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[Lingua italiana] Elisione, troncamento e altre regole sull'uso dell'apostrofo
Salve.
A beneficio di tutti coloro che si occupano abitualmente dell'inserimento di contenuti testuali nella Rete, oggi cominciamo a discutere alcuni aspetti della nostra splendida lingua nazionale e presentiamo un condensato di semplici regole per rendere i testi più corretti, precisi e conformi alle norme dell'Italiano.
Cominciamo da un caso apparentemente piccolo e marginale, ma in realtà molto importante: ha a che fare con l'apostrofo (') e la sua corretta collocazione.
Tradizionalmente, l'apostrofo - segno grafico che indica la perdita di una lettera, in particolare una vocale - entra in gioco (o non entra in gioco) in alcune situazioni precise: alle due più comuni e note si dà nome di elisione e troncamento; ve ne sono altre meno conosciute, di cui parleremo più avanti.
Ed ora la parola alle Regole.
Nota Bene: Quando nel seguito una parola o un'espressione è segnata in Viola, significa che essa è un errore.]
Elisione
In questo caso una parola terminante per vocale perde tale vocale se è seguita da una seconda parola che pure comincia per vocale. La vocale caduta è sostituita graficamente dall'apostrofo.
Sebbene le norme che regolano il fenomeno siano piuttosto elastiche, esistono dei casi in cui l'elisione è obbligatoria e altri in cui è vietata; vediamoli.
L'elisione è obbligatoria:
- Con gli articoli determinativi lo, la, una.
Scriveremo ad esempio l'omaggio, l'amica, un'opera etc., rispettivamente derivati da lo omaggio, la amica, una opera.
- Con le preposizioni articolate costruite con lo e la, come dello, della.
Sono dunque corrette le scritture dell'amore, dell'autoscuola, dell'ospite.
- Con l'aggettivo quello, femminile quella.
Dunque useremo l'apostrofo in costrutti quali quell'altro, quell'auto.
L'elisione è al contrario vietata:
- Quando la prima delle due parole terminanti per vocale ha più di una sillaba ed è accentata sull'ultima.
Nell'espressione però esci la prima parola ha due sillabe con accento sull'ultima delle due: non si può eliminare la "o" di però e sostituirla con un accento.
- Con la preposizione da.
La forma da Otranto resta così, senza elisione, perché se si elidesse si otterrebbe d'Otranto, ma in quel caso la "d" starebbe per di, non per da.
[Fanno eccezione alcune locuzioni di uso comune ormai accettate, come d'ora in avanti, d'altra parte, in cui da perde la "a" e la sostituisce con l'apostrofo.]
- Con il pronome le quando significa a lei.
Se si elide un'espressione come le annunciai (= annunciai a lei) si ottiene l'annunciai (= annunciai lei o lui) e cambia il senso.
- Con le parole plurali, quando la vocale finale della prima parola non è identica alla prima della seconda parola.
Sono dunque corrette forme come bell'amica, gl'indiani, mentre sono errate le forme gl'arabi o quant'onori, che vanno sostituite dalle versioni estese gli arabi e quanti onori.
Troncamento
In questo caso una parola perde la vocale o la sillaba finale sia davanti ad una parola che inizia per vocale, sia davanti ad una che comincia per consonante. Diversamente dall'elisione, il troncamento non è segnalato dall'apostrofo o da altro segno grafico.
Una ricetta per capire quando siamo di fronte a un troncamento è la seguente: la prima parola - quella che sarà troncata - ha la sua ultima vocale preceduta da l, m, n, r.
Scriveremo pertanto un amico, un cane, signor Rossi, buon giorno, rispettivamente derivati da uno amico, uno cane, signore Rossi, buono giorno.
C'è di più: se la vocale della prima parola è preceduta da due l o due n, il troncamento cancella anche una consonante attaccata alla vocale, come in bello e fanno, che porgono bel quadro e fan parte da bello quadro e fanno parte.
Anche il troncamento ha le sue regole di base; eccole.
Il troncamento è obbligatorio:
- Con uno e i composti alcuno, qualcuno, nessuno.
Avremo pertanto un tocco, nessun uomo, qualcun altro, nessun oggetto.
[Dal momento che il troncamento non è evidenziato dall'apostrofo, sono da considerarsi errore (anche grave) scritture come un'altro, nessun'oste, un'amico, un'ufo e via dicendo.]
- Con le parole buono, quello e bello se seguite da parole comincianti per consonante.
Avremo quindi bel canto, quel centro, buon pomeriggio, non bello canto, quello centro e buono pomeriggio.
[Nota: La parola santo è sempre tronca davanti a parola cominciante per consonante - San Gaudioso, San Tommaso - mentre grande ammette sia la forma piana che quella tronca quando si trova davanti a parola cominciante per consonante (gran cacciatore e allo stesso tempo grande diamante).]
Il troncamento è invece vietato:
- Con una coppia di parole plurali: ad esempio si scrive buoni giorni e non buon giorni.
[Fa eccezione la parola grande, che è troncata in espressioni come gran signori ormai di uso comune.]
- Con una parola femminile terminante in -a: avremo pertanto signora mia e non signor mia.
[Fanno eccezione i termini ora e suora, che si trovano troncati ad esempio in espressioni come or ora e suor Pia.]
- Quando dopo la parola da troncare ci sia un termine cominciante per s impura (cioè s + consonante), x, gn, pn, ps.
Scriveremo pertanto buono spumante e non buon spumante, uno gnomo e non un gnomo, uno psicologo e non un psicologo, quello xilografo e non quel xilografo, grande pneumatico e non gran pneumatico.
Aggiunta e caduta di sillabe
Oltre all'elisione e al troncamento, ci sono una serie di fenomeni che riguardano sia la caduta di intere sillabe, sia l'aggiunta di sillabe o di singole lettere alle parole. Vediamoli brevemente.
Caduta di sillabe
In una parola formata da più di una sillaba (spesso da più di due sillabe) può capitare che scompaia un intero gruppo di due o tre lettere unite; a seconda del punto in cui ciò accade, si parla di:
-
Afèresi se è la sillaba iniziale a cadere (ad es. scuro da oscuro).
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Sìncope se la perdita avviene al centro (ad es. morrò da morirò, con raddoppiamento naturale di una r).
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Apòcope se la caduta è in fine di parola, e allora il fenomeno è segnalato dalla presenza dell'apostrofo - non l'accento (ad es. po' da poco, va', fa' e sta' dagli imperativi vai, fai e stai rispettivamente, da' e di' dagli imperativi dai e dici.)
[Sono pertanto considerati errori (anche gravi) le scritture pò (recentemente accettata da alcuni correttori automatici di scrittura veloce dei telefonini; il T9 si conferma una vera iattura ortografica), và, fà, stà, le ultime tre con valore imperativo; dì accentato significa giorno, dà è l'indicativo presente, terza persona singolare, di dare.]
Aggiunta di sillabe
Esistono fenomeni opposti ai tre appena citati: è infatti possibile, nelle parole, aggiungere sillabe; anche qui si hanno tre casi possibili:
- Pròtesi se l'inserimento è a inizio parola (ad es. Ispagna da Spagna).
[La protesi con la i può avere anche formazione di natura eufonica quando la parola comincia per s impura ed è preceduta da una che inizia per consonante, come nelle espressioni per iscritto, in istrada. Si parla in questo caso di i protetica.]
-
Epèntesi se l'inserimento è nel corpo (ad es. anderò da andrò).
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Epìtesi o Paragòge se l'aggiunta è in coda (ad es. gioventude da gioventù, nobilitate da nobiltà.)
Aggiunta di singole lettere
Oltre alla "i" protetica vista prima, esistono altri due casi di inserimento di una lettera a causa di ragioni fonetico-"musicali", allo scopo di rendere lo scritto (immaginato letto ad alta voce) più scorrevole e aggraziato.
- "D" eufonica: viene aggiunta in coda alla congiunzione e (più raramente con la o o la a) quando subito dopo ci sia una parola pure cominciante per e - o per o, a - (es. Adamo ed Eva, andare ad Anzio).
[Esistono poche eccezioni, come le espressioni ad esempio, uno ad uno / una ad una, in cui la d eufonica si interpone tra vocali diverse.]
- "R" eufonica: ha la stessa regola della "d", ma si usa con parole terminanti in -u, come nell'espressione sur un tavolo, più scorrevole di su un tavolo.
Ed ora, buona scrittura a tutti!
Nota Bibliografica: L'esposizione dell'argomento e alcuni esempi sono ispirati da:
Silvestro, G.: Il Segno dell?Uomo. Grammatica Italiana per le Scuole Medie Superiori. Loffredo, Napoli, VI ed., 1984.
Ceppellini, V.: Il Dizionario pratico di Grammatica e Linguistica. De Agostini, Novara, I ed., 1996.