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    Imperativo: Imparare - Errori alla cattedra

    In altre sedi, e credo anche in altre discussioni qui sul Forum GT, ho già in parte esposto il mio punto di vista sull'attuale sistema scolastico. Oggi tuttavia sono incappato su una citazione di Daniel Pennac tratta dal libro "Come un Romanzo" e, visto che come dicevano nei "tempi antichi" repetita iuvant, credo che cercherò di condensare il mio pensiero in questa discussione. 🙂

    Il verbo leggere non sopporta l'imperativo avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo "amare"... il verbo "sognare"... Naturalmente si può sempre provare. Dai, forza: "Amami!" "Sogna!" "Leggi!" "Leggi! Ma insomma, leggi diamine, ti ordino di leggere!" "Sali in camera tua e leggi!" Risultato? Niente.
    - Daniel Pennac (Come un Romanzo)

    Pennac affronta l'argomento in maniera più indiretta, forse con altri scopi, ma la citazione riflette benissimo il nostro sistema scolastico. Non fraintendetemi, non sto cercando di mettere in dubbio l'utilità e la necessità di tramandare il nostro "patrimonio culturale" di generazione in generazione, ma semplicemente il metodo in cui ciò viene fatto, un metodo che si è negli anni sempre più consolidato...

    "Per le vacanze dovete leggere tutti i libri presenti su questa lista e scrivere un commento di almeno ottocento parole per ognuno. Inoltre..."

    Sono le tipiche parole pronunciate dalle insegnanti di lingua in tutto il paese, parole che proiettano una nuvola di ombra sul raggio che alimentava l'ormai miraggio dell'estate. Agli studenti vengono quindi affibbiati (almeno!) una dozzina di "tomi" (perché a questo punto lo studente ha perso ogni iniziativa ed il termine "libro" non ha più il suo significato) da digerire durante i tre mesi di riposo e dai quali cercare di ricavare qualche idea sensata sulla quale basare il proprio commento.

    Parliamoci chiaro: Anche il migliore dei libri scritto dal più intelligente filosofo che l'umanità abbia mai visto perde quasi completamente il suo significato se sbattuto in faccia ad uno studente che, già di suo, voglia di studiare ne ha poco! Credo concorderete con me se dico che maggiore è il "valore culturale" di uno scritto, maggiore è anche la preparazione necessaria a comprenderlo. Prendiamo come esempio "Se questo è un uomo", di Primo Levi. Letto da solo, senza alcuna conoscenza del contesto storico e sociale di quel tempo può quasi essere preso per una favola, un libricino un po' prolisso da archiviare non appena finito perché "pesante". Lo stesso libro, però, quando la lettura è accompagnata e guidata assume tutt'altri risvolti ed è allora, e solamente allora, che può essere pienamente compreso ed apprezzato come merita. Ovviamente questa guida viene a mancare nella situazione sopra descritta e in molte altre situazioni analoghe che possono essere facilmente immaginate...

    A questo punto i più pessimisti fra voi si saranno già rizzati sulla sedia gridando qualcosa del tipo: "Ma così i nostri giovani arriveranno ad odiare la lettura! Ripudieranno libri, librerie, biblioteche e case editrici!" A voi, lasciate che vi rassicuri, non c'è modo che questi compiti delle vacanze possano infrangere l'interesse dei giovani verso i libri... State tranquilli, ci ha già pensato la scuola durante l'anno di studi precedente!

    Le interrogazioni sui "testi di lingua" rappresentano l'altra faccia della medaglia. Sono un misto fra un curioso esperimenti scientifico che elude le leggi della selezione naturale formulate da Darwin e un simpatico metodo di violenza non violenta. Esperimento scientifico perché nonostante detestate dalla "maggioranza" della popolazione scolastica (gli studenti), una maggioranza che ha tutto il potenziale per eliminarle, continuano a sopravvivere ed a dominare, violenza non violenta perché... beh, il perché non posso spiegarlo in una frase, quindi spero che continuiate la lettura nel prossimo paragrafo.

    Secondo il dizionario italiano il concetto di violenza si definisce con: "atto violento, con cui si sopraffà la volontà altrui usando mezzi brutali, minacce e simili". Direi che qui abbiamo tutto quello che potremmo "volere" per definire le interrogazioni una forma di violenza, seppure non fisica, quindi in un certo senso senso non violenta... Gli studenti vengono costretti a fare qualcosa che non vogliono fare, senza che gli venga concesso di avere una possibilità di volere farlo. Gli vengono imposti degli esercizi di lettura, di grammatica, o anche di matematica, arte, canto, musica o disegno. Questi esercizi vengono dati "così come sono" (un po' come i contratti che accettate quando installate un software, avete quello che avete senza possibilità di parola. - Siamo in un forum di informatica dopotutto... l'analogia ci sta!]), senza che lo scopo dei suddetti venga minimamente menzionato, così come non viene minimamente menzionato tutto quello che sta dietro l'esercizio, le ragioni storiche che hanno portato alla scrittura di un determinato libro, le correnti culturali e sociali che hanno influenzato un artista o l'utilità di un determinato teorema in altri campi (arte, musica, informatica...). Per fare un esempio di questo citerò un dei miei teoremi preferiti, la sezione aurea:

    Prova che: (a+b):a = a:b

    Si, esatto, questo è il genere di problema che viene dato generalmente a scuola, la sezione aurea (se qualcuno fosse interessato ad approfondire consiglio di visitare questa pagina) ha dei riscontri nei campi artistici, musicali, mistici, teologici e molti altri, ma proposta così diventa semplice un misto di lettere e segni di interpunzione campaci di rovinare interi pomeriggi. Un disastro, oserei dire.

    Comunque, arrivando all'ultima parte della nostra "violenza" c'è il ricatto. In teoria non dovrebbe essere un ricatto, in teoria dovrebbe essere un modo dato allo studente per verificare se ha imparato qualcosa. Ma visto che allo studente non viene data (sottolineo il fatto che non viene data, visto che a mio parere sarebbe compito della scuola quello di motivare i propri allievi) la motivazione né l'interesse necessari per imparare, questa occasione viene vissuta come una minaccia. "Se non impari ti do 5." - Vista così sembra una frase abbastanza ridicola, ad una persona completamente ignorante del nostro sistema scolastico verrebbe da rispondere - "E io ti do 8, o 22, o 57.4 periodico...", ma non è così.

    Vedete, è già abbastanza grave che la scuola fallisca nel motivare i propri studenti, ma credo sia ancora più grave che oltre a questa mancanza decida di punirli per non fare ciò che non hanno ragione di voler fare. A coloro che non studiano viene regalata una sono insufficienza. E questa insufficienza si traduce in... Sabati sera chiusi in casa mentre gli amici escono, magari anche facendo versioni di latino o frasi in lingua straniere, paghette sospese, motorini incatenati e, come tradizione vuole, brutti quarti d'ora durante i quali la "famiglia riunita" demoralizza il proprio figlio giudicandolo una "disgrazia piovuta dal cielo" (e guai se lo studente si azzarda a far notare che i bambini non piovono dal cielo, dimostrando almeno o minimo di conoscenze scientifiche... o di buon senso, comunque preferiate metterla).

    In ogni caso, il tutto si riduce ad un circolo vizioso: La scuola da da fare senza però fornire allo stesso tempo una ragione per fare, minaccia pene da inferno dantesco per chi non faccia e in linea generale si limita ad assegnare numerini da uno a dieci basandosi sulla somiglianza genetica che lo studente esprime in corrispondenza ad un pappagallo.

    Che dire, avanti così, vedrete che andremo sicuramente verso il progresso!

    C'è da dire però che bisogna anche mostrare l'altra faccia della medaglia. Non possiamo accusare la scuola di tutto e trasformarla quindi nel nostra punto di riferimento da bersagliare per tutto quello che c'è di male e di brutto nella nostra società.

    Formare delle vere classi e riuscire a motivarle e a coltivare il loro interesse ed entusiasmo, valori sinceri, per una materia è un compito arduo. Richiede tempo, voglia e capacità. Come si fa a chiedere questo al nostro sistema scolastico? Un sistema che è sempre più standardizzato, che mira sempre di più a valutare in percentuale delle schede a risposta multipla, un sistema che premia il conformismo a discapito della creatività e dei valori individuali.

    Bisogna anche capire il professore quando, trovandosi a dovere scegliere fra una classe più entusiasta, aperta, "ricercatrice ed indagatrice", ma con meno "nozioni" (e quindi più probabilità di fallire la maturità) e una che è l'esatto contrario si trova davanti ad una scelta forzata.

    "Formare", nel vero senso della parola, significa stimolare la curiosità e le forze indagatrici degli allievi, non imbottirli di concetti preconfezionati. Ma nei test standardizzati dei nostri ministeri per le opinioni individuali e per queste dimostrazioni di "voglia di sapere" c'è poco posto. E se il programma dice che in un anno bisogna leggere sette libri che meriterebbe almeno quattro mesi a testa, cosa dovrebbe fare il professore?

    Ora però, visto che come diceva un mio maestro a criticare sono bravi tutti ma a trovare soluzioni no, cercherò di proporre qualche possibile soluzione. Non mi aspetto di tirare fuori un coniglio dal cilindro ma solamente di esprimere come, dal mio punto di vista, si potrebbe migliorare la situazione.

    A mio parere il punto chiave è che si sta cercando di infilare troppe cose in un periodo di tempo troppo breve. Nei cinque anni di liceo si vuole preparare gli studenti in quasi ogni campo della conoscenza. Dalle scienze alla letteratura alle lingue straniere e anche alle lingue morte. La storia del nostro paese, dell'Europa e del mondo, passando anche per quella del pianeta. La geografia e l'educazione tecnica, e magari se di educazione ce n'è anche un po' civica non guasta.

    E' ovvio che in cinque anni non c'è posto per tutto questo. Le cose, per essere fatte bene, necessitano di tempo. Lo so, è una frase che ultimamente viene ripetuta troppo, e forse lo è sempre stata, però è una verità di fondo... Ognuno ha i propri tempi di apprendimento, e forzare tutti a seguire "un'onda comune" genererà solamente grandi quantità di stress e malcontento.

    Ma poi viene da chiedersi, cosa esattamente dovrebbe fare la scuola? Imbottire di concetti pronti o stimolare gli studenti a scoprire le cose da soli, offrendo assistenza nel percorso? E se questo fosse il suo vero scopo, come dovrebbe farlo? Non credo esista una risposta universale, così come non esiste un metodo universalmente valido per tutti i giovani, però sarebbe bello vedere il principio di uno sforzo per muoverci in questa direzione!