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    Il disco dei beatles

    Lungo il rettifilo (Corso Umberto I, la via che parte da piazza Garibaldi ? uscendo dalla stazione delle FF.SS. ? e che porta al centro) don Ettore, il vecchio soprannominato ?l?ebreo errante?, sedeva a gambe incrociate dietro la sua bancarella abusiva (è un eufemismo, si trattava di un semplice tappeto sporco steso sul marciapiede).
    Stefano il vigile lo conosceva appena, aveva la passione per la roba antica che non costasse troppo. In passato aveva trovato qualche libro particolare e qualche 45 o 33 giri in vinile ormai introvabile... nulla di più.
    Né lui né nessun altro vigile era riuscito a dissuaderlo dallo stare lì, in quella traversa a semicerchio davanti la chiesa di S. Pietro ad Aram, a vendere quella roba d'antiquariato musical-letterario posata sul vecchio tappeto iracheno da mille e una notte.
    Un giorno, un classico successo dei Beatles, spiccava tra gli altri LP. Stefano era quasi certo di averne riconosciuto la copertina: gli mancava.
    Chiese il prezzo: era 40.000 lire.
    «Donn?Ettore ma siete pazzo? Io con quei soldi mi compro un doppio CD originale» esclamò Stefano scandalizzato.
    «Lo so figliolo.»
    «Donn?Ettore, sono Stefano il vigile, vi ricordate di me? Non me lo fareste un po' di sconto?»
    «Mi ricordo benissimo di te, e ti dico che lo sconto non lo posso fare.»
    «E per quale motivo? Siamo a Napoli, non si fanno più sconti agli amici?»
    «Il motivo è che questo LP non lo trovi a Napoli, non lo trovi in Italia e non lo troverai in Inghilterra.»
    «Riconosco che oggi si stampa tutto in CD ma? non è detto che non trovi qualche vecchio LP dai miei amici appassionati, o sui giornali di annunci, o magari in qualche giacenza di negozio?»
    Il vecchio fece una smorfia che voleva essere un sorriso tra il divertito ed il laconico.
    «Non questo» ribadì.
    «Perché, che ha di speciale ?questo?? I Beatles non sono mica una rarità, donn?Ettore. Queste canzoni, se voglio, le trovo pari pari sui CD in vendita nel primo negozio, così come tutte le altre canzoni del gruppo. Esistono fatte in tutte le salse: in originale, in raccolte, in versioni di cantanti famosi? ce ne stanno di inedite e anche di virtuali come ?Free as a bird? di John Lennon uscita molto dopo che era morto.»
    «Già ma non queste.»
    «Ma insomma,» iniziò a perdere la pazienza «si può sapere che ha di speciale ?stu caspito di elleppì? Per caso fosse stato composto prima che loro quattro si conoscessero?»
    «No figliolo, non scherzo. Questo non è stato inciso ?qua?».
    «E grazie! La loro casa discografica, la ?Apple?, è inglese!».
    «Non intendevo ?qua? per dire a Napoli ma in questo mondo. Questo disco viene da un mondo identico al nostro dove i Beatles non sono mai esistiti anzi, per essere più precisi, sono esistiti ma non sono mai diventati un complesso famoso.»
    «Davvero? Mi piace la fantascienza,» rispose Stefano per stare al gioco, «basta che non sia giapponese.»
    Vide che il vecchio lo guardava un po? di traverso.
    «È un genere colto e molto vario» aggiunse Stefano, quasi a scusarsi di averlo offeso. «Ma ditemi donn?Ettore, tanto ormai credo di aver capito» ? che sei pazzo, pensò Stefano fra sé e sé, ? «in che cosa si differenzia esattamente questo LP dagli altri?»

    «Questo più che un LP è una prova, una dimostrazione tangibile dell?esistenza di mondi paralleli, di altre dimensioni. Queste canzoni sono solo "in un certo senso" dei Beatles.»
    «Quale "senso"?»
    «Vedi figliolo, nella variante di quel dato universo queste musiche, in un certo senso matematico, ?dovevano comunque esistere?. Anche nel nostro universo esistono perché ?dovevano esistere?, ma il senso di tutto questo è molto complesso da spiegare. Le canzoni contenute in questo LP non sono dei Beatles, bensì di un altro complesso, un gruppo napoletano.»
    «E allora perché dite che sono dei Beatles, loro non c?entrano nulla.»
    «Se le ascolti non la penserai più così, caro vigile Stefano pieno di certezze.»
    «Il mio secondo nome è San Tommaso, ?toccare per credere? è il mio motto. Fate un po' vedere» fece Stefano prendendo il disco in mano. Era scettico ma curioso. La copertina somigliava terribilmente ad una dei Beatles ma qualcosa non quadrava. I loro volti... Stefano fu preso da una sensazione di nausea terribile mista a un leggero mal di testa. In seguito mi disse di averlo acquistato senza sapere perché pur consapevole che non erano i veri Beatles.
    Arrivato a casa li ascoltò ed il mal di testa aumentò: le musiche erano quelle eppure i testi erano in napoletano?
    Il giorno dopo il vecchio non c'era più, nessuno sembrava ricordarlo, nessuno lo conosceva, nemmeno i colleghi vigili perché erano nuovi assunti. Inusitatamente un vecchio guardiamacchine che stava seduto sulla sua carrozzella da invalido dinanzi alla chiesa (a vederlo poteva avere sugli 80-90 anni) lo chiamò con voce flebile.
    «Dottore, dottore?»
    Stefano si voltò «non sono dottore.»
    «Dico a tutti così per pura cortesia, ma se volete vi chiamo signore.»
    «Va bene, non fa nulla, che volete?»
    «Cercate Ettore?»
    «Sì, lo conoscete?» l?attenzione di Stefano salì a mille.
    «Sì, giocavamo insieme a ?tressette col morto? nelle sere d?inverno davanti alle caldarroste che vendeva Carmela. A lui le dava gratis insieme a un buon bicchiere di vino e lui ricambiava con dei quaderni pieni di appunti.»
    «Senta, veramente sono in servizio ed andrei un po? di fretta? sa nulla di come si è procurato un disco a 33 giri dei Beatles o di un complesso simile?»
    «Non capisco nulla di musica, tantomeno di quella moderna. Ma, stavo dicendo?» Stefano sbuffò visibilmente seccato, il vecchio sembrò non avvedersene e continuò «? alla lunga siamo diventati amici, sa?, lui si confidava spesso con me dopo la morte di Carmela: era mia moglie.»
    «Mi dispiace. E allora?»
    «Vedo che va proprio di fretta, dottore. Bene, l?unica cosa che le posso dire è che Ettore se ne è andato come quella famosa volta.»
    «Quale famosa volta?»
    «Quella del ?38».
    Stefano rimase perplesso, il vecchio parlava disinvoltamente di parecchi decenni addietro!
    «Che successe nel ?38?» chiese scettico.
    «Scomparve da Napoli e nessuno ebbe più notizie di lui: un mistero. Eppure non doveva avere problemi economici, e nemmeno di successo: era il più grande fisico teorico italiano del secolo!»
    «Come? Ma chi sarebbe?»
    «Ettore Majorana. Pensate dotto? che Enrico Fermi lo paragonò nientedimeno che a Galileo e Newton?»
    Stefano stava congedandosi frettolosamente. Era inutile rimanere oltre a parlare con un povero vecchio con inizio di demenza. All?improvviso questi sfoderò dalla tasca della giacca consunta un quaderno nero a righi celesti, i fogli ingialliti dal tempo.
    «Ecco, questo me l?ha dato lui!» disse quasi a voler dimostrare la veridicità della sua affermazione.
    Stefano se lo voleva far dare in prestito ma il vecchio disse che poteva tenerlo, tanto non ci capiva nulla.
    A casa iniziò a leggerlo tutto d?un fiato, non ci capiva troppo, sembravano appunti di fisica o di fantascienza. Fu allora che pensò a me, sapeva che ero appassionato di fantascienza.
    Andai volentieri a casa sua, Stefano non era il solito vigile: colto e sensibile era un amico di vecchia data (ma questo non gli ha impedito di declinare in seguito ogni tentativo di farmi prestare il quaderno o di mostrarlo ad altri, e non si può certo dargli torto: probabilmente, anzi sicuramente, costituisce una delle più grandi novità e rarità storico-scientifiche di questo secolo).
    Il quaderno conteneva decine e decine di appunti, con tanto di note e date a margine. La prima data risaliva al gennaio del 1938 e l?appunto riguardava una ricerca su mesotroni e yukoni prodotti dai raggi cosmici. Parlava del loro decadimento, della loro rilevazione ?in fine range? e roba del genere. Nonostante la mia esperienza, risultavano incomprensibili: era fisica pura, non fantascienza.
    Mi colpì una linea che separava il resto degli appunti da quelli stesi fino a una data precisa: il sabato che lui scomparve, il 26 marzo 1938.
    La massa di appunti era considerevole ma era un vero modello di ordine, divisi per argomento, muniti di indice e di chiara calligrafia. Ad un esame da incompetente mi sembrarono essenziali, sintetici, direi originali.
    Saltai parecchie pagine soffermandomi solo su quelle più comprensibili e senza formule. Eccone qualche riga.
    ?Ottobre 1971, università di Washington: esperimento riuscito con due orologi atomici al cesio, lo scarto è esattamente quello previsto dalle formule di Einstein. Confermata la possibilità di viaggiare nel futuro...
    Agosto 1993, Innsbruk, inizio fase sperimentale dell?effetto paradossale EPR Einstein-Podosky-Rose di Anton Slaidinger: due fotoni hanno avuto correlazioni a distanza? (ecc. ecc.) ? dimostrata la possibilità di teletrasporto tra fotoni...
    Aprile 1994, esperimento C.T.C. ?Closed Timelike Curve? di Kip Thorne sui wormholes... successo della dimostrazione teorica sulla possibilità di viaggiare nel passato...?
    E poi appunti dell?agosto 2000 su teorie spazio-temporali correlate a teorie sulle particelle, sulle superstringhe, sulla lunghezza di Plank, sugli oggetti matematici chiamati spin? (ecc. ecc.).
    Poi vidi alcune considerazioni sulle ?dimensioni?. Chiamai Stefano intento a preparare il caffè.
    «Stefano, qua dice che la teoria della supergravità riesce bene quando viene formulata in un numero di ?dimensioni? pari a undici. Non solo, dice pure che i requisiti matematici della supergravità coincidono con i limiti fisici imposti dalla descrizione delle forze.»
    «Ebbene, che vorresti dire, che esiste realmente la quarta dimensione che ipotizzò Einstein?»
    «Beh, non so se esiste realmente la quarta dimensione, qua di sicuro non vedo scrittori di fantascienza ma solo scienziati. Prendi per esempio questo Brian R. Greene menzionato negli appunti del 1998: parla di ben ?undici dimensioni spazio-temporali e di ricerca della teoria ultima?. Questo tale viene nominato in relazione ad almeno quattro università: Harvard, Oxford, Cornell e la Columbia di New York. Nella stessa nota ribadisce ad un certo punto che ?la verità più probabile ed accreditata, dal punto di vista fisico-matematico, è che noi viviamo in un universo a undici dimensioni?.
    Stefano rimase col caffè in mano senza parole.
    «Sai,» dissi «ricordo una frase di Albert Einstein citata in un libro che diceva ?lo spazio e il tempo non sono condizioni in cui viviamo, ma modi in cui pensiamo?.»
    Stefano mi guardò ed io guardavo lui. Le canzoni che stavamo ascoltando erano proprio quelle dei Beatles, solo con parole diverse: erano in napoletano. Non avevano alcuna attinenza col testo inglese (avremmo appurato poi) ma la copertina richiamava quella di un loro vecchio successo, anzi era quasi identica (altrimenti Stefano non avrebbe comprato il LP). Sopra non c?erano i loro volti, bensì quelli di quattro figuri sicuramente napoletani.
    Mi chiesi: era pazzo il vecchio? Era pazzo Stefano? Ero pazzo io? Eravamo pazzi tutti? Forse era tutto un sogno, un?allucinazione. Ma il disco stava lì davanti a me come gli altri vecchi LP di musica Pop inglese, Folk americano e cantautori italiani della collezione di Stefano.
    Ed era maledettamente reale.

    Email di sabato 9 marzo 2002 18.16

    A: "Gianfranco"
    ALLEGATI: Beatles napoletani.mp3; Dimensioni sconosciute.rtf
    OGGETTO: finalmente ho le musiche

    Caro Gianfranco,
    sono riuscito a farmi masterizzare da Stefano le musiche su CD. Posso quindi registrarle sul mio computer e trasformarle in MP3 per inviarle via e-mail. Naturalmente te ne mando in piccole porzioni perche' i files sarebbero troppo pesanti; mi riprometto di inviarti una copia completa su CD per posta tradizionale, credo che ne valga la pena.
    Ora mi sento un po' piu' tranquillo (avrei potuto non essere creduto). Sono 11 brani (nowhere man, please please me, from me to you, she loves you, no reply, tell me why, twist and shout, help!, because, a hard day's night, day tripper): i titoli, come i testi, sono in napoletano e non corrispondono per niente alle parallele canzoni.
    Ti allego un pezzettino di Please Please Me (Che guaio si' tu) ed un'altra fetta di appunti che, per lunghezza, non t'avevo inviato prima. Sono considerazioni iniziali (si trovano ancora nell'anno 1938) quando non era ancora giunto alla conclusione delle l0 dimensioni spaziali ed una temporale, e molto prima di quelle prove sperimentali e teorie accennate nella prima e-mail.
    A proposito di queste ultime pensavo, chissa' se su internet si puo' trovarne una conferma.
    Ciao

    «? immaginiamo una cosa che abbia una sola dimensione; una linea, ad esempio, «composta di sola lunghezza», senza la larghezza, per quanto sottile la potessimo tracciare, e senza lo spessore della carta o del semplice tratto d'inchiostro che dovremmo usare per rappresentarcela.
    E adesso immaginiamo che questa linea abbia la facoltà di pensare. Saprebbe che cos'è la larghezza, che cos'è lo spessore? Ovviamente no, essendo questi concetti del tutto estranei al mondo in cui essa esiste.
    Ma «esiste» realmente? No, perché ha bisogno d'esistere in qualcosa che la comprenda; in una superficie piana, che le conceda almeno una larghezza, sia pur minima, senza la quale non potrebbe in alcun modo venir creata e, quindi, non potrebbe essere.
    Lunghezza e larghezza; siamo già a due dimensioni. Fantastichiamo d'una creatura intelligente da esse composta, e perverremo alla conclusione che, non conoscendo spessore, non può avere la minima idea di tale concetto.
    Eppure nemmeno quest'ipotetica creatura potrebbe esistere, poiché sarebbe ugualmente un nulla; per assumere una forma, dovrà a sua volta essere delimitata anche in un terzo senso, possedere, cioè, uno spessore; eccoci quindi al nostro mondo, caratterizzato da tre dimensioni.
    Ma possiamo esser proprio sicuri che le cose si fermino qui? Non ci sorge, da queste considerazioni, il dubbio che anche alle nostre tre dimensioni ne occorra una quarta ?in cui poter esistere??
    È un dubbio che si trasforma in certezza nella mente di tutti gli studiosi di questi appassionanti problemi; ma è, d'altro canto, una certezza che non troverà mai una conferma concreta, dato che la famosa quarta dimensione (a cui dovrebbero, a fil di logica, aggiungersene innumerevoli altre, ammessa la progressiva funzione dei «contenitori dimensionali») è e sarà sempre inafferrabile per le nostre facoltà rappresentative, proprio come il nostro mondo tridimensionale non potrebbe in alcun modo essere concepito dalle immaginarie creature senza spessore.
    Come e dove potrebbe esistere questa sfera quadrimensionale? Invisibile ed impercettibile, potrebbe trovarsi attorno a noi ed «in noi», allo stesso modo in cui nel nostro universo sono comprese - senza che le loro ipotetiche intelligenze possano rendersene conto - le formazioni ad una ed a due dimensioni?»