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Quando si considera concluso un contratto a mezzo e-mail?
La posta elettronica costituisce senza dubbio un valido strumento sia per l'invio della proposta e dell'accettazione, sia per rispondere a offerte commerciali contenute sul Web. Se il contratto viene concluso per mezzo della posta elettronica non sembrano esservi particolari difficoltà ad applicare alla fattispecie l'art. 1335 c.c.. Il contratto si conclude quando l'accettazione giunge all'indirizzo del proponente. Poiché la norma dell'art. 1335 c.c. non fornisce alcuna definizione del termine "indirizzo" si è posto, in dottrina e in giurisprudenza, il problema di definire la suddetta espressione. Più in particolare ci si è chiesto se esso indichi la residenza del proponente, il suo domicilio effettivo o quello eletto. Si ritiene che l'indirizzo coincida con il luogo più idoneo per la ricezione e quindi con il luogo indicato dal proponente o in mancanza in base a un criterio di collegamento ordinario (dimora o domicilio) o di normale frequenza (luogo di esplicazione di un'attività lavorativa). Non vi è dubbio, quindi, che qualora il proponente abbia fornito il proprio indirizzo di posta elettronica e questo sia stato utilizzato da terzi per l'inoltro della dichiarazione negoziale, la fattispecie rientri nell'art. 1335 c.c. Ciò trova conferma anche nel Regolamento di attuazione della legge n. 59/1997 che contiene un'importante norma in tema di indirizzo elettronico. L'art. 1 definisce l'indirizzo elettronico come "l'identificatore di una risorsa fisica o logica in grado di ricevere e registrare documenti informatici". Sotto questo profilo la casella postale ubicata sul server dell'Internet provider potrebbe essere considerata come "indirizzo elettronico" dal momento che costituisce un sistema informatico in grado di ricevere e registrare il documento. Risolto il problema dell'indirizzo, ci si domanda a questo punto, quando il contratto si conclude, dal momento che l'art. 1335 c.c. sembra volere anticipare tale momento all'arrivo del documento all'indirizzo del destinatario, momento che normalmente interviene in una fase anteriore a quella della conoscenza vera e propria. Si ritiene infatti che l'art. 1335 c.c. introduca una presunzione di conoscibilità e non di conoscenza.Il contratto si conclude quando il messaggio contenente l'accettazione giunge presso la casella postale ubicata sul server dell'internet provider, o quando il destinatario prende effettiva conoscenza della posta arrivatagli, scaricandola sul proprio computer?
La prima soluzione sembra essere quella più rispondente al dettato normativo dell'art. 1335 c.c.: infatti, la norma non richiede la conoscenza effettiva dell'accettazione, ma la sua conoscibilità e, conseguentemente impone al proponente l'onere di provare che l'accettazione, sebbene giunta al suo indirizzo, è stata da lui incolpevolmente ignorata. Ne consegue che il proponente deve controllare la propria posta in arrivo poiché non può invocare a propria discolpa il fatto di non avere avuto conoscenza del messaggio. Solo l'impossibilità senza colpa di conoscere l'accettazione può esentare da responsabilità il proponente. Nel caso di reti telematiche questa impossibilità potrà, per esempio, dipendere dal mancato funzionamento del sistema informatico del provider o dello stesso proponente.Quando si considera concluso un contratto a mezzo web?
Navigando in Rete si incontrano siti commerciali nei quali le imprese espongono i propri prodotti o cataloghi elettronici che l'utente può consultare all'interno di una vero e proprio supermercato virtuale. In questi casi il meccanismo di conclusione del contratto avviene nel seguente modo: l'utente che è intenzionato ad acquistare dovrà compilare un formulario elettronico. Si tratta di moduli predisposti dalla parte venditrice che vengono visualizzati sul computer del compratore quando questi accede al servizio di vendita telematica. All'utente verrà quindi chiesto di compilare questo modulo inserendo le proprie coordinate d'identificazione, il codice del bene che intende acquistare, le quantità desiderate, il luogo della consegna, il momento e le modalità del pagamento. In questo caso il tempo di conclusione del contratto coinciderà con quello in cui gli impulsi elettronici che trasmettono l'accettazione giungono al sistema informatico del proponente incontrandosi con gli impulsi elettronici contenenti la proposta.Come si stabilisce il luogo della conclusione di un contratto concluso in internet?
Stabilito il tempo di conclusione del contratto non resta che esaminare quale sia il luogo della sua conclusione. Sebbene l'art. 1326 c.c. regola soltanto il momento della conclusione del contratto sia dottrina che giurisprudenza ritengono che il primo comma della norma possa essere riferito anche al luogo della conclusione del contratto. Il contratto è concluso nel luogo in cui il proponente ha conoscenza dell'accettazione. Con riguardo ai contratti conclusi via fax (i quali presentano una qualche analogia a quelli conclusi via Internet) la giurisprudenza chiarisce che il luogo di conclusione del contratto coincide con quello in cui si trova il fax che contiene l'accettazione. Se applichiamo questo principio a Internet, dovremmo ritenere che il luogo coinciderà con quello in cui si trova ubicato il server contenente la casella postale del proponente o quello in cui si trova l'elaboratore o il terminale che riceve gli impulsi elettronici dichiaranti l'accettazione.Che tipo di tutela ha il consumatore quando acquista via internet?
Nel momento in cui un contratto è concluso tra un consumatore e un commerciante di prodotti e di servizi on line, specifiche normative a tutela del contraente più debole regolano questo tipo di transazione. Gli operatori commerciali attivi su Internet dovranno prestare attenzione a queste normative e conseguentemente adeguare le proprie proposte contrattuali di vendita di beni o di prestazione di servizi alla disciplina del D. Lgs. 50 del 1992 e della direttiva Unione Europea n. 7 del 1997. Infatti il D.Lgs. n. 50 del 1992 disciplina i contratti di fornitura di beni o di prestazioni di servizi stipulati fuori dai locali commerciali tra un operatore commerciale e un consumatore mediante l'uso di strumenti informatici o telematici, mentre la direttiva europea 97/7 riguarda la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza. E' da segnalare inoltre che il Regolamento di attuazione della legge n. 59/1997 ha riconosciuto che ai contratti stipulati per via telematica si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 50/1992 ha individuato, quale legge regolatrice del contratto, quella del foro del consumatore. Questa precisazione risulta, peraltro, superflua dal momento che già il D.Lgs. n. 50/1992 prevede espressamente che le norme in esso contenute si applicano anche "ai contratti conclusi mediante l'uso di strumenti informatici e telematici". Il D.Lgs. n. 50/1992 si incentra essenzialmente sul riconoscimento del diritto di recesso da parte del consumatore, mentre la Direttiva appare più organica e dettagliata. La Direttiva definisce contratto a distanza: "qualunque contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza, organizzato dal fornitore che per tale contratto impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso". Per tecnica di comunicazione a distanza si intende qualunque mezzo che senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore possa impiegarsi per la conclusione del contratto. Tra queste la Direttiva prevede la posta elettronicaQuali obblighi ha il fornitore di merci e di servizi nei confronti del consumatore?
La Direttiva impone al fornitore una serie di obblighi che vanno:-
dall'obbligo di comunicare al consumatore prima della conclusione del contratto una serie di informazioni preliminari (identità del fornitore, caratteristiche essenziali del bene o del servizio, prezzo, eventuali spese di consegna, modalità di pagamento, esistenza del diritto di recesso ecc.)
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a quello di confermare, per iscritto o su supporto duraturo, le informazioni preliminari di cui sopra all'atto dell'esecuzione del contratto o al più tardi al momento della consegna
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all'obbligo di eseguire l'ordinazione entro trenta giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il consumatore ha trasmesso l'ordinazione al fornitore
In caso di mancata disponibilità della merce richiesta, il consumatore ne deve essere informato e deve essere rimborsato delle somme eventualmente pagate non oltre il termine di trenta giorni.
Che cos'è il diritto di recesso?
La Direttiva europea, considerato che il consumatore non ha in concreto la possibilità di visionare il bene o di prendere conoscenza della natura del servizio prima della conclusione del contratto, riconosce al contraente debole un diritto di recesso entro sette giorni lavorativi senza alcuna penalità e senza dovere specificare il motivo. L'unico onere che può essere imposto al consumatore è quello di accollarsi le spese di spedizione dei beni al mittente. E' da notare che il termine di sette giorni decorre dal giorno del ricevimento del bene solo ove siano stati soddisfatti gli obblighi di conferma scritta delle informazioni preliminari di cui sopra. Altrimenti il termine per l'esercizio del diritto di recesso è di tre mesi. Il rimborso del prezzo deve avvenire entro trenta giorni. Va sottolineato che il diritto di recesso non è previsto nel caso in cui l'oggetto del contratto sia costituito da un programma di elaboratore. Evidentemente si teme che il consumatore possa copiare il software e quindi esercitare il diritto di recesso per ottenere la restituzione del prezzo pagato. Non bisogna tuttavia trascurare il fatto che gran parte dei contratti conclusi via Internet hanno proprio a oggetto programmi di elaboratori, per cui si finisce per privare il consumatore del diritto di recesso nelle fattispecie contrattuali più diffuse. La Direttiva si occupa anche del caso in cui il prezzo di acquisto sia coperto da un credito concesso al consumatore dal fornitore o da terzi in base a un accordo tra questi e il fornitore. In tali casi gli stati membri possono prevedere che il contratto di credito sia risolto di diritto senza alcuna penalità nel caso in cui il consumatore abbia esercitato il diritto di recesso. La Direttiva prevede inoltre che gli stati Membri possano stabilire che l'onere della prova dell'esistenza di un informazione preliminare, di una conferma scritta o del rispetto dei termini e del consenso del consumatore possa essere imposto a carico del fornitore. Nei contratti di cui è parte un consumatore si dovranno altresì osservare le disposizioni del codice civile relative alle clausole vessatorie di cui agli artt. da 1469-bis a 1469-sexies. Come è noto, le clausole vessatorie, perchè possano avere effetto, devono essere specificatamente approvate per iscritto. In passato ciò aveva sollevato alcuni problemi in relazione ai contratti conclusi attraverso reti telematiche, dato il mancato riconoscimento giuridico della firma digitale. Parte della dottrina propendeva per la validità di clausole vessatorie sottoscritte elettronicamente, ma l'orientamento maggioritario era contrario ritenendo che l'attuale sistema di sottoscrizione autografa fosse tassativo e non sostituibile con altro mezzo. Il Regolamento di attuazione della legge n. 59/1997 sembra avere risolto questo problema avendo equiparato la firma digitale alla sottoscrizione prevista per atti e documenti in forma scritta su supporto cartaceo. Si può quindi ritenere che la sottoscrizione scritta prevista dall'art. 1341 c.c. possa essere validamente sostituita con quella digitale.(mi prendo un'altra pausa)
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Ora stringo il discorso nel caso specifico:
Da come descritto, il contratto in questione, non è mai sorto.
Per aversi il contratto non si sono avverate le formalità minime (descritte).
In questo caso parliamo di accordo (probabilmente tra anonimi), essendo un semplice accordo, non c'è nulla di vincolante. Inoltre ho già specificato che anche se fosse un contratto valido, vista la disdetta del venditore e la restituzione dei soldi, non si è fatto alcun abuso.
Anzi se vi siete letti tutta la trattazione, una richiesta monetaria del genere, risulterebbe una vera e propria estorsione, visto che si minacciano persino vie legali.
[cmq mi sono stancato, ho scritto troppo, la prossima volta lasciamo perdere tutte queste spiegazioni]
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Lokken, mi dispiace che ti sia stancato, ma ti ringrazio per aver riportato l'intero articolo. ammetto di non averlo ancora letto tutto, ma in proposito al tuo ''riassunto'' vorrei specificare che l'accordo non era tra anonimi perche' eravamo gia' arrivati a scambiarci i dati (nome, codice fiscale, indirizzo, iban) per poter procedere con il pagamento/spedizione e conseguente vendita. non so se questo possa fare la differenza. tuttavia, per un'eventuale prossima volta, il ''diritto di ripensamento'' vale anche per il venditore, o solo per il compratore?
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Se lo leggi c'è scritto tutto.
Nello specifico dovete aver sottoscritto questo tipo di caparra:
Dispositivo dell'art. 1385 Codice Civile
Fonti → Codice Civile → LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI → Titolo II - Dei contratti in generale (Artt. 1321-1469 bis) → Capo V - Degli effetti del contratto → Sezione II - Della clausola penale e della caparraSe al momento della conclusione del contratto [1326 ss.] una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.Se non avete stipulato un contratto con questa clausola espressa e firmata, non è tra i principi generali della compravendita.
Diffidalo da contattarti nuovamente.
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per samuel21,
io la penso diversamente..se ho capito bene tu e il compratore siete soggetti privati,Giusto? In tal caso non si applica il codice del consumo.. Se c'è stato uno scambio di mail con relative proposte e accetazione il contratto è valido, dell'eventuale danno che gli hai procurato avendo effettuato una vendita di cosa altrui (ipotesi esistente..) ne risponderesti tu.
Potresti, però, contestare il versamento della somma di denaro, è quindi il suo preteso diritto al doppio della stessa per tua inadempienza, dimostrando che non ti è mai arrivata. Magari la ricevuta che ha in mano è solo l'ordine di bonifico che ha immediatamente annullato, oppure, il suo conto non aveva la provvista. Ricordati però che se lui ha una ricevuta TU devi dimostrare il mancato pagamento(magari con il tuo elenco movimenti bancari del periodo).
In definitiva mi permetto di dirti che hai fatto un pò un pasticcio.-) e che sarebbe auspicabile perseguire una risoluzione amichevole evitando il muro contro muro.
Ciao
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@totinio said:
per samuel21,
io la penso diversamente..se ho capito bene tu e il compratore siete soggetti privati,Giusto? In tal caso non si applica il codice del consumo.. Se c'è stato uno scambio di mail con relative proposte e accetazione il contratto è valido, dell'eventuale danno che gli hai procurato avendo effettuato una vendita di cosa altrui (ipotesi esistente..) ne risponderesti tu.
totinio, si', siamo soggetti privati. ne risponderei in che modo?@totinio said:
Potresti, però, contestare il versamento della somma di denaro, è quindi il suo preteso diritto al doppio della stessa per tua inadempienza, dimostrando che non ti è mai arrivata. Magari la ricevuta che ha in mano è solo l'ordine di bonifico che ha immediatamente annullato, oppure, il suo conto non aveva la provvista. Ricordati però che se lui ha una ricevuta TU devi dimostrare il mancato pagamento(magari con il tuo elenco movimenti bancari del periodo).
In definitiva mi permetto di dirti che hai fatto un pò un pasticcio.-) e che sarebbe auspicabile perseguire una risoluzione amichevole evitando il muro contro muro.
si', ha in mano solo l'ordine del bonifico, perche' l'ho avvisato che non potevo piu' vendere le monete praticamente contemporaneamente al suo invio dell'email con i dati del bonifico. comunque posso anche produrre una copia dei movimenti bancari. concordo di aver fatto un pasticcio...non che sia una scusa valida, ma non era certo programmato.
risoluzione amichevole di quale tipo? non posso certo dargli la collezione che mio fratello non vuole neanche più vendere...:bho:
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Forse non è chiaro che se non segui la mia linea dovrai sborsare molti quattrini? LOL
Totinio ti ha messo una lettura puramente civilistica, seguendola dovrai risarcire, perchè accetteresti il contratto tacitamente.
La tua unica difesa è negare il contratto, in modo dettagliato, specificando che non ci è stata alcuna sottoscrizione e quindi non si può dimostrare alcun contratto ma soltanto un vago accordo (senza penali).
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beh grazie Lokken, mi sento proprio molto meglio ora...
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@Lokken said:
La tua unica difesa è negare il contratto, in modo dettagliato, specificando che non ci è stata alcuna sottoscrizione e quindi non si può dimostrare alcun contratto ma soltanto un vago accordo (senza penali).
questo lo faro' con l'aiuto di un avvocato qualora lui dovesse denunciarmi o diffidarmi (o quello che si fa in questi casi...)?
da quando gli ho scritto che puo' fare quel che crede e che non mi contattasse piu', non l'ho piu' sentito. inizio a preoccuparmi?
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Non mi preoccuperei, la firma digitale "leggera" non può garantire clausole come quelle che ho elencato. Quindi sarà una causa molto difficile, nessuno vieta di intentarla.
Meglio avere un buon legale, nel diritto civile quando si afferma una fesseria, se la controparte non ribatte, potrebbe andare bene al giudice.
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Grazie Lokken. in caso, penso che cerchero' un compromesso ''amichevole'' come suggeriva totinio... ma il doppio della caparra (anche se non si e' mai parlato di caparra nelle email, ho controllato!) o costringermi a vendere la collezione (non mia) e' una ''condanna'' che potrebbe verificarsi? un piccolo rimborso danni (per il tempo speso a scambiarci email
potrebbe essere accettato, eventualmente?
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Il doppio della caparra va sottoscritto, in modo esplicito, ti ho già dato la risposta, un accordo se preso con l'ausilio di un legale è sempre sopra i 100-200€, meglio fare muro contro muro. Qui non c'è un contratto sottoscritto in modo regolare, dovrei vedere le mail. Faccio prima a mostrarti l'esempio di un contratto. Dare una serie di informazioni messe lì senza forma non equivale ad un contratto, è un accordo alla buona. Inoltre il pagamento va fatto per intero, non a porzione. Lasciamo perdere questo che complico la storia:
CONTRATTO DI VENDITA
SCRITTURA PRIVATA
Tra
il sig./sig.ra ...........................................nato/a .........................................
il .........................residente in...................................via...........................
n ................codice fiscale n ................................................di seguito indicato
come VENDITORE
E
il sig./sig.ra ...........................................nato/a .........................................
il ..........................residente in.................................via.............................
n ................codice fiscale n .................................................di seguito indicato
come ACQUIRENTE.
Con la presente scrittura privata i signori in epigrafe indicati stabiliscono ed accettano
quanto segue:-
il sig..........................................dichiara di trasferire ai sensi dell'art.1470 c.c.,
al sig..........................................acquirente, la proprietà del seguente bene
mobile:.................................. (o di un diritto), verso il corrispettivo di un prezzo; -
il prezzo è pattuito dalle parti per la
somma di Euro ..........(oppure: le parti affidano la determinazione del prezzo
al terzo, sig........................ai sensi dell'art.1473 c.c.);
3) la consegna del bene avviene contestualmente alla stipula. del, presente;-
se il venditore vuole che la consegna sia fatta al suo domicilio in...........................
alla via...................................n......... le spesedi trasporto sono a suo carico; -
il venditore garantisce, a norma dell'art511 c.c., che i beni sono immuni da vizi edifetti;
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in caso di divergenza sulla qualità dei beni le parti possono chiederne la verifica aisensi dell'art.696 c.p.c.;
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per quanto non previsto si rinviaagli art.1470 e segg. e 1510' e segg. c.c.;
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le spese per il presenteatto e quelle accessorie sono a carico del compratore, sensi dell'art.1475 c.c.,
.............................., lì...................
Letto, approvato e sottoscritto. I contraenti........................................
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no, non c'e' niente di tutto cio', e' davvero messo li' alla buona, l'ho scritto io dopo un colloquio telefonico con il signore, e come puoi intuire non sarei mai stato in grado di scrivere una cosa del genere (ma la terro' a mente per un'altra volta, in caso dovesse capitarmi di acquistare o vendere... anche se dopo questa esperienza sono abbastanza traumatizzato ;)).
grazie tante per il tempo che hai passato a fare le ricerche, sei stato molto prezioso. aggiornero' la discussione in caso il signore mi denunci davvero, anche se comunque in quel caso mi dovro' far seguire da un legale. posso assumere te?
un'ultima cosa: in caso che si metta "male", mi potrebbe tornare utile far sottoscrivere da mio fratello che agivo come suo intermediario (visto che ho detto che non potevo vendere perche il legittimo proprietario non era piu' d'accordo)?
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Premesso che se citato non sarai obbligato ad avere legale, non farei firmare a tuo fratello tale documento, mi limiterei a riportare i fatti e la relativa mancanza di contratto vincolante. Nella citazione si leggerà per quale importo vieni citato, (citato per il doppio della caparra????) A di fuori del contratto, dove sta nelle mail la parola caparra? Già che te lo ha inviato in prima persona, via mail, ha intentato l'estorsione, minacciando la causa.
Per queste cose non ti converrebbe cercare il mio studio, siamo surclassati per i prossimi 3 anni ed io in particolare tratto diritto penale. Magari torna quando un avvocatucolo ti manda un atto falso o una messa in mora illegittima, lì mi farò volentieri due risate.
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ah, molto meglio cosi', pensavo gia' di dovere andare a cercarmi un avvocato.
allora ti cerchero' in caso io sia davvero nei guai, sperando non capiti mai! grazie di nuovo per i suggerimenti!
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Il ''mancato acquirente'' mi ha appena mandato un'email in cui mi invita ad adempire all'accordo entro 7 giorni ai sensi degli articoli 1476 e seguenti del codice civle.
ma... non avrebbe dovuto mandarmi una raccomandata piuttosto? comunque non ho intenzione di rispondergli, faccio bene? cosa puo' succedere tra 7 giorni quando non si trovera' a casa la collezione? tra l'altro nell'email non specifica il pagamento, come se glielo dovessi inviare gratuitamente!
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Il valore della raccomandata o della PEC, che sono compratate, risultano validi in caso di processo.
Il valore di una e-mail semplice è quasi 0, si può negare persino la ricezione.
Dal mio punto di vista, aver spedito una mail per una cosa del genere, è un sistema per far leva sull'intimidazione.
La mail semplice non potrà costituire prova idonea in un processo, salvo eventuali circostanze estranee al caso!
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Grazie. quindi faccio bene ad ignorarla. immagino che la sua prossima mossa sarà denuncia o cosa simile...?
confido che non si arrivi a processo per una cosa del genere, ma per circostanze estranee al caso cosa intendi?
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L'argomento in questione necessiterebbe una spiegazione "colossale", intendo lezioni universitarie LOL.
Per essere brevi, se si riceve uno spam cronico, una diffida e-mail vale, parzialmente, sarebbe idonea una pec, ma in virtù del fatto che la mail in questione non sia pec è riconosciuto il diritto.
Per avere un valore legale, come "diffida" cioè 15 giorni, la legge è categorica, eventuali riduzioni di tempo andrebbero giustificate dell'urgenza. Se manca il mezzo scritto e certificato (che poi la raccomanda A/R, certificata fino ad un certo punto, come ti ho detto la spiegazione è colossale), in assenza di certificazione, l'eventuale citazione sarà mancante della comunicazione come tentativo di conciliazione.
Il "pastrocchio" è stato fatto, mancando però l'obbligo della penale, in caso, ammesso che vi sia la citazione (in Italia chiunque può citare o denunciare chi che sia) il giudice dovrà tenerne conto. In quel caso sarà bene prepararsi una linea difensiva, prendi per esempio quella che ti ho proposto.
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Grazie Lokken.