• User Attivo

    L'inferno dantesco

    Delle tre cantiche di cui si compone la Divina Commedia, l' Inferno è senza dubbio la più conosciuta e quella che tutti considerano come la più bella. Forse questo giudizio, su cui pesa l'eredità non sempre preziosa della critica romantica, andrebbe quanto meno temperato. Resta il fatto però che la potenza drammatica della rappresentazione dell'Inferno e dei suoi dannati non sarà mai più eguagliata.

    E questo non per inaridimento della vena poetica ma per oggettiva condizione dell'argomento della narrazione. Ha detto Salvatore Battaglia che l' Inferno è la più realistica delle tré cantiche. Si riferiva ovviamente all'incisività delle situazioni, alla fisicità che trasuda da ogni verso, alla disperazione e alla grandezza, alla viltà e alla forza, alla tracotanza e alla commozione, a tutte quelle manifestazioni, insomma, dell'animo umano partecipe di ogni contraddizione. C'è carne e sangue nell ' Inferno dantesco.


  • Super User

    La figura di Lucifero che inghiotte le anime dei morti è quanto di più spaventoso possa esserci perchè non finisce con il mangiarli e basta...ma li riproduce, per non dire altro, e conntinua e continua...
    Io purtroppo non ho mai approfondito l'universo Dante...quel parlar che oggi sarebbe inteso come ostrogoto...ma di certo c'è che da proprio l'idea che quelle non siano anime ma carne viva, pulsante, carne destinata a non morire mai e soffrire per sempre...mi spaventa la cosa, davvero.


  • Consiglio Direttivo

    @ Filini: concordo con il tuo giudizio e la tua citazione di Battaglia, che ha ben colto la questione della rappresentazione ed ha individuato nella maggiore "carnalità" dell'Inferno una delle più efficaci ragioni del suo successo.

    Vorrei qui spezzare però una lancia a favore del Purgatorio e del Paradiso, che forse potrebbero essere maggiormente apprezzati con un po' di premesse.

    Nel costruire il suo mondo ultraterreno, Dante ha avuto appunto il problema di rappresentare degnamente l'aldilà; egli ha pescato a piene mani nella grande tradizione medievale, ma anche lì i modelli per l'Inferno abbondavano (ne parlo di passaggio tra un po', rispondendo a Pikadilly), mentre sul Purgatorio e sul Paradiso si spendevano sempre meno parole.

    Il che, se ci pensiamo, è ovvio: all'Inferno si possono vedere distintamente delle scene, che già nel Purgatorio diventano visioni; perdono cioè di consistenza e definizione, come immagini sfocate che si fanno progressivamente più sfumate.

    In Paradiso, poi, si arriva alle parvenze: percezioni così lievi da essere quasi impossibili da descrivere, da rappresentare, da mettere su carta.

    Dante però ci riesce, ed è qui uno dei suoi grandi meriti: l'aver trovato la lente giusta per mostrarci anche ciò che nessun altro aveva saputo descrivere con tanta nettezza.

    Se dunque, nelle profonde cavità infernali, il poeta dà prova di vera e propria arte fotografica, non è da meno la sua bravura in ambienti più "fumosi" ed evanescenti, che pur prestandosi intrinsecamente meno alla descrizione, ci vengono restituiti praticamente interi e completi, come un ritratto non meno vivido di quello dell'Ade.

    Forse l'Inferno è davvero l'opera più "riuscita" delle tre (oggi diremmo "un successo di critica e pubblico"), ma Purgatorio e Paradiso meriterebbero più spazio e più attenzione alla capacità evocativa di Dante, che è riuscito a dare forme e volumi anche alle nubi dei Cieli, ed una caratterizzazione geometrica di magnifica esattezza a Dio stesso, per definizione l'essere meno rappresentabile di tutti.

    Che cosa ne pensi?

    @ Pikadilly: il Lucifero che divora fisicamente le proprie vittime (per Dante sono sempre e solo tre: Giuda il traditore di Cristo, Bruto e Cassio gli assassini di Cesare) è una riproposizione di un classico argomento medievale, quello del "verme della coscienza", che da tarlo metafisico e metaforico diventava, nelle visioni dei mistici, un vero lombrico di taglia variabile che rodeva il corpo delle anime dannate.

    In alcune deliziose miniature medievali, addirittura, è l'intero Inferno ad essere sagomato come un verme o costituito da un unico essere vivente - il Leviatano, creatura di cui si legge nella Bibbia (animale mitologico legato ad una fusione di coccodrillo, ippopotamo ed altre specie fluviali dell'Africa o del Medio Oriente).

    Di questa tradizione, forse l'unica traccia nell'Inferno letterario di Dante è l'iscrizione sulla porta ("Per me si va nella città dolente..." etc.), nella quale sembra che a parlare non siano i diavoli o il Male, ma più semplicemente l'Inferno personificato.

    Non c'è dunque più una bocca masticante ad accogliere i dannati, che secondo alcune tradizioni apocalittiche venivano fisicamente inghiottiti dal mostro e quindi smistati nei vari gironi, cerchi o bolge, ma solo una più sobria scritta, un cartiglio inciso o una lastra scolpita.

    I vermi tornano solo poco dopo, per una fugace apparizione, quando fanno da tappeto brulicante agli Ignavi (coloro cioè che in vita non fecero né il Bene né il Male, dunque indegni sia del Paradiso che dell'Inferno), con corredo di mosconi. Poi non se ne sente più parlare.

    Dante forse trasferisce la tradizione dello "Inferno vivo" nella scena di Lucifero che sgranocchia i tre dannati, uno dei suoi infiniti esempi di metafora ed allegoria, mentre altri autori, pittori e scultori avevano scelto diversamente.

    La storia delle rappresentazioni iconografiche dell'aldilà è tra i capitoli più affascinanti della Storia dell'Arte; sarebbe bello poter tornare sull'argomento e discutere qualche miniatura o bassorilievo o altra opera.

    Che ne dici?


  • User Attivo

    Ciao, intanto auguri, grazie anche per il benvenuto!... (Vedo che non ti si può lasciare qualche giorno che già sei 'moderatore' e di questo passo, non sarà caduto il mio compleanno a marzo, che avrai eguagliato Andrez - prevedo: bene!!!) eu.ro


  • Consiglio Direttivo

    @euroroscini said:

    Ciao, intanto auguri, grazie anche per il benvenuto!...

    Prego, è un piacere, prima che un dovere di ospitalità.

    Ricambio gli auguri per le feste: saranno giorni un po' convulsi, quelli in arrivo, ma ricaverò del tempo per godere del poemetto che hai voluto regalare - inusuale ma gradito dono natalizio - al Forum GT e che ora è reperibile nella sezione "Poesia e Versi", nella discussione intitolata appunto "[url=http://www.giorgiotave.it/forum/poesia-e-versi/99512-stabant-inferi-di-euro-roscini.html]Stabant Inferi".

    Estendo parimenti felicitazioni e buoni auspici a tutti i gentili visitatori di quest'area invitandoli, se vorranno, ad aprire discussioni, aggiungere commenti, suggerire argomenti e intervenire su questo ed altri temi presenti qui - o nell'area "gemellata" dedicata a Poesia e Versi.

    A rileggerci presto, con tutti voi.


  • User Attivo

    Già l?attacco di questo poema grandioso ?Nel mezzo del cammin di nostra vita | mi ritrovai?? mi suona un po? come ?io speriamo che me la cavo?. Più gradevole/più umano, sicuramente meno banale, finanche metricamente più elegante sarebbe stato ?Nel mezzo del cammino di mia vita | mi ritrovai?? Questo lo dico senza molto crederci, naturalmente!... Ma mi serve a descrivere ? a chi eventualmente legga queste mie poche righe ? il mio approccio abituale alla ?Commedia? (che è poi il vero titolo che l?Alighieri dette ai suoi dieci/dodicimila versi (?): nessuna ?divina? ? qui, il Poeta ebbe il gusto di trattenersi).

    Mi accosto sempre a Dante ? cioè ? con circospezione e sospetto; spinto il più delle volte da un interesse temporaneo e circostanziato. E comunque rassegnato a sprecar tempo a leggere più le note fitte che dovunque lo spiegano poco e male e lo interpretano invece troppo e carico. E tuttavia anche un po? curioso di vedere qua e là come egli ricuce il discorso ? poeta malizioso e linguista furbo ? che gli frantuma la regola puntuale della ?terza rima?? Giacché si dà il caso che per una strada simile anch?io ci sia passato, componendo un poema originale e filosofico, non moralistico/non crudele, anzi costruttivo e mite, che ho voluto distribuire in trenta canti per un totale di milleottocento versi endecasillabi in rima incatenata. (Gli endecasillabi della Commedia con tutti i loro privilegi linguistici ? lo dico subito a titolo d?eresia ? mi piacciono meno dei miei che ho dovuto faticare con una lingua già strutturata e inalterabile!)

    Ma questo non è il punto? Ognuno pensi ciò che vuole sullo ?stupefacente?, ?ineguagliabile?, ?divino? poeta bla bla bla; seppure non abbia (il commentatore di turno) composto un endecasillabo in tutta la vita né ci riesca: Croce docet!? ? era solito dire meglio non saper scrivere endecasillabi come faccio che scriverne brutti). Il punto è un altro?

    Penso che in un tempo di secoli sia piaciuto più l?Inferno di Dante che il suo Paradiso per una ragione semplice: non tanto estetica quanto psicologica? Con l?educazione cristiana/cattolica che ognuno ha dietro le spalle ? piegata alla sofferenza, alla astinenza, al sacrificio ? la coscienza dell?uomo comune è più rivolta ad evitare di soffrire (ma parallelamente informarsi il più possibile sullo stato di una maggiore probabile sofferenza) che a desiderare di godere. Per il godimento forte, d?altra parte, ci sono pochi parametri di riferimento oltre l?orgasmo, la buona cucina e il dolce far niente (tutti e tre condannati/esclusi ? guarda caso ? dalla morale corrente). Come potrebbe, dunque, il nostro ?peccatore usuale? ? oggi come ieri ? manifestare più curiosità ed invogliarsi per un ?paradiso? vago e impalpabile e addirittura non incuriosirsi e non terrorizzarsi per un Inferno ?carnale??

    eu.ro ⭕eheh::ciauz:

    P.S. Per Leonov. Grazie per avermi avvertito/interpellato per la trasposizione: non avrei posto nessun problema. Che forse te ne ho creati? Comunque il mio "Stabant Inferi" (non te ne sei accorto) era proprio un libricino e una pubblicazione!


  • Consiglio Direttivo

    Di nuovo ben tornato, Euro.

    Contemplo con sommo gusto queste tue ultime riflessioni, in cui ravviso molte ipotesi più che fondate e un'analisi acuta e acuminata dei fondamenti su cui è costruito l'aldilà dantesco.

    Ho molto apprezzato l'opportuno riferimento al titolo originariamente dato al poema dallo stesso autore, cioè semplicemente "La Commedia", chiamata "Divina" solo in un secondo tempo - e chissà che quel piccolo aggettivo (idea di Boccaccio, se non erro) non abbia causato gigantesche deviazioni di prospettiva nel pubblico e nei critici, spalmando una patina di sacralità dove proprio non c'era.

    Ha sostenuto Herbert Vorgrimler nella sua "Storia dell'Inferno" (ed. Piemme) che i cento canti redatti da Dante sono solo un catalogo globalmente ben costruito di "premi & punizioni" assegnate dall'autore a propri amici e nemici personali.

    Sono in manifesto disaccordo con questa tesi - preferisco al contrario concordare con Borges, che nei suoi "Saggi Danteschi" considerava la Commedia il più grande poema epico della Storia (e l'Argentino ne aveva lette, di poesie da ogni parte del mondo e da ogni epoca) - ma in essa posso ravvisare anche qualche vaga traccia di verosimiglianza, dal momento che gli attacchi personali sono innegabili e ben visibili.

    Sulle ragioni che ci spingono a preferire le Plutonie Rive ai Nove Cori Angelici, sottoscrivo pienamente le tue opinioni di natura psicologica, legate ad una cultura - quella cristiano-cattolica - innegabilmente oppressiva e censoria, che vede con occhio molto severo la terna "Bacco, Tabacco & Venere", o più in generale i cosiddetti piaceri della vita.

    Sarebbe ora da discutere il problema delle "sfumature", quanto cioè sia considerato lecito o illecito nel piacere dalla morale dei cattolici, ma questa non è la sede adatta, anche perché la morale e il diritto canonico hanno subito vari rimaneggiamenti dal tempo di Dante.

    Aggiungerei a tutto quanto appena affermato alcune ragioni di natura "iconografica" o "artistica" che dir si voglia.

    Rappresentare il Male, da sempre, è più facile, dal momento che basta invocare elementi inquietanti, deformità, visioni di corruzione fisica e putrefazione.

    Senza contare il fatto che il mondo cristiano ha relegato a demoni tutte le rappresentazioni dell'ultraterreno facenti capo alle culture precedenti, anche quando si parlava di divinità positive, neutre o indifferenti.

    Ecco dunque che il sobrio, severo ma giusto Ade diventa il "vecchio Pluto", che l'impiegatizio Caronte assume "occhi di bragia", che gli eroici Centauri vengono declassati ad arcieri per punire i violenti, e i Giganti vincolati in un pozzo e trasformati in meditabondi carcerati o cerebrolesi farfuglianti (è il caso del gigante Nimrod, mitico re di Babele e responsabile della confusione delle lingue).

    Ben più difficile invece rendere il Paradiso, le sue architetture eteree ed i suoi abitanti immaginari. L'Aquila che si forma riunendo le anime dei beati potrebbe essere un calco dall'idea del Simurgh (almeno secondo Borges), uccello mitologico che si costituisce dall'unione mistica di altri trenta volatili sopravvissuti ad un viaggio iniziatico.

    È quasi impossibile, allora, descrivere visioni altrettanto potenti nel caso del Paradiso (già va meglio nel Purgatorio, ancora "fisico" e dunque agevolmente visualizzabile anche ricorrendo a miti classici, come Aracne), che deve vivere di evocazioni, allegorie, metafore più lievi e segrete, più evanescenti e diafane.

    Poscritto:

    @euroroscini said:

    P.S. Per Leonov. Grazie per avermi avvertito/interpellato per la trasposizione: non avrei posto nessun problema. Che forse te ne ho creati? Comunque il mio "Stabant Inferi" (non te ne sei accorto) era proprio un libricino e una pubblicazione!

    Giammai ti ho ritenuto fonte di problemi - viceversa, sei sorgente inesauribile di stimoli - né ho dubitato che la tua opera potesse essere un libro a stampa edito e pubblicato regolarmente.

    Come ho scritto altrove, è stata la sua forma in poesia a consigliarmi un suo spostamento in un'area più consona, dedicata per l'appunto a rime e metri, oltre al suo distaccarsi piuttosto netto da una discussione che (a dispetto del titolo) si interrogava sulla terna di cantiche e non solo sulla prima.


  • Super User

    ?Nel mezzo del cammin di nostra vita | mi ritrovai?? mi suona un po? come ?io speriamo che me la cavo?. Più gradevole/più umano, sicuramente meno banale, finanche metricamente più elegante sarebbe stato ?Nel mezzo del cammino di mia vita | mi ritrovai?

    Geniale! 😄

    L'ho letto e sentito mille volte questo inizio ma non ho mai badato a questa apparente contraddizione.

    Dante avrà avuto certo i suoi buoni motivi, e magari ora qualcuno ce li spiega pure, ma l'ipotesi di un dantesco* io speriamo che me la cavo* è davvero squisita. 🙂


  • User Attivo

    Auguri, Andrez!... Risentiamoci il prossimo anno a tentar di rinsanguare quella sezione poetica, di là, che vedi da te come è anemica e gracilina. Vorrei anche che mi dessi dei consigli sulla riedizione di alcune mie operette (abbondantemente rivedute e corrette) che sto progettando in questi giorni. Poi c'è facebook: lì comincio ad esserci tutt'intero e senza paraventi! Ho già mandato un 'invito d'amicizia' a Giorgio Taverniti, ma niente; chissà... Anche tu datti una regolata al riguardo; anzi, approfitto per chiedere a tutti i possibili 'amici' di questo Forum di mettersi in contatto con me (se del caso): lì non hanno molto senso fandonie, bluff e nickname, ma occorrono nomi e cognomi veri con indirizzi precisi e quant'altro. Comunque, per quanto ci riguarda... rimaniamo pure come siamo - mi va benissimo! Ancora un saluto, e che l'Ariete ti proietti e la Bilancia ti riequilibri sempre, ciao, eu.ro


  • Super User

    Contraccambio volentieri gli auguri caro Euro. 🙂

    Perdona mie possibili cafonerie in facebook; sono appena entrato, non lo conosco per nulla e cerco di evitare ciò che non riconosco.

    Per inserimenti di tue opere nell'Area Poesia o nel Social gt possiamo sempre parlarne, valutando assieme quella che potrà sembrarti la formula più adeguata. :ciauz: