Buongiorno a tutti,
sono un ragioniere commercialista (collegio di Torino) interessato dell?argomento fatturazione Adsense da un cliente.
Ho letto le varie conclusioni alle quali alcuni di voi sono giunti dopo un lungo ed estenuante peregrinare da un sito all?altro e da un commercialista all?altro.
Oltre ad avere esposto il mio parere professionale al mio assistito mi permetto di riportarlo nell?ambito della vostra discussione onde possiate leggerlo e trarvi le vostre personali conclusioni.
Consiglio, in ogni caso, come già da altri suggerito, una attenta analisi con il vostro consulente fiscale.
Occorre, preliminarmente, identificare con attenzione la natura della prestazione che viene resa nei confronti di Google. Da tale corretta identificazione discende, difatti, la fattispecie normativa applicabile.
Ritengo, in primo luogo, non configurabile quale ?prestazione di e-commerce?, ovvero di c.d. commercio elettronico diretto, di cui all?art.7 c.4 lett. d), e), f), f bis), f ter), f quater) DPR 633/72, la prestazione in oggetto in quanto non si ravvisa, così come richiede la norma, una transazione ed un pagamento avvenuti interamente per via telematica. La C.M. 186/E del 30/09/2003, citando quanto previsto dalla direttiva comunitaria 2002/38/CE del 7 maggio 2002 - recepita dall'ordinamento nazionale con il D.Lgs. 273/2003 - fornisce a titolo esemplificativo un elenco di tali prestazioni:
- fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature;
- fornitura di software e relativo aggiornamento;
- fornitura di immagini, testi e informazioni e messa disposizione di basi di dati;
- fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d'azzardo, programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
- fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza.
Ad ogni buon conto qualora si potesse qualificare la prestazione resa a Google come di e-commerce essa risulterebbe esclusa dal campo di applicazione dell?Iva in quanto resa a committente extra?UE identificato ai fini Iva.
Altra ipotesi da prendere in considerazione per la identificazione della natura della prestazione in questione è quella della intermediazione. In effetti si potrebbe ben considerare il corrispettivo percepito quale provvigione corrisposta dal committente (Google) per ogni clik intervenuto negli spazi web messi a disposizione sui siti ospiti.
Nella circostanza sopra descritta di intermediazione effettuata tramite internet, in presenza di committente extra-UE e di vendite effettuate in Italia, si configurerebbe una prestazione soggetta ad Iva.
In tal senso una recente risoluzione ministeriale, la 133/E del 15/11/2004.
L?ipotesi più accreditabile, a mio avviso, è però quella della prestazione pubblicitaria.
(tratto da ?Adempimenti & Obblighi IVA - Il trattamento Iva dei servizi accessori alle prestazioni pubblicitarie di Stufano Sebastiano - in Azienda & Fisco n. 8/1999, pag. 406?)
?Nel caso specifico la natura della prestazione può essere desunta dal più ampio contesto nel quale la stessa si inserisce.
In altri termini, il fatto che la prestazione in questione consiste nel fornire il supporto web nell'ambito di una più ampia attività promozionale/pubblicitaria organizzata dal committente estero (Google) consente di attribuire alla specifica prestazione natura pubblicitaria.
Tale definizione di natura pubblicitaria dei servizi di supporto web, in quanto strettamente funzionali ed inscindibilmente connessi alla più ampia attività consistenti in prestazioni promozionali/pubblicitarie, fa sì che essi possano essere compresi tra i servizi pubblicitari espressamente richiamati nell'art. 7, comma 4, lett. d) del D.P.R. n. 633/1972.
Quanto sopra è conforme con quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia CEE n. 68/92 del 17 novembre 1993, con la quale viene assegnata un'ampia accezione alla nozione di servizi pubblicitari previsti dall'art. 9, par. 2, sub e) della Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, datata 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulle cifre d'affari.
In particolare, la predetta sentenza, dopo aver precisato che nella nozione di pubblicità è ricompreso ogni servizio implicante la diffusione di un messaggio destinato ad informare i consumatori dell'esistenza e delle qualità di un prodotto o di un servizio, al fine di aumentarne le vendite, estende tale definizione anche ad ogni altra operazione che faccia parte indissolubilmente di una campagna pubblicitaria e che concorra, per l'effetto, alla trasmissione di un messaggio pubblicitario (facendo l'esempio della fabbricazione di supporti utilizzati per una determinata pubblicità).
Sulla falsariga della citata sentenza, il Ministero delle finanze, nella risoluzione n. 6/E/1998/19280 dell'11 febbraio 1998 (in I Quattro Codici della Riforma Tributaria - CD ROM, Imposta sul Valore Aggiunto, Ipsoa), ha chiarito che l'estensione della qualificazione pubblicitaria ad una prestazione funzionale ad una più ampia attività promozionale dipende, appunto, dalla esistenza di un vero e proprio rapporto di accessorietà della prestazione medesima rispetto all'attività principale.
Perché possa configurarsi il predetto rapporto di accessorietà, il Ministero ha ritenuto necessario un nesso di dipendenza funzionale della prestazione accessoria rispetto alla prestazione principale, talché possono dirsi accessorie solo le operazioni in rapporto di necessaria connessione con l'operazione principale alla quale, quindi, accedono e che hanno, di norma, la funzione di integrare, completare o rendere possibile la detta prestazione principale.
In definitiva, il Ministero delle finanze, richiamandosi espressamente alla citata sentenza della Corte di giustizia CEE, ha affermato che nell'accezione di prestazioni pubblicitarie di cui all'art. 7, comma 4, lett. d) del D.P.R. n. 633/1972, deve intendersi ricompresa ogni attività indirizzata alla trasmissione di un messaggio promozionale, relativo a beni e servizi, purché le prestazioni rese siano riconducibili ad un "unicum", rappresentato dalla prestazione principale (e prevalente), qualificabile come attività pubblicitaria.
Ciò chiarito, ai fini ora della applicabilità del principio di territorialità sancito dall'art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, la regola da considerare è quella del luogo di utilizzo delle prestazioni, posto che le stesse sono rese da soggetto italiano a soggetto extracomunitario (art. 7, comma 4, lett. d ed f del D.P.R. n. 633/1972).
Concretamente, quindi, occorrerà individuare il luogo in cui si svolge la più ampia attività pubblicitaria cui risultano connessi i servizi in questione.?
Considerato, quindi, che le prestazioni promozionali/pubblicitarie cui afferisce il supporto web fornito al committente (Google) si svilupperanno in Italia, i servizi risulteranno imponibili ai fini Iva, secondo quanto stabilito dal citato art. 7, comma 4, lett. d) ed f) del D.P.R. n. 633/1972.?
Qualora alcuna delle ipotesi formulate fosse riferibile al caso di specie ritornerebbe applicabile la regola generale dettata, per le prestazioni di servizi, dall?art. 7 c. 3 DPR 633/72, la quale considera effettuate in Italia e, quindi, ivi imponibili, le prestazioni rese da soggetti che hanno in Italia uno dei seguenti elementi:
- il domicilio;
- la residenza, purché non abbiano stabilito all?estero la residenza;
- una stabile organizzazione, nel caso in cui abbiano il domicilio o la residenza all?estero.
Ancora una precisazione per coloro i quali fatturino le prestazioni a Google nell?ambito della loro attività professionale (rectius di lavoro autonomo), cosa, peraltro, quantomeno discutibile; per essi le prestazioni risulteranno non soggette alla effettuazione della ritenuta d?acconto, di cui all?art.25 del D.P.R. n.600/73, ai sensi della R.M. n.12/649 del 08.07.1980.
Auspichiamo, sebbene improbabile, un intervento ministeriale che getti luce su questa complessa realtà.
Saluti. AG