Voglio anch'io ringraziare Euroroscini per averci dato l'opportunità, diciamo lo spunto, di approfondire la tematica relativa agli ultimi e più recenti aspetti di questi decenni di emancipazione femminile, rapportandoli al concetto di essere donna-femmina; dell'essere donna e femmina.
La descrizione introduttiva di Andrez, per certi versi agghiacciante, ci mostra un quadro d'insieme dove alla donna semplicemente non è stato concesso di essere in quanto tale ma solo di esprimere precisi modelli preconfezionati e ad essi attenersi scrupolosamente.
Era questa una situazione abbastanza diffusa nel mondo occidentale ma che ha trovato in Italia particolari favori grazie alla forte influenza della Chiesa da una parte e delle classi borghesi dall'altra.
Per chi per tanti anni è stato abituato a non avere liberi riferimenti d'appartenenza, modelli da valutare ed eventualmente seguire ma solo l'obbligo di adeguarsi a quelli imposti, diviene tutt'altro che facile inventarne e costruirne uno e poi rendergli pure possibile l'interagire, in modo competitivo (!) con la società.
Può darsi che alcune donne che hanno scelto il modello carrierista, ed i modi duri e senza scrupoli che esso pretende, abbiano perso (o solo distratto) l'immagine tipicamente femminile dell'affettuosa dolcezza da Angelo del Focolare, tuttacasaechiesa-acquaesapone che molte di noi hanno avuto da bambine e che altrettanti maschietti hanno adottato come riferimento-obiettivo di quella che doveva divenire la madre dei loro figli.
E' evidente come tanti di loro oggi debbano fare i conti con una situazione frustrante di perdita di riferimenti; chi sono loro maschietti realmente oggi?
E che modello di donna cercare per affidargli la crescita (!!) dei propri figli?
Che le carte andassero rimescolate non vi sono dubbi.
Il difficile ora semai è ricostruire questi modi di essere per entrambi, sia dell'uomo che della donna. Individuare obiettivi di convivenza compatibili con la reciproca dignità.
Ho avuto più volte nella mia vita l'opportunità di vivere intense esperienze di vita come manager assieme ad un maschietto ( ) ed è stato per tante volte veramente gratificante per entrambi accorgerci di come le nostre particolari differenze (io molto più dubbiosa e riflessiva, lui più tenace e pronto all'azione) ci consentivano di vedere le varie realtà dei fatti e delle cose da punti di vista molto diversi e complementari, e consentire così, l'uno all'altra, di meglio comprendere e completare analisi che singolarmente sarebbero state spesso inefficaci ed a volte errate.
Ed ottenere a volte complici successi, spesso usati come esempio di convivenza con i nostri figli
Recentemente una di queste esperienze mi ha permesso di vivere a stretto contatto con le donne Thai.
L'immagine che arriva in Europa non è proprio corrispondente alla loro reale realtà.
Pudicissime e fortemente morigerate, lo sono di fatto per scelta soggettiva e mai per imposizione della società, che è anzi estremamente tollerante e comprensiva di ogni differente e particolare scelta individuale.
Mostrano un rapporto assolutamente alla pari con l'uomo al quale sanno essere letteralmente devote in modi a noi inimmaginabili, quando lo amano contraccambiate, ma pronte e riprendersi la loro piena autonomia alla fine di un rapporto.
Questa loro profonda e sincera quanto passionale capacità alla devozione del loro uomo (ma sempre con un altissimo livello di dignità) è il vero motivo di preoccupazione per le donne occidentali che di fronte ad esse sentono pesantemente di non saper più essere donne in quel modo, e che porta tanti ragazzi europei a fare scelte drastiche e cambiare la loro vita.
Mi hanno insegnato molto.
Ed ho capito quanto sia possibile essere donne manager e pure fare carriera senza dimenticare la nostra interiore femminilità, ognuna nella sua atipica e particolarissima soggettività, e ritrovando dentro di noi l'ancestrale potenza del saperci dare con tenera dedizione ed amare profondamente, con tutte noi stesse chi ci ama, ci rispetta e crede in noi.