Purtroppo il fenomeno delle partite iva fittizie dietro cui si nascondono rapporti di lavoro subordinato tout court è tristemente diffuso nel nostro disgraziato paese. Tralaltro di recente ( agosto 2014) una sentenza del Tribunale di Viterbo ha dato ragione ad un lavoratore nelle sue medesime condizioni sostenendo il principio che “se un lavoratore dipendente chiede l’attribuzione di una partita Iva, non per questo può essere considerato soggetto passivo di imposta. La fattura emessa a fronte del salario corrispostogli dal datore di lavoro riguarda certamente un’operazione inesistente, che non può comportare per il lavoratore il versamento del tributo e per il datore di lavoro la possibilità di portarsi in detrazione l’Iva, che apparentemente risulta dalla fattura, da lui corrisposta”. Di seguito i requisiti perché la partita Iva sia considerata falsa (almeno 2): durata della collaborazione di almeno 8 mesi annui (241 giorni non continuativi) per 2 anni consecutivi; il finto professionista percepisce almeno l'80% del suo reddito da un unico committente, ha una postazione di lavoro fissa presso lo stesso o è tenuto a rispettare vincoli ed orari tipici del lavoro dipendente. In forza di questa sentenza potrebbero aumentare le richieste di annullamento dei tributi da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Cordialità

Avv. Giovanni De Paola