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    Dashboards are dead? Spieghiamoci meglio.

    La situazione attuale
    Da ormai più d’un anno, in Internet girano articoli dal tanto semplice quanto accattivante titolo Dashboards are dead. Negli articoli di più ampia analisi viene enunciato che, dopo 20 anni di onorato servizio, le dashboard sembrano aver toccato il loro punto massimo di diffusione ed utilizzo: ciò le porta a non essere considerate più uno degli obiettivi principali nell’adozione dell’Analytics and Business Intelligence in azienda. Fin qui tutto bene: il mercato cambia e, con esso, anche le modalità di lavoro.

    Altri articoli, invece, illustrano (abbastanza superficialmente, a dire il vero) una serie di motivazioni per le quali le dashboard sembrano aver fallito il loro scopo di vita. Gli autori di questi articoli preannunciano quindi la morte di questo strumento, definendolo non più utile per business e collaborazione. Il tutto allo scopo di presentare il successore nonché soluzione definitiva: il data notebook. ( ma, brevemente, è un documento programmabile che contiene codice – SQL, Python, R od altri linguaggi –, formule ed equazioni, grafici e testo­­­­, con la quale è possibile condurre analisi di dati altamente personalizzate).

    Ma stanno davvero così le cose? Stiamo per assistere alla scomparsa delle dashboard dal set di strumenti aziendali? Oppure stiamo semplicemente vedendo nascere un nuovo strumento d’analisi che operi oltre le dashboard? Analizziamo la questione, e proviamo a dare una risposta. Una piccola anticipazione però ve la do: la dashboard non sono morte, e non stanno nemmeno morendo.

    Perché ci viene detto che le dashboard sono morte
    I punti che emergono sono principalmente cinque. Vediamoli uno per uno.

    Ritardo sul cambiamento. I dati aziendali cambiano ad una velocità di troppo superiore alla velocità di intervento dei creatori di visualizzazioni. Questo porta ad avere dashboard perennemente in ritardo rispetto alle altamente (e sempre più) mutevoli logiche di business.

    Difficoltà di azione. In parole povere, ci si lamenta della staticità delle dashboard, che vincola l’utente a cercare di indovinare qual è la migliore mossa di business, partendo non da un dato estrapolato ad-hoc per lui, quanto piuttosto da un dato “generico” di più ampia audience, e dall’effimera intuizione che l’utente può avere da esso. In altre parole, non è lampante quale sia la migliore strategia da adottare a seguito di un’evidenza nelle metriche di business: rimane necessario uno sforzo aggiuntivo da parte dell’utente, che deve analizzare i dati più a fondo ed in autonomia.

    Complessità del ciclo di vita. Una dashboard è soggetta a troppe iterazioni del proprio ciclo di vita: il tempo che intercorre dalla prima richiesta al rilascio finale è quindi eccessivo. Inoltre, le aziende difficilmente investono – o investono adeguatamente – in figure di questo tipo, ostacolando di fatto il processo. Spesso mancano proprio le figure in azienda; altre volte sono prevalentemente coinvolte su altri fronti.

    Perdita del controllo. Creata una dashboard, ci sono una moltitudine di utenti che ne richiedono la modifica, spesso su misura per sé stessi. Di conseguenza si hanno diverse versioni di una stessa dashboard, oppure dashboard farcite di decine e decine di filtri differenti per tutte le occasioni. Caso affine sono le dashboard create ad-hoc per un’occasione – un’analisi spot, od una riunione – e poi mai più utilizzate. In tutti questi casi, l’azienda ha perso il controllo sulla proliferazione delle proprie dashboard e sullo stato del proprio sistema di reporting.

    Sfiducia nel dato. Capita spesso che le dashboard mostrino numeri differenti da quelli che gli utenti sono stati abituati a maneggiare nel tempo. E siccome a nessuno piace avere torto, a chi verrà più spesso attribuita la colpa di sbagliare? All’utente, che lavora in azienda da anni, oppure all’ultimo arrivato, cioè la dashboard?

    Se ci limitiamo anche solo a questo elenco di cinque punti, potremmo affermare che le dashboard sono ormai uno strumento obsoleto, e che andrebbero rimosse dai sistemi informativi aziendali. Ma qual'è la situazione reale?