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Il proprio dovere
Pasquale faceva sempre coppia con Nicola con lo stesso turno. L?auto di servizio era sempre la stessa, con la maniglia destra della portiera che si apriva solo dall?esterno. La zona di controllo era sempre uguale ed il tipo di servizio era sempre lo stesso: il pattugliamento per le auto in sosta (quasi sempre a ridosso della Stazione Centrale).
Ma una differenza c?era. Il primo era sposato con una bellissima donna, aveva due figli, l?altro non aveva nessuno, neanche i genitori. Le uniche sue amicizie erano i colleghi, anzi il collega.
Nicola aveva già deciso di cosa fare della sua vita: da tempo lo aveva deciso. Ma rimandava sempre perché ogni volta sentiva che voleva e doveva fare il proprio dovere.
Quello che si occupava degli aventi diritto della Legge 104/92, un certo De Matis, veniva chiamato ?il segretario? ma non era altro che un Play Boy che aveva come hobby il ?sistemare? le pratiche d?invalidità.
Il suo compenso era meno più o meno di quello di qualsiasi altro membro della commissione, lui considerava questo come un?ingiustizia, infatti era lui che selezionava le pratiche. Comunque 4.000 euro erano sempre meglio di niente.
Le pratiche venivano vagliate a secondo del grado di necessità: quelle più realmente urgenti venivano boicottate in tutti i modi (in maniera tale che ?i clienti? - così venivano chiamati gli aventi diritto) venivano agganciati per un ?compromesso?. O pagavano 50.000 euro o non avrebbero visto nemmeno l?ombra della 104. La legge era ferrea. Chi invece non aveva molto da perdere (perché in realtà ci ?aveva solo provato?) sapendo di non avere molte speranze, non tentava più e lasciava il
Pasquale aveva un solo tormento: Gerardo, il figlio più piccolo. Basso rispetto alla media, bianco come un albino, occhi chiarissimi. Era ammalato di una malattia del sangue che richiedeva molti controlli e continui interventi: era passato per ospedali del Nord, del Centro Nord e di Roma: provenire dal Sud non era uno scherzo. I migliori primari ospedalieri avevano accertato la gravità della sua malattia. Il bambino ne risentiva molto, si emarginava da sé e a scuola e non aveva amici nemmeno nella vita di tutti i giorni.
Il povero papà non aveva altre fonti di guadagno se non quei pochi spiccioli che il Comune gli passava come vigile urbano. Aveva fatto richiesta di avere la legge 104. Con questa legge avrebbe potuto accudire il figliolo più spesso e avere facilitazioni sull?acquisto di un?auto che serviva per i continui e disagiati viaggi.
La commissione gliela rifiutò. Eppure lui aveva portato un fascicolo spesso dieci centimetri di certificazioni dei migliori primari pubblici, che altro avrebbe potuto fare?
Fu agganciato dal ?segretario?. Per questi la cosa più importante erano le donne. Parlò senza dilungarsi troppo, aveva un??appuntamento? galante di lì a poco. Il vigile Pasquale però non accettava compromessi.
Ma il tempo giocava a sfavore del bambino e la moglie decise di andare di persona da questo segretario: sicuramente davanti a una donna sarebbe stato più pietoso.
Ironia della sorte, proprio lui che aveva cercato di agganciarli era ora irreperibile: aveva orari molto ristretti e pochi giorni per ricevere, ed erano ben pochi, e quei pochi non li rispettava nemmeno perché andava spesso con le sue ?fidanzate? in albergo (le occasioni possono capitare in qualsiasi momento).Finalmente la moglie di Pasquale trovò questo famoso ?segretario?.
«Buongiorno, siete voi il signor De Matis?»
«Sì, dite.»
«Volevo parlarvi di mio figlio.»
«Prego.»
L?accorato appello della mamma non intenerì per niente il segretario che però fece la parte di quello che prendeva a cuore la questione.
«Vede signora, la 104 è una legge molto severa perciò non posso aiutarla, ci sono dei criteri oggettivi e la commissione è l?ultima a decidere.»
«Ma non si può fare proprio niente per mio figlio?»
Lei quasi piangeva.
«No signora, a meno che?»
«Cosa, ditemi vi prego, qualsiasi cosa.»
«Vedete, per certe pratiche ci vuole più tempo e metterle davanti alle altre non sarebbe possibile ma? come vi ho detto, non vengono sempre accettate, tranne?»
«Ho capito, vi prego ditemi cosa devo fare.»
«Cinquanta.»
«Oh? ve le do subito, anzi, per la vostra benevolenza ve ne do 500, ve lo meritate: comprerete un bel regalo alla vostra signora.»
«Non sono sposato. »
«Va bene, li spenderete voi.»
«Non avete capito, cinquantamila.»
Anna ammutolì, stava per saltargli addosso, poi le venne una crisi di pianto che trattenne subito. Pensò al futuro del figlio.
«Non li abbiamo tutti quei soldi.»
«Sentite, voglio agevolarvi. Facciamo diecimila più? siete una bella signora, ve l?ha mai detto nessuno?»
«Che cosa vuol dire?»
«Nulla, pensavo solo al bene di vostro figlio?»
«Ma come, da dove li prendiamo tutti questi soldi?» esclamò Pasquale
«Li prenderemo dai risparmi che abbiamo conservato per nostro figlio.»
«Ma non ci rimarrà più niente per il suo futuro!»
«Pasquale, se tu avrai la 104 potrai curare di più il piccolo, potrai partecipare alla sua vita, provvedere meglio ai suoi bisogni?»
De Matis glieli fece guadagnare tutti e 30.000 quegli euro. Arrivò più volte all?orgasmo quella mattina e non ci fu posto dove la donna rimanesse vergine.
A fare quelle cose lei non era abituata anzi, con suo marito non le aveva mai fatte: si sentì umiliata come non mai in vita sua e provò uno schifo indescrivibile. Quando finì (dopo due ore) vomitò nel bagno: si sentva ?sporca?.
«Sai Nicola, alla fine del mese ci sarà un?altra visita collegiale per mio figlio» disse Pasquale tutto contento.
«Sono felice per lui e anche per te, per tutta la tua famiglia. Penso che questa cosa sia importante. In bocca al lupo.»
«Che crepi.»
Fu la quarta volta che Pasquale uscì sconfitto da quella sala. Sembrava che tutto il mondo gli fosse crollato addosso.
«Ma come è possibile, non hai detto che avevi un fascicolo alto dieci centimetri?»
«Sì, sì, non so perché abbiano bocciato mio figlio, poverino. Avevo pure pagato 10.000 euro!»
«Oh Dio mio, perché hai accettato? E poi perché così tanto?»
«Già, perché così tanto, dici tu» disse mesto Pasquale. «Nicola, amico mio, è stata la disperazione. Tu non hai un figlio malato.»
A questa considerazione il collega tacque.
«Non potrò dedicargli il tempo che avrei voluto» continuò Pasquale, «non posso rifiutare gli straordinari, capisci? E mia moglie da sola non ce la fa più.»
«Certo che capisco, anche se non ho una famiglia da mantenere facciamo lo stesso mestiere di merda.».»
«Senti, siamo vicino casa, vieniti a prendere un caffè, oggi non mi sento proprio di fare servizio.»
«D?accordo» acconsentì Nicola.A casa di Pasquale si stava bene, l?unica nota stonata era quel bambino malato senza colpa. Aveva uno sguardo particolare, come di uno che conosce qualcosa che gli altri non sanno.
«E così ho accompagnato Gerardo» raccontò alla moglie «e sono entrato con lui. Tutte le argomentazioni sono state inutili, non capisco perché.»
La moglie svenne.
«Anna, Anna, che hai? Svegliati, ti prego!»
La donna si riprese lentamente. La sorella di Gerardo, Roberta, andò a preparare un bicchiere d?acqua e zucchero. Quando Anna si sedette guardò Nicola ma non c?era gratitudine in quello sguardo. Lo guardava fisso come se volesse dire qualcosa.
Una volta messa sotto controllo la situazione presero tutti il caffè. Anna continuava a guardare Nicola.(24 ore dopo)
«Senti Pasquale, ti puoi fermare un attimo vicino alla Stazione?»
«Certo amico.»
«Devo comprare delle medicine alla farmacia.»
«Non ti preoccupare, mettici tutto il tempo che vuoi.»
Nicola cercò un telefono pubblico. Inserì la scheda e compose il numero.
«Anna?»
«Sì? Chi è?»
«Sono Nicola.»
«Oh, meno male, stavo pensando proprio a te. Volevo parlarti, tu sei il migliore amico di Pasquale, non ho nessuno a cui confidarmi.»
La donna raccontò tutto.
L?Asl non era lontano da casa sua. Stava in licenza. La commissione si riuniva quel giorno. Nel frattempo non era stato con le mani in mano, aveva svolto un?indagine efficace e discreta: era finalmente risalito al ?segretario?. Gli parlò ma inutilmente, negò ogni singolo addebito. Allora Nicola tentò il tutto per tutto.
«Signori» disse entrando nell?aula tra una visita e l?altra. «Ho bisogno di parlarvi del piccolo Gerardo?»
«Ma lei chi è, lo sa che non può entrare?»
«Lo so, lo so, se non fosse stato più che necessario non mi sarei mai permesso. Ecco» disse mostrando il suo tesserino, «sono un agente di Polizia Municipale, ho anche funzioni di Polizia Giudiziaria. Vi prego ascoltatemi.»
Gli undici membri, alla vista del tesserino, si guardarono in faccia e smisero di parlare.
«Il piccolo Gerardo ha estremo bisogno di essere assistito, la madre è casalinga ma non ce la fa più. Il padre ha bisogno come il pane di quei tre giorni di licenza al mese: spreca tutte le sue ferie solo per il figlio, non va nemmeno in vacanza, e nemmeno la famiglia.»
«Sì, ricordo. L?abbiamo bocciato perché la sua patologia non è definitiva: potrebbe diminuire e?»
«Ma nel frattempo i sacrifici che il padre e la madre stanno facendo non vengono ripagati. E se il figlio non guarisse mai?»
«È la legge.»
«Ma quale legge è mai questa? Io servo la legge e do tutta la mia collaborazione ai cittadini, voi invece mi pare che facciate l?esatto opposto.»
«Adesso chiamo le guardie!» disse il presidente della commissione.
«Non c?è bisogno, sono io ?le guardie?.»
Nicola pensò mentalmente ?uno più uno fa due?.
Puntò la pistola d?ordinanza puntandola contro il presidente.
«Ma cosa fate, siete impazzito?»
Fu il primo a beccarsi il colpo in fronte. I membri erano undici e la pistola, una Beretta BB semiautomatica 7,65, portava dodici pallottole nel caricatore.
Tutti ebbero il loro colpo di grazia, anche quelli che cercarono di fuggire.
Era rimasto l?ultimo colpo, l?aveva riservato per sé.
Al?improvviso si aprì la porta.
«Ma cosa succede qui?» Era il segretario. Quando vide la scena rimase atterrito.
La pistola cambiò lentamente direzione: il colpo arrivò senza pietà nei genitali del ?Play Boy?.
(alcuni anni dopo)
«Ma perché durante le visite mi dicevi sempre ?uno più uno fa due?» chiese l?avvocato.
«Okay, adesso ve lo posso dire. Io mi volevo uccidere, questa è la verità mentre Pasquale aveva una vita distrutta. Uno più uno fa due, la mia situazione contro la sua. Uno: io non avevo nulla da perdere; due, lui aveva un problema.»
All?uscita dal carcere l?avvocato gli ripeté la tiritera per giustificare il suo onorario.
«?per buona condotta, per riconosciuta infermità mentale?» Nicola non l?ascoltò nemmeno. Si sentiva libero ma soprattutto soddisfatto.
Soddisfatto di aver fatto il proprio dovere.
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Ciao Stefano,
questa è una triste e commovente storia, quante famiglie stanno in quella situazione...non oso immaginare!!!
spesso non si è aiutati e spesso ci si aiuta malamente da sè..alcuni atti posso rovinarci la vita e presi singolarmente posso essere condannati ma il buon Nicola è una vittima del sistema, di quel sistema mal funzionante di cui tutti facciamo le spese..
Non possiamo che augurarci di non cadere in simili drammi, forse potremmo ritrovarci nei panni di Nicola...
dafne
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Il drammatico non è l'azione di Nicola (che almeno agisce, reagisce) ma che ho tratto la storia da un fatto reale.
Non così drammatica ma non meno grave.
Molti subiscono ingiustizie senza poter reagire.
Il pizzo è una di queste.
Ciao cara
Stefano