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    Interpello Adsense

    Vi posto la risposta dell'Agenzia delle Entrate ad un interpello relativo alla tassazione dei compensi di Google Adsense.
    Mi sembra di capire che non sia del tutto esclusa la possibilità di dichiarare i compensi come redditi diversi nel caso
    il numero delle operazioni ed il valore delle stesse non sia elevato.
    Inoltre mi pare interessante la specificazione che distingue il reddito di impresa da quello da lavoro autonomo
    (...a seconda che prevalga il capitale investito piuttosto che il lavoro svolto
    personalmente dal lavoratore.), per il webmaster che gestisce uno o due siti penso che prevalga
    il lavoro personale rispetto al capitale investito e forse si potrebbe parlare di lavoro autonomo,
    sempre con partita iva ed inps ma senza il minimo INPS.
    Che ne pensate?


    Con l'interpello specificato in oggetto, concernente l'interpretazione dell'art. 55 del
    DPR n. 917 del 1986 , è stato esposto il seguente

    QUESITO

    L'istante sta realizzando e gestendo come webmaster un sito web in cui intende
    inserire i cosiddetti "Adsense Google". A tale scopo, fa presente che:
    "Adsense è un programma di affiliazione di Google (società con sede in Irlanda) che si
    svolge in questo modo: il titolare o gestore del sito (webmaster) mette a disposizione
    della società Google alcuni spazi del proprio sito web. Google in questi spazi può
    inserire banner pubblicitari che sono, quindi, visibili a tutti i visitatori del sito. Il
    numero e il contenuto dei banner è stabilito unicamente da Google ed anche i rapporti
    con gli inserzionisti sono intrattenuti esclusivamente da Google. In cambio della messa
    a disposizione dello spazio sul sito web, Google si impegna a pagare al webmaster una
    cifra (stabilita unilateralmente da Google e che è, in media, di alcuni centesimi di
    euro) per ogni click che i visitatori del sito effettuano sui banner. (...) Google, a sua
    discrezione, può anche non utilizzare gli spazi messi a disposizione oppure utilizzarli
    solo per banner che non comportino guadagni al webmaster".
    Tanto premesso, l'interpellante chiede come debbano essere tassati, ai fini IRPEF, i
    proventi della propria attività.

    SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE

    Il contribuente, che sostiene di limitarsi a "permettere alla società Google di
    utilizzare, a suo esclusivo piacimento, alcuni spazi del sito web che gestisce (...)",
    ritiene che la propria attività consista nell'assunzione di un obbligo di "fare, non fare o
    permettere", e che, quindi, gli eventuali proventi rientrino tra i redditi diversi di cui
    agli articoli 67 e seguenti del DPR 917/86.

    PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE

    In merito a quanto richiesto, si ritiene che, per poter rispondere adeguatamente al
    quesito, sia necessario "in primis" considerare la nozione di imprenditore dal punto di
    vista fiscale. A tal proposito, si evidenzia che, ai sensi dell'art. 55, comma 1, del TUIR
    (DPR 917/86), sono considerati redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio per
    professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell'art. 2195 del
    codice civile; il comma 2, lettera a), della norma tributaria in commento definisce
    altresì redditi d'impresa "i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in
    forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.".
    Tale disposizione richiama alla memoria l'art. 2082 del codice civile, secondo il quale
    "è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al
    fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". Dal contesto normativo in
    esame si arguisce che, anche laddove non sia richiesto specificatamente l'elemento
    dell'organizzazione in forma d'impresa (cfr. art. 55, comma 1, TUIR ), da intendersi
    come impiego coordinato dei fattori produttivi (capitale e lavoro propri e/o altrui), è
    necessario, per poter individuare la figura dell'imprenditore, che sussistano i requisiti
    della professionalità e dell'abitualità. Più in generale, tali caratteristiche risultano
    indefettibili per inquadrare una determinata attività tra quelle produttrici di reddito
    d'impresa o di lavoro autonomo: la distinzione tra i due diversi ambiti sarà poi
    determinata a seconda che prevalga il capitale investito piuttosto che il lavoro svolto
    personalmente dal lavoratore. Al riguardo, può essere opportuno osservare quanto
    asserito dall'Agenzia delle Entrate, che, nell'Appendice al Modello Unico 2009
    (Persone Fisiche, fascicolo 2), pur se in relazione all' "Esercizio di arti e professioni",
    esprime un concetto valevole anche per l'attività d'impresa quando afferma: "(...) Il
    requisito della professionalità sussiste quando il soggetto pone in essere una
    molteplicità di atti coordinati e finalizzati verso un identico scopo con regolarità,
    stabilità e sistematicità. L'abitualità si diversifica dalla occasionalità in quanto
    quest'ultima implica attività episodiche, saltuarie e comunque non programmate (...)".
    Ora, nel caso specifico, se è vero che l'istante non ha rapporti diretti con gli
    inserzionisti e, di conseguenza, non stabilisce il costo della pubblicità, è altresì
    innegabile che effettui una prestazione di servizio nel momento in cui "mette a
    disposizione della società Google alcuni spazi del proprio sito web". In tal senso, è
    utile rammentare che già l'art. 11, par. 2, lett. f) del Regolamento CE n. 1777/2005
    (recante disposizioni di applicazione della direttiva 77/388/CEE) individuava, seppure
    ai fini IVA, come servizi di commercio elettronico quelli compresi nell'allegato I al
    Regolamento stesso , fra i quali veniva inclusa [al punto 3, lett. h)], la "fornitura di
    spazio pubblicitario, compresi banner pubblicitari su una pagina o un sito web". Alla
    luce delle considerazioni svolte, occorrerà pertanto fare riferimento non solo al
    numero delle operazioni svolte in un certo lasso di tempo ma anche al valore e alle
    modalità di effettuazione delle operazioni stesse: il tutto allo scopo di valutare
    l'esistenza o meno del carattere dell'abitualità anziché della saltuarietà. Solo in seguito
    a questa analisi, che non compete all'Agenzia delle Entrate in materia di interpello,
    essendo precluso alla stessa ogni genere di accertamento tecnico (cfr. art. 1, comma 1,
    ultimo periodo, DM 209/20011), il contribuente potrà qualificare la natura del proprio
    reddito e, conseguentemente, considerare i proventi quali corrispettivi di un'attività
    d'impresa ovvero alla stregua di redditi diversi di cui all'art. 67 DPR 917/86: in tale
    ultima ipotesi, sarebbe irrilevante, ai fini del trattamento fiscale, la riconducibilità dei
    compensi nell'ambito della lettera i) ["redditi derivanti da attività commerciali non
    esercitate abitualmente"] o l) ["redditi derivanti dall'assunzione di obblighi di fare, non
    fare o permettere"] dell'articolo di legge.


  • Super User

    Ciao,
    ti ringrazio del contributo.
    Direi che purtroppo non si riesce mai ad avere una risposta chiara, il definire l'occasionalità o meno della prestazione resta sempre alla discrezione dell'accertatore.

    Fabrizio


  • Super User

    @website1953 said:

    . Più in generale, tali caratteristiche risultano
    indefettibili per inquadrare una determinata attività tra quelle produttrici di reddito
    d'impresa o di lavoro autonomo: la distinzione tra i due diversi ambiti sarà poi
    determinata a seconda che prevalga il capitale investito **piuttosto che il lavoro svolto **
    personalmente dal lavoratore.

    Adesso mi voglio far credere che l'artigiano (cui è naturalmente pertinente la prevalenza del lavoro personalmente svolto) sia un lavoratore autonomo anzichè un imprenditore !!!!!!!

    E ancora:

    @website1953 said:

    ....... Alla
    luce delle considerazioni svolte, occorrerà pertanto fare riferimento non solo al
    numero delle operazioni svolte in un certo lasso di tempo ma anche al valore e alle
    modalità di effettuazione delle operazioni stesse: il tutto **allo scopo di valutare **
    l'esistenza o meno del carattere dell'abitualità anziché della saltuarietà. .....

    Poi mi vogliono far credere che abitualità anzichè saltuarieta di un comportamento si misura in termini di valore e non in ragione della frequenza di tale comportamento!!!!!

    Nooooo, direi che riesco a plaudire di questo intervento solo l'aver avuto per la prima volta il coraggio di entrare nel merito di Adsense.

    Ci vorrebbe però, a mio modesto giudizio, molto più approfondimento e precisione e coraggio di quanti ne siano stati usati. Ci si è spinti a definire servizi pubblicitari, ma poi si tira in ballo il lavoro autonomo.... si parla di organizzazione e non si esemplifica come si potrebbe realisticamente gestire adsense senza un computer, contratti, utenza-linea telefonica eccc. (si vedano altri miei interventi) e quindi una micro organizzazione... si parla di abitualità e non si nota la realizzazione di click giornalieri e magari aggiornamenti frequenti del proprio sito web nel tipico meccanismo adsense-ottimizzazione.

    Posso conoscere i riferimenti di questa risoluzione per favore ???

    Paolo