mio intervento sulla questione delle ore lavorate (oltre al fatto che a naso mi pare una cosa logica...ma pare che non sia affatto così :D).
Tuttavia, se in altre attività differenti dalla mia questa cosa non ha valore e/o non comporta differenze, mi dispiace di aver deviato le osservazioni su questo aspetto inutile (del resto se ho una pizzeria e sto aperto sempre... è giustamente indifferente il tempo che poi passo effettivamente a servire pizza al tavolo...).Io faccio siti web e se ne faccio uno all'anno ci metto 3 settimane.. come potrei segnalare diversamente?
(L'ovvia osservazione che mi verrebbe da fare è che sarebbe un'attività priva di motivo di essere...)Per rispondere a Lorenzo (e premettendo che la mia è un'osservazione da persona poco navigata con le procedure dell'AdE): se io sono libero professionista ho come prerogativa prima del mio vivere il fatto di decidere quando e quanto lavorare (il tutto a mio vantaggio o svantaggio).
Se fosse davvero come tu dici (e ho buone ragioni per pensare che sia molto più fondato di quello che io penso a senso di logica :D) allora fare il libero professionista o l'impiegato che timbra il cartellino non farebbe differenza?Davvero non so come funzionano bene i controlli degli studi di settore, pero' se voglio progettare un solo ponte e farmi bastare i guadagni che ne ricavo (per vivere una vita dignitosa ma non fastosa) non dovrò mica sentirmi in obbligo di rincorrere gli alacri architetti che necessitano di guadagnare tre volte quello che io desidero!?
(A margine: capisco anche che se ho un'attività di un certo livello e con un certo tenore di "necessità" - attrezzature, dipendenti, giro di affari - non posso fare il farfallone e dire "quest'anno non m'è andata di lavorà"... come scusa per occultare del nero che invece mi ha fatto "campare" l'attività... ma ci sarà anche un margine di ragionevolezza in questo? O sono solo una maledetta neofita? :D)Spero di non essermi dilungata oltre il dovuto.
Ciao
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Ciao Naonda.
Comprendo al centomila per cento il tuo punto di vista; ci mancherebbe!
Come stimare tra l'altro quanto si è lavorato? Bella domanda; io non lo so quantificare con esattezza.
A me è stato riferito più volte da commercialisti (non ricordo, ma forse anche qui sul forum) che in caso di scostamento dal 40 x 40 in caso di accertamento potrebbe venir richiesto il motivo dello scostamento.Ho visto che avete detto che l'inserimento dei compensi non varia di molto la congruità degli studi; per importi bassi ammetto che non c'è niente da fare; per importi un pò più alti invece inserire dati diversi fa eccome la differenza!
Non voglio - e non posso - comunque generalizzare visto che di studi di settore ce ne sono un'infinità.