• Super User

    Oggi più di ieri c'è...c'è e si vede, è palese...prima i 16enni scirvevano le poesie nei diari, ora i loro sospiri vivono nei mille blog di questo mondo, cuori aperti al mondo che sembra averli dimenticati...
    Per me esiste anche in una piccola pagina web, una paginetta fatta ad arte, con poesia...semplice e tranquilla..come un disegno ben fatto, senza pretese...mi commuove...
    Probabilmente sono i sentimenti delle persone ad essere congelati, o ad essere momentaneamente sotterrati sotto valangate di cose passeggere, appariscenti, vuote e morte viventi...
    Per me c'è...:D


  • User Attivo

    La poesia non può morire... Vive a latere, è stata emarginata (particolarmente dalla musica), non è più vitale come un tempo; ma necessariamente vive. Se non nella coscienza lucida delle persone, nel loro inconscio: ognuno ha in sé la sua poesia... Si tratta di accorgersene, di recuperarla, di averne cura... Ché 'poesia' altro non è e significa che il proprio pensiero (dovrei dire un proprio esistere espresso in un preciso attimo) distillato accuratamente e reso bello. La poesia non è sentimento: nasce da esso, ma diviene pensiero (scritto, parlato...). La poesia è faticosa... eu.ro


  • User

    La poesia esiste ancora ed esisterà sempre però forse non esistono più i poeti, la poesia nasce da sentimenti profondi e in una società che tende alla superficialità sarà sempre più difficile trovare gente in grado di scrivere poesie....


  • User Attivo

    SPUNTI A RITROSO

    Da Lupoz serale (9/3/08)

    ?Poesia!... Esiste?? No. ?Poesia? Esiste!...?
    ?Esisterà, però forse??
    ?I poeti, non esistono!?
    ?Nasce da? in una società che??
    ?La superficialità??
    ?Difficile trovare gente??


  • Consiglio Direttivo

    @euroroscini said:

    La poesia non può morire... Vive a latere, è stata emarginata [...] non è più vitale come un tempo; ma necessariamente vive.

    Concordo pienamente su questo punto, che sottoscrivo.

    Mi permetto di aggiungere una postilla: l'emarginazione su larga scala della poesia, a mio modestissimo avviso, segue a ruota un progressivo deterioramento della didattica scolastica ed una scelta non sempre condivisibile da parte di chi confeziona i programmi di studio.

    Mi spiego: se in alcuni licei si incontrano ancora professori che spiegano con ordine e metodo la metrica classica (latina e greca) in tutta la sua complessità tecnica, lo stesso sforzo non viene più profuso nell'ambito della poesia in lingua italiana: ci si accontenta di comunicare, a titolo quasi esclusivamente informativo, poche nozioni piuttosto striminzite ed approssimative circa la metrica, la prosodia e i generi poetici, destinando la maggioranza delle ore allo studio dei significati, dei contesti e del "valore" di un'opera.

    Questa scelta didattica - opinabile al pari di ogni altra - ha però lo svantaggio di sciogliere (o almeno sbilanciare) quel legame tra forma e sostanza che in ambito poetico è praticamente inscindibile. Coltiviamo così generazioni di studenti sprovvisti degli strumenti tecnici per fare una "poesia integrale", capace di incanalare l'impulso inconscio e viscerale in un abito formale adeguato.

    Sanno di avere cose da dire, sentono la forza dei concetti, la grandezza delle istanze, ma poi sprecano tantissimo in ritmi scialbi e generi non pertinenti.

    Resterebbe da aggiungere una valutazione più ampia e generale sul ruolo assunto dalle - o anche attribuito alle - parole nella nostra società (con riferimento particolare all'Italia).

    In alcuni casi mi sembra di notare l'esaltazione insistita di una "semplicità" e "naturalezza" - anche nell'articolazione di un pensiero - che niente hanno di semplice o naturale, tendendo invece al rozzo, all'abborracciato e al mediocre; altrove mi accorgo di uno strisciante disprezzo nei confronti di chi mostra di padroneggiare un lessico ampio, come se la conoscenza dei significati facesse paura a qualcuno (il che è vero: un cittadino informato spaventa sempre il potere, specie se chi comanda ha qualcosa da nascondere).

    Infine non posso ignorare l'omaggio tributato quotidianamente a persone che fanno dello svilimento del nostro idioma il loro vessillo.

    Nella poesia, più che altrove, "le parole sono importanti" come diceva Moretti: se iniettiamo continuamente nelle nuove generazioni l'immagine di una società che tratta la lingua in modo superficiale, perfino infastidito, sarà poi difficile aspettarsi che, all'improvviso e in massa, le persone decidano di riscoprire e rivalutare il peso - a volte gravoso - di ciascun termine.


  • User Attivo

    PERPETUITA'

    Finalmente, Leonov!... È la prima volta da anni che leggo con ammirazione e gusto un piccolo quadro di analisi, concernente la poesia, a cui mi dedico da una vita. Non perché concordi con me e mi citi? Ché avrai di certo capito che sono un presuntuoso, un anarchico, solitario e scettico; uno che s?è inventato da sé la sua filosofia ? come sistema di valori fondanti e di riferimento ? quindi essenzialmente ?autodidatta?? (Seppure abbia licenza e laurea, con anni di giornalismo dietro le spalle...) Ma perché hai detto cose sacrosante: organiche|articolate|sintetiche (è un mio ternario); grammaticalmente corrette in questa landa smisurata di sgrammaticatura che è internet (il che non è poco). E con quel tono/stile di scrittura di chi ha ? mi sembra ? convincimenti chiari, saldi, misuratamente appassionati? Bravo! Per questo ? permettimi ? aggiungo di seguito, a chiosa della tua nota lucida e puntuale un mio componimento... (Che intitolai tempo addietro con certa pompa...)
    eu.ro

    [LEFT]1° MANIFESTO POETICO[/LEFT]

    NOI ABBIAMO UNA OPINIONE DELLA POESIA?

    NASCE COME LINGUAGGIO NATURALE E BELLO,
    SI PERFEZIONA PER MILLENNI IN CRITERIO E METRICA,
    MUORE NEL NOSTRO TEMPO SCHIACCIATA DALLA MUSICA
    (ALTRA FORMA DI ESPRESSIONE ASSOLUTAMENTE ININTELLIGENTE).

    ORA, PONIAMO UN PROBLEMA?

    LA MUSICA**,**
    DIVENUTA SPROLOQUIO UNIVERSALE DA UNA MANCIATA DI SECOLI,
    SANCISCE DEFINITIVAMENTE LA DISTRUZIONE DELL?ANIMO DELL?UOMO?
    O È AUGURABILE, ANZI FATALE CHE IL RUMORE S?ACQUIETI
    AFFINCHÉ
    LA BELLEZZA DI** OGNUNO TORNI A RISPLENDERE COME FILI D?ERBA?**

    STIAMO CADENDO
    ? GOCCE DI CRISTALLO ?
    NELLA IMMENSA DISTESA DELL?OCEANO
    CHE MUGOLA?

    NOI SEGUITIAMO, INTANTO,
    A FORGIARE SECONDO QUEL CRITERIO VERSI
    (I QUALI ? SAPPIAMO ? CI ILLUDONO/SEGUITANO AD ILLUDERCI)
    RESTITUENDO AL DIVINO IL NOSTRO SCHIANTO, MA?
    PER NON ESSERE PIÙ CONFITTI
    CONTRO L?IMMANE FRAGORE DEL FONDO!


  • Consiglio Direttivo

    Per: Euro Roscini

    Un ringraziamento sentito per la tua positiva accoglienza e per le belle parole di apprezzamento che hai dedicato alla mia analisi: sono onorato che esse vengano da un utente di questo forum che si è distinto per l'attenzione all'idioma che usa nei suoi interventi e per la lucidità - a volte perfino affilata o appuntita - con cui valuta gli scritti altrui.

    Non voglio però sfuggire alle nuove osservazioni che hai proposto, dunque azzardo qualche altra considerazione:

    • La tua disamina della contrapposizione tra la Poesia e la Musica - se non ho capito male, il riferimento è indirizzato per lo più ad epoche post-classiche - mi interessa molto e credo meriti un più preciso inquadramento storico.

    Sono anch'io del parere che armonia, melodia e ritmo (quelli del pentagramma, non della declamazione) abbiano avuto nel tempo un'esplosione ed una diffusione di gran lunga più capillare di quella della poesia, ma non posso ignorare che i due generi hanno fatto un lungo pezzo di strada mano nella mano.

    Omero cantava la sua epica, così come Virgilio; gli eroi di Sofocle, a teatro, usavano ritmi e tempi "musicali" per scandire i dialoghi; il "coro", etimologicamente parlando, ballava prima di cantare.

    Tu stesso cerchi il metro, che è di per sé segno di ritmo, unito a quel miscuglio di proporzione, uniformità e simmetria che, opportunamente dosate, producono bellezza.

    Forse, in principio, l'esiguità dei mezzi tecnici e la minore invadenza degli strumenti musicali assicuravano un migliore bilanciamento tra suono articolato della parola e "tappeto sonoro" di accompagnamento, ma il connubio era presente, innegabilmente.

    Non credo però che tu avessi in mente i classici ed il loro mirabile equilibrio, dunque sarei portato a chiederti quando o dove, a tuo parere, la musica ha assalito la poesia alle spalle e l'ha tradita, emancipandosi e prendendo il potere. Sarebbe un contributo molto interessante su cui lavorare.

    • Una piccola ma doverosa precisazione relativa alla "sgrammaticatura che è internet": combatto fin dal mio primo contatto con la Rete una personale battaglia contro il linguaggio frettoloso e imperfetto che vi si può leggere diffusamente (ho trovato in questo spazio dei validissimi compagni di crociata), però accetto la prima e più importante "regola della casa".

    Chi ha creato il mezzo espressivo, come si legge nelle prime missive inviate tra i fondatori delle reti (ad es. S. Crocker, 1969, nella "RFC n.3", oggi manifesto dello scambio informazioni), voleva privilegiare il contenuto sulla forma e garantire a tutti una possibilità di esprimersi.

    L'idea può non essere condivisa da tutti, specie da chi ha tanto faticato per affinare lo stile, ma regala una preziosa occasione di parlare a coloro che magari hanno una buona idea, ma strumenti espressivi non del tutto all'altezza. Come i ragazzi con la poesia.

    Poiché gli strumenti possono sempre essere perfezionati, mentre le idee ci sono o non ci sono, per parte mia sono ben lieto di leggere post con qualche ingenuità o refuso (sono il primo a produrne su larga scala), se questo è il prezzo da pagare per scovare una scintilla di originalità.

    • La scelta della tua personale prospettiva filosofica triadica (mi suona inedita, ma non sono del ramo) mi sembra offra una possibilità importante per rianimare un dibattito troppo spesso cristallizzato ed ha inoltre il pregio di tentare una via supplementare al superamento della logica a due valori sì/no, vero/falso, che in certi casi ha fallito clamorosamente.

    Questa visione del mondo è troppo ampia per comprimerla in un fugace Off-Topic all'interno della presente discussione: ti invito pertanto ad aprire un nuovo fronte di dialogo in cui esporre in maggiore dettaglio un'idea che ho visto ritornare più volte nei tuoi interventi, ma che è stata sempre offuscata dalla necessità di seguire un argomento specifico.

    Fammi sapere: leggerò con attenzione del tuo sistema.

    • L'immagine delle gocce di cristallo che sprofondano nella distesa marina era, a mio modestissimo avviso, molto più forte e potente della più comune "gocce d'acqua nell'oceano", ma non meno delicata. Una scintilla illuminante.

    • Ultima minuzia, più personale, ma sempre di parole si tratta: scegli per descriverti quattro termini che suppongo frutto di accurata e consapevole scelta. Ovviamente ti ritrovo in essi, così come vi scorgo tutta la spregiudicata vis polemica con cui hai pepato certi post in precedenza.

    Almeno due parole, in quel poker, sono sottilmente antitetiche rispetto alla natura stessa del forum; tutte girano intorno a qualche concetto che hai di te.

    Tuttavia, non riesco a farmele bastare: la tua difesa della poesia è troppo accorata per provenire da uno scettico, la devozione verso le parole e i metri troppo alta per essere ricondotta ad un anarchico. Un solitario non sarebbe mai entrato in una comunità se non avesse ritenuto di avere qualcosa da dire a qualcuno interessato ad ascoltarlo; un presuntuoso se ne sarebbe andato alla prima critica.

    I fatti provano che stai esorbitando la tua stessa definizione di te. Mi sbaglio?

    Tutto ciò per dire che, fino a questo momento, hai sì mostrato la tua *pars destruens *con grande gusto e fermezza, ma non hai potuto occultare la *pars disputans *e, ancora più in fondo, la *pars costruens *propria di ogni buon filosofo.

    Abbiamo molto da edificare, in questa sezione: se puoi e se vuoi, non far mancare, oltre al contributo della tua ironia, anche quello della tua maieutica.

    Rispettosamente,

    Leonov.


  • User Attivo

    CERTO CHE NON È UNA RISPOSTA COMPLESSIVA!

    Intuitivamente/poeticamente
    (non potrei riflettere ? qui ? usando altra funzione mentale)
    il mio ?dove? e il mio ?quando? che mi chiedi,
    li colloco nel nostro Rinascimento:
    è in quel paio di secoli di mezzo
    che faccio germinare il pensiero moderno!
    Scientifico. Matematico. Politico.
    La prospettiva è coeva al pentagramma,
    le armi da fuoco alle rotte planetarie delle navi,
    il primo grande sommovimento della coscienza religiosa
    ? Lutero ?
    coevo alla stampa
    coevo alla polifonia che allietava dovunque le corti d?Europa
    (ed oggi qualsiasi diplomando di conservatorio lo indicherebbe nella sua tesi)
    al flauto, al liuto, alla viola da gamba? (a non finire).
    Né è stato il Musico ad assalire la Poesia
    vilmente
    prendendola da dietro
    come maschio di bestia la femmina; ma?
    Una idea nuova di Potere:
    sì!
    Essa schizza dal corpo dell?Uomo ? sai, come in ?Alien??
    Un?idea avida.
    Un?idea assassina.
    Un?idea che non riuscirà mai ad esaurirsi ma cresce indefinitamente.
    Che preferisce
    (è lì che comincia per sua stessa necessità
    come nutrimento, come rafforzamento, come impossessamento?)
    per i suoi innumerevoli uditori colti e piazze gremite da governare
    il bel suono demente alla trista parola concettuale:
    solo questo il Potere preferisce
    di dare in pasto
    ai suoi Popoli
    da mezzo millennio!
    (All?uomo comune la musica fa bene e non lo fa pensare: mi
    perdoni Vivaldi/mi perdoni Bach ? né dirò mai Monteverdi ?
    i quali pure ho amato quando avevo una mente fanciulla.
    Ma un?ottava di versi scipiti mi lascia un segno più marcato
    che un?ottava di spartito che ? pura ma per un solo attimo ?
    mi vibri
    nell?animo.)

    È inutile aggiungerti, caro Leonov, che la tua lunga nota (la chiamerei ? meglio ? approccio) meriti che mi dilunghi più organicamente, più dettagliatamente, più prosasticamente? Chi sa, i prossimi giorni forse.

    eu.ro :ciauz::()::D


  • Consiglio Direttivo

    Una replica molto celere e parimenti incompleta al chiarimento di Euro (non posso lasciare senza risposta chi così rapidamente ed educatamente ha soddisfatto le mie curiosità):

    • La tua lettura storico-sociale dello sfruttamento della musica da parte del potere è decisamente radicale e piuttosto eterodossa. Al momento non ho un'opinione precisa sulla cosa - non ci avevo mai pensato e sicuramente non avevo mai preso in considerazione un punto di vista del genere - ma conto di rifletterci a fondo in queste giornate e proporti l'esito delle mie considerazioni. Intravedo delle ipotesi, ma è tutto troppo nebuloso per poter essere messo su carta o su schermo.

    • Il solo fatto che tu abbia sfiorato l'idea di ampliare il discorso ed aprire le porte della tua filosofia alla mia curiosità mi onora e mi lusinga. Non era mia intenzione metterti fretta: scegli tu se, come, dove e quando affrontare il discorso, senza alcuna costrizione.

    • Il mio post precedente era sì un "approccio": il gioco, però, era scoperto e pubblicamente palesato (se ciò ti ha infastidito, chiedo scusa) e la "manovra" era dettata unicamente da profonda curiosità, genuino interesse e sincera voglia di capire, ad esclusivo beneficio della comunità di noi forumisti.

    Ed ora provo a spingere un po' più avanti la discussione, tornando al tema di fondo.

    Se la poesia non è morta - presupposto accettato credo da tutti, qui -, ma giace solo compressa, esiliata, soffocata, sostituita da altro (musica, prosa o tv deficiente che dir si voglia), quale sarebbe secondo voi la strada migliore per farle riguadagnare il posto che le spetta di diritto?

    Punteremmo sulla scuola e su una rivoluzione didattica? Su un maggiore spazio nei palinsesti dei mezzi di comunicazione? Su una migliore pubblicità per i poeti e le loro attività (concorsi letterari, pubbliche declamazioni etc.)?

    Quale insomma la ricetta - sempre che ve ne sia una - per rianimare e restaurare tale forma espressiva?


  • User Attivo

    Non cesso di stupirmi, Leonov!... Sei educatissimo, al limite della diplomazia di cui gli Italiani - non io - sono maestri. Ci trovo sempre, nel leggerti, attenzione, curiosità, benevolenza: dal mio punto di vista (che è anche, a volte, estrememente modesto, fino alla irrilevanza) potresti essere meglio in questo Portale di Giorgio/in questo Forum di poesia (poca) 'moderatore' più che 'esperto'. Ma tuttavia sento istintivamente che hai anche lo spessore di chi, più competente, si avvicina all'umano/altro da sé cercando di mettergli un po' di ordine addosso. Tenterò di proporre un topic sulla mia tridimensione, ma non mi attendo grandi esiti. Ora, veloce, rispondo invece al tuo quesito di cui sopra. Sì, c'è una strada: unica, infallibile, destinata... La TRIDIMENSIONE!
    Ciao, a presto
    eu.ro


  • User Attivo

    Ciao a tutti...
    La poesia non può morire, nel momento in cui riportassimo la scritta R.I.P. sapremmo che la parola non avrebbe più modo di esistere.
    Sopravviveverebbe come comunicazione legata a mero uso atropologico.
    Infondo l'uomo ha sempe usato la parola ma ne ha compreso la vera esistenza solo quando l'ha messa in versi...


  • User Attivo

    a Leonov

    Scusami, frate! La | poesia è cadenza, | ritmicità, conteggio; | è togliere ogni ambiguo | dall?idea che ti fai | d?un tuo lume d?immagine | (ed è questa già formula | di sostanza succosa.) | Scusa se torno a dirti | di riprendere il filo | d?un dissertare nostro | su quest?antica arte; | ma nuvolaglia grigia | peregrina nel cielo | serale e trascurato | di codesto argomento: | la poesia c?è ancora? | Se lo chiese con certa | trepidazione un Giorgio, | fondatore e profeta | del suo/del nostro Forum: | di quest?Angolo acre | dove perplessi ci | siamo rincantucciati. | (Fui io a tirarlo giù | dalla sua rocca, al prato, | a galoppare ancor | puledro per un tratto: | da un?ottobrata scorsa? | ? più d?un anno vi corre!) | A disquisir venimmo | tu ed io con piglio, acume, | faceti, elucubrati? | Tu, infioccati sull?arco | i tuoi dardi impietosi, | a pronunciare editto | con sguardo corrucciato; | io prima menestrello, | poi col cappello in mano | a guisa d?inchinarmiti | a proferirti lodi. | Sì, vorrei che prendessi | ancora questa favola | in mano come a redini | il cavaliere impavido | dà strappi e la sua béstia | conduce sul sentiero. | È che mi sento cupo | (di parole insensate?) | anch?io come quel tristo | nero di nubi che | cavalca all?orizzonte: | spavaldo, anche un po? tossico, | sfilacciato in chiarore | al limite del cielo | in questa notte prossima? | (ché già mi sta a spiare | dallo spigolo della | mia stanza d?antiquario). | Ma che vuol dir poesia | in rip/in rap/in trap?... | Basta ? il poeta esige ? | con gli sgorbi di sigle! | La dicitura stolida | intrappolata in gola | di chi qualcosa deve | pur dir per non tacere?... | e dirla presto e rapido, | rapido e a collo rotto?... | Ed a rotta di collo | volere avere fascino?!! | Che invece tace il nodo | non sciolto/anzi più stretto | (qui del mio comprendonio): | la trovata; lo svincolo | di cui si ha sempre tutti | bisogno urgente e santo. | La riflessione acuta | tace, che entrare a punta | ha, da friggerti il lobo; | la parola che scortica; | o un?idea come pietra | colorata e miliare. | No, tace tutto al solito | nella mia testa avida | di spunti, avvii e frustate. | Vuol dir ?disambiguare???!... | e che è quest'eresia?!! | Ha da morire il rip | poeticamente urlando!... | Così sapremmo tutti | che la parola del | poeta è quella sola | che ha la corona in testa: | le altre, simìli/analoghe, | son derivate/aborti, rimasugli di cerebro? | Non dirmi, frate ? tu anche ? | che è sigla/icona che | sfaccenda il suo servizio: | basta! ? dico io/poeta. | Non dirmi anche tu | ?vichì?, ?pedìa? od altro | quasi a voler dipingere | d?acquerello quel nero | imbrogliato che sopra | t?ho già detto è tramonto. | (Ed io ci perdo un?ora | a cercar di capire | dove vada a finire | quel rip/rap d?orizzonte! | Boh? Ma, poi, dov?è ito | il mio codice/gramma?) eu.ro

    ⭕fumato::ciauz:


  • User Attivo

    La poesia ci colpisce perchè non è solamente lingua aulica. Il linguaggio poetico agisce nell'intimo poichè trasforma la parola più comune e quotidiana in arte. Grande è il poeta che riesce a darle la sfumatura più inusuale. Di immaginabile potenza è l'uomo che trasforma una semplice onomatopea in poesia.
    L'arte della parola diventerà cenere quando si fossilizzerà ma il problema non sarà da porsi fin quando progredirà in un' evoluzione continua.

    ...Il problema del rip...

    Una semplice spiegazione può creare tanti crucci?? e allora cercherò di porre rimedio, onde evitare che Euro perda ore e ore nei suoi ingarbugliati pensieri:?

    Se ci focalizzassimo solo su un linguaggio poetico sarebbe limitativo, la poesia va usata nei modi e nei tempi adatti..
    La parola poetica non è l'unica a dover portare la corona, se pensiamo alla prosa ce ne renderemo conto..
    è assolutamente giusto porre il verso come il protagonista della lingua ma metterlo sul trono come unico mi sembra un'eresia..
    Questo vorrebbe dire limitare l'orizzonte della parola, mettere i paraocchi. Non è certo il mondo miglior per far valere le qualità espressive-linguistiche di una lingua..
    L'uso del rip ( che non ha valori poetici, o meglio io non sono in grado di far ciò) è finalizzato a spiegare. Il linguaggio serve a ciò, ed è nato per questo..non penso che il primo uomo esistito svegliandosi una mattina abbia detto " qual terso cielo che si stende sul mio capo mi riempie di soave gioia nel cuore" ma semplicemente "che bella giornata"... ora tu Euro mi dirai: " ma siamo su un angolo dedicato alla poesia" e tutto ciò è sacro santo ti risponderò. Ma se ci limitiamo a parlare come dizionari di poesia sembremo un gruppo intento a far intellettualismo fine a se stesso. A mio parere ci deve essere un equilibrio tra uso poetico e mero linguaggio di tutti i giorni..
    Io amo la mia lingua e trovo che sia bello usarla in tutte le sue sottili sfumature.


  • Consiglio Direttivo

    Due osservazioni sulla discussione:

    Per Dafne:

    Innanzitutto, piacere di leggerti e di conoscerti.

    La tua opinione sulla necessità di restituire dignità alla poesia senza per questo denigrare o rifiutare acriticamente la prosa mi trova pienamente d'accordo; non solo perché la scrittura piana è essenzialmente l'unico mezzo espressivo in cui riesco a cavarmela (se questo fosse l'unico motivo, sarei uno sgradevole utilitarista), ma anche perché, nel corso della Storia, la narrativa ha dimostrato di poter produrre opere di ottima qualità - per alcuni, me compreso, anche sublimi.

    Tanto per portare il discorso sul pratico, penso a Borges: sono un grande appassionato di poesia, ma ritengo che ci siano pagine dello scrittore argentino - non solo la mera narrativa, ma addirittura la saggistica e la critica - che valgono infinitamente di più rispetto a tanta poesia mediocre, insincera o scontata che è stata prodotta nei secoli passati.

    Non solo: in tempi che potremmo definire "non sospetti" ci sono stati autori, come l'Anonimo del trattato "Sul Sublime", che pur riconoscendo primati ed onori al verso ed al metro, hanno inserito tra i loro cataloghi frammenti di prosa (l'incipit del Genesi, le orazioni di Demostene, qualche passaggio di Cicerone).

    La poesia è diretta, eccelsa e contratta in modo esemplare, il che la rende spesso più efficace di altre forme di comunicazione, ma la prosa vende cara la pelle ed a volte si rende inesorabilmente necessaria; perdiamo un po' in altezza artistica, ma aggiungiamo spesso molto in comprensibilità del contenuto.

    I manuali di metrica, per dirla in breve, non sono mica scritti in trimetri giambici, distici elegiaci e strofe saffiche minori, ma in un pratico ed espressivo Italiano lineare.

    Per Euro:

    Il tuo contributo poetico è la prova manifesta che la poesia non solo non è morta, ma è in ottima forma: leggendo i metri e le strofe che produci non vedo infatti il tremito mortifero di un dinosauro che agonizza al tramonto della sua era, ma soltanto la zampata vigorosa del leone ingabbiato, che scalpita per uscire dagli angusti vincoli che lo umiliano e lo confinano ed è pronto a riaffermare la superiorità del suo dire su quello della prosa.

    Di passaggio: la tua immagine di me che pronuncio editti con viso corrucciato mi ha inorgoglito: sarebbe la prima volta che allo scopo il sovrano sfrutta il nano di corte, ma magari mentre mi dipingevi pensavi all'Hop-Frog di Poe, fosco e gelido nella sua piccineria.

    Mi è tornato così alla mente uno dei sonetti più dolenti e belli che abbia avuto la fortuna di leggere: l'*Ozymandias *di Shelley, che immortala il fiero cipiglio di un'antica statua crollata al suolo nel deserto, monito per i superbi e i sentenziosi di ogni epoca. Un gioiellino di tecnica ed atmosfera, che in sé ha tanto un'anima intellettuale e apollinea, quanto un genuino slancio romantico e viscerale, lontanamente dionisiaco.

    Allo stesso tempo, in un tuo gioco di parole con la coppia "rip/rap" ho trovato uno spunto laterale che potrebbe essere di qualche rilevanza nella presente discussione.

    Ho pensato appunto al rap. Mi spiego.

    Il rap, ramo della cultura hip-hop, è una forma di comunicazione che, da circa vent'anni, prova a restituire la forza ancestrale alle parole che il tappeto sonoro di melodia ed armonia aveva messo progressivamente in ombra.

    "Rap" è connubio disadorno di parole e ritmo: testi duri, violenti, sinceri fino a lambire una calcolata sfacciataggine; un fiotto di parole sputato, vomitato, rigettato sull'ascoltatore, però secondo la scansione di un ritmo unanime e perpetuo.

    Forma e sostanza che si inseguono, rispettando la prima canoni severi, la seconda abbandonandosi ad una narrazione senza filtri che, quando non asservita alle esigenze del mercato, colpisce allo stomaco con impensabile potenza.

    Un genere ripreso perfino da non musicisti, come testimoniano i corsivi di Alberto Arbasino su "La Repubblica", composti in forma di rap ed intitolati proprio così.

    Trascurando per un attimo il contenuto "musicale" del genere rap - che non è qui in discussione - né il giudizio sulla qualità dei singoli esponenti della corrente, vorrei conoscere l'opinione dei presenti sul rapporto che può (o non può) essere stabilito tra la poesia come l'abbiamo intesa finora e quel tipo di forma comunicativa.

    Abbiamo detto poc'anzi che occorre capire come fare per dare nuovo impulso alla produzione poetica di massa e su alti livelli.

    Mi chiedo se un più ragionato studio tecnico/critico del rap, delle sue scelte stilistiche ed espressive, della sua resa di temi e della sua storia non possa condurre un po' di giovani a rivalutare, attraverso il battito delle percussioni, la metrica classica ormai al tramonto.

    [Necessaria precisazione: personalmente non amo il rap e non ne sono un fruitore; penso, però, che se vogliamo proporre un modello nuovo per la poesia - modello almeno in parte compatibile con il nostro tempo - dobbiamo aggrapparci innanzitutto a ciò che offre il presente e trarre da questo le risorse per rifondare, pur se in una fase embrionale, la didattica e la divulgazione delle rime.]


  • User Attivo

    a dafne84

    la poesia ci colpisce perchè non è solamente lingua aulicaNon ho mai pensato né dirò mai che la poesia (per me forma espressiva privilegiata rispetto a quella prosastica) debba essere aulica: che sono matto?!! Il mio precedente mezzo/sproloquio in settenari, in stile ?aulicheggiante? ? è vero/forse ? è stato puro divertissement; ma avrei potuto scrivere la stessa cosa in stile astratto/metafisico; o in stile romantico, favolistico, tragico, o del cantastorie; sennò in stile popolano come va dalle mie parti. E perfino in stile giornalistico ? che m?è abbastanza congeniale ? mantenendo tuttavia la verseggiatura. E il verso settenario alternarlo a quello endecasillabo, o tutto endecasillabi; oppure nessun metro, in particolare, ma usare versi liberi/sciolti assecondanti più il recitativo, oppure il concettuale, il caricaturale? Perché la poesia è voce ? è un punto fondamentale che sostengo: va comunque/sempre recitata dopo averla scritta; restituita in voce, liberata/liquefatta nella sua vera anima comprendente e comprensiva che è la voce/soltanto la voce... viva/carnale/respirata/sudata/schizzata/sopita ? la VOCE!!! il linguaggio poetico agisce nell'intimoMacché!... nel cervello/soltanto nel cervello della gente/di chi la legge/ascolta se ce l?ha, il cervello: che è pensiero/intelletto/acume, prima ancora che sensibilità ? la tanto inflazionata ?sensibilità?. È riuscire a capire, è riuscire ad entrare? ? basta con queste frasette/luoghi comuni da recensore improvvisato d?arte di quotidiano di provincia, per cortesia!poichè trasforma la parola più comune e quotidiana in arteNo/non è soltanto ? quella trasformazione se veramente c?è/accade nella poesia ? di parole/di fonemi, di frasi, di frasette con varia punteggiatura ed ortografia, più/meno improvvisate o sballate o inesistenti il più delle volte. Ma è trasformazione di campo, di contesto, di clima, di paesaggio, di caratura, di cromaticità: smetti l?abitino da passeggio o la tuta da lavoro o che altro hai indosso abitualmente e ti metti una maschera, ti mascheri, diventi una maschera o tante maschere insieme; o magari soltanto/semplicemente denudandoti come madre t?ha fatto/come un verme ? ecco che cos?è il pensare/dire/essere poetico.grande è il poeta che riesce a darle la sfumatura più inusualeNo, nella maniera più recidente! Il poeta ?vero? fa il contrario che sfumare il suo linguaggio: stravolge, inventa, deforma, carica, spiazza, schiaffeggia, sorride sul tuo cadavere di uomo comune/medio/normale/sopito/quotidiano. Sfuma il suo discorrere il bottegaio, il politico, il professore; chi ti vende, chi ti vuole accalappiare in qualche modo, chi vuole bassamente incantarti. Anche l?innamorato sfuma/riesce a sfumare il discorso ? guarda!?di immaginabile potenza è l'uomo che trasforma una semplice onomatopea in poesiaMa dove siamo? dove mi trovo?!!... Già la onomatopea, per definizione stessa evocativa, naturalistica e scenica, è poetica. Se mai direi il contrario: è/può essere di capacità interessante, di bravura considerevole, di abilità straordinaria o quant?altro (non di ?inimmaginabile potenza? che la lascio ai cristi e ai budda ? qui si fa per me il linguaggio povero) chi trasforma/sa trasformare lo scolastico, il tecnico, il commerciale, la sua lunga/ininterrompibile/tremenda quotidianità in onomatopea/almeno in onomatopea ? già sarebbe qualche cosa dal mio punto di vista! l'arte della parola diventerà cenere quando si fossilizzeràEcco, appunto!... ma il problema non sarà da porsi fin quando progredirà in un' evoluzione continua(Per fortuna ci sono io!) ...il problema del rip...Veramente lo trascuro in questo Angolouna semplice spiegazione può creare tanti crucci??No, nessuno. Se mai pruriti di scrittura? e allora cercherò di porre rimedio, onde evitare che Euro perda ore e ore nei suoi ingarbugliati pensieri Ho detto soltanto un?ora e per scherzo, ?dilatato poeticamente? ? figurati!

    eu.ro :ciauz::ciauz::ciauz:


  • User Attivo

    ad Andrez

    Supponendoti curioso linguista e ?admin? propenso alla sperimentazione?

    Tre modi di proporre la stessa poesia (è Leonov che mi dà involontariamente lo spunto):

    1. versione (originale), 2) traduzione (letterale), 3) ritrascrizione (poetica). Su questo schema si può lavorare: successivamente, a tutto campo. Puoi fare proposte/altre per il Forum? Poeti e poesie, con voce e film, corredo di immagini e musica in sottofondo, eccetera/eccetera. Che ne pensi soprattutto? Io non sono un tecnico informatico, neppure minimamente, ma? (?Cercasi tecnici, a tutti i livelli, per arricchire questo topic ormai storico!!!?) eu.ro

    I met a traveller from an antique land
    Incontrai un viaggiatore, da una terra antica
    Mi disse un viaggiatore d?una terra
    ? antica ? che due gambe senza il tronco,

    Who said: ?Two vast and trunkless legs of stone
    Che disse: ?Due immense gambe di pietra senza tronco
    di pietra immensa, su un deserto, ritte

    Stand in the desert. Near them, on the sand,
    Si ergono nel deserto. Accanto a loro, sulla sabbia,
    stavano; e accanto a loro sulla sabbia

    Half sunk, a shattered visage lies, whose frown,
    Mezzo sommerso, un devastato volto giace, il cui cipiglio,
    mezzo sommerso e devastato un volto
    giaceva, il cui cipiglio e raggrinzito

    And wrinkled lip, and sneer of cold command,
    E raggrinzito labbro, e il ghigno del freddo comando,
    labbro in un ghigno freddo di comando
    **gli raccontavan che il suo scultore **

    Tell that its sculptor well those passions read,
    (Ci ) dicono che il suo scultore quelle passioni lesse ,
    quella passione ? proprio! ? volle leggerci?

    Which yet survive, stamped on these lifeless things,
    Che ancora sopravvivono, scavate su queste cose senza vita,
    E questa ? ancora ? gli sopravviveva:

    The hand that mocked them and the heart that fed.
    Alla mano che le derise ed al cuore che le alimentò.
    a quella mano che l?aveva irrisa.
    ed al suo cuore che l?alimentò.

    - And on the pedestal these words appear:
    E sul piedistallo queste parole appaiono:
    E queste, al piedistallo, le parole:

    "My name is Ozymandias, King of Kings:
    ?Il mio nome è Ozymandias , Re dei Re:
    ?Ho nome Ozymandiàs: son Re dei Re?

    Look on my works, ye Mighty, and despair!"
    Guardate alle mie opere, voi Potenti , e disperate!?
    Guardate, voi Potenti, la mia opera

    Nothing beside remains. Round the decay
    Nulla accanto rimane. Intorno alla rovina

    e disperate!? Nulla difatti accanto:
    se non rovina, un colossal relitto,
    senza confini e nude/piatte sabbie
    solitarie, estese all?infinito.

    Of that colossal wreck, boundless and bare
    Di quel colossale relitto, senza confini e nude

    The lone and level sands stretch far away.?
    Le solitarie e piatte sabbie si stendono all ?infinito?.

    P.S. La traduzione, l'ho presa in internet... Forse sarebbe bene citare la fonte e il sito: non saprei...

    :ciauz:


  • User Attivo

    Gli ultimi quattro endecasillabi della mia ritrascrizione hanno purtroppo un diverso carattere grafico... Se puoi rimediare - vedi un po'. Grazie!


  • Super User

    Poeti e poesie, con voce e film, corredo di immagini e musica in sottofondo, eccetera/eccetera. Che ne pensi soprattutto? Mi sembra un'ottima idea e senza dubbio la naturale traccia di sviluppo dell'Area Poesia; ora che hai il livello Esperto puoi già facilmente inserire immagini qui nei post, e poi forti dei potenti mezzi messici a disposizione dal Social, è possibile inserire filmati e registrazioni vocali con altrettanta facilità.

    P.S. La traduzione, l'ho presa in internet... Forse sarebbe bene citare la fonte e il sito: non saprei... Quando prendiamo materiale da internet a scopo non auto promozionale è sempre bene citare la fonte. :ciauz:


  • Consiglio Direttivo

    Nell'attesa di completare alcune repliche in arretrato per Euro su vari fronti di discussione, una fulminea parentesi Off-Topic:

    Complimenti per lo "scatto" di carriera: ora aumentano le prerogative, ma anche le responsabilità. Benvenuto nel livello successivo del percorso.

    A presto.

    Leonov


  • User Attivo

    Esperimenti

    CESARE CAPORALI / ?Sopra una che si fa monaca? (sonetto).
    Diman vedrem con nostro grave danno, | Amor, se ciò soffrir meco potrai, | partir colei che con gli ardenti rai | mi nodria d?un soave, e dolce inganno. || E dal secol noioso, in ch?io m?affanno | pur di tenerla intempestivo omai, | girsen bella, e leggiadra più che mai | là dove questo cor seco condanna. || Ivi di religioso abito, e puro | la scorgerem vestita, e sue parole | s?udiran dai sospir nostri interrotte. || Ma s?esser dee diman caso sì duro | vattene e più non ritornare; o Sole, | ch?io prego agli occhi miei perpetua notte.
    Abito vicino a una stradina, in Porta Sant?Angelo/il mio borgo medioevale, che chiamiamo, noi dei paraggi, ?Vicol lungo?. In realtà la sua lapide recita: Via Cesare Caporali?

    WILHELM REICH (1897-1957): da ?Ascolta, piccolo uomo? (versi liberi/sciolti)
    Tu uomo anonimo/ripetibile | che politica/finanza | un rimasuglio di prìncipi | e un pugno di pontefici | con gli alti borghesi ch?aprono i cancelli delle fabbriche | e l?autorevolezza | dei grandi professori ? chi ti promuove/ti boccia... || Tu/uomo comune che sei | hai il futuro assegnato senza doverti | preoccupare del passato |(che hai terribile dietro le spalle | e devi pure conoscere). || Poiché medico calzolaio meccanico | lavandaia (ancora ce ne sono) | operaio lustro di tuta (ormai coi guanti) | un impiegato/eterno travet promosso sul campo a ?dirigente? | ? tutti devono conoscere i propri difetti | se vogliono compiere il loro lavoro | e meritarsi il loro pane. || Ma tu, uomo comune/uomo libero | che educhi e critichi come padre insegnante bottegaio | o fratello o istruttore od amico | sei esente dall?unica vera tua educazione: | quella all?autocritica di te e all?autogoverno della tua vita?
    Chi non lo conosce?... Quand?ero giovane era d?obbligo! Adesso sto pensando che letture difficili e cruciali di pensatori a vario livello, qua e là potrebbero essere abbreviate/riproposte ?poeticamente?. Che ne pensi Andrez?

    QUASIMODO/?Ed è subito sera?: ?Ognuno sta solo sul cuor della terra*(?Ognuno è solo sul cuor della terra? è un possibile endecasillabo ? alternativo ? forse sfuggito al poeta) | trafitto da un raggio di sole: (perché i due punti?... ? verso novenario)* | ed è subito sera.**? (un perfetto conclusivo settenario scelto da Quasimodo come titolo ? pessima abitudine poetica). Nel primo verso il tema della solitudine, nel secondo dell?eroismo, nel terzo della caducità. Non si avverte il minimo sentore di criterio metrico: i tre versi paiono concepiti secondo questo scarno/essenziale schema concettuale. Né la punteggiatura dà stimoli a chi voglia recitarla, questa (comunque) mirabile poesia...

    CONFUCIO/massima:«Una volta ho passato tutto il giorno senza mangiare e tutta la notte senza dormire per riflettere; ma non ho ricavato alcun utile. Non c?è nulla meglio dello studio.»
    **(ritrascrizione in endecasillabi) **Il Maestro mi disse che quel giorno | gli era scivolato tutt?intero | in riflessione, senza aver mangiato | né dormito e senza ricavarne | alcunché di utile. Mi ribadì | dunque ? a farmi la morale ? che | non c?è nulla di meglio dello studio, | che non dà spazio ? pare ? a riflessione!
    Chi studia non si scorda di mangiare e di dormire, e chi riflette si dimentica della propria fisiologia. Ma lo studio ? vorrei ricordare al Maestro ? utile professionalmente, è psicologicamente frustrante; e se poi ci si aggiunge sonno pesante e pancia gonfia, vale quanto una bastonata. Senza contare che lo studio contorce l?intelletto più che acquietarlo, illudendo di riflessione sofisticata più che di giudizio auto/critico.

    CARDUCCI/?Pianto antico?: L?albero a cui tendevi | La pargoletta mano, | Il verde melograno | Da? bei vermigli fior, ...
    (ritrascrizione in versi liberi/sciolti) L?albero | a cui tendevi la mano? ? pargoletta! ? | il melograno verde dai fiori belli e vermigli | nell?orto muto e solingo | è rinverdito! | E giugno lo ristora di luce e di calore. | Tu, tu? | fiore della mia pianta percossa | ? inaridita ? | tu della mia vita inutile | fiore | estremo ed unico. | Sei nella terra fredda. | Sei nella terra negra. | Né il sole ti rallegra più | né amore ti risveglia.
    *Il verso è settenario e le strofe quartine; inoltre l?aggettivazione accompagna ogni sostantivo prima/non dopo, mentre la nostra lingua si sviluppa a destra; infine ogni strofa chiude con una parola tronca come rintocco. È meglio rendere questa poesia ? domestica, scontata, dolorosa, toccante, intima, minuta... ? più discorsiva/meno cantilenosa, no? (È un consiglio che do a quella classe di operatori culturali ? per me discutibili istruttori di lingua ? che sono i professori di lettere dei nostri licei e delle nostre università.) *

    eu.ro ❌x❌x❌x